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Recensione Recensione di Halo 3: ODST – Truppe d’Assalto Orbitali

Recensione di Halo 3: ODST - Truppe d'Assalto Orbitali di Console Tribe

di: Redazione

Torniamo indietro nel tempo, prima che Master Chief si ibernasse
all’interno dell’Aurora, torniamo a quando la sua missione
non era ancora finita. Torniamo indietro nel tempo per cercare altre
risposte, per conoscere nuovi dettagli sul mondo di Halo.
Cronologicamente ci troviamo a cavallo tra il secondo ed il terzo
capitolo, nella città di Nuova Mombasa. Quest’ultima è
avvolta da un sapore nostalgico e malinconico, tutto sembra spento e
desolato. Abbandonati i panni di Master Chief ci ritroviamo ad essere
una semplice recluta, un soldato senza alcuna abilità
particolare, un uomo qualunque insomma. Il nostro arrivo in
città non è dei più felici: un atterraggio brusco
ci fa perdere conoscenza, la nostra squadra è dispersa, i segni
di intensi scontri a fuoco sono tangibili, il panorama è
disarmante, la solitudine che ci circonda lo è altrettanto.

Il nostro compito primario sarà quello di riunirci con i nostri
commilitoni ed usufruendo del nuovo sistema d’interfaccia
elettronico denominato VISR (Visual Intelligence System Reconnaissance)
saremo in grado di localizzare alcuni segnalatori lasciati poco prima
dal resto del gruppo.

La carica emozionale che accompagna le prime battute di gioco è
elevata, in un clima di desolazione e mistero muoviamo i nostri primi
passi da recluta, eliminiamo i nostri primi nemici, mentre una musica
colma d’enfasi accompagna gli scontri. Ci spostiamo affannosamente per
rintracciare il nostro team, quando al primo rilevatore di posizione un
flashback ci riporta indietro, a poche ore prima, prima che il nostro
HEV si schiantasse rovinosamente su Mombasa. Questo è l’input
narrativo che ci accompagnerà in quest’avventura; nel
corso delle varie missioni si alterneranno diverse fasce temporali: in
prima battuta saremo la recluta, mentre a più riprese
osserveremo, tramite oggetti di volta in volta diversi, cosa è
accaduto ai nostri compagni. Il ritmo con cui i fatti si susseguono
può sembrare “lento”, ma dopo una più attenta
analisi è preferibile definirlo “romantico”. La
storia ci avvolge e c’inghiotte in questa città
semi-distrutta lasciando la mente libera di vagare tra mille domande,
complici le informazioni che ci vengono rilasciate poco alla volta,
dandoci il tempo di capire e assimilare gli eventi accaduti come se si
trattasse di un puzzle da ricomporre. Più volte ci troveremo a
chiederci se la nostra missione nasconda qualcos’altro, oppure
cosa sia in realtà la misteriosa intelligenza artificiale che
governa la città. Nonostante i quesiti, la narrazione non va mai
di fretta, lascia il tempo di farsi apprezzare mostrandosi in ogni sua
sfaccettatura, come solo le grandi produzioni sanno fare.

Una narrazione è conscia di poggiare su solide basi solo se i
personaggi possiedono un carisma tale che il videogiocatore si
affezioni a loro, si immedesimi. In questo caso una nota dolente
è che sicuramente la Recluta non regge il confronto con Master
Chief. Tuttavia il cast di Halo 3: ODST
gode di un’ottima caratterizzazione: troveremo soldati sfacciati
e arroganti, il classico capitano capace di affrontare ogni sfida e
un’agente dell’ONI tanto dedita al proprio lavoro da trascurare
persino i propri sentimenti. Un gruppo che trasuda umanità in
ogni azione, in ogni gesto; anche i dialoghi tra i vari personaggi non
sono mai scontati e banali e riescono a coinvolgere il giocatore senza
mai stancarlo.




Un cuore e una corazza



C’è stato un tempo in cui un singolo Spartan affrontava a
viso aperto folte schiere di nemici, un tempo in cui le battaglie erano
frenetiche, confusionali, veloci, istintive… ma i tempi cambiano.

Il feeling che si avverte pad alla mano si rinvigorisce di una linfa
vitale tutta nuova, ma allo stesso tempo riesce ad evocare vecchi
ricordi. Il gameplay di questo nuovo capitolo è mutato solo per
certi aspetti, senza però allontanarsi troppo dalle sue radici.

