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Recensione Recensione di Dungeon Siege 3

Recensione di Dungeon Siege 3 di Console Tribe

di: Giovanni "Abari" Pinizzotto

Il genere Hack and Slash, inteso alla “vecchia maniera”, è un esempio di come si possa instaurare un connubio perfetto all’interno di un macrosistema GDR fondendo elementi di derivazione cartacea ad effetti grafici strabilianti, pur mantenendo una complessità di gioco nell’insieme lineare, eterogenea nei suoi contenuti ma votata al coinvolgimento del giocatore che viene immerso nella “dedalica” struttura di menu e scelte strategiche. Questo tipo di approccio, insieme al più radicato RPG, sono stati da sempre preferiti soprattutto nello sviluppo di giochi per PC, difficilmente adattabili, o adattati nella maggior parte dei casi approssimativamente, al sistema di controllo delle console, tanto da lasciare orfani di cotante delizie i giocatori che affidano il loro divertimento a tali macchine di gioco.
Tre capolavori su tutti hanno rappresentato le pietre miliari di questi universi paralleli, con la saga di Diablo a fare da capofila e quelle di Buldur’s Gate e Dungeon Siege a tentare di insidiare il suo primato.
A rompere gli indugi e a provare ad inseguire il successo con una conversione multipiattaforma, ci prova proprio Dungeon Siege III, terzo capitolo di una fortunatissima serie di RPG per PC, che lancia la sua sfida alla conquista di un mercato diverso da quello suo abituale e che si dichiara pronto a misurarsi con i gusti di un pubblico dal palato decisamente più rodato ad assaporare una pluralità di generi. Riuscirà a uscirne trionfante o sarà irrimediabilmente relegato al ruolo “gioco di nicchia”?



Le cronache di Ehb

Sono trascorsi diversi anni dalle vicende che hanno caratterizzato le sorti del Regno di Ehb, ormai piombato nel caos dopo essere stato privato della guida del suo saggio Re, oltraggiato dalle infime trame che hanno accusato i membri della X Legione di essere i responsabili del regicidio mettendoli al bando e nella condizione di non poter più garantire serenamente la pace, dilaniato dal sopraggiungere dell’ennesima grande minaccia per mano di una potente e carismatica condottiera di nome Jayne Kassynder, la quale mira alla conquista definitiva del territorio avanzando l’ultimo decisivo attacco dalle terre di confine.
L’epico e il leggendario s’intersecano e pongono le basi per una narrazione che coinvolge il giocatore sin dal primo istante. L’onore è stato offeso, il Regno vive il suo declino più acuto e spetterà a uno degli ultimi superstiti della X Legione riconquistare ciò che è stato indebitamente usurpato. Poco spazio viene lasciato all’immaginazione e tutto ciò che è necessario fare sarà indicato dallo spirito di giustizia che ogni legionario ha nel cuore, mosso dalla inesauribile voglia di rivalsa. Quasi increduli di ciò che saranno chiamati a compiere, i “sopravvissuti” acquisteranno passo dopo passo la consapevolezza delle conseguenze che hanno portato i fatti accaduti in passato, costruendo il percorso da seguire, diverso nei mezzi e nelle scelte a seconda di chi, tra gli ultimi legionari, avrà l’onere e l’onore di essere l’artefice ultimo del destino di Ehb.

E’ tempo di scegliere

Archiviato il filmato iniziale che ci introduce la trama di gioco in modo molto gradevole visto lo stile grafico usato, sarà subito tempo di operare delle scelte, determinanti per segnare il percorso durante l’intera avventura.
Netta la distinzione tra la componente magica e quella combattiva, con la possibilità di selezionare tra i personaggi a disposizione un mago, piuttosto che un guerriero, ma con l’opportunità di mediare tale risoluta determinazione grazie all’aggiunta di ulteriori due elementi, le cui caratteristiche sono state pensate al fine di mescolare gli aspetti caratteriali predominanti, così da ritrovarsi nella condizione di usare le arti magiche e gestire abbastanza bene le armi d’offensiva.

