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Recensione Recensione di Devil May Cry 4

Recensione di Devil May Cry 4 di Console Tribe

di: Redazione

Il tempo con il suo scorrere inesorabile lascia un segno indelebile su
tutto ciò che ci circonda: è naturale e il mondo dei videogiochi non
sfugge a questa regola. Innovare oggi è arduo ma ancora più difficile è
ripristinare fascino e appeal di glorie che negli anni passati ci hanno
tenuto incollati alle nostre amate console in memorabili avventure. Per
fortuna a questa imprescindibile regola esistono delle eccezioni, delle
rare perle in cui i segni del tempo non sembrano farsi sentire, ma che
anzi donano nuovo fascino e nuove emozioni. Una di queste eccezioni è
il nuovo lavoro dei ragazzi di Capcom, il quarto capitolo di una delle
saghe che più ha segnato il mondo dei videogame in casa Sony: Devil May
Cry.



Introducing Nero

Nel 2001 fece capolino tra i titoli PS2 un action game che rivoluzionò
la concezione stessa della categoria: era il primo Devil May Cry. Il
capostipite della serie introduceva un gran numero di novità in diversi
settori fino ad allora permeati da una concezione quasi dogmatica e
intoccabile, primo fra tutti, la caratterizzazione del protagonista.
L’approdo di Dante sulla console Sony diede una forte scossa a tutti
coloro che si erano fossilizzati sull’idea classica e un po’ scontata
di Eroe – uomo integerrimo con spiccato senso del dovere, valoroso,
puro e senza macchia – sconvolgendo i normali canoni di
caratterizzazione. Dante, figlio di Sparda, era (ed è) irriverente,
dissacrante, sprezzante del pericolo fino all’ostentazione. E in più
non è umano: nasconde dentro di sé il segreto potere che gli permette
di trasformarsi in demone.

In questa ultima edizione, Capcom decide di introdurre un nuovo
protagonista, Nero. A differenza del suo predecessore, Nero è poco più
che un ragazzo, dal passato oscuro, che vive in seno alla famiglia di
Credo (capo dei Cavalieri dell’Ordine devoto a Sparda) e sua sorella
Kyrie. L’introduzione del gioco ce lo fa vedere subito in azione in una
rocambolesca corsa verso una cattedrale nella capitale del regno di
Fortuna, dove la bella Kyrie si sta esibendo di fronte a una folla di
fedeli prima della funzione religiosa.

La poesia del momento viene rotta da una finestra che va in frantumi,
mentre una figura dal cappotto rosso si lancia volteggiando sull’altare
e prende d’assalto Sanctus, il ministro religioso che officia il rito.
Un colpo di pistola e il malcapitato uomo di fede cade a terra morto.
In questo frangente Nero fa la conoscenza di Dante (l’assassino) e
scopriamo tutte le sue doti di combattente.

Da questo punto in poi la storia si dipana come una caccia all’uomo,
Nero che insegue le tracce di Dante, cercando di acciuffarlo e di
capire per quale motivo ha compiuto quel gesto efferato. Nel corso
della trama, incontreremo diversi personaggi, buoni e cattivi, che
metteranno luce sulle vicende narrate e verrà approfondita la vera
natura e le origini di Nero.

Come tutti i romanzi di formazione, Nero ci coinvolgerà mentre cerca di
scovare se stesso e di capire chi davvero rappresenta, mentre viene
approfondito il suo rapporto con Kyrie e Credo.



Il nuovo protagonista di Devil May Cry 4 non ha nulla da invidiare al
suo padre putativo Dante, ma anzi riesce in qualche modo a essergli
anche superiore. Sarà per la sua tenera età e i suoi modi
adolescenziali, per il suo atteggiarsi a duro, ma il personaggio
risulta addirittura credibile nelle sue movenze e nei suoi gesti. Al
pari di Dante, lo vedremo prendersi gioco del pericolo, sbeffeggiare i
suoi avversari (soprattutto quelli più grossi e cattivi) con la sua
aria sfrontata. La cosa veramente paradossale in tutto ciò è che
guardandolo comportarsi in questo modo l’unica cosa che ci verrà in
mente sarà: ‘se lo può permettere!’. Ed è proprio così: Nero trasuda
carisma e stile e lo trasmette al giocatore appassionandolo.



