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Recensione Recensione di Supreme Commander 2

Recensione di Supreme Commander 2 di Console Tribe

di: Claudio "Evil_Sephiroth" Perfler

Quando leggiamo Square Enix sicuramente la prima cosa che ci viene in mente sono i J-RPG, genere che ha reso famosa la casa nipponica in tutto il mondo.
Non tutti sanno però che da qualche tempo Square ha intrapreso un’attività come publisher tutt’altro che marginale. Dobbiamo infatti alla casa dei chocobo l’arrivo in terra europea ed americana di parecchi titoli che i rispettivi sviluppatori non avrebbero mai e poi mai portato fuori dal Giappone: si tratta comunque di titoli appartenenti al genere dei GDR, tuttavia non mancano alcune eccezioni.
È il caso della saga Supreme Commander, RTS che giunge con questo nuovo capitolo alla sua seconda incarnazione.
I ragazzi di Gas Powered Games si appoggiano al colosso nipponico per la distribuzione del loro ultimo lavoro (a differenza del primo edito dalla THQ); certo, vedere il nome Square-Enix accanto ad uno strategico bellico lascia quasi a bocca aperta, molti probabilmente avranno già bollato il tutto come una sorta di fallimento annunciato, ma è bene non dimenticare che quello che i creatori di Final fantasy fanno è solo pubblicare il titolo dei Gas Powered. Il giudizio deve quindi scaturire dall’analisi del titolo e non dal nome del publisher.

Titanici scontri persi

Supreme Commander 2 inizia 25 anni dopo la conclusione degli eventi narrati nell’espansione del primo capitolo, “Forged Alliance”: il mondo non è più un totale teatro di guerra senza regole, ma vede la lotta per la vittoria oramai appannaggio di tre fazioni: UEF (gli umani per intenderci), Illuminati e Cybran.
Ogni fazione ha obiettivi diversi , e la narrazione si concentra in particolare su alcuni esponenti dei tre gruppi, seguendo la loro personale guerra e le motivazioni che guidano le loro azioni.

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I giocatori abituali di RTS ricorderanno sicuramente una peculiare caratteristica tipica di questo genere alcuni anni fa: la campagna umana era quasi sempre l’unica selezionabile la prima volta che si avviava il titolo.
Supreme Commander 2 torna a quei tempi, sbloccando le campagne “Illuminate” e “Cybran” solo dopo la conclusione della storia UEF.
Non ci resta quindi che gettarci nella mischia e bruciare tutte le missioni che ci separano dalle altre “razze”. La prima cosa che sapientemente gli sviluppatori ci propinano è un bel tutorial, spesso odiato e malvisto, ma nel caso specifico quantomai gradito e necessario. Il motivo è presto detto: il passaggio su Xbox 360 di un titolo appartenente ad un genere da sempre ancorato al mondo dei Personal Computer può risultare problematico: alcune volte gli sviluppatori hanno rallentato o adattato il gameplay per renderlo fruibile anche attraverso il pad, ma non in Supreme Commander 2. È stato eseguito un lavoro di “porting” per usare il pad al posto della classica accoppiata mouse&tastiera, un lavoro abbastanza radicale, con la completa rivoluzione di tutti i menu di costruzione, adesso adatti ad essere esplorati con la semplice rotazione della levetta sinistra (una volta aperti).
Il compito del tutorial è dunque quello di introdurci alle novità dei menu e alle meccaniche che da sempre contraddistinguano Supreme Commander, come la necessità di controllare quasi sempre battaglie su più fronti e il comando di unità di tipo diverso.
Una volta sbrigata questa formalità si viene catapultati nella campagna vera e propria, tra filmati che ci iniziano a svelare la trama e briefing pre-missione.
Appena iniziamo ad addentrarci nel vero e proprio corpo del gioco ci rendiamo conto di come la versione per console non sia diversa rispetto la controparte PC.
I ragazzi di Gas Powered Games hanno mantenuto inalterato il concept di gioco originale, rendendoci quindi generali di enormi armate in grado di occupare buona parte della mappa di gioco durante le battaglie campali. Il sistema di gestione di tale vastità di uomini e mezzi si basa ancora sulla classica visuale a 3/4, ma con la possibilità di gestire liberamente una sorta di zoom satellitare che ci porterà da poche decine di metri di altezza fino all’osservazione dell’intera regione in cui si stanno svolgendo le operazioni belliche.
Questa lontananza visiva è in pratica il cuore del gioco: rinominata visuale tattica, questa feature permette di osservare le proprie unità segnalate da triangoli e quadrati, di selezionarle (diversamente potrebbero occupare più di 3 schermi da 40 pollici affiancati) e di spedirle a massacrare unità nemiche in diverse aree della zona di gioco contemporaneamente, per poi tornare a goderci l’epurazione da distanza ravvicinata. Tale comportamento operativo è pressoché obbligatorio per avere ragione sugli avversari nel modo più veloce possibile: le missioni proposte richiedono spesso di distruggere svariati obiettivi (anche lontani tra loro) in breve tempo, e la divisione delle nostre truppe è dunque l’unica soluzione logica, anche perché lasciare alcune basi avversarie troppo libere permetterebbe loro di approfittare di questo tempo per potenziarsi e lanciare a loro volta un attacco dagli esiti disastrosi (per noi).

