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Recensione Red Matter 2

di: Simone Cantini

Avevo apprezzato molto Red Matter, come si può tranquillamente capire se si recupera la mia recensione, ma non nego come le limitazioni intrinseche relative al movimento che caratterizzavano PSVR, avessero in parte frenato l’entusiasmo ed il divertimento garantito dal titolo Vertical Robot. Alla luce dei netti passi avanti, in tal senso, compiuti dal nuovo headset virtuale Sony, però, non ho potuto fare a meno di accogliere con estremo interesse e curiosità il porting del secondo capitolo delle avventure di Sasha, certo che questo suo ritorno sulle scene lo avrebbe finalmente liberato dai vincoli che avevano caratterizzato il nostro primo incontro. E posso confermare, prima ancora di giungere al termine dell’analisi, che Red Matter 2 è riuscito senza riserve in questo compito tutt’altro che banale.

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Lost in space

Red Matter 2 prende il via proprio al termine del precedente episodio, quando il subconscio del nostro Sasha viene finalmente tratto in salvo dalla simulazione virtuale in cui era stato intrappolato. Un brusco risveglio quello dell’agente, che scopre di essere adesso intrappolato nel corpo di un ex soldato, in seguito alla morte del suo involucro terreno. Non c’è, comunque, neppure il tempo di riprendersi dallo shock, dato che ad accoglierlo troverà l’immagine e la voce della misteriosa Beta, anch’essa al soldo del fittizio governo volgraviano, che lo introdurrà immediatamente alla sua nuova missione: rintracciare un amico di vecchia data, che risulta essere autore di un non meglio precisato segnale radio. Giusto il tempo di indossare la nostra tuta spaziale, ed impugnare i tool multifunzione già conosciuti in precedenza, e sarà il momento di partire per Saturno, nel tentativo di fare luce su questa fugace traccia. Inizia così un viaggio attraverso il sistema solare, che saprà spingerci sino ai confini dello stesso, il tutto condito da basi di ricerca simil sovietiche, sinistri studi scientifici e complotti vari. Red Matter 2 si muove saldo nel solco di quanto già tracciato in precedenza, estendendo ulteriormente la già azzeccata lore che avevamo imparato ad apprezzare e sviscerare nel 2018, aumentandone la portata e condendo il tutto con un gameplay ampliato e migliorato, per quanto ancorato nel solco dei walking simulator a base di enigmi ed esplorazione. Un’avventura interessante ed affascinante, che nel corso di circa 6-7 ore saprà regalare scorci indimenticabili, grazie ad un comparto tecnico assolutamente sbalorditivo, soprattutto se consideriamo come sia il frutto del lavoro di un team dalle dimensioni ridottissime.

 

‘Sta mano po’ esse fero e po’ esse arma

Prima di imbarcarmi nella disamina prestazionale, vale la pena soffermarsi un attimo nella descrizione del gameplay di Red Matter 2 che, pur ampliando la portata dell’esperienza, risulta saldamente modellato attorno alle fondamenta del precedente capitolo. Come già anticipato, parliamo di un’avventura di stampo narrativo, in cui ci troveremo ad esplorare alcuni dei laboratori spaziali della nazione di Volgravia, un fittizio stato modellato attorno agli stilemi del regime sovietico anni ’60. Strumento principe dell’interazione con ciò che ci circonda, saranno due dispositivi multifunzione, modellati attorno ai Sense Controller in forza a PSVR2: questi ci permetteranno di afferrare e manipolare oggetti ed analizzare e tradurre documenti, come già sperimentato in precedenza, ma potranno contare anche su due inedite feature, rispettivamente rappresentate da una pistola ad energia e da una torcia. Si tratta di elementi in grado di dare vita ad un discreto campionario di situazioni, che spazieranno da enigmi ambientali e logici, ad elementari scontri a fuoco (forse la parte più debole dell’esperienza, a causa dell’IA nemica assai elementare). Non mancheranno anche piccoli momenti simil stealth, mai troppo complessi, a cui si accompagnano brevi digressioni di natura platform, che ci richiederanno di fare affidamento sul jetpack in dotazione della nostra tuta. Ritmo e varietà risultano essere elementi ben bilanciati, così da restituire un’esperienza priva di momenti morti che, seppur non certo frenetica, non mancherà di incuriosire ed interessare il player, complice anche un setting che, per quanto non proprio originalissimo, gode di una buonissima caratterizzazione. È comunque il solido gameplay a risultare il vero vincitore di questo mix di elementi, in virtù di un set di controlli puntuali ed efficaci, capaci di restituire un ottimo feeling generale, oltre che una naturalezza dell’immedesimazione assai marcata.