Hack ‘n’ Slash

L’ingresso in scena di un nuovo personaggio nella serie ha permesso ai
realizzatori di migliorare e ampliare ulteriormente il gameplay. Al
pari di Dante, anche Nero è ben equipaggiato sia con un’arma bianca che
con una pistola a doppia canna. La spada ha il nome di Red Queen ed è
il fulcro principale dell’azione distruttiva della potenza del giovane
protagonista. La pistola modificata si chiama Blue Rose e funge da
supporto negli innumerevoli attacchi specie per tenere a bada i nemici
a lunga distanze. La meccanica di gioco sembra invariata rispetto ai
precedenti capitoli: il nostro compito sarà quello di concatenare
attacchi in sequenza per avere la meglio su orde numerose di nemici
avanzando spietati verso la fine del livello. In realtà le cose stanno
diversamente. Infatti Nero ha con sé un asso nella manica (nel senso
letterale del termine) che dona nuova linfa vitale al sistema di gioco
sì collaudato ma che rischiava di diventare un po’ datato. La novità
risiede nel braccio destro di Nero: il Devil Bringer.

Questa nuova feature non è altri che una mutazione demoniaca del
braccio del protagonista. Dal colore blu elettrico e squamoso, l’arto
di Nero diventa anima pulsante del gioco stesso. Infatti è utilizzabile
sia in fase di attacco che in fase di esplorazione. Nel primo caso sarà
utilissimo per afferrare i nemici che ci si parano davanti per
scagliarli lontano da noi, arrecando ingenti danni ai malcapitati.
L’animazione che accompagna le prese effettuate varia a seconda del
demone che ci troviamo di fronte: si va dalla semplice schiacciata a
terra, fino a mosse più complesse e articolate, di sicuro effetto
coreografico. Forse si potrebbe arguire che sarebbe stato molto più
eccitante per il giocatore controllare maggiormente la presa, decidendo
se scagliare lontano da sé i nemici, o se sbatacchiarli a destra e a
manca per il sano gusto di farlo. Indubbiamente, a parte questo piccolo
appunto, il Devil Bringer risulta ben integrato nel sistema di combo e
di attacchi del gioco, divenendo il suo utilizzo quasi naturale.

Durante le fasi esplorative il braccio demoniaco di Nero ci sarà utile
in diversi frangenti. Infatti, potendosi allungare, ci permetterà di
raggiungere ed afferrare non solo i nemici ma anche degli item lontani
da noi. In aggiunta a questo, il braccio è utilizzabile come rampino.
Questa abilità non è per niente nuova in casa Capcom, ricordando
palesemente titoli passati come Bionic Commando e il più recente Lost
Planet. La differenza con i diretti predecessori sta nel fatto che
potremo usare il rampino solo quando sono presenti determinati ganci a
cui appenderci. Quindi anche in questo caso ci troviamo di fronte a un
utilizzo un po’ limitato delle opzioni dedicate al Devil Bringer. Ma
nonostante tutto la scelta fatta dai realizzatori è ottimale ai fini
del gioco stesso, che non risulta appesantito dalle decine di nuove
mosse che il giovane eroe può compiere.



L’equipaggiamento di Nero, come già accennato, è ricco e vario. Secondo
tradizione, il protagonista di Devil May Cry 4 maneggia con
disinvoltura una spada enorme, la Red Queen. La nostra fedele amica di
acciaio temperato nasconde dentro di sé un segreto potere distruttivo:
l’Exceed. Utilizzando il manico come se fosse un acceleratore è
possibile ricoprire la lama di benzina per poi incendiarla durante i
combattimenti. Il risultato è una moltiplicazione esponenziale dei
danni prodotti, accompagnato da animazioni a tema che non mancheranno
di lasciare il giocatore a bocca aperta. La quantità di fendenti e
mosse aeree e a terra eseguibili con lo spadone è ampia e ampliabile
grazie all’acquisizione di nuove opzioni, ingigantendo il bagaglio
schermistico del protagonista.

