Recensione Assassin’s Creed Valhalla
di: Luca SaatiQuando due anni fa mi occupai della recensione di Assassin’s Creed Odyssey devo ammettere, e qualcuno mi perdonerà per il gioco di parole, che fu una vera e propria odissea. L’avventura di Kassandra fu semplicemente enorme e anche dopo aver scritto l’articolo mi ha tenuto impegnato così tanto che tra il completamento di tutti gli archi narrativi e le espansioni è stato senza ombra di dubbio uno dei titoli a cui ho giocato di più nella generazione di PS4 e Xbox One. Assassin’s Creed Valhalla non è stato da meno e dopo oltre 90 ora di gioco sono finalmente riuscito a portarlo a termine e completare questa recensione.
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Viking’s Creed
Eivor maschio o femmina? Sin dall’annuncio del gioco Ubisoft ha sempre dichiarato di considerare entrambi i personaggi canonici e infatti all’inizio dell’avventura è presente un’opzione di default che permette all’Animus di scegliere per il giocatore cambiando di volta in volta il sesso del protagonista in base al flusso di memoria più forte, cioè in base alla forza dello stesso in quel preciso momento. Questa scelta si è rivelata quella migliore per godersi al meglio l’epopea di Eivor con l’Animus che fa il cambio in momenti precisi del gioco seguendo una sua logica e una sua coerenza che capirete solo vivendo la storia.
I primi momenti del gioco ci tuffano nell’ambientazione norrena passando da un giovanissimo Eivor a uno in età adulta. Il prologo porta il protagonista a trasferirsi con il Clan del Corvo in Inghilterra dove ha inizio per davvero la storia di Assassin’s Creed Valhalla. Arrivati in Inghilterra, Eivor e il suo clan devono stabilirsi, costruire la propria casa e conquistare questa nuova terra. Per farlo dovrà stringere alleanze ed estirpare il male dell’Ordine degli Antichi (quelli che un giorno saranno noti come i Templari) dall’Inghilterra.
Meglio fermarsi qui con la descrizione della storia di Assassin’s Creed Valhalla per evitare troppe anticipazioni, ma possiamo dire che il racconto è un continuo crescendo. Parte con una certa calma, ci mette qualche ora a decollare prendendosi il giusto tempo per introdurre a Eivor e al giocatore la cultura vichinga e il credo degli assassini. Si parte quindi dalle battaglie campali, per poi passare alla lama celata, al salto della fede e a quel senso di appartenenza e di famiglia che caratterizza la cultura del clan dei vichinghi. Procedendo si plasma a propria immagine e somiglianza il carattere del protagonista mediante delle scelte morali che hanno ripercussioni sul finale, ma si fa anche la conoscenza di personaggi ben caratterizzati e carismatici come Sigurd, capo del Clan del Corvo e fratello di Eivor, Basim e Hytham, i due membri dell’Ordine degli Occulti (i futuri Assassini) e altre figure con cui combatteremo fianco a fianco con l’obiettivo di stringere un’alleanza, e altre ancora che ovviamente dovremo combattere.
Come già visto con Odyssey, anche Valhalla segue sostanzialmente tre saghe: quella legata al Clan del Corvo e alla conquista dell’Inghilterra, una legata agli ISU che i meno appassionati della saga conosceranno come la civiltà divina che è venuta prima dell’uomo, e infine quella legata all’eliminazione dell’Ordine degli Antichi. Valhalla riesce però dove Odyssey non era riuscito: queste tre saghe, pur seguendo il loro percorso autonomo, finiranno con l’incrociarsi tra loro rendendo il racconto più coeso e meno spezzettato riuscendo così a tenere sempre alto l’interesse del giocatore. L’unica criticità che ci sentiamo di fare è legata alla struttura narrativa poiché dopo poco tempo ci si rende conto che il gioco segue sempre il medesimo schema: consulta la mappa delle alleanze nell’hub, scegli il territorio in cui cercare alleati, inizia la quest, aiuta i futuri alleati, concludi la quest con la missione di conquista. Lo spettro della ripetitività si aggira sempre dietro l’angolo, ma fortunatamente il gioco riesce a variegare discretamente l’esperienza.
Chiudiamo questa analisi dedicata alla componente narrativa con una breve parentesi sul presente. La storia di Layla, che in questa trilogia delle origini ci ha fatto vivere i ricordi di Bayek in Egitto, Kassandra in Grecia e adesso Eivor, prosegue riprendendo dal finale dell’ultimo DLC narrativo di Assassin’s Creed Odyssey. In questo capitolo si conferma l’intenzione degli sceneggiatori di Ubisoft di voler tornare ai fasti di un tempo quando c’era il caro Desmond che ancora oggi probabilmente grida vendetta per la mancanza di un capitolo interamente dedicato al suo personaggio. Una missione che possiamo dire pienamente riuscita nonostante un minutaggio abbastanza ridotto visto che con il presente di Assassin’s Creed Valhalla vengono risolte alcune questioni lasciate in sospeso sin dai tempi di Assassin’s Creed III aprendo nuove strade che non vediamo l’ora di scoprire.
