Recensioni

Recensione Un mondo cibernetico dove uomini e robot lottano per emergere

Tra le tematiche più abusate in assoluto nelle opere dell'ultimo trentennio, spadroneggiano sicuramente i robot al seguito degli zombie e le catastrofi globali. Eppure con Binary Domain il Team Yakuza punta dritto a riproporre questi cliché e lo fa tessendo una trama gradevole in un gioco che rimescola non solo le tematiche cyber, ma anche il meglio (e il peggio) di quanto i TPS abbiano proposto in questa generazione.

di: king_lizard

Tra le tematiche più abusate in assoluto nelle opere dell’ultimo trentennio, spadroneggiano sicuramente i robot al seguito degli zombie e le catastrofi globali. I libri, i film ad essi ispirati ed i videogiochi sulle intelligenze artificiali, pullulano come funghi nel sottobosco e nel tempo ci hanno reso impassibili come la commissione di un esame di maturità alle prese con l’ennesima tesina su “amore e psiche” oppure “sentimento e ragione”. Ovviamente queste considerazioni non sono sparate a caso, ma sorgono spontanee a chi, come noi, si ritrova Binary Domain tra le mani, chiedendosi perchè il Team Yakuza abbia deciso di sviluppare questo gioco quando il mondo videoludico reclama a gran voce qualcosa di nuovo dal punto di vista creativo. Una scelta tanto scontata quanto coraggiosa.

“L’America è un paese grande, bello e potente”, iniziamo male…

È chiaro: un TPS sui robot non può che avere la trama di un film sui robot. Nel 2080, dopo una catastrofe mondiale che ha portato ad un drastico aumento del livello dei mari, ancora una volta l’America è la prima superpotenza mondiale, mentre gli asiatici (nello specifico i giapponesi) sono additati come i cattivi della situazione. La distruzione delle città in seguito alla catastrofe ha posto l’esigenza di avere una forza lavoro instancabile sempre a disposizione, ecco come la terra dello Zio Tom arriva a detenere il 95% del mercato robotico globale con la sua Bergen Advanced Robotics. Tuttavia il subdolo Amada, dell’omonima società giapponese già accusata di aver rubato alcuni brevetti alla Bergen, viola la clausula 21 della nuova convenzione di Ginevra, ovvero quella che vieta la riproduzione di robot dalle sembianze umane. Immagine di giocoCome dire: nuove ambientazioni, vecchie gatte da pelare, ed è qui che entra in azione la Rust Crew, una task force internazionale che avrà il compito di catturare Amada dopo essersi infiltrata nei sobborghi di Tokyo. And that’s all folks! Pur non essendo una cima da Oscar, la trama, i colpi di scena ed i suoi personaggi sono portati avanti in modo credibile. La Rust Crew ed i suoi componenti sono ben caratterizzati sia nella fisicità che nelle espressioni e nel modo di pensare, a partire dallo spaccone americano Marshall, dal volto ibrido tra Tom Cruise e Adam Sandler, sino alla bellissima Faye che stimolerà sicuramente la fantasia dei maschietti. Un punto al di sopra della media se si pensa che i tanto osannati Gears hanno tutti la stessa identica stazza, molto simile, tra l’altro, al soldato semplice delle locuste. Dopo aver apprezzato le forme di Faye, potrete concentrarvi su altre qualità del team dal momento che ciascun membro ha la sua specialità: l’uomo d’assalto, il tattico, l’esperto in artiglieria pesante e cosi via. Alcune caratteristiche dei personaggi e le armi da fuoco primarie potranno essere migliorate tramite dei terminali, ma difficilmente riuscirete a cogliere le differenze.

… ci riprendiamo nel secondo tempo…

Viene da sé che le combinazioni possibili sono tutte da sperimentare per trovare il trio che soddisfi le vostre necessità, in più sarete voi a fare da regista nell’azione grazie all’utilizzo del microfono. Potrete impartire ordini alla squadra e rispondere alle domande personali che di tanto in tanto vi faranno i vostri compagni, perché diciamocelo, non è che siete simpatico proprio a tutti. Sta a voi scegliere se ingraziarvi i membri del party oppure mandarli a quel paese in ogni occasione ed a questo atteggiamento, in linea teorica, dovrebbero coincidere delle reazioni di conseguenza, come l’essere rimandato a quel paese nel momento del bisogno. In realtà questo sistema mostra delle pecche, non nella funzionalità del microfono quanto nella reale necessità di impartire ordini e nell’incisività delle risposte.Immagine di gioco Partendo dal presupposto che tutte le creature all’interno del gioco godono di un’ottima intelligenza artificiale, spesso e volentieri non avrete alcun bisogno di dare ordini a meno che i vostri compagni non decidano di restare in trincea a praticare l’autoerotismo. I dialoghi che si frappongono tra una sparatoria e l’altra non sono così determinanti, le domande che vi metteranno in difficoltà, e che magari riguardano i gusti personali del personaggio che ve le pone, si contano sulle dita di una mano. Il resto si limita ad uno scialbo scambio di battute in cui l’unica alternativa è offendere il proprio compagno (perdendone la fiducia), della serie “Hey, sai che ore sono?” “Fottiti!”, ma perchè dovremmo? E se le interazioni sociali non sono il vostro forte, avrete di che sfogare in battaglia grazie ad un eccellente sistema di hitbox che fa invidia agli Sbullonati e dei robot ispirati sin dal minimo dettaglio. È una vera goduria sparare al nemico e veder schizzare via pezzi di lamiera da ogni parte, ciò renderà entusiasmante anche lo scontro con il soldato più innocuo. Se gli staccherete il braccio armato, si chinerà per raccogliere l’arma con quello sano; se gli mozzerete le gambe, striscerà sino a voi pur di farvi fuori; credeteci, queste creature infoiate sono morte solo quando esplodono! Infine, eseguendo il classico headshot, manderete in tilt i loro sensori di riconoscimento ed il povero cavaliere senza testa inizierà a sparare sui propri simili, senza tener minimamente conto della vostra presenza. A conti fatti è un controsenso giacché dovrebbe far fuoco su qualsiasi cosa si muova, invece potrete tranquillamente strusciarvi contro la macchina senza che questa si scomodi a farvi fuori: questa è l’unica grande falla di una IA ben articolata. Il potenziale di Binary Domain si esprime al meglio nelle boss battle, complici i grossi scenari in cui è possibile muoversi ed un pattern d’attacco meno ripetitivo e prevedibile. Immagine di giocoPeccato che il resto del gioco, sia nelle fasi di guida che nell’esplorazione, soffra di un’asfissiante “sindrome da corridoio”, ovvero di uno sviluppo verticale che lascia poco spazio al movimento, e sebbene il più vecchio dei detti reciti “Se non riesci ad uscire da un tunnel, arredalo”, il team di sviluppo non ha seguito il consiglio alla lettera. A robot lucenti e scomponibili in ogni parte fanno da sfondo scenari sterili ed una colonna sonora priva di mordente. Altrettanto opaco è il comparto multiplayer tempestato di lag e disconnessioni che minano tutte le modalità di gioco, dal classico deathmatch alla più recente modalità Orda. La possibilità di scegliere tra cinque classi di appartenenza non risolleva il morale, principalmente perchè le mappe sono claustrofobiche come molte sezioni delle sessioni in singolo. Volendo spezzare una lancia a favore, dobbiamo riconoscere che in questo titolo la campagna principale non è un semplice pretesto per accompagnare il multiplayer, ma il piatto forte della portata. Tuttavia uno sparatutto in terza persona si completa necessariamente nell’esperienza condivisa e al giorno d’oggi è impossibile non tenerne conto.

…ma si torna a dire le stesse cose.

Binary Domain ruba il design di Io Robot, palpa il sedere a Minority Report e strizza l’occhio a Blade Runner, ma in questa corsa disperata al successo dimentica le basi di un buon sparatutto. Sebbene non manchi il divertimento, ci sono troppe imprecisioni, troppe dimenticanze per un gioco che avrebbe avuto tutte le carte in regola per distogliere l’attenzione dalla colonna portante del genere. Resta pur sempre un buon titolo, ma sono sempre di più i team di sviluppo che si perdono in un bicchier d’acqua.