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Recensione The Last Hero of Nostalgaia

di: Simone Cantini

No veramente, ora direi che sia anche giunto il momento di dire basta. No, niente altolà al sudore, come ricorda un famoso spot, bensì un più prosaico stop ai soulslike. Ah, ovviamente questa affermazione non deve essere intesa in senso generale, come monito per gli sviluppatori che, da ora in avanti, oseranno cimentarsi nella realizzazione di un videogioco appartenente a questa categoria. Niente affatto, ci tengo a ribadirlo, dato che non è mia intenzione arrogarmi il diritto di decidere quale genere sia più degno di arrivare sul mercato. La frase in questione, tanto per essere chiari, è rivolta al sottoscritto che, a dispetto di quanto affermato nelle ultime recensioni pubblicate qua sul Tribe, si è trovato invischiato nell’analisi dell’ennesimo prodotto del 2022 che ha scelto di ammiccare al mondo creato da From Software. E no, il voto che trovate in calce a questa disamina dedicata a The Last Hero of Nostalgaia non è da imputare ad una mia infelice presa di posizione, né alla più squallida delle ripicche.

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L’eroe seghettato

Insomma, da quel lontano 2009 che vide il debutto di Demon’s Souls, di morti ed anime ne sono passate sotto i ponti, così come le innumerevoli rivisitazioni in fatto di lore e sceneggiatura del lavoro From Software: tra mondi sci-fi, distopie storiche e reami dark fantasy, ne abbiamo davvero viste di tutti i colori, pertanto cosa potrebbe rendere l’incipit di The Last Hero of Nostalgaia degno della nostra attenzione? Beh, diciamo subito che i ragazzi di Over the Moon hanno dimostrato di nutrire un amore sconfinato per le produzioni scaturite dal seme gettato dal team giapponese, di cui il loro titolo rappresenta un ironico, quanto appassionato e plateale, omaggio. Una volontà di tributare il proprio rispetto, seppur declinato in forma assai comica, che emerge sin dallo spassoso editor del nostro personaggio, dedicato smaccatamente a tutti coloro che amano trascorrere intere ore nella modellazione dell’avatar dei propri sogni. Terminato questo step praticamente obbligatorio in ogni soulslike che si rispetti, ecco che veniamo accolti dalla canonica cinematica iniziale, responsabile di illustrarci le premesse utili a dare origine alla tipica sequenza infinita di morti e resurrezioni. Solo che, anche qua, le cose non sembrano andare per il verso giusto, o meglio nella direzione che ci saremmo aspettati: bucando letteralmente la quarta parete, il gioco inizierà sin da subito a rivoltarsi contro di noi, canzonandoci senza pietà ed invitandoci a farci da parte, in quanto non certo degni degli onori da tributare al protagonista di un videogame. E così, in balia dei capricci di un narratore onnisciente, che non si esimerà dal cambiare a proprio piacimento le carte in tavola, dovremo lanciarci nella salvezza di Nostalgaia, una sorta di reame dei games oramai in preda alla distruzione, vittima di un decadimento del codice che sta portando alla pazzia tutti i suoi abitanti. Inizia così un viaggio costantemente in bilico tra gioco e metagioco, che ci porterà a sbirciare idealmente dietro alle quinte di quel mondo digitale capace di intrattenere una platea sempre più vasta. E tra omaggi plateali, camei e citazioni, la decina di ore necessarie a giungere ai (VERI) titoli di coda, non potrà che strapparci più di un sorriso. Sarà altro, difatti, a farci arrabbiare non poco.