Quattro, dunque, i personaggi selezionabili, due maschili (Lucas e Reinhart) e due femminili (Anajali e Katarina). Sarà importante scegliere bene, poiché non è ammesso un cambio in corsa, ma soprattutto perché l’approccio alla gestione dei combattimenti sarà del tutto differente tra l’uno e l’altro. Il guerriero Lucas, potendo contare su un eccezionale vigore fisico, è perfetto per gestire gli scontri ravvicinati, mentre il potente mago Rainhart e la strega Anjali rappresentano il miglior modo per approcciarsi ai combattimenti a distanza. Un compromesso ad entrambi gli stili è dato, da ultimo, da Katarina, figlia di un comandante della X Legione e di una maga.
Anche il vissuto di ognuno è stato diversificato e contribuirà a far capire al giocatore quale motivazione spinge l’eroe o l’eroina di turno ad abbracciare la causa della lotta. Unica pecca rispetto ad altri giochi del genere è quella di non poter operare alcuna “customizzazione” dei personaggi blindati, sia nell’aspetto che nelle caratteristiche di base, a modelli precostituiti.
Tra le difficoltà selezionabili sono consigliate la più facile, se non si ha mai avuto un’esperienza con questo genere di gioco, oppure la più difficile se, al contrario, ci si reputa navigati amanti del role playing game. E’ uno dei rari casi in cui la modalità intermedia (normale) è del tutto inutile, non riuscendo ad essere abbastanza appagante per i giocatori avanzati e allo stesso tempo decisamente frustrante per i neofiti.
I menu di gioco sono facili da consultare e immediati da gestire, portando dinanzi allo schermo un tipico esempio di accessibilità a tutto ciò che serve, senza doversi perdere in inutili corbellerie. Tramite la croce direzionale è possibile, infatti, accedere sia ad un riepilogo degli obiettivi della missione, con accenni a cosa fare e dove andare, sia ad un elenco di domande e risposte che aiutano nell’approccio alla gestione del personaggio e alle sue caratteristiche, oltre ad una consueta schermata che visualizza lo status e gli oggetti equipaggiati e consente di amministrare le varie abilità, le armi, gli oggetti accumulati e gli incantesimi.
Per capire come muovere i primi passi e prendere dimestichezza con i comandi di gioco, un valido aiuto arriva dalla primissima missione, che serve da vero e proprio tutorial, ambientata all’interno della residenza della Legione, divorata dalle fiamme a causa dell’ennesimo attacco.
La conduzione degli scontri casuali e di quelli più impegnativi è a volte ripetitiva, semplificata proprio per dare modo a tutti di potercisi cimentare, nel tentativo di spalancare le porte anche a chi, prima d’ora, era stato restio a questo genere di giochi.
Stessa cosa per il comparto “ruolistico” vero e proprio, dove non bisogna per forza perdere molto tempo a trovare la configurazione adatta e dove lo sblocco delle varie abilità viene quasi suggerito mano a mano che si va avanti nell’avventura, con crescita automatica delle caratteristiche. Grazie all’accumulo di punti energia, assegnati in base alla gestione di attacchi e difesa, si accede al sistema delle abilità, selezionabili e sbloccabili in base al proprio stile e alle necessità del personaggio. Basta davvero poco per capire come muoversi e per avere il meglio sfruttando le varie armature, le spade, i diversi scudi, piuttosto che gli efficaci incantesimi presenti e che, a seconda della scelta iniziale, saranno accessibili non in tutti i casi.
Il progredire di livello del vostro personaggio sarà l’inevitabile conseguenza dell’avanzamento nel gioco.
Oltre alle azioni magiche, saranno anche possibili delle combo “a una o più mani”, non sempre utili quando l’offensiva è condotta con armi da lancio e i nemici sono ben lontani dalla portata di spade e alabarde, ma soprattutto quando non si avrà a disposizione uno scudo da destinare ad uno dei due arti, impegnati a compiere altro. La salute del personaggio verrà ripristinata in due modi: con l’uso di pozioni e incantesimi, oppure con la raccolta di piccole sferette verdi, rilasciate a random dagli avversari sconfitti.
Proprio a causa di tali scelte di semplificazione della struttura di gioco, dopo qualche ora di gioco si cade nella facile conclusione che ci si trovi di fronte ad un button mashing come tanti altri, ma sarebbe superficiale considerarlo solo questo.
Terminare uno scontro buttandosi a capofitto in mezzo alla mischia è un metodo abbastanza veloce per progredire, ma non sempre produce i risultati sperati, complice una I.A. di buon livello, sia quando è mossa a gestire le forze avversarie, sia nel supporto dei compagni che immancabilmente ci affiancheranno, ma che non potremo direttamente padroneggiare.
Soffermandoci per un attimo su di un aspetto molto interessante quale il supporto dei personaggi non giocanti gestiti dalla CPU, ci si accorge di come sia difficile sentire la mancanza di una diretta azione di controllo delle forze amiche. Il lavoro svolto in tali termini è encomiabile con uno studio di sistemi di assistenza e sostegno del gruppo durante le fasi di gioco che raramente faranno sentire il giocatore abbandonato a se stesso.