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La difficoltà è fra l’altro calibrata verso l’altro, con il risultato che i nostri bersagli sanno quasi sempre come colpire in profondità nelle nostre basi, infliggendo gravi danni.
Non è certo preclusa la possibilità, per i giocatori meno avvezzi, di chiudersi in difesa e aspettare di avere armate numericamente paragonabili a quelle di “Serse” in “300” e quindi lanciarsi in una sorta di rush omicida in grado di spazzare via sequenzialmente tutti i nemici. Resta però lampante come tale tattica sia poco invogliata, dato anche l’enorme numero di risorse necessarie a costruire cotanta mole di combattenti.
La “grande scala” su cui il gioco puntava in versione PC arriva però ad essere il fulcro dei difetti in questa versione console: durante la visuale tattica, e con gli eserciti più numerosi, i “segnalini” che evidenziano le nostre truppe diventeranno completamente confusi: problema che si va ad aggravare a causa della scelta di dotare il gioco di una sorta di auto-raggruppamento atto a creare unità equilibrate formate da mezzi di diversa tipologia (scelta forzata data l’impossibilità di selezionare con precisione tramite pad), funzione che a conti fatti funziona decisamente male, riducendo le strategie utilizzabili dai giocatori più esperti.
Il numero di truppe presenti si riflette negativamente anche sul sistema di ordini, che spesso sarà minato da fenomeni di simil-lag, a causa dei quali spesso alcune unità vagheranno senza meta per qualche tempo prima di dirigersi dove avevamo loro ordinato.
Il passaggio su console è stato sicuramente fatto con criterio e con la volontà di mantenere il titolo il più immutato possibile, ma senza considerare forse la differente prestanza dell’hardware a disposizione che, infatti, raramente (ma accade) va in crash o freeza, costringendo a riavviare l’Xbox 360, con risultati che variano dal leggero disappunto, allo stimolo di distruggere tutto nel caso il blocco avvenga nel corso di missioni dalla durata superiore ad un’ora.
Nel caso nulla di tutto ciò avvenga, terminate le 7 missione della UEF, potremo intraprendere le campagne “nemiche”; la variazione sul tema è minima: se la trama cambia totalmente, l’impostazione dei combattimenti è simile, con unità (nella maggioranza dei casi) più forti e meno numerose, ma con la possibilità di usare pressappoco le medesime tattiche per raggiungere la vittoria, trionfo che anche in questo caso arriverà dopo 7 missioni per parte.

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Fuoco cieco, fuoco alleato

La “pesantezza” della versione PC è riscontrabile anche per quanto riguarda il comparto visivo. Se il colpo d’occhio dovuto alle centinaia di unità su schermo è innegabile, nelle scene più concitate dove si rende necessario il passaggio dalla visuale tattica ad una inquadratura più vicina, porterà spesso a cali di framerate o addirittura blocchi di un paio di secondi.
Le aree di gioco mantengono una cura realizzativa abbastanza ispirata, anche se con texture appiattite e senza numerosi ornamenti ambientali che erano presenti nella versione PC (erba, alberi ed edifici); solo le zone innevate non risentono di questo passaggio su console, conservando un dettaglio paragonabile alla versione nativa.
Purtroppo fenomeni di pop-up colpiscono indiscriminatamente sia le unità (nemiche o alleate) sia intere parti di scenario (anche nelle suddette aree innevate), talvolta in modo piuttosto fastidioso: vi troverete magari ad aver pianificato un percorso, quando di colpo, durante il tragitto, una intera montagna apparirà a sbarrarvi inesorabilmente la strada quasi come se fosse stata caricata con notevole ritardo. Un’ulteriore nota dolente risiede nei video di intermezzo, mal realizzati e senza alcun lip-sync. A dare il colpo di grazia (come se ce ne fosse bisogno) arriva il framerate, mai costante e con vistosi scatti nei frangenti in cui controlleremo più unità (che poi sarebbero anche il momento clou dell’intero titolo) a testimonianza che riadattare il gameplay per una console sarebbe stata una scelta senza ombra di dubbio più sensata, senza la presunzione di portare il gioco senza considerazione alcuna per l’hardware a disposizione.

