Recensione Tiny Tina’s Wonderlands
di: Donato MarchisielloQuando nel 2013 venne rilasciato il Dlc di Borderlands 2, Tiny Tina’s Assault on Dragon Keep, il contenuto extra dell’immortale sparatutto targato 2K e Gearbox Software portò una “sterzata” tematica inattesa e (molto) divertente alle classiche scorribande nelle wasteland folli e senza leggi del gioco. E su queste basi che, quasi 10 anni dopo, Tiny Tina’s Wonderlands, il titolo in versione PlayStation 5 di cui parleremo oggi in questa sede, rimette sul tavolo la volontà molto meno celata, almeno questa volta, di avvicinare ancor di più la saga Borderlands ai classici crismi fantasy che da decadi dipingono (e fanno dipingere) i giochi di ruolo. Non più muscolosi psicopatici e improbabili cacciatori di teste, ma maghi “impossibili” e zombie dall’animo sensibile. Dunque, la domanda sorge spontanea: la “bombarola” Tina, dungeon master di un’improbabile sessione di uno pseudo D&D (Bunkers and Badasses) reinterpretato in chiave parodistica, sarà sufficiente per risollevare la saga da un lento ma visibile “dissolvimento”? Bando alle ciance, ecco la review di Tiny Tina’s Wonderlands!
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Tiny Tina’s Wonderlands è uno sparatutto in prima persona con spiccate e profonde componenti ruolistiche. Concettualmente parlando, il titolo eredita di sana pianta o quasi le caratteristiche specifiche che da circa una decade caratterizzano la saga di Borderlands: follia, ilarità e una montagna di armi ed equipaggiamenti da ottenere. Follia e ilarità che, a differenza delle improbabili “balestre d’assalto” di stampo medievale che potremo raccogliere in giro per la mappa, spiccheranno “violentemente” sin dai primi istanti del gioco e caratterizzeranno la linea narrativa del gioco. Nel titolo impersoneremo un “innominato” giocatore di uno pseudo Dungeons and Dragons che si troverà suo malgrado ad affrontare surreali assalti ai castelli o a corteggiare… ponti levatoi. Perché tutto ciò? Naturalmente, perché il dungeon master è, appunto, Tiny Tina e nulla, dunque, sarà come prima. Ovviamente, come ogni sessione ruolistica che si rispetti, ci saranno gli eroi e anche i cattivi: in questo frangente, il cattivissimo (e anche dannatamente autoironico) Signore dei Draghi, tenterà in ogni modo di invadere il ridente e spensierato regno della “stupendissima” regina… Stallone da Culo. E noi, impavidi combattenti, saremo chiamati a metter i bastoni fra le ruote al malvagio antieroe di cui sopra, massacrando zombie armati di fucili e scheletri impauriti dall’aldilà. Senza dilungarci oltre, la trama della nuova produzione Gearbox sarà, al solito, folle e senza senso (nell’accezione più positiva del termine) e fungerà, altrettanto usualmente, da motivo per indurci ad avanzare nel gioco, tra una stramberia e l’altra. Ovviamente, la classica “meta-ironia” tendenzialmente nerd e parodistica che da tempo caratterizza la produzione, tornerà naturalmente intatta e forse addirittura “potenziata” proprio dal paradosso tematico innescato dal gioco di ruolo e che produrrà un turbinio assoluto di pura follia comica. E davvero la follia è di casa, tra attacchi missilistici evocati da nerboruti bardi a fate turchine palestrate e che producono incantesimi a suon di pugni, sino a contest fra band metal e persino una sorta di walking dead con i protagonisti i puff.. Pardon, i “muffi”. Una follia che “perturba” in modo “irreparabile” anche le mille citazioni, letterarie, filmesche e videoludiche, di cui il gioco è stra-colmo e che “reinterpreta” per ripresentarle concettualmente vicine alla pazzia assoluta che alberga nelle lande incantate di Wonderland.