Oltre alla affilata arma bianca, Nero sfodera nel suo arsenale una
pistola a doppia canna, la Blue Rose, con cui crivellare di colpi i
suoi nemici, inframezzando le raffiche di piombo ai più prosaici ed
eleganti attacchi corpo a corpo. Bisogna sottolineare che, rispetto ai
passati capitoli il ruolo delle armi da fuoco è stato leggermente
ridimensionato: infatti i potenziamenti per la Blue Rose riguardano
solo la possibilità di eseguire un colpo potenziato. Non esiste per
Nero la possibilità di usare armi diverse dalla sua pistola di default
né, tanto meno, la possibilità di modificare i proiettili o altre
opzioni del genere.



Per i nostalgici della serie non manca la gradita sorpresa della
presenza di Dante come personaggio giocabile durante l’avventura
principale. Sarà il Dante adulto dei primi due episodi, corredato dal
set di mosse introdotte nel terzo capitolo, con i quattro stili di
combattimento e tutte le armi che abbiamo imparato a conoscere e
apprezzare negli anni passati



How does it feel?

Il primo impatto col gioco non è dei migliori ma fortunatamente non
riguarda situazioni prettamente in game. Ancor prima di poter vedere a
schermo la chioma bianca del protagonista essere mossa dal vento,
dovremo “lottare” con il processo di installazione: ben 5 giga di
memoria e 22 minuti di attesa, fremente attesa. Mai la scritta “press
start” è stata più ambita ma finalmente ci siamo quindi: press start!

Il gameplay di Devil May Cry 4 potrebbe risultare a una prima occhiata
difficoltoso e macchinoso, vista la quantità di mosse che il
protagonista può effettuare. In realtà le cose risultano più difficili
a dirsi che a farsi. La curva di apprendimento è decisamente breve e
presto ci troveremo ad affettare liberamente decine di nemici
inferociti. A questo bisogna aggiungere che una volta compreso a pieno
il meccanismo di gioco, si può continuare a imparare a giocare,
scovando nuove combinazioni di mosse. Il sistema di comandi risulta
essere estremamente morbido e malleabile, adattabile alla perfezione a
ogni stile di combattimento. Dopo poche partite ci sembrerà di aver
passato la vita a giocare a Devil May Cry, tanto è perfetto il feeling
che avremo con il joypad. E nonostante tutto, dopo innumerevoli
sessioni di gioco, avremo sempre qualcosa da scoprire e che ci darà la
stessa soddisfazione vincente dei primi successi.

La sostanza del gioco è comunque invariata rispetto ai precedenti
capitoli. Ci ritroveremo a percorrere dei livelli (ben 20) con il solo
scopo di devastare chiunque ci si pari davanti. Più o meno alla fine di
ogni livello ci scontreremo contro un Boss enorme e cattivo. Tra una
spadata e l’altra saremo richiamati a risolvere alcuni enigmi semplici
e intuitivi, che spezzano un po’ la frenesia del gioco stesso e
regalano qualche attimo di tranquillità.

Ogni nostra azione in fase di combattimento verrà valutata
accuratamente e ci farà accumulare diversi Punti Stile. Più saremo
bravi, maggiori saranno i punti che ricaveremo, per giungere alla
valutazione massima della triple S (Smokin’ Sick Style). Il sistema di
punti non è fine a se stesso. Alla fine di ciascuna missione saremo
sottoposti a una vera e propria valutazione, in base alla quale verremo
ricompensati in Anime Fiere. Questo item è fondamentale per acquistare
i potenziamenti delle armi, delle abilità e del Devil Bringer. Quindi
nulla è lasciato al caso.