Il potere dei ricordi

Inventarsi qualcosa di particolare in fatto di combat system, quando ci si approccia ad un genere fortemente codificato come quello dei soulslike, è impresa alquanto ardua, che richiede davvero il classico coniglio dal cilindro per stupire positivamente. Ed in tal senso i ragazzi di Over the Moon si sono limitati a giocare “palla a terra”, riproponendo in tutto e per tutto il più classico degli schemi, costituito dalla canonica accoppiata attacco normale/pesante, a cui si accompagnano la possibilità di parare (se armati di scudo) e di schivare. Il tutto, naturalmente, tenendo conto della amata/odiata barra della stamina. Insomma, sotto il punto di vista combattivo, l’omaggio ai prodromi dei souls ci sta tutto, evocato anche da un set di animazioni che ricalca in ogni frame quanto ideato da Miyazaki-san e soci: backstab, apertura di porte, roll e quanto altro, se non fosse per il peculiare stile grafico adottato, difficilmente ci porterebbero a pensare che il tutto è, in realtà, opera di un team occidentale. E, ovviamente, per rimanere nel solco della tradizione, non mancano incantesimi, i classici falò presso cui riposare e livellare, un fabbro per potenziare le armi ed un corposo set di elementi equipaggiabili. Ed è proprio in fatto di gestione del nostro loadout che The Last Hero of Nostalgaia ci regala una delle sue intuizioni più felici: gli oggetti più potenti recuperabili, siano armi o pezzi di armatura, non ci riveleranno sin dal principio tutto il proprio potenziale, ma data la peculiare situazione che agita il reame, avranno perso parte dei loro ricordi, ovvero la loro essenza. Spetterà a noi, pertanto, decifrando gli indizi sparsi nella descrizione che li accompagna, raggiungere uno specifico luogo, per poi riportare a galla il loro passato (spendendo parte della valuta di gioco) e sbloccare così statistiche potenziate e bonus aggiuntivi. Si tratta di un meccanismo davvero interessante, capace di conferire una inaspettata profondità e giocabilità accessoria al semplice processo di equipaggiamento. Il che avrà anche un ulteriore impatto in termini di statistiche del nostro avatar, dato che riportare alla normalità i vari oggetti, andrà anche a sbloccare un ulteriore ramo di bonus passivi, tanto più potenti quanto più alto sarà il numero di item “guariti”. E se consideriamo che il team si è davvero sbizzarrito nel giocare con l’armamentario recuperabile, questo gioco di raccolta e scoperta garantisce un elevato tasso di divertimento. Anche solo per scovare tutte le innumerevoli citazioni videoludiche presenti.

 

Questione di equilibrio

Dove è, allora, che The Last Hero of Nostalgaia mi ha fatto arrabbiare? Beh, non è certo un mistero che il segreto per dare vita ad un soulslike degno di tale nome risieda nel riuscire a creare un’esperienza equilibrata, a cui si accompagna un level design certosino e convincente. Ed è qua che la produzione Over the Moon finisce per scontrarsi con la dura realtà, tradendo l’inesperienza dello studio in tale ambito: il primo limite del titolo, difatti, risiede proprio nella costruzione dei vari livelli, quanto mai caotica e poco omogenea, capace come è di alternare sequenze brutalmente lineari ad altre in cui è davvero difficile orientarsi. Per non parlare della gestione incoerente dei checkpoint, capace di lasciarci vagare per ore senza possibilità di recuperare le forze, salvo poi stupirci con una serie di falò posti a distanza sin troppo ravvicinata. Paga dazio anche la schizofrenica curva della difficoltà, incapace di progredire in maniera costante, e che si lascia andare ad alti e bassi senza soluzione di continuità. Emblematica, in tal senso, è la gestione dell’ultima parte dell’avventura, capace di far impennare senza motivo il tasso di frustrazione, anche in presenza di un personaggio ben livellato (ed in tal senso l’assenza della possibilità di un respec delle statistiche si fa sentire). La stessa gestione dei combattimenti, inoltre, con le classiche hitbox non sempre puntuali, unita alla sgradevole presenza di nemici che continuano ad attaccare anche se subissati di colpi, senza accusare alcunchè, rendono inutilmente tediosi alcuni scontri. Convince, invece, la direzione artistica generale che, pur evidenziando un budget non certo stellare, riesce a fare di necessità virtù, adattando la messa in scena al substrato narrativo, situazione che ci porta ad accogliere con coerenza glitch ed artefatti visivi, gettati volontariamente in pasto agli occhi del player. Peccato per un frame rate non sempre impeccabile, ma che è nulla se paragonato ad una certa Città Infame del periodo PS3. Ottimo l’accompagnamento sonoro, che ha nel voice over inglese un vero plus (tutto è localizzato testualmente in italiano), grazie ad una potenza espressiva davvero sopra la media. Avrei voluto esprimere un parere anche sul comparto multigiocatore, ma ad eccezione dei canonici messaggi testuali da lasciare in eredità agli altri player, non mi è stato possibile interagire con nessuno, dato che la co-op funziona solo su invito diretto. Che peccato…

Volete un soulslike sopra le righe, capace di omaggiare in maniera comica le meccaniche base, pur non rinunciando a qualche felice intuizione? Allora The Last Hero of Nostalgaia potrebbe fare davvero al caso vostro, a patto che riusciate a scendere a compromessi con una difficoltà non bilanciata in modo ottimale, oltre che a decifrare un level design a tratti sin troppo caotico e confusionario. Il titolo firmato Over the Moon non è certo esente da difetti, ma è innegabile l’amore ed il rispetto nei confronti del genere, per quanto avvolto da una spessa coltre di ironia, sia davvero forte e palpabile. Proprio alla luce di questo, però, non possono che emergere i rimpianti nei confronti di una produzione che, per ovvi motivi di budget, avrebbe potuto essere molto di più, ma che alla fine, come molti altri titoli analoghi di questo 2022, giunge in un periodo storico in cui per i soulslike non ci può esser spazio per un “bravo, ma non si applica a fondo”.