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Recensione Serious Sam Collection

di: Donato Marchisiello

Descrivere in parole povere la saga di Serious Sam è un po’ complicato. Uno shooter, vecchio stampo, che ha sempre riproposto su schermo, con una formula più o meno invariata, i “dogmi” imposti qualche decennio fa da Doom, Quake e Unreal. Mostri sacri, traslati in un altro mostro sacro, recente, proprio per la sua capacità d’essere pedissequamente originale. Ma non è solo una questione meccanica: Serious Sam è follia allo stato puro. Una “macelleria” continua di aberrazioni comico-tragiche via via più esagerate e gigantesche. Dal “primo incontro”, targato 2001 e creato dal team di sviluppo croato Croteam, il buon Sam ha illuminato i nostri schermi con un gameplay rozzo al punto giusto, ambientazioni genialmente casuali e nemici dal design schizofrenico. Una commistione (forse, sarebbe meglio dire combustione) di elementi che uniti sono in grado di conflagrare in un qualcosa di unico, folle e geniale allo stesso tempo. Ed ecco che, in un baleno, grazie a Devolver Digital, i capitoli principali della serie (tolto l’ultimo capitolo cronologicamente parlando) sono approdati su console. Bando alle ciance, ecco la recensione di Serious Sam Collection.

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Serious Sam è una saga di sparatutto in prima persona vecchio stampo, iniziata “in sordina” su PC ma che, nel tempo, ha guadagnato una folta schiera di proseliti perdutamente innamorati della folle brutalità che traspira dal gioco. Nel pacchetto che analizzeremo quest’oggi, chiamato Serious Sam Collection in versione PlayStation 4, troveremo i tre capitoli principali della serie, ovvero Serious Sam HD: The First Encounter, Serious Sam HD: The Second Encounter e Serious Sam 3: BFE, ovvero due riedizioni in alta definizione (uscite su Ps3 e Xbox 360) dei primi due capitoli e il terzo chapter della saga, espanso con due dlc aggiuntivi. Se volessimo cercare (con fatica) di intravedere un filo conduttore, da un punto di vista narrativo, nella serie, potremmo soffermarci sull’argomento principale delle peripezie del nostro buon Sam: nel primo capitolo della serie, The First Encounter, il nostro buon Sam “Serious” Stone viene rimandato indietro nel tempo per fermare una minaccia aliena concretizzata in una sorta di entità chiamata Mental, al vertice di una foltissima schiera di aberranti mostruosità non terrestri pronte a divorare l’intera umanità, in lotta con il popolo del pianeta Sirio, che decise di infarcire il pianeta Terra con alcune reliquie ultra-tecnologiche utili per contrastare Mental.

Una narrativa ridotta all’osso, che continua anche nel secondo capitolo compreso nella raccolta, The Second Encounter, dove il nostro Sam, diretto verso Sirio, è costretto ad una deviazione forzata da “qualcosa” (e non vi diciamo cosa, per non rovinarvi la “sorpresa”) che va “storto”. In questo modo, il nostro improbabile eroe si ritrova all’epoca dei Maya, nel Centro America, alla ricerca dei portali lasciati dal popolo di Sirio, utili per raggiungere la terza tappa del suo viaggio. Infine, giunge il terzo capitolo, che in realtà nel continuum narrativo della saga, funge da prequel alla saga: in questo capitolo, il nostro “serioso” eroe viene mandato nel moderno Egitto per difendere uno scienziato, in possesso di alcuni geroglifici in grado di attivare la reliquia dei viaggi nel tempo. Una narrazione, quindi, basilare nei concetti ma sorprendentemente approfondita da un punto di vista della semplice ambientazione, che potremo espandere attraverso svariati item sparsi per i tre titoli di gioco. Ma, nonostante ciò, l’ambientazione e la trama saranno semplicemente una divertente ed elaborata scusa per procedere al massacro chirurgico e regolare di schiere e schiere di improbabili nemici. Serious Sam, semplicemente, chiede solo una cosa ai giocatori: spara a tutto ciò che si muove. E, c’è da fidarsi, di “roba” a schermo e in movimento ce ne sarà davvero tanta. Così tanta che, probabilmente, una buona fetta dell’utenza potrebbe incontrare seri ostacoli anche solo alla modalità standard. Oltre alle classiche campagne in singolo, Serious Sam Collection offrirà una modalità cooperativa (locale) e diverse modalità multiplayer sino a 4 giocatori, in cui si potranno martoriare di proiettili i propri avversari in game mode classici come Deathmatch, Capture the Flag ecc.

Naturalmente, il piatto forte dell’offerta ludica è il gameplay: Serious Sam offre delle meccaniche basilari, rudi e dirette al sodo. Semplicemente, per tre giochi abbastanza estesi a livello di longevità, ci muoveremo per livelli dal design semplice, in linea di massima seguendo uno schema ricorrente “corridoio – grande arena” che ci vedrà disintegrare schiere e schiere di improbabili nemici pronti a tutto per farci fuori, con armi feroci e improbabile nel mentre girovaghiamo per i livelli alla ricerca di munizioni e power up. Nonostante il fascino indiscutibile della formula “old school” che, come detto in incipit, prende visibilmente le mosse dai (lontani) mostri sacri del settore, Serious Sam ha proprio nel suo “ingombrante” e personale essere la sua forza, ma anche la sua debolezza. La collezione ripropone, sostanzialmente, in modo immutato il gameplay dei titoli originali che, però, appartiene in termini videoludici ad una era geologica fa. La semplice formula descritta potrebbe non esser appetibile ai giocatori moderni, ormai convinti assertori della necessità di una costante e invasiva ibridazione di genere. Tutti i titoli proporranno, quindi, un arsenale vasto e folle, coerentemente con un “folla” di nemici assolutamente fuori di testa ma che saranno tendenzialmente ben caratterizzati e avranno ognuno il proprio modus d’attacco e, di contrappeso, una strategia specifica d’approccio. Ma, naturalmente, oltre che maciullare orde di aberrazioni in spazi tendenzialmente ampi, la saga offrirà praticamente nulla in più per saziare i “delicati” palati moderni.

