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Recensione Recensione di Prince of Persia: Le Sabbie Dimenticate

Recensione di Prince of Persia: Le Sabbie Dimenticate di Console Tribe

di: Mariano "TylerDurden" Adamo

C’era una volta, in un paese lontano, un Principe Ladrone intento a salvare una bella Principessa, il cui regno era minacciato da un’orda oscura che, divorando i territori circostanti, stava conducendo nelle tenebre e nel caos l’intero reame.
La storia narrava di coraggio, di gesta eroiche e di sacrificio, di una malinconica promessa d’amore che terminava in un finale struggente che accendeva il cuore e riscaldava l’anima. C’era una volta, e c’è ancora, un principe, ma stavolta il Principe è diverso. Il nostro eroe dal sangue blu è più composto, più reale. Non anima le folle, non porta scompiglio ma semplicemente fa il suo dovere. Quindi la nostra nuova storia racconta di questo Principe e del suo coraggio, del suo animo incorruttibile che, senza mai vacillare, antepone il bene altrui al proprio. Non ci resta che raccontare le sue gesta e, come ogni favola che si rispetti, inizia proprio così: c’era una volta… un antico regno la cui maestosità è sopravvissuta al lento incedere del tempo. A capo di questo regno c’era Re Salomone, sovrano dal gran carisma e potere, un uomo che da solo era riuscito a comandare un esercito capace prima di annientare e poi di riunire tanti popoli. Le mura del palazzo del Re sono ancora lì nonostante le cicatrici del tempo, la sua storia sopravvive, ma è stata in parte alterata dal vuoto di memoria collettivo che negli anni si è venuto a formare. Quello che invece non ha subito cambiamenti è la Guerra, sempre presente, sempre viva e ancora oggi protagonista della vita e soprattutto della morte del popolo. Il nostro Principe non può ancora nulla, è ancora giovane ma presto il destino verrà a bussare alla sua porta. Destino che giunge puntuale quando suo fratello Malik, nel tentativo di fermare la guerra, risveglia dalle sabbie del tempo un potente esercito malefico che sembra essere appartenuto a Re Salomone.
Ben presto la situazione degenera: l’esercito capitanato da Ratash invade il regno, ovunque c’è una distruzione silenziosa, tanto terrificante quanto letale. Le sale del castello sono invase dalla sabbia che non lascia scampo ad anima viva. Malik stesso, in un certo senso, sarà vittima del potere di Ratash e quindi spetterà a noi salvarlo insieme a tutta la Persia. Ad aiutarci nella nostra impresa sarà Razia, una potente Jinn che di volta in volta ci donerà i poteri necessari per portare a compimento l’opera.

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Eserciti mostruosi, un eroe che non conosce la paura, potenti Jinn: tutti elementi capaci di farci sognare, eppure quest’ennesima favola da mille e una notte proprio non ci ha conquistato. L’ambientazione è fantastica, avveniristica ed immersiva ma non ci sentiamo catturati, non proviamo empatia per questi personaggi poco caratterizzati, che hanno poco da dire, se non recitare battute che sanno di già sentito. Ascoltare questa favola ci ricorda molto quelle che i nostri genitori ci leggevano da bambini, tanti bei ricordi, tanti eroi e villani, tante belle cose insomma, ma che alla fine le Sabbie del Tempo hanno sbiadito facendo sparire quel fascino che le contraddistingueva.

Another one bites the sand!