Giocare a Devil May Cry 4 è divertente e appagante, anche se bisogna
ammettere che ancora non abbiamo raggiunto il livello di perfezione che
ci saremmo aspettati. Come già denunciato negli scorsi episodi, la più
grande pecca del gioco rimane la gestione della telecamera. Di base la
telecamera dovrebbe essere saldamente ancorata alle spalle del
protagonista per seguirlo nelle varie evoluzioni. Nelle situazioni più
concitate è possibile spostare la visuale per trovare la prospettiva
migliore. Questa manovra però talvolta risulta frustrata da un
comportamento troppo poco permissivo della centratura della telecamera:
nel bel mezzo di una combo può accadere che il nostro posizionamento
manuale sia completamente annullato senza alcun motivo dall’auto-center
del nostro occhio digitale. Considerando che le combo vengono costruite
in base alla posizione del personaggio rispetto all’angolazione della
visuale, potrete immaginare come questo comportamento bislacco della
telecamera possa diventare deleterio ai fini del gioco stesso. Ci
sentiamo di dire però che al di là di questa descrizione un po’
drammatica, i problemi sono assolutamente risolvibili con un po’ di
attenzione e di buon senso e che quasi mai ci siamo trovati a dover
rifare un livello per una mera questione di telecamera. Quindi bisogna
comunque dare un giusto peso a queste considerazioni e non credere che
il gioco sia ingovernabile!



A colorful patchwork

Dal punto di vista grafico, DMC 4 si presenta come un florilegio di
colori, distanziandosi leggermente dalle produzioni precedenti.
Infatti, se da un lato l’ambientazione risulta essere ancora gotica e
molto affossante, dall’altra ci troviamo di fronte a delle scelte
cromatiche variopinte e brillanti. Basti pensare che i nemici più
frequenti, gli spaventapasseri, sono un collage di tessuti di diversi
colori che vanno dal giallo al celeste al viola. Il livello ambientato
nella foresta è un tripudio di luce, con verdi sgargianti e molto
appariscenti, luminoso e avvolgente.

Queste soluzioni grafiche dettano un nuovo standard nell’evoluzione
della serie videoludica, creando quel giusto mix di passato e presente
che appaga il giocatore più nostalgico e ammalia il neofita alle prime
esperienze.

Una menzione di merito alla gestione dell’illuminazione. Ci troviamo di
fronte a una realizzazione a dir poco sublime. I giochi di luce negli
ambienti chiusi servono a creare quel giusto pathos per sottolineare la
drammaticità delle scene che vi si svolgono. D’altro canto all’aperto,
la luce del sole è perfettamente ricreata sia come intensità che come
calore.

Altro punto forte del gioco sono gli effetti speciali che corredano
l’azione. Ogni colpo sferrato da Nero (o da Dante) sarà sempre
sottolineato dallo splendente riverbero della spada e da esplosioni
ottimamente realizzate e ben integrate nel contesto. Bisogna dare atto
ai programmatori e complimentarsi con loro per non aver esagerato nella
pomposità dei corollari all’azione. Le fiammate, gli impatti, le
scintille delle lame che si infrangono sono di un livello altissimo, ma
nonostante tutto risultano essere poco invadenti, raggiungendo un
equilibrio ottimale che non stanca l’occhio del giocatore.

Graficamente parlando quindi Devil May Cry risulta vincente sotto ogni
punto di vista, da ultimo il concept dei mostri e dei boss di fine
livello, sempre ripugnanti e aggressivi, armati fino ai denti ed
enormi. Una cosa da notare sta nel fatto che rispetto allo scorso
episodio della saga i nemici risultano essere un po’ più statici. Non
che siano fermi, al contrario, ma in Devil May Cry 3 ci siamo trovati
di fronte a demoni con intenzioni bellicose e molto intraprendenti. La
spiegazione sta nel fatto che comunque all’epoca veniva introdotta la
variazione degli stili di combattimento, tra cui il Royal Guard. Appare
ovvio che per sfruttare a pieno questa modalità di lotta ci dovesse
essere un adeguamento dell’intelligenza artificiale degli avversari
rivolta verso un’aggressività più spiccata. D’altronde, questo non
vuole assolutamente significare che DMC 4 sia un gioco facile anzi,
saprà dare del filo da torcere anche ai giocatori più smaliziati.