Lo spazio non è mai stato così bello

A colpire con veemenza il giocatore, comunque, al di là di quanto di buono siano riusciti a realizzare sul fronte ludico i ragazzi di Vertical Robot, è senza ombra di dubbio l’impressionante comparto tecnico che accompagna Red Matter 2, capace di stupire senza riserve il giocatore già nei primi attimi di gioco. Senza girarci troppo attorno, mi sento di annoverare la produzione come una delle più belle visivamente che mi sia capitato di testare sino ad oggi su PSVR2, per certi versi anche superiore ad Horizon: Call of the Mountain e GT7, soprattutto se paragoniamo la potenza di fuoco degli studi in questione. A colpire senza riserve è l’incredibile pulizia della messa in scena, assolutamente priva di artefatti visivi, capace di restituire una naturalezza dell’immagine davvero senza compromessi. A questo si accompagna un’orgia di superfici riflettenti di eccellente fattura, impreziosite da effetti in ray tracing di primissimo livello, in grado di rendere ancor più marcato e presente il senso di immersione. Naturalmente una simile bontà estetica è dovuta, senza ombra di dubbio, al particolare setting in cui si svolge il gioco, rigido ed essenziale in prefetto stile sovietico d’antan, a cui si accompagna un’assenza di eccessivi elementi su schermo. Si tratta comunque di una scelta assai coerente con le tematiche trattate, capace pertanto di assolvere con successo a due distinti compiti. Quel che resta, pertanto, è un insieme di scenari in grado di colpire con veemenza l’immaginario del giocatore, oltre che capaci di rendere pienamente giustizia ai benefici visivi garantiti dalla realtà virtuale: atterrate su Tritone e mi saprete dire se ho ragione oppure no. L’immedesimazione, inoltre, esce corroborata dall’apporto di un convincente doppiaggio in lingua inglese (tutti i testi sono localizzati in italiano), affiancato da un’efficace soundtrack, in grado di accompagnare con puntualità le varie situazioni. Una lode meritatissima, e non certo scontata, va anche tributata all’impiego delle feature aptiche di PSVR2 e Sense Controller, che grazie ad un utilizzo intelligente e preciso di trigger e vibrazioni, riescono a far percepire con estrema efficacia le sensazioni legate alle varie interazioni: ed in un periodo in cui anche i first party sembrano essersi adagiati sugli allori, si può solo applaudire il lavoro svolto dal team iberico.

Grazie al lavoro svolto con Red Matter 2, mi sento di inserire i ragazzi di Vertical Robot nella top 3 dei miei studi dedicati alla realtà virtuale preferiti. Al di là delle solide fondamenta ludiche su cui poggia la nuova avventura di Sasha, divertente ed intrigante al punto giusto, è davvero impossibile non rimanere a bocca aperta al cospetto di una perizia tecnica che, almeno nel variegato mondo dei team indipendenti, risulta non essere seconda a nessuno. Ad una solida esperienza capace di mescolare a dovere enigmi e progressione narrativa, si accompagna un’estetica abbacinante in quanto a pulizia e qualità complessiva, in grado di rendere davvero palpabile ogni singolo passo che compiremo all’interno delle asettiche strutture volgraviane. Si tratterebbe, però, di un semplice specchietto per le allodole se il tutto non fosse affiancato da un’avventura divertente e stimolante, ma per fortuna in Vertical Robot hanno deciso di fare le cose a dovere, confezionando un titolo curato sotto ogni punto di vista. Ehi, a quando il prossimo lavoro? Che qua sono davvero curioso di vedere cosa riusciranno a tirare fuori…