Il 2008 ha segnato il ritorno di Prince of Persia sulle console next-gen; il titolo messo a punto da Ubisoft è stato ben accolto dal pubblico ed anche dai fan. Tuttavia le polemiche non sono mancate, infatti molti fan hanno puntato il dito contro alcune scelte del gameplay, come combattimenti contro nemici singoli, introduzione di QTE e la scomparsa totale della possibilità di riavvolgere il tempo in favore della onnipresente Elika; insomma le differenze erano tante. In netta contrapposizione è l’intero concept de Le Sabbie Dimenticate, difatti l’intero gameplay si basa esclusivamente sui capitoli precedenti, quasi una sorta di ritorno alle origini dopo aver sperimentato meccaniche diverse. Bastano pochi istanti di gioco per ritrovare il vecchio feeling, per ritornare indietro nel tempo quando su Playstation 2 approdava Le Sabbie del Tempo.
In questo nuovo capitolo, quindi, troveremo il solito fantastico platform dalle forti tinte action. Ogni sessione di gioco ci mette a disposizione appigli, muri, sporgenze, travi e più in generale ogni elemento dello scenario in cui sia possibile aggrapparsi per proseguire la scalata. Tutte le aree, infatti, possono essere considerate dei grandi puzzle ambientali. Quest’aspetto non rappresenta certo una novità, ma stavolta le sessioni platform appaiono più dinamiche e ragionate. Non basterà più utilizzare il tasto giusto al momento giusto, ma sarà necessario ragionare un po’ per riuscire a trovare la giusta sequenza di movimenti da compiere per superare indenni una sala. Seguendo questa stessa filosofia di gioco, così come in passato, molte aree del castello sono tappezzate di trappole. Ogni marchingegno di per sé ha un pattern piuttosto semplice da evitare, tuttavia a complicare le cose è la disposizione consecutiva di questi trabocchetti che, uniti ai limiti di natura puramente architettonica, possono rappresentare una dura sfida per il giocatore meno “principesco”.

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Ogni capitolo del brand, più o meno, ha vissuto una serie di rivisitazioni inerenti al fight system, passando da capitoli in cui queste sfide erano ragionate e tecniche ad altre in cui predominava il button mashing più sfrenato; questo è il caso de Le Sabbie del Tempo. I combattimenti, infatti, si basano su un sistema piuttosto semplice: attacco, colpo destabilizzante e attacco caricato. La particolarità rispetto ai capitoli precedenti risiede nella mole di nemici in cui incapperete: spesso occuperanno quasi per intero la schermata di gioco. I soldati di sabbia saranno inoltre ben diversificati obbligandovi ad applicare un minimo di strategia ancor prima di colpirli. Vera delusione di questo aspetto del gioco sono i combattimenti contro i boss e i nemici più forti: vista la prima boss fight potete anche spegnere la console, ormai sapete come saranno tutti gli altri. Immaginate un grosso bestione, ripetere uno schema d’attacco semplice da evitare e voi che in tutta tranquillità attaccate fendente dopo fendente le gambe del boss di turno; ecco che avete un’idea piuttosto verosimile di quello che vi aspetta giocando. Solo nell’ultimissima fase della storia avrete il piacere di combattere in maniera diversa, ma ciò non giustifica la mancanza di creatività riscontrabile in buona parte dell’avventura.

!==PB==!

Vento di cambiamento?

Finora non abbiamo descritto nessun tipo di innovazione, e in effetti sotto questo aspetto il titolo non brilla più di tanto. Per fortuna le poche novità introdotte sono davvero ben riuscite, sia nelle fasi platform che durante i combattimenti. Per le prime è stata introdotta la possibilità di influenzare direttamente l’ambiente circostante attraverso due metodi: congelare l’acqua e/o richiamare parti dello scenario ormai deteriorati a causa del tempo. Soprattutto la prima è davvero ben riuscita, rendendo più dinamiche ed interattive le varie scalate. Il tutto ovviamente avviene in maniera naturale, infatti il vero punto di forza della produzione è proprio la spettacolarità e la fluidità di queste sequenze di gioco. Durante i combattimenti, invece, avremo a disposizione dei poteri magici elementari come acqua, terra, fuoco e vento che aggiungono una variante agli incontri. Ogni potere è espandibile tramite un menu a griglia le cui caselle saranno accessibili solo dopo aver accumulato un certo numero di punti esperienza ottenuti abbattendo i nemici.
Come potete facilmente intuire le novità sono solo marginali ed in fin dei conti non aggiungono particolari feature ad un gameplay ormai conosciuto alla perfezione dalla maggioranza dei giocatori. Strano perché gli sviluppatori si sono impegnati parecchio nel migliorare aspetti come longevità e difficoltà e nel reintrodurre la possibilità di tornare indietro nel tempo… Insomma, il gameplay è solido e divertente ma ormai un po’ troppo datato.
Degna di nota la modalità extra sbloccabile una volta terminato il gioco. Un po’ come tanti action game ci viene semplicemente chiesto di affrontare varie ondate di nemici nel minor tempo possibile. Una novità per la serie ma non per i giocatori, quest’aggiunta è sicuramente gradita sebbene mostri qualche lacuna; infatti, oltre a non rappresentare una sfida vera e propria, non regala nemmeno tanto tempo aggiuntivo di gioco: la si può completare in meno di dieci minuti.