La prima novità è offerta dai protagonisti, stavolta
infatti non avremo le abilità di Master Chief né tanto
meno potremo accedere al suo equipaggiamento, per cui saremo costretti
in qualche modo ad adattarci in questo nuovo “corpo”
virtuale. Sia i movimenti che la resistenza fisica adesso sono
notevolmente calati in termini di prestazioni, ma questo non deve
necessariamente sconfortarci, quanto piuttosto renderci consapevoli di
quello che si sta per affrontare. Dimenticate quindi i grandi scontri a
fuoco dove il più veloce e letale aveva la meglio: in ODST
lanciarsi direttamente nella mischia equivale a diventare sagome per
far divertire i Covenant. Non ci sarà più
un’armatura a proteggerci, l’equipaggiamento in dotazione
agli ODST, pur essendo tecnologicamente avanzato, non li rende di certo
dei superuomini. Di conseguenza fa la sua comparsa un’apposita
barra vitale che inizia a calare dopo un certo numero di colpi
incassati in successione; per nostra fortuna sparsi per le aree di
gioco saranno presenti dei medikit curativi, indispensabili per la
nostra sopravvivenza. L’approccio alla battaglia diventa quindi
decisamente più tattico e ragionato e ciò dimostra la
volontà degli sviluppatori di regalare ai fan della saga
qualcosa di diverso.

Lo stesso arsenale, seppur in minima parte, mostra dei cambiamenti di
rotta e, nonostante i ferri del mestiere siano pressoché
identici, faranno la loro comparsa alcune versioni di armi dotate di
silenziatore. Viene così alla luce un sistema di gioco
leggermente più “stealth” ma che comunque non va a
snaturare il concept originale della saga. Potremo contare non solo
sull’equipaggiamento bellico ma anche sull’armatura di
protezione dotata di un sistema capace di aiutarci in diverse fasi,
così come il VISR ci mostrerà la posizione dei
segnalatori degli alleati in più di una situazione. Questo
strumento, posizionato all’interno dell’elmo, è in
grado di attivare una sorta di visore notturno che evidenzia con
apposite strisce colorate gli elementi più importanti.
Attivandolo i nemici saranno circondati da una linea rossa, gli alleati
da una verde e gli oggetti di particolare interesse da una linea
gialla. Il sistema è piuttosto utile quando si cerca di evitare
scontri inutili oppure se si vuole tentare di eliminare qualche
Covenant senza farsi notare. Bellissimo se usato nelle fasi di gioco
notturne, anche se purtroppo mostra qualche lacuna nelle zone
più illuminate, rendendo scomoda la visualizzazione dei nemici.

Le missioni che affronteremo, pur svolgendosi tutte a Mombasa,
riusciranno comunque a mostrare una certa variabilità di
ambientazioni e situazioni; ciò che invece lascia un po’
perplessi è l’avanzamento tra un obiettivo e un altro, che
si ripete allo stesso modo per tutta la durata del gioco. Procederemo
tra le varie missioni ogni qualvolta riusciremo a trovare i segnalatori
lasciati dai compagni; a questo punto partirà sempre un
flashback che ci farà vivere in prima persona tutto o quasi
quello che è successo al commilitone a cui apparteneva
l’oggetto in questione. In quest’ottica pare ovvio come un
incedere leggermente più eterogeneo sarebbe stato cosa gradita.
Gli obiettivi da portare a termine ci vengono indicati dal sistema
Intel, una sorta di cervello elettronico capace anche di accedere alla
rete di informazioni gestita dall’I.A. che governa la
città. Inoltre, per rendere più variegate le missioni,
saranno sparse per tutta Mombasa delle postazioni attraverso le quali
otterremo flussi audio e video. Questi file conterranno scene di
battaglia, discorsi e molteplici eventi accaduti in città poco
prima del nostro sbarco, garantendo un’interessante aggiunta che di
fatto arricchisce l’esperienza di gioco. Purtroppo, anche
considerando queste piccole chicche, la longevità della campagna
principale non è elevatissima, sia per il numero esiguo di
missioni sia perché non impiegherete molto tempo per portarle a
termine.




Un’orda… di Covenant!



Halo 3 domina da tempo il primo posto delle classifiche dei
titoli più giocati su Xbox Live: se quest’affermazione in
qualche modo può sembrarvi presuntuosa, sappiate che vi
sbagliate. Anche questa volta alla Bungie l’imperativo morale era
regalare ai fan un multiplayer online che fosse all’altezza dei
precedenti capitoli.

Può sembrare aggiuntivo, può sembrare il classico
elemento superfluo, eppure il DVD bonus con l’intero multiplayer
di Halo 3
è così dannatamente importante che anche da solo
giustificherebbe l’acquisto. Oltre a contenere la già
citata modalità vi sono riversate tutte le mappe extra
rilasciate sul Marketplace, più alcune gradite sorprese. Molti
potrebbero storcere il naso per le poche novità presenti, ma a
conti fatti, si tratta sempre dello stesso Halo, e vuoi per la
qualità eccelsa del titolo, vuoi per le mappe presenti,
quest’aggiunta sembra essere quasi indispensabile.

