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Recensione di Pro Evolution Soccer 2011

Recensione di Pro Evolution Soccer 2011 di Console Tribe

di: Giovanni Manca

Durante l’epoca d’oro delle console 16 bit, Konami pubblicò in Giappone Perfect Eleven, risposta orientale del coevo FIFA Soccer di Electronic Arts e decisamente più simulativo rispetto a Super Sidekicks di SNK. In Europa arrivò un anno dopo, nel 1995, con la denominazione International Superstar Soccer e le nazionali al posto delle squadre del campionato nipponico. Era ancora presto, ma i più lungimiranti avvertivano già quello che sarebbe successo nel 1998, quando International Superstar Soccer ’98 ottenne consensi unanimi come miglior gioco di sempre dedicato al calcio: ottima realizzazione tecnica, eccellente fisica degli elementi in gioco ma soprattutto un gameplay di livello assoluto. L’escalation qualitativa proseguì senza sosta fino all’avvento delle console in alta definizione quando, il RE, guardandosi allo specchio, vide profonde rughe rovinare la sua bellezza.
Dopo i vari tentativi falliti negli ultimi anni, Konami tenta un’altra operazione delicata di lifiting: risultato? Andiamo a vedere.

Simulazione arcade

Nel corso degli ultimi anni, sembra quasi che l’estrema potenza delle macchine ad alta definizione abbia avuto come conseguenza una valutazione concettuale profondamente diversa rispetto al passato: PES, da eccellente simulazione calcistica, viene considerato un arcade. Nelle passate generazioni, era esattamente il contrario, dal momento che era il prodotto EA ad elevarsi come arcade per eccellenza. Cosa è successo? Strutturalmente Konami non hai mai osato rivoluzionare quelle che sono le basi del gameplay del titolo da tre lustri, ignorando le possibilità offerte dalla potenza di calcolo delle console moderne e, soprattutto, il lavoro che ha fatto la concorrenza in ottica simulativa. Diciamo subito che, joypad alla mano, il libero arbitrio del player, desideroso di fare ciò che vuole, nel bene o nel male, è ancora limitato dagli interventi della CPU, sempre piuttosto invasivi in ogni circostanza di gioco. Ma procediamo per gradi.

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Per quanto riguarda il controllo vero e proprio del giocatore e i suoi movimenti sul terreno di gioco, PES 2011 non ci regala ancora una rotazione completa a 360° ma segna comunque un certo passo in avanti rispetto alla tradizione. Con un po’ di attenzione, ci si rende conto che le diagonali godono di più variabili, e si può affermare che le direzioni possibili del calciatore siano arrivate a 12; a questo punto sarebbe scontato pensare che utilizzare lo stick analogico sia imprescindibile, ma non è proprio così: durante le fasi di gioco, le direzioni dominanti sono sempre 8, e utilizzare i tasti direzionali piuttosto che lo stick non comporta particolari differenze a livello di feeling o efficacia. In sostanza, si tratta di una miglioria più “visiva” che “concreta”. I calciatori rispondono in modo molto puntuale agli input relativi sia ai movimenti che agli interventi sul pallone, ai dribbling eseguibili con lo stick destro, senza che questo pregiudichi il realismo nelle tempistiche, davvero su buoni livelli. Purtroppo, sul controllo dei calciatori si avverte sempre la fastidiosa tendenza della CPU ad aiutare il player quasi in ogni situazione di gioco, indipendentemente dal fatto che venga selezionato un controllo completamente manuale: il tutto si traduce in una spinta “inerziale” che tende a muovere, il calciatore verso la palla o verso l’avversario. Tale situazione è enfatizzata, in particolare, nel gioco aereo, in cui si capisce ben presto che premere velocemente il pulsante del tiro piuttosto che cercare il giusto tempismo è la cosa migliore: sia il tempo sulla palla che il movimento del giocatore, nelle situazioni di mischia, sembra rispondere alle decisioni della CPU.
Questo, è contestualizzabile ai famigerati “binari”, da sempre cruccio di chi vorrebbe la massima libertà e varietà di situazioni di gioco; dai dribbling ai contrasti, da passaggi corti a quelli filtranti per finire ai tiri in porta, tutto sembra muoversi in corridoi stabiliti dall’intelligenza artificiale; anche il nuovo sistema che dovrebbe dare molta più importanza al dosaggio della forza impressa, non sembra funzionare al meglio, dal momento che la CPU sembra calcolare velocità della palla e precisione più in base alla situazione di gioco che a quello che è stato l’input del pad. La conseguenza, è che la fisica in game è profondamente condizionata da queste “ingerenze”: spesso si assiste a rimpalli poco realistici, a tiri stampati sui pali come se fossero calamitati o, al contrario, saette sotto l’incrocio da posizioni impossibili.