Sounds good

L’aspetto sonoro del gioco non ha nulla da invidiare alla sua
controparte visiva. Le musiche sono ben realizzate e sottolineano gli
avvenimenti che si svolgono sullo schermo con coerenza. Maestosa e
poetica, la canzone che ci accompagna durante tutta l’introduzione ne è
un esempio lampante. Durante i combattimenti si ha un brusco cambio di
registro e da una musica quasi sinfonica e barocca, si passa a un ritmo
martellante e metal, che dà brio e coinvolge ulteriormente il
giocatore. Forse alla lunga la traccia metal risulta un po’ ripetitiva,
ma una volta immersi nell’azione non ci si fa più caso, impegnati come
si è a distruggere intere legioni di demoni inferociti!

Il doppiaggio è in inglese sottotitolato e possiamo affermare che ci
attestiamo su livelli discreti, senza infamia e senza lode. Abbiamo
sentito di meglio, ma d’altro canto abbiamo sentito (anche troppo
spesso) di peggio!



Life is short…?

DMC 4 è un grande gioco, su questo non ci piove, ma in più è anche un
gioco grande! I livelli sono ben 20, a cui si sommano più di 10
missioni segrete sparse qua e là. Il livello di difficoltà è ben
calibrato e cresce con il proseguire della storia, impegnando il
giocatore per molte ore. A questo si aggiunge la psicosi da
valutazione: chiunque sarà spinto a fare sempre meglio per guadagnare
il maledetto grado S per ogni missione, facendo impennare a dismisura
il fattore rigiocabilità.

Come se tutto questo non fosse abbastanza, è stata allestita anche una
classifica mondiale in cui chiunque può vedere il proprio ranking e
cercare di raggiungere la vetta di questo Olimpo degli acchiappa
demoni! Purtroppo questa è l’unica feature che sfrutti la connettività
della console. Ci saremmo aspettati una avventura in cooperativa che
avrebbe allungato ancora di più la longevità già enorme di questo
titolo, rendendolo praticamente eterno. C’è però da dire che DMC è nato
come gioco in single player e come tale continuerà a svilupparsi. E’
una sfida tra l’umano e i demoni che non può essere divisa con nessuno.
Ma nonostante queste considerazioni, è palese che una virata verso il
multiplayer sarebbe stata una sorpresa gradita che avrebbe fatto felice
anche i giocatori più tradizionalisti.

Un piccolo appunto va sul trattamento riservato al territorio europeo
per la pubblicazione di una Collector’s edition quanto mai scarna. Se i
nostri cugini d’oltreoceano si sono potuti accaparrare un disco bonus
con il Making Of e ben sei episodi dell’anime tratto dal videogioco,
noi ci siamo dovuti accontentare di una confezione in metallo e di un
booklet un po’ più approfondito. A quanto pare non siamo dei veri
collezionisti agli occhi della Capcom!



The end

Per tirare le somme, possiamo affermare che Capcom ama la saga di Devil
May Cry e non vuole assolutamente che si perda la sua memoria. Ha
sfornato l’ennesimo capolavoro, flessibile e maneggevole per la sua
giocabilità, preciso nella realizzazione, dai compromessi minimi e che
non lascia tregua al giocatore. In poche parole un must have per
chiunque voglia riassaporare le atmosfere tipiche di DMC di cui siamo a
digiuno da diversi anni e soprattutto per chi ancora non ha avuto modo
di provare questo titolo.

PRO

  • Storia intrigante
  • Giocabilità stellare
  • Grafica varia e dettagliata
  • Solo offline ma alta longevