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Recensione Star Wars: Bounty Hunter

di: Donato Marchisiello

Era il 2002 quando Star Wars: Bounty Hunter approdò inizialmente su PlayStation 2 e, circa un mese dopo, anche su Game Cube. Un titolo che, all’epoca, non sconvolse esattamente gli animi, attestandosi su voti intermedi della critica (a quel tempo, Reddit era solo un sogno “bagnato”). Nonostante ciò, il prodotto di LucasArts assunse un ruolo cruciale per gli amanti dell’immortale saga di Lucas. Star Wars: Bounty Hunter era un vero e proprio prequel de L’Attacco dei Cloni, film che uscì nelle sale solo qualche mese prima, che narrava alcuni punti “oscuri” della storia del mitico Jango Fett. Dunque, nel bene e nel male, una pietra preziosa che Aspyr, studio dietro la rimasterizzazione (ma forse, sarebbe meglio definirla un port con miglioramenti tecnici) di cui parleremo oggi, ha riportato in auge dopo le “riesumazioni tecnologiche” di Star Wars: Battlefront Classic Collection e Tomb Raider I–III Remastered, usciti negli scorsi mesi.

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Star Wars: Bounty Hunter è un gioco d’azione in terza persona, con vividi elementi da sparatutto, platform e (meno accennati) ruolistici. Una commistione di generi che, quest’oggi, è quasi uno standard ma che all’epoca era, in sostanza, una soluzione piuttosto “moderna”. Al centro, come anticipato, una narrazione che serviva (il passato è d’obbligo) a far luce sul “prima” di Jango Fett. Star Wars: Bounty Hunter riprende la linea narrativa poco dopo la battaglia di Naboo. Nel tentativo di eliminare un Jedi caduto e di trovare un degno modello genetico per l’Esercito dei Cloni, Darth Tyranus lancia una sfida ai più grandi cacciatori di taglie della galassia. Jango Fett, invitato personalmente, accetta volentieri. Equipaggiato con il suo doppio blaster, il lanciafiamme e altri strumenti del mestiere, Jango parte per catturare il Jedi caduto e, inconsapevolmente, per consolidare il suo posto nella storia della galassia. In questo senso, Bounty Hunter esplora con successo la storia di Jango, i traumi del suo passato e le sue relazioni con diversi altri cacciatori di taglie.

Come già anticipato, Star Wars: Bounty Hunter può esser definita rimasterizzazione anche se, a voler esser pignoli, l’etichettatura è forse impropria. Il lavoro di Aspyr, infatti, è più vicino ad una traslazione del titolo originale comprensivo di una serie di migliorie tecniche notevoli. Nulla è stato fatto, in sostanza, per ripensare il gioco originale che, già all’epoca, non venne esattamente accolto come un autentico capolavoro. L’opera di Aspyr, infatti, è una conversione 1:1 con tutti gli stessi livelli (18 in totale), risorse, armi e “asperità” della versione originale. Tra i lati positivi, v’è sicuramente una rinnovata veste tecnica con grafica e texture rinnovati, ma anche illuminazione e colori migliorati. Caratteristiche che, sicuramente, danno nuova vita a un gioco di ben 22 anni fa che però, comunque sia, mostra visibilmente la sua età (specialmente, in alcuni ambienti esteticamente “grossolani” e in una repetita in salsa visual dei nemici).

Ma la traslazione 1:1 ha portato con sé anche tutte le “finestre sbarrate”, specialmente lato gameplay. Tra queste, il design dei livelli a volte confusionario, l’inspiegabile limite di cinque vite per livello, una telecamera che fa le bizze, gli obiettivi esplicitati ma non troppo delle missioni ecc. Dunque, è bene esplicitarlo: la fatica tecnica di Aspyr non ha le pretese di ripensare il titolo del 2002 completamente ma, al contrario, di renderlo semplicemente accessibile, non senza dei notevoli miglioramenti tecnici, sulle console di oggi. Il pacchetto, se non fosse stato già ampiamente confermato, torna a vivere così com’era 22 anni fa, con un gameplay sicuramente divertente ma ancorato saldamente ad alcuni “canoni” morti e sepolti da tempo.

Come già detto, il gameplay di Star Wars: Bounty Hunter è un mix di platform e shooting in terza persona. La campagna è suddivisa in sei capitoli, con tre livelli per ogni capitolo, e richiede tra le cinque e le dieci ore al massimo per essere completata. Avremo a disposizione cinque vite per livello e il gioco può diventare molto difficile nell’ultima metà. Inoltre, non ci sono salvataggi manuali, il che significa che dovremo ricominciare un livello se falliremo, con il risultato di dover digerire un bel po’ di backtracking. Il giocatore avrà a disposizione sufficienti possibilità di movimento e combattimento: potremo utilizzare il jetpack di Jango insieme ad una pletora di armi a distanza per colpire i nemici, come le doppie pistole o il lanciafiamme.

Jango ha anche la possibilità di saltare e schivare per togliersi di mezzo, il che funziona quasi sempre. Come già detto, la cosa più difficile da fare nel gioco è capire come far funzionare a proprio favore la telecamera e il sistema di lock-on, che diverrà difficilmente governabile in ambienti stretti popolati da diversi nemici tutti assieme. Aspyr, in concreto, ha altresì aggiornato i comandi per offrire uno schema di controllo classico e moderno, che rende il gioco un po’ più accessibile nel complesso ma, in sostanza, ciò che cambierà è la semplice mappatura dei tasti. Il gioco, comunque vada, scorrerà in modo piuttosto fluido, anche grazie a caricamenti vicini all’inesistenza e ad un elevato e solido frame rate riscontrati nella nostra prova su Xbox Series X.

Star Wars: Bounty Hunter rimane un titolo molto amato dai suoi fedeli fan e gli sforzi di Aspyr per rimasterizzarlo non sono passati inosservati. Nonostante soffra di alcune meccaniche di gioco obsolete e qualche asperità tecnica “genetica”, lo sforzo di renovatio tecnica compiuto dallo studio di sviluppo offre comunque un’esperienza piacevole e nostalgica a soli venti euro. Gli aggiornamenti apportati al gameplay rendono Bounty Hunter un po’ più moderno, fluido e accessibile, anche se già da i primissimi istanti di gioco avremo ferma la sensazione di trovarsi dinanzi a qualcosa di “vecchio”.