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Assassini e Vichinghi
Partiamo col dire che Assassin’s Creed Valhalla è un manuale su come si crea un open world. Ubisoft in questa è sempre stata una maestra e negli anni ha rivoluzionato il genere con tutta una serie di elementi che sono stati poi presi di peso da altri giochi (qualcuno ha detto le torri da scalare?), ma qui si raggiunge un nuovo livello. Ravensthorpe, l’insediamento che fa da hub e che faremo crescere col tempo costruendo botteghe e case, è infatti situato al centro della mappa. Questo elemento non di poco conto permette all’open world di svilupparsi in modo circolare. Se quindi all’inizio dell’avventura ci si limiterà ad esplorare i territori confinanti in quanto il livello più basso richiesto li rende più accessibili, col tempo il proprio livello aumenta così come la sicurezza nei propri mezzi del protagonista ed ecco che piano piano ci si allontana sempre più dal centro della mappa.
Assassin’s Creed Valhalla parte dalla base dei suoi predecessori arricchendo il gameplay e snellendolo, in parte, della componente RPG. Il combat system offre la massima personalizzazione permettendo di scegliere liberamente con quale arma equipaggiare il proprio personaggio: due asce, un’ascia e uno scudo, spadone a due mani, martello e così via. La scelta cambia cambia in modo abbastanza profondo lo stile di combattimento, persino la possibilità di equipaggiare uno scudo sul braccio destro o sinistro modifica l’esperienza di gioco. Utilizzare due armi comporta automaticamente uno stile più aggressivo in cui schivare al momento giusto gli attacchi diventa fondamentale; brandire uno scudo e una spada richiede uno stile più equilibrato; uno spadone permette di controllare il campo di battaglia; uno scudo sul braccio dominante è pensato per uno stile difensivo. Tante combinazioni quanto sono le armi presenti nel gioco che permettono ad ogni giocatore di adottare il proprio stile preferito. Rispetto ad Origins e Odyssey, in Valhalla diventa fondamentale gestire la barra della stamina che si consuma effettuando schivate, parate e attacchi pesanti, e si ricarica con degli attacchi veloci. Infine troviamo l’adrenalina utile per attivare le abilità con la pressione simultanea di uno dei due grilletti e di uno dei tasti dorsali, e le razioni che permettono di recuperare la salute ma sono disponibili in quantità ridotte richiedendo quindi una maggiore attenzione in fase difensiva richiamando alla lontanissima la serie Dark Souls di From Software. Quello di Assassin’s Creed Valhalla si è rivelato un combat system più viscerale che riesce a trasmettere in modo più autentico il feedback dei colpi bilanciando con sapienza personalizzazione, varietà e una certa profondità senza abbandonare mai la giusta dose di divertimento.
I problemi di un combat system stratificato e godibile arrivano però nel momento in cui Assassin’s Creed Valhalla esagera nel voler proporre eccessivamente combattimenti su larga scala con un gran numero di nemici su schermo diventando presto ridondanti e ripetitivi. Uno degli elementi chiave del gioco è infatti rappresentato dalle razzie dei villaggi, utili per ottenere risorse per la crescita del proprio accampamento, e dagli assalti alle fortezze. Se quest’ultimi presentano una serie di obiettivi e boss che variano di volta in volta risultando variegati il giusto, sono le razzie dei villaggi ad essere tutte uguali sostituendo in breve tempo l’effetto novità con quello della ripetitività.
C’è poi lo stealth che viene alleggerito di tutta la componente RPG risultando più credibile e coerente con il resto della saga. Se in Odyssey effettuare una kill istantanea di un nemico particolarmente corazzato richiedeva uno sviluppo appropriato del personaggio nel ramo delle abilità furtive e il giusto equipaggiamento, in Valhalla tutto avviene in modo più semplice e diretto come i capitoli più vecchi ci hanno abituato. Ci sono ancora alcuni nemici più coriacei, ma per occuparvi di loro basta sbloccare l’apposito talento senza andare a utilizzare l’equipaggiamento che migliora i danni furtivi.
Lo snellimento della componente RPG coinvolge anche l’equipaggiamento presente in quantità decisamente minore rispetto a Odyssey: ogni arma o pezzo di equipaggiamento è un oggetto unico che può essere migliorato presso il fabbro (capace di far aumentare la rarità) e poi potenziabile mediante l’uso degli appositi materiali. Valhalla quindi non riempie il giocatore di oggetti che verranno scartati al 90%, ma li distribuisce con intelligenza spronando il giocatore a esplorare il mondo di gioco per cercarne di nuovi e creare un Eivor a propria immagine e somiglianza. Sparisce anche l’albero delle abilità che conoscevamo sostituito da una serie di alberi di talenti che si sviluppano e intrecciano tra loro come in un’enorme costellazione. Spendere i punti talento in questa sezione permette di migliorare le statistiche del personaggio, sbloccare una serie di abilità passive come l’uccisione istantanea dei nemici più corazzati, la possibilità di evidenziare i nemici in modalità stealth e così via, e automaticamente aumentare il livello di potenza del personaggio ed accedere così alle aree con nemici più forti. Le abilità attive invece si sbloccano mediante l’esplorazione dell’ambiente: sparse per la mappa troviamo una serie di manuali da raccogliere per apprendere nuove mosse per Eivor o potenziare quelle già in uso.
Assassin’s Creed Valhalla dice addio anche a quelle tediose quest che fanno da riempitivo e non aggiungono sostanzialmente nulla all’esperienza di gioco. Per gran parte del gioco abbiamo affrontato solo missioni strettamente legate alla quest principale insieme ad alcune piccole missioni che si concludono nel giro di pochi minuti paragonabili agli incontri casuali di GTA e Red Dead Redemption, con la differenza che in Valhalla sono sempre segnalati sulla mappa. Sono presenti una serie di collezionabili come i disegni dei tatuaggi da raccogliere che volano via come le tanto amate/odiate piume di Assassin’s Creed II. Più utili sono tutti quei punti dorati che mettono in evidenza i già citati pezzi d’equipaggiamenti, le abilità e i materiali per l’accampamento. Ad aiutare Eivor c’è il suo fidato corvo che sostituisce l’aquila di Origins e Odyssey che permette di avere una vista dall’alto, ma a differenza dei precedenti episodi non individua l’obiettivo in automatico, l’immancabile cavallo per esplorare le terre d’Inghilterra e la longship (la nave vichinga) per esplorare i fiumi e raggiungere i villaggi da razziare con la propria ciurma. Le sessioni a bordo della nave sono solo a fini esplorativi, almeno per questa edizione quindi non sono presenti i combattimenti navali.
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Le meraviglie del Nord Europa
Nonostante i limiti delle ormai console di vecchia generazione, l’opera di Ubisoft stupisce su Xbox One S per il comparto artistico con un mondo splendido da esplorare e scoprire tra paesaggi innevati, boschi rigogliosi e villaggi pieni di vita. La modellazione poligonale dei personaggi, l’effettistica e la texturizzazione sono di buon livello. Siamo poi passati alla versione next-gen, più precisamente quella Xbox Series X, che offre un colpo d’occhio decisamente migliore e più fedele alla visione del team di sviluppo. Dopo il lancio è stata anche rilasciata una patch che permette di scegliere tra due opzioni grafiche: una che migliora la qualità visiva con però il framerate ancorato a 30 fps, e una che invece punta tutto sui 60 fps. Quest’ultima è stata quella che abbiamo preferito restituendo una fluidità granitica che solo in rare occasioni perde qualche frame. Il ray tracing svolge un buon lavoro nel donare una maggiore profondità al mondo di gioco grazie a un sistema d’illuminazione e dei riflessi più realistico, pur non raggiungendo la qualità vista in Spider-Man: Miles Morales. Le note dolenti arrivano però quanto guardiamo all’ottimizzazione non proprio eccelsa con frequenti tearing. Abbiamo riscontrato qualche bug ma per quanto riguarda la nostra esperienza non abbiamo avuto molti problemi: ci siamo limitati ricaricare un salvataggio di qualche minuto prima poiché la quest si era bloccata, e qualche fenomeno singolare che non ha compromesso la partita. Di ottimo livello il doppiaggio e memorabile, come ogni Assassin’s Creed, la colonna sonora che in quest’occasione vede il ritorno di Jesper Kyd, storico compositore delle avventure di Ezio Auditore.
Commento finale
Assassin’s Creed Valhalla è un gioco enorme con un open world da scuola di design, un gameplay solido e divertente che si alleggerisce degli eccessivi elementi RPG introdotti dai precedenti episodi, un mondo bellissimo da esplorare e infine un comparto narrativo che farà la felicità di tutti i fan grazie a una storia appassionante e personaggi ben caratterizzati. Ci troviamo dinanzi a una degna conclusione di questa trilogia delle origini e allo stesso tempo un ottimo punto di partenza per i futuri capitoli di questa amatissima saga.