Le vere novità, invece, sono presenti nel normale disco del
gioco, dove a fare la sua comparsa è l’inedita modalità
messa a punto dagli sviluppatori: “Sparatoria”. Nome semplice ma quanto
mai esatto: ci viene chiesto essenzialmente di sparare a tutto quello
che capita a tiro, il difficile è sopravvivere. Seguendo quanto
di buono visto in “Orda” di Gears of War 2
e in altre modalità simili, “Sparatoria” riesce ad arricchire
quello che ormai sembra stia diventando un dogma all’interno del
multiplayer dei titoli di maggior successo. In questa modalità
potremo giocare in cooperativa con un massimo di quattro amici
all’interno di un discreto numero di locazioni tratte dalla
campagna principale. I nemici che ci si pareranno contro saranno
parecchio agguerriti ed aumenteranno sia di potenza che di numero per
ciascuna ondata che riusciremo a superare. Per ogni avversario
eliminato sono previsti dei punti, ed è qui che la
meticolosità degli sviluppatori viene fuori: bonus, uccisioni
particolari, velocità di esecuzione, nulla è lasciato al
caso e a seconda del vostro stile ed abilità di gioco il
punteggio ricevuto può variare enormemente. Se le normali
opzioni non bastano, entrano in gioco i “teschi” (presenti
anche nella campagna principale) che, modificando i settaggi della
partita, vanno ad incidere notevolmente sulla difficoltà di
gioco. Resistenza dei nemici, intelligenza, capacità di
rigenerazione e così via. Queste e tante altre opzioni che nel
complesso renderanno l’esperienza di gioco modificabile in quasi
tutte le sue componenti.

Questa modalità raggiunge il suo picco proprio grazie al
mescolarsi di competizione e cooperazione, quindi capiterà
spesso di sentirsi in dovere di fronteggiare in qualche modo uno dei
nostri “compagni di sventura”, compagni che per accedere
alla nostra sessione di gioco dovranno necessariamente essere presenti
nella nostra lista amici. Ne consegue che il matchmaking, per questa
modalità, è del tutto annullato, scelta che da un lato
premia chi gioca con un gruppo affiatato da anni ma dall’altro va in
qualche modo a limitare l’utente “casual” o semplicemente i
nuovi adepti.




New Mombasa, new feeling



Atmosfera: è probabile che sia questa la parola che ha
incessantemente accompagnato gli sviluppatori durante la realizzazione
tecnica di questo titolo. Tutto è studiato affinché il
giocatore sia coinvolto ed estasiato da quello che si muove sullo
schermo di gioco. Un susseguirsi di luci e colori che affascina e
stupisce, qualità unita ad una quantità di situazioni che
farà sicuramente felici tutti i fan.

I colori spenti ed il grigiume del cielo notturno si alternano alle
sfavillanti luci e le tinte colorate apprezzabili durante le fasi
diurne. A suscitare ammirazione e stupore è sicuramente la
straordinaria palette cromatica, ogni tinta sembra sposarsi
perfettamente alla situazione di gioco, il tutto arricchito da effetti
particellari di primo livello. Col fine ultimo di creare quel clima di
guerriglia urbana sapientemente concretizzato.

Il motore grafico che gestisce il gioco è ancora lo stesso del
terzo capitolo, tuttavia è palese come piccoli accorgimenti
siano stati capaci di rifare letteralmente il look al gioco. Nonostante
il peso dell’età inizi a farsi sentire, la realizzazione
tecnica è comunque all’altezza delle ultime uscite e
riesce nell’intento di ridare luce ad un motore grafico che
sembrava ormai logoro e prossimo alla pensione. L’obiettivo principale
è stato sicuramente quello di creare una città capace di
spingere il giocatore all’immedesimazione, quasi a creare un
tutt’uno con l’alter-ego virtuale.

Se il motore grafico riesce nel suo intento, la componente audio fa di
più, riuscendo a superare persino l’ottima colonna sonora
del precedente lavoro. Se prima avevamo usato il termine “atmosfera”,
l’unica parola opportuna per l’audio è “brivido”.
Più di una volta un brivido salirà lungo la schiena
quando le note che compongono la colonna sonora inizieranno a
susseguirsi una dopo l’altra. Ma non saranno solo brividi, ci
sarà spazio anche per frenesia, ansia, gioia, fretta, rabbia;
queste sono solo alcune delle emozioni che le musiche del gioco vi
faranno vivere. Come se non bastasse anche i suoni cosiddetti minori
rasentano la perfezione, ogni minimo rumore che sentirete sarà
appropriato e credibile. Il doppiaggio, anche stavolta, fa impallidire
persino diverse produzioni cinematografiche, mantenendo quel livello
qualitativo che da sempre è caratteristico della saga.
Ascoltare, per credere.




Now we are ODST



Nato come una semplice espansione di Halo 3, questo nuovo
lavoro targato Bungie conferma ancora una volta la
professionalità e le capacità degli sviluppatori. Grazie
ad una trama ed un gameplay capaci di apportare qualche novità
ad una saga che altro non aspettava se non un nuovo capitolo, ODST
si rivela senza dubbio un prodotto completo. Il sistema di gioco appare
ora molto più maturo e ragionato. La modalità
“Sparatoria”, pur non brillando dal punto di vista concettuale,
è in grado di regalare infinite ore di gioco, tutto grazie ad un
approccio non troppo complesso e piuttosto divertente. L’arte che
accompagna la realizzazione tecnica è come sempre eccelsa e
riuscirà ad emozionare e stupire in più di un occasione.

Now we are ODST, e lo saremo a lungo.