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Elogi vanno fatti a chi compete anche per aver saputo orchestrare le varie quest, principali e secondarie, riuscendo a dare una profondità ai dialoghi e alla trama discorsiva che faticosamente incontrano paragoni. Non è raro aggiungere tasselli importanti alla storia, atti a soddisfare i più curiosi, accessibili ascoltando un passante o un guerriero che ha combattuto antiche battaglie e da libero sfogo alla favella, dilatando a dismisura l’approccio narrativo che se ne può avere.
Disturbano un po’ le interminabili attese dei caricamenti, davvero fuori dagli standard comuni in termini di durata, ma fortunatamente ridotti in frequenza di apparizione. Ogni qual volta si soccombe durante gli scontri e si deve ripartire dall’ultimo salvataggio ci sarà, quindi, da aspettare non poco. I punti per salvare i vostri progressi sono individuati da colonnine luminose, ce ne sono abbastanza per consentire anche ai più timorosi nell’approccio avventuroso di avere “le spalle coperte” una volta svoltato l’angolo, non rischiando di perdere il ben fatto.
Strana la scelta di consentire al giocatore di poter tramutare, come un “novello Re Mida”, gli oggetti in disuso o che non si ritiene necessario conservare in luccicanti pezzi d’oro. Qualcuno potrebbe accoglierla a braccia aperte, mentre altri rintracceranno in questa possibilità una ulteriore esemplificazione del titolo.
La longevità in titoli del genere è quasi un elemento intrinseco e, anche in questo caso, ci si dovrà munire di un considerevole numero di ore libere a disposizione per portare a termine l’avventura nel modo che merita. A dirla tutta, un approccio minimale che esclude le quest aggiuntive e tralascia gli aspetti secondari, consente l’approdo alle scritte finali in circa dieci ore, malgrado un’esperienza di gioco incompleta.

Unico motivo che potrebbe portare a rigiocare Dungeon Siege III è quello di sviscerare ogni singolo aspetto che si è precedentemente sottovalutato o tralasciato, oppure la curiosità di approcciarsi diversamente alle innumerevoli scelte morali cui si sarà chiamati a decidere e che indirizzeranno la storia in varie direzioni. Tuttavia, le varie lungaggini in cui si può incappare per migliorare il comparto narrativo, il ripetersi di alcune azioni necessarie per andare a comporre il puzzle finale, sebbene difficilmente annoino davvero, non porteranno, comunque, a considerare l’ipotesi di rigiocarlo come una delle priorità assolute.

Tra fantasia e suggestione

La veste grafica è gradevole e si fanno apprezzare, più degli altri, alcuni scenari resi volutamente affascinanti. Si passerà dalle consuete paludi tetre e minacciose ai paesaggi innevati, dalle foreste mistiche e incantate a enormi manieri e lugubri segrete poco illuminate. Ad accompagnare la suggestione degli scenari di gioco, una colonna sonora di prim’ordine, che non risulta mai banale, ricercata nelle varie tracce e curata sin dal primo istante verso una direzione epica che saprà accompagnare in modo gradevole l’intero svolgersi degli eventi.
Va segnalata, ancora, la gestione delle inquadrature isometriche, scelta che si rivela azzeccata nel complesso, ma che in diverse occasioni infastidisce, tanto che gli stessi sviluppatori hanno pensato di introdurre un tasto per lo zoom, piccolo contributo in termini di resa grafica senza dubbio gradito quando ci si trova in ambienti di gioco abbastanza dettagliati. I movimenti dei vari personaggi sono fluidi e veloci con le caratterizzazioni davvero ben eseguite, tanto che ognuno dei quattro protagonisti conserverà un set di movimenti differenti che contribuiranno a rafforzare lo stile di combattimento che padroneggia.

Meglio soli o “ben” accompagnati?

La campagna in single player si lascia giocare, ma alla lunga non riesce a mantenere il mordente iniziale portando a rapidi e improvvisi picchi di noia che attendono, per essere controbilanciati, una “contropartita tosta”, nella maggior parte dei casi data proprio da qualche quest aggiuntiva che ridesta l’interesse ad andare avanti. Se siete interessati all’acquisto, è al multiplayer che dovete puntare, se non altro per trarne giovamento in termini di ulteriore longevità.
Tre le modalità garantite dall’offerta online troviamo: “partita veloce”, che prescinde dalla classe e dal livello del giocatore e che trasporta in una lotta congiunta contro gli avversari, “tutte le partite”, dove vengono elencate le varie sfide in cui si può partecipare e “Party Live”, in grado di far creare il proprio gruppo, invitare gli amici e partire con l’avventura.
Riuscendo a trovare la compagnia giusta, giocare in rete è un’esperienza molto più intensa e divertente. In tutto sarà possibile giocare fino a quattro giocatori, se si opta per la partita in rete, e due se si predilige una partitella con un compagno di gioco in locale. Essendo ogni singolo “pezzo” indipendente e non gestibile, riuscire a trovare un affiatamento di squadra sarà un valore aggiunto che inciderà sulla sfera del divertimento e accrescerà lo spirito di organizzazione, indispensabile in questo tipo di approccio.

Ne vale la pena?

Ad essere generalisti, chiamati a dover esprimere un giudizio, non si può di certo dire che Dungeon Siege III sia un gioco brutto. A dover, invece, approfondire il discorso, è necessario fare un’inevitabile distinzione in base all’approccio del singolo giocatore. Chi per la prima volta si cimenta con un capitolo di questa saga, e lo fa da console, rimarrà piacevolmente sorpreso dalla cura dei dettagli e dall’ottimo pacchetto offerto. Di opinione diversa, al contrario, potrebbe essere chi ha avuto modo di vivere tale esperienza di gioco sfruttando il PC. Ci si accorge di piccole importanti differenze rispetto al passato che hanno reso il prodotto, questa volta, più appetibile al grande pubblico, ma ne hanno snaturato l’essenza stessa agli occhi di coloro che erano abituati a ben altro e che si troveranno a subire (loro malgrado) un processo di “conversione inversa”. E’ inevitabile pagare dazio in questi casi e il titolo, che doveva essere “prestato” alle console ma rimanere ancora vincolato alla tradizione del gioco da PC, sembra essersi trasformato per rendere meglio nella sua nuova veste, ridotto inevitabilmente al ruolo di figurante sopra il palcoscenico da cui, invece, proviene.