Le peculiarità analizzate di PES 2011 sarebbero legate ad un titolo con presunzioni simulative ma il discorso cambia se si considera ciò che oggi rappresenta realmente: un arcade votato alla spettacolarità e alla massima fruibilità. È innegabile che il titolo Konami, nella sua versione 2011, sia in grado di regalare ore e ore di divertimento grazie ad una splendida curva di apprendimento e ad un sistema di gioco che ormai tutti conoscono: i meccanismi sono semplici, il ritmo di gioco e la vastità del campo permettono di imbastire con facilità azioni avvolgenti che quasi sempre si concludono con un’azione spettacolare. Dal punto di vista del gameplay, PES 2011 è senza dubbio il miglior rappresentante del franchise, almeno nell’epoca dell’alta definizione.
Il livello dell’intelligenza artificiale è su buoni livelli ma comunque lontana dall’eccellenza: normalmente i propri compagni controllati dalla CPU seguono con attenzione il portatore di palla e lo schema di gioco, anche se sono tutt’altro che rari i casi in cui si muovono distratti un po’ a caso; spesso non seguono i movimenti che il loro ruolo detterebbe, in particolare sulle fasce laterali. Stesse valutazioni riguardano i movimenti difensivi, quasi sempre molto precisi ma saltuariamente si assiste a dei raddoppi non chiamati o alla perdita di posizioni. Per quanto riguarda il livello di sfida proposto dalla squadre controllate dalla CPU, siamo su livelli di difficoltà media (considerato il livello di difficoltà più alto selezionabile). Le cose si complicano quando bisogna mettere la palla dentro la rete: sui tiri provenienti da posizione centrale, il portiere il più delle volte si dimostra una saracinesca invalicabile, il che costringe a cercare soluzioni più decentrate: non siamo certo ai livelli del leggendario Microprose Soccer, ma una maggiore varietà delle situazioni utili non avrebbe guastato.

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Champions Libertadores

L’interfaccia principale del gioco è una delle più intuitive e immediate mai realizzate e permette, con una rapida occhiata, di avere una panoramica di tutte le modalità, sia online che offline, e di tutte le impostazioni generali. Ovviamente, non manca la possibilità di disputare un’esibizione, anche online, in cui è possibile determinare varie opzioni (divise delle squadre, stadio, orario, meteo, stagione, schemi). Sempre presente la modalità di allenamento, di cui è possibile impostare e organizzare le varie situazioni di gioco, dai calci d’angolo alle punizioni, dagli schemi alle situazioni 1 Vs 1.
PES 2011 vanta due competizioni su licenza decisamente rilevanti, la Uefa Champions League e la Copa Santander Libertadores: entrambe possono essere disputate da un massimo di 32 giocatori. Completano il quadro delle modalità offline “veloci”, i cinque campionati disponibili nell’opzione “League-Cup”: davvero molto pochi se si considerano altre simulazioni sportive, e non ci riferiamo solo al calcio.
E’ indubbio, comunque, che le modalità single player principali rimangano la classicissima “Master League” e “Diventa un Mito”. Per chi non la conoscesse, la prima è sostanzialmente la modalità carriera targata Konami, che offre la possibilità di utilizzare la propria squadra del cuore o portarne alla gloria una creata da zero. Dopo aver modificato i parametri a propria discrezione (livello di difficoltà, durata, trasferimenti, trattative, progressi giocatori), vengono siglati i contratti di sponsorizzazione. Le prime fasi gestionali sono guidate, pertanto il gioco spiega come condurre le trattative di mercato, come organizzare gli allenamenti e come gestire il calendario; successivamente è possibile accedere al menù completo, in cui si può gestire qualsiasi aspetto riguardi la società e la squadra: eventi, programma, finanze, allenamento, mercato, allenamenti e rosa. Non manca, ovviamente, qualsiasi tipo di statistica. “Diventa un Mito” ha la stessa interfaccia e lo stesso spirito della Master League, con la differenza fondamentale che la carriera è incentrata su un unico calciatore, creato da zero grazie all’ottimo editor che permette una personalizzazione quasi maniacale sia in relazione agli aspetti estetici che tecnici; nel corso della carriera, dovremo valutare le diverse offerte contrattuali delle società, curare l’allenamento dei vari aspetti fisici e tecnici e, ovviamente, dare il meglio in campo. Dal momento che si utilizza un unico calciatore, in molte situazioni diventa fastidioso il comportamento della CPU, dal momento che non rinuncia a guidare alcuni movimenti.
Il quadro generale delle modalità di gioco offline, sia multi che single player, è in grado di soddisfare anche i giocatori più esigenti, nonostante l’assenza di alcune finezze viste in altri titoli sportivi e al numero esiguo dei campionati proposti.

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Master nel mondo

Probabilmente i primi PES di questa generazione sono stati le peggiori esperienze online pound for pound; ogni anno Konami ha cercato di migliorare il pessimo netcode e, finalmente, dobbiamo sottolineare come PES 2011 offra un’esperienza online di ottimo livello. Nella stragrande maggioranza della partite disputate, non abbiamo registrato lag e, quasi sempre, trovare match disponibili è stato piuttosto veloce. Per quanto concerne le modalità di gioco non possiamo non parlare della modalità online della Master League: la struttura è del tutto simile a quella classica offline ma su scala mondiale. Partendo dalla quinta divisione, l’obiettivo è quello di guadagnarsi il punteggio per accedere alle competizioni di livello più alto, gestendo le finanze attraverso trattative, mercato e contratti con i giocatori: il tutto, ovviamente, con altri utenti. Si tratta davvero di una modalità ottimamente strutturata che fa dimenticare tutte le altre, tornei inclusi.

Licenza scaduta

Al giorno d’oggi è buffo ricordare i nomi storpiati dei primi gloriosissimi PES (Carboni, Zappa, Coliuto, Passaro, Galfano, solo per citare la nazionale italiana), ma è innegabile che dopo aver dato un’occhiata alle rose dei team presenti in PES 2011 la sensazione non sia stata molto dissimile da quella provata quindici anni or sono. Un accostamento per certi versi esagerato per un titolo che vanta le licenze della Champions, UEFA Super Cup e Libertadores ma certi svarioni lasciano davvero di stucco. Limitandoci al campionato italiano (che non è sotto licenza), manca solo la licenza del Palermo, il cui nome di default è Xevrenaguel. La situazione diventa drammatica nel caso delle squadre inglesi, visto che nessuna conserva nome e logo originali. E’ vero che tutti i nomi sono editabili, ma guardando il panorama dei giochi sportivi attuali, la situazione è a dir poco anacronistica. Altra grave nota dolente, le rose non sono aggiornate in base agli ultimi aggiornamenti, solo per citare i casi più eclatanti, Balottelli è all’Inter, Diego e Trezeguet alla Juve, Hutelaar al Milan, Quagliarella al Napoli, Cavani al Palermo (anzi, al Xevrenaguel), Ibrahimovic al Barcellona e via discorrendo: per farvi un’idea, se questa è la situazione dei trasferimenti più significativi, pensate un po’ a quelli di seconda e terza fascia. Considerando che il gioco è stato rilasciato tra settembre e ottobre, tutto questo è inammissibile e non può essere giustificato da una patch risolutiva.