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Made in Persia

Le sperimentazioni fatte con il precedente capitolo avevano coinvolto anche il comparto tecnico del titolo, infatti se ben ricordate ci siamo trovati un Prince of Persia in cell-shading dalle tinte cupe e dalle ambientazioni enormi. Il ritorno alle origini ne Le Sabbie Dimenticate ovviamente ha interessato anche il comparto tecnico. Immancabili quindi gli scenari da mille e una notte, un principe simile ai predecessori e soprattutto animazioni spettacolari e ben realizzate. Sotto questo aspetto della realizzazione, il ritorno al passato non ha sofferto di particolari problemi. Le ambientazioni e l’architettura ricercata, quasi un marchio di fabbrica Ubisoft, sono ottimamente riuscite. Ogni area di gioco appare ben curata e ricca di dettagli, essendo anche in grado di ricreare perfettamente quel clima post-risveglio del cattivo di turno. Ciò che stupisce di più è l’enorme variabilità delle ambientazioni, che nonostante tutto riescono a mantenere un filo comune dando al giocatore l’idea di percorrere un viaggio unico e non semplicemente sequenze singole affrontate una dietro l’altra.
I personaggi e nemici non reggono sicuramente il confronto con lo scenario, sia per quanto riguarda la modellazione poligonale sia per il design. Aspetto più negativo dei personaggi sono sicuramente i volti e le relative animazioni che, a conti fatti, stonano un po’ con il resto della produzione.
Ottimamente realizzati invece gli effetti dell’acqua e della polvere, non solo credibili e realistici ma al tempo stesso capaci di integrarsi perfettamente con l’azione di gioco.
Stesso discorso può essere fatto con le animazioni che, salvo qualche piccola imperfezione, sono sempre realistiche e fluide, anche considerando le spettacolari sequenze nelle quali si mostrano senza particolari sbavature.
Il comparto audio regala le stesse soddisfazioni: le musiche che ci accompagnano hanno il merito di essere sempre aderenti al contesto, risultando un elemento che arricchisce ed intensifica l’esperienza giocata. Buono anche il doppiaggio in lingua italiana, che soffre solamente di un lip-synch non sempre perfetto.

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Le Sabbie Dimenticabili?

E tutti vissero felici e contenti.
È così che vorremmo che ogni storia si concludesse, ma purtroppo la vita non è una favola e noi non siamo dei principi senza paura ma solo dei redattori. Tornati quindi alla realtà non possiamo essere contenti o, perlomeno, non siamo totalmente appagati: nonostante il gioco abbia grandi spunti positivi non ci ha soddisfatti.
La trama non ci incanta, non ci cattura, non ci trasporta in un mondo fantastico come solo un incantatore di serpenti saprebbe fare focalizzando l’attenzione di tutti su di sé.
Il gameplay è solido, divertente ed anche migliorato sotto il punto di vista della longevità e della difficoltà, ma il problema è che, esclusa qualche novità, si ha la sensazione di un titolo già giocato in passato. Il tempo, come il titolo stesso ci insegna, è capace di intaccare i ricordi ma basta poco per riportarli a galla e mostrarci di nuovo quello che è stato in passato. E forse è questo il problema. Abbiamo amato troppo la saga, siamo già esperti, conosciamo a memoria queste sabbie.
Se questo nuovo capitolo fosse uscito all’epoca su Playstation 2 ora staremmo parlando di un capolavoro senza tempo; ma il tempo, si sa, non si può controllare.
Probabilmente le Sabbie Dimenticate saranno dimenticate per davvero…