Ibridazione che, effettivamente, non c’è in Serious Sam 1 e 2 che, con un gameplay ancora dannatamente fluido e dinamico dopo tutto questo tempo, ci darà il solo compito di “andare avanti” e massacrare di proiettili qualsiasi cosa si muova. Questa formula, apprezzabile o meno a seconda della carta d’identità, almeno in teoria, viene parzialmente smossa dal terzo capitolo, seppur di poco. Serious Sam 3, infatti, rappresenta un step in avanti, sempre relativamente all’età cronologica d’uscita (2011), caratterizzato da qualche piccola aggiunta che lo mette in pari con i “concorrenti” dell’epoca. Rispetto al passato, il terzo capitolo principale presenta, oltre ad una veste grafica migliorata (si potrebbe azzardare più “realistica”), anche un level design più articolato e qualche nemico più ostico a livello di intelligenza artificiale. In aggiunta, cosa che all’epoca fece storcere più di qualche naso ai fan di lunga data della serie, il terzo capitolo si presentò con un sistema di progressione per l’unlock delle armi a cui, al contempo, venne aggiunto un feeling più realistico simulando una sorta di rinculo diversificato a seconda dell’arnese d’uccisione prescelto, assieme ad uno spread dei proiettili verosimile. Tante piccole aggiunte, assieme ad altre non citate come la possibilità di correre o di utilizzare il mirino metallico (in stile Cod, per intenderci) con alcune armi, che come detto, modificarono parzialmente il gameplay stesso del gioco, seppur non abbandonando completamente la formula originale dei due precedenti capitoli, fatti di orde e orde di folli e implacabili nemici.

Veniamo al lato più squisitamente tecnico: schermo alla mano, graficamente i tre capitoli di Serious Sam presenteranno ben poche novità rispetto alle controparti originali. In modo particolare, le prime due riedizioni, come detto già apparse su Xbox 360 e Ps3, si ripresenteranno sulla (ormai) old gen in modo sicuramente migliorato, seppur molto relativamente e in correlazione alla maggiore potenza di calcolo delle macchine. Mentre, per quanto concerne il terzo capitolo, esso è stato sostanzialmente traslato a pié pari dalla versione PC, presentandosi quindi come l’apice della resa estetica del pacchetto videoludico, visibile soprattutto confrontando i modelli poligonali dei nemici “storici” della saga. Seppur, il terzo capitolo, sia sostanzialmente identico al titolo di circa 10 anni fa e, quindi, anch’esso “vetusto”. Resa grafica a parte, che comunque si attesta su livelli accettabili e sicuramente non toglierà, a chi vorrà farlo, il gusto di maciullare decine e decine di nemici, in linea generale, la vera miglioria della collezione riguarda le performance dei tre titoli che resteranno marmoreamente ancorati ai 60 frame al secondo, anche sulle PlayStation 4  Pro, grazie alla possibilità di optare fra due modalità di visualizzazione (Qualità e performance). Due modalità come detto, ma sostanzialmente solo una da scegliere in concreto visto che, se dovessimo optare per la prima, avremmo in cambio un leggerissimo aumento della complessiva qualità (un po’ più vistoso nel terzo capitolo), perdendo però metà dei fotogrammi al secondo. Scegliendo la seconda opzione, quindi, si avrà la reale esperienza di Serious Sam a 60 frame, seppur qualche singhiozzo possa esser riscontrato nel terzo capitolo, specialmente nelle situazioni più caotiche. Quindi, alta fluidità per un titolo che fa del dinamismo e del gameplay “always on fire” il suo pane quotidiano. Ultimo il comparto audio, fatto di rock duro e metal a tutto spiano coerentemente “attivato” nei momenti di maggior tensione. Se la musica, in sé, pur rasentando lo standard compositivo, è ovviamente più che azzeccata, l’effettistica audio originale potrebbe far scendere qualche lacrimuccia ai nostalgici, ma sicuramente farà inarcare qualche sopracciglio alle nuove leve, a cui suoni e rumori di armi, esplosioni e quant’altro potrebbero apparire come una parodia (ma, anche in questo caso, non sarebbe poi così lontano dalla verità).

Serious Sam Collection: tre perle del passato ad un prezzo irrisorio. Serve altro? Nonostante degli evidenti limiti, tecnici e concettuali, l’approdo su current (old?) gen è un apprezzabile ritorno al passato (sempre futuribile). Un titolo vecchia scuola, parodia di tutta una trafila di B-movie americani che, a loro volta, hanno caratterizzato lungamente l’espressione culturale per modi e tempi dei videogiochi del settore shooting. Una perla immancabile, seppur non tutti potrebbero essere in grado di apprezzarne i contorni.