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Cuffie isolanti per Altafini

Dal punto di vista tecnico, vale la pena spendere due parole per l’ottima interfaccia grafica che caratterizza tutti i menù di gioco, sia per quanto concerne la selezione delle varie modalità e opzioni sia per quanto riguarda la gestione della squadra: ci si muove con estrema disinvoltura ed è praticamente impossibile smarrirsi.
Analizzando la grafica in game, non possiamo non sottolineare l’eccellente livello raggiunto nella modellazione morfologica dei calciatori e sui dettagli dei volti, perfettamente riconoscibili anche nel caso di molti protagonisti meno noti. In questo caso, Konami segna un punto a suo vantaggio rispetto alla concorrenza; stesso discorso per quanto concerne i diversi stadi, molto dettagliati ed evocativi, nonostante il pubblico sugli spalti ancora non sia a livello del quadro generale. Purtroppo non ci hanno convinto le animazioni: i passi in avanti rispetto a PES 2010 sono evidenti ma ancora siamo ben lontani da quello che oggi si vede in giro; il riferimento non è tanto alla fluidità generale, dal momento che non si registrano mai cali di frame, piuttosto a una certa scattosità nei movimenti stessi, come conseguenza del sistema di controllo legato ai “binari”, che obbliga l’animazione a “saltare” in modo poco realistico alcuni movimenti naturali. A prescindere dalla fisica ballerina di cui abbiamo già discusso, le animazioni dei passaggi e dei tiri è di alto livello, mentre il buon livello dell’interazione poligonale non ha spinto i programmatori ad implementare nuove animazioni sui contatti corpo a corpo che alla fine risultano poco vari. Diverse le visuali selezionabili ma la telecamera fissa a centrocampo sulla modalità “grandangolo” potrebbe spiazzare molti player; prima era possibile fare in modo che la telecamera seguisse a bordo campo, perpendicolarmente, la palla: in PES 2011 il “tilt” non è gestibile, la telecamera rimane sempre a centrocampo e la conseguenza è una visuale isometrica quando l’azione si sposta vicino alla porta. Se dal punto puramente visivo l’impostazione è molto più spettacolare, sarebbe stato meglio lasciar decidere al giocatore come sfruttare tale opzione.
La telecronaca della partita è stata affidata alla coppia Sky Pardo-Altafini. La vecchia voce brasiliana la conosciamo ormai tutti, si sveglia ogni tanto nel corso del match per sparare qualche massima esagitata o giudizio sballato, perfettamente fuori tempo rispetto all’azione in campo: in un videogame in cui è sempre piuttosto complicato sincronizzare la telecronaca con l’azione, Altafini è la soluzione perfetta per raggiungere un buon realismo. Pardo è invece una voce di Sky che sta guadagnando spazio importante grazie al suo ottimo timbro, quasi mai monotono e non incline a divagazioni inutili: in PES i suoi interventi non sono frequenti e fastidiosi, anche se spesso non riescono ad essere sincronizzati con quanto accade in campo.

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Discreti in generale gli effetti sonori (eccellente il rumore dei guantoni del portiere), disastrosi quasi sempre i cori del pubblico, alla stregua di un jingle ripetuto fino alla noia. Considerati i tempi, la colonna sonora non vanta molti di pezzi di spessore ma è comunque possibile modificare la playlist sui pezzi presenti, di cui segnaliamo: Nina Zilli, Phoenix, Keane Ft. K’Naan, Crystal Castles, Coldrain.

Novantesimo

Giocando a lungo a PES 2011, si può quasi capire quali siano state le emozioni del team di sviluppo. Da un lato la consapevolezza di aver perso lo scettro di simulazione calcistica, dall’altro la volontà di sviluppare un titolo che non rinunciasse ad aspetti simulativi ma che fosse chiaramente votato all’arcade. Il risultato è il miglior PES per l’attuale generazione di console ma questo è decisamente troppo poco per accontentare tutti: chi si è stancato delle classica struttura di gioco e vuole completa libertà d’azione sul campo, dovrà guardare altrove; chi invece si è sempre divertito e gratificato dal gameplay del fortunatissimo franchise Konami, troverà in PES 2011 il gioco perfetto.