Rumore di morte

Una soluzione potrebbe essere quella di chiudere gli occhi e affidarsi solamente all’udito: sia il doppiaggio dei video che gli effetti sonori sono ben realizzati. Se per i primi l’espressività non manca e le conversazioni paiono sempre ben articolate e con una coerenza relativa alla situazione molto elevata, per quanto riguarda gli effetti di attacchi, armi, esplosioni e spostamenti ci troviamo forse di fronte il meglio mai sentito nell’intero universo degli strategici in tempo reale.
Ogni momento della nostra campagna sarà avvolto da stridii di cingoli, marciare di truppe e borbottii di motori, armi laser, proiettili e pesanti passi di enormi camminatori nelle fasi di battaglia più calde e cruente.

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Sono ancora le persone a vincere le battaglie

Nonostante la difficoltà non certo bassa, i giocatori più ferrati necessiteranno di poco per arrivare a livelli in cui la strenua resistenza offerta dalla I.A. non sarà più che un piccolo fastidio. Ecco quindi come, per ogni RTS che si rispetti, la sfida più grande consiste nell’ingaggiare una battaglia contro altri esseri umani o nell’allearsi con loro.
Per la cooperativa, che prevede da 2 a 3 giocatori, il gioco provvederà a “sbloccare” un grado di difficoltà (per quanto riguarda l’I.A.) non utilizzabile durante la campagna, in grado di tenere testa a ben tre giocatori organizzati e di tirare fuori dal cilindro tattiche inusuali e quantomai efficaci. Complice anche la benevolente casualità (che non esiste mai per il computer) i giocatori si troveranno spesso forzatamente in difficoltà, anche mortale; senza però essere mai frustrati, anzi la coop fino ad ora è la modalità che regala le soddisfazioni e i feedback migliori.
Per quanto riguarda il multiplayer competitivo, invece, le mappe più piccole e meno complesse riusciranno a limare la stragrande maggioranza dei difetti precedentemente citati: cali di framerate e scatti svaniranno quasi completamente; è vero, le texture e qualche fenomeno di comparsa improvvisa rimarranno a funestare l’esperienza di gioco, ma l’adrenalina che deriverà dalla sfida di pianificazione e attacco con l’avversario riusciranno a mascherare quasi completamente quelle che durante la modalità a giocatore singolo parevano errori non cancellabili. Possiamo quasi etichettare le tre campagne (pur lunghe e articolate) come un maxi-tutorial dalla difficoltà crescente, inserito col solo scopo di prepararci alla vera sfida fra persone reali. Ma è da escludere che gli sviluppatori abbiano previsto tutto questo e puntato sull’online: la loro idea era chiaramente quella di creare un titolo valido sia online che offline, riuscendo però solo in uno di questi propositi.

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Disfatta o armistizio?

Le motivazioni della scarsità di RTS su console appaiono adesso lampanti: titoli che fanno dell’ampiezza e delle colossali battaglie il loro punto di forza necessitano di alcuni ridimensionamenti per approdare sull’odierno hardware casalingo, naturalmente oltre ad un sistema di controllo rivisto e adattato alla mancanza di mouse e tastiera.
Quando una di queste cose non riesce, il risultato ne risente notevolmente.
Gas Powered ha probabilmente scelto di non modificare il numero di unità a schermo e di mantenere aree di gioco ampissime, forse convinta che il semplice adattamento di texture ed ambienti bastasse a bilanciare il passaggio su sistemi meno prestazionali.
Il computo del tentativo è negativo, oltre all’impatto visivo inferiore (a cui si sarebbe potuto soprassedere) Supreme Commander 2 affianca un gameplay minato da innegabili difetti che arrivano (come nel caso del pop-up) a rovinare strategie studiate e su cui si era costruita una intera partita. L’autocreazione di raggruppamenti fra le unità, inoltre, limita enormemente la fantasia dei giocatori per ciò che concerne la pianificazione delle missioni, andando a distruggere un altro punto cardine degli RTS. Ciò che pare eclatante è come degli sviluppatori affermati (il primo capitolo era stato molto bene accolto dalla critica) abbiano potuto fare errori così madornali. La versione PC è ben realizzata e ci saremmo aspettati una cura simile anche su console (seppur con le dovute riduzioni qualitative), invece il risultato mostra una sorta di noncuranza e di speranza in qualche “spirito santo” che scendesse a far funzionare il gioco senza problema alcuno, una presunzione forse eccessiva.
In conclusione, Supreme Commander 2 è un gioco che farà felici i patiti di RTS senza un PC (ce ne sono?), forte comunque della grandiosità in cui prendono vita gli scontri, ma se cercate un modo per avvicinarvi al genere, o siete quegli utenti che non riescono a tollerare i difetti, beh, state a millenni luce di distanza.