Tralasciando la linea narrativa, è bene soffermarci sulle caratteristiche fondanti del titolo. Diciamolo subito, senza mezzi termini: Tiny Tina’s Wonderlands è Borderlands. Nonostante alcune modifiche concettuali ed operate per esser tematicamente in linea con il concept della “sessione di ruolo”, tutte le caratteristiche fondanti della serie saranno ivi presenti, senza grandi rivoluzioni seppur, al contempo, testimoni di una ben visibile volontà di espandere senza rifondare. La formula “ammazza il nemico e raccogli il loot”, tipica della serie, ritornerà pienamente operativa e senza grandissimi sconvolgimenti. Un fattore determinante e da “metabolizzare” sin dalle primissime battute: chi attendeva con ansia un “ripensamento” integrale della serie, dopo il non particolarmente apprezzato Borderlands 3, probabilmente resterà deluso. Detto ciò, anche se di rivoluzione non si tratta, Tiny Tina’s Wonderlands è sicuramente un capitolo più che degno della saga. Dopo una breve introduzione, ben presto arriveremo all’editor del personaggio, all’interno del quale avremo una nutrita selezione di caratteristiche estetiche con cui personalizzare il nostro alter ego. Naturalmente, tra un iride luminescente e una voce “grossa” da eroe scanzonato, il gioco ci “costringerà” ben presto a scegliere una classe delle sei disponibili. Ognuna delle possibilità va a reinterpretare in chiave “borderlandesca” alcuni dei classici personaggi dei giochi di ruoli, come l’incantatore, il guerriero ecc. Nonostante di base tutti possano sostanzialmente usare tutto, ogni classe potrà accedere a due mosse speciali diverse oltre che a tutta una serie di passive individuali che andranno ad incidere sulla nostra personale “visione” della classe. Successivamente, progredendo con il gioco, potremo aggiungere classi secondarie e abilità aggiuntive pescate dagli altri alberi di abilità, andando a creare un nostro personale “ibrido”. In generale, la differenziazione sarà notabile ma non così “pesante” da modificare completamente il gameplay in base alla scelta: Tiny Tina’s Wonderlands, come è accaduto per tutti i Borderlands, sarà principalmente giocato tramite le armi da fuoco che, come già anticipato, non avranno limiti o restringimenti di utilizzo particolari.
Ovviamente, come ogni ruolistico vecchia scuola che si rispetti, anche in Tiny Tina’s Wonderlands saliremo di livello ottenendo esperienza dal completamento di missioni e dall’uccisione degli improbabili nemici che ci troveremo ad affrontare. Ad ogni level up, oltre al più classico punto abilità da spendere tra le passive legate alla classe, saremo addirittura chiamati a distribuire punti tra alcune statistiche legate alla tradizione ruolistica, come forza, destrezza, costituzione ecc., ognuna delle quali impatterà sulle performance sul campo di battaglia. Le concrete aggiunte alla rodatissima formula inaugurata da Gearbox una decina d’anni fa, saranno quasi tutte dispiegate nel primo paio di ore. La prima aggiunta che scoveremo, in ordine cronologico, sarà l’introduzione nell’equipaggiamento di un’arma da combattimento in mischia: un add-on sicuramente piacevole e che aggiunge un po’ di varietà in più a livello offensivo anche se, in sostanza, sarà un uso “cosciente” piuttosto che una necessità. Nel nostro test, infatti, per lunghissime frazioni del gioco, il combattimento in mischia è stato ampiamente ignorato, anche perché i nemici faranno piuttosto male specialmente alla difficoltà massima e dunque… perché prender “schiaffi” da vicino quando possiamo maciullarli dalla distanza? Una sensazione di superfluo che, progrendedo nel gioco, risulterà amplificata non appena sbloccheremo abilità e slot aggiuntivi per le armi primarie (ne avremo quattro in totale). Assieme all’arma melee e alla canonica arma da fuoco, ci saranno anche gli incantesimi che assumeranno varie forme, tra scudi magici, palle di fuoco e raggi incantati e che, sostanzialmente, prenderanno il posto delle granate dei precedenti capitoli. L’altra novità, più “seria” e strutturale, riguarderà appunto l’intero impianto ludico: addio al mondo aperto, benvenuta ad una struttura ad “arene” (che, però, modifica solo “esteticamente” l’andazzo ludico standard della serie).
Il gioco, in sostanza, ci vedrà muovere una pedina su di una pseudo mappa da gioco di ruolo con una visuale isometrica. Il movimento del nostro alter-ego miniaturizzato sarà relativamente libero, visto che la stessa landa ruolistica sarà sostanzialmente percorsa da “invisibili” corridoi, che attraverseremo completando missioni primarie e secondarie, che ci saranno affidate da improbabili personaggi non giocanti che scoveremo nel corso del gioco. Sulla mappa miniaturizzata, poi, saranno presenti delle aree, tra pseudo “avamposti” o incontri casuali di nemici nell’erba alta in stile Pokémon che, in sostanza, ci faranno accedere alle sessioni di combattimento vero e proprio che avverranno, come anticipato, in arene di dimensioni variabili ma “chiuse”. Una volta “liberata” l’arena e ottenute il loot premio (che tra l’altro gestiremo con un sistema d’inventario non particolarmente “user friendly” e a “calderone”) faremo ritorno alla mappa per continuare le nostre scorribande. Ovviamente, vi sarà la possibilità di esplorare “regioni” più vaste, sempre però concepite come istanze, all’interno delle quali troveremo quest secondarie, collezionabili e altre attività come eventi attivati da punti di interesse specifici, rendendo sensato investire un minimo di tempo nella mera esplorazione delle aree di gioco. La difficoltà generale del titolo ci darà abbastanza filo da torcere, specialmente al livello più alto dove addirittura alcuni nemici ordinari saranno in grado quasi di ucciderci in un sol colpo: detto ciò, come sottolineeremo più innanzi, saranno necessari buoni riflessi ma non strategie intricate per avere la meglio sui nostri improbabili avversari. Ovviamente, come ogni Borderlands che si rispetti, saremo sommersi da un mare di equipaggiamento ottenibile di vario tipo e natura e, quasi per riflesso pavloviano, finiremo ben presto a provare “ogni cosa” data la mole enorme di loot che intascheremo. Un plauso va inoltre fatto alle boss fight, da sempre il punto più alto di ogni capitolo di Borderlands: anche in Tiny Tina’s Wonderlands, gli scontri con i cattivissimi saranno impegnativi e divertenti, contraddistinti com’è lecito attendersi da “meccaniche” uniche di risoluzione.
Nonostante sia apprezzabile, concettualmente, il tentativo di rinnovare coerentemente con il tema ruolistico la classica formula di gioco, la struttura ludica di Tiny Tina’s Wonderlands non riesce comunque a sfuggire al più classico dei “talloni da killer” (passatemi la citazione pop) della saga: la ripetitività. In sostanza, la formula sopra descritta, che cambia esteticamente ma non concettualmente il più classico gameplay di Borderlands, continuerà senza nessuna variazione sino alla conclusione della campagna principale, che si attesterà tra le 20 e le 30 ore complessive. Una ripetitività che, al solito, sarà relativamente tamponata dalla possibilità di poter giocare al titolo in cooperativa, sia online che locale, oltre che addolcita dalla geniale ironia di cui è intrisa l’opera (che sarà totalmente in inglese, quindi i più dovranno affidarsi ai sottotitoli per comprenderla). È da segnalare, comunque, la presenza dei Choas Chamber, dungeon randomizzati e che fungeranno da endgame del gioco ma che, comunque sterzeranno solo millimetricamente dalla formula canonica del prodotto Gearbox. Passiamo al lato tecnico: in generale, su PlayStation 5 Tiny Tina’s Wonderlands è un ottimo prodotto seppur non esente da alcune criticità, a dir la verità minori e non particolarmente impattanti, da un punto di vista meramente tecnico. Graficamente, come al solito, la produzione Gearbox è di alto livello, seppur altaleni tra alta qualità (come, in generale, i modelli poligonali) e qualcosa un gradino più in basso (come alcuni dettagli degli ambienti o degli effetti “magici).
Dilungandosi leggermente sugli “scenari”, essi comunque saranno di buona fattura seppur, tendenzialmente, un po’ troppo generici: magari, seguendo la linea “deformed” e “sessione ruolistica” intrapresa per tutto il gioco, ci si sarebbe aspettato che gli stessi “cardini concettuali” venissero espansi anche agli ambienti di gioco che, in realtà, poggeranno su crismi fantasy piuttosto “qualunquistici” (cosa, tra l’altro, applicata in modo magnifico nella modalità “mappa”). Un’altra nota dolente, riguarderà l’intelligenza artificiale dei nostri avversari che, tendenzialmente, si limiteranno ad attaccare e basta finché non svaniranno nell’etere videoludico, prendendosi solitamente in modo serafico valanghe di colpi. Parlando del livello di “pulizia” dell’opera messa in campo da Gearbox, in generale Tiny Tina’s Wonderlands non soffrirà di particolari imperfezioni degne di nota, se non un fastidioso quanto sporadico pop-up improvviso di dettagli ed elementi sulla lunga distanza. Per quanto concerne le performance, su Playstation 5 avremo facoltà di optare per una modalità “Risoluzione”, che prediligerà la qualità grafica, e una “Performance”, dove l’immagine cederà il passo ai sindacali 60 fotogrammi al secondo. In generale, la differenza in termini qualitativi sarà tutto sommato relativa, rendendo probabilmente la prima opzione “desueta”. Ultimo ma non tale, il comparto sonoro: se gli effetti e le musiche sono di ottima qualità ma non trascendentali, tutt’altra storia costituisce la recitazione vocale, di altissimo livello. Unico neo, il suo essere completamente in inglese, la qual cosa potrebbe renderla di difficile comprensione per chi non mastichi con leggiadria la lingua di Albione, in considerazione del fatto che molti spezzoni di dialogo (alcuni, davvero divertenti) avverranno durante concitati combattimenti.
Cambiare senza cambiare: potrebbe esser riassunto così Tiny Tina’s Wonderlands, l’ultimo capitolo della saga Borderlands seppur, concretamente, sia uno spin-off. Non v’è nessuna rivoluzione, solo un “punto di vista” leggermente differente del classico andirivieni inaugurato circa dieci anni fa da Gearbox. Seppur di rivoluzione non si tratti, il titolo riesce comunque a divertire grazie ad una formula rodata (seppur ripetitiva), una comicità paradossale e una modalità cooperativa che farà la felicità di tanti giocatori. Un buon capitolo della saga che ne conferma la qualità ma che, però, non riesce a rinnovare una serie “immobile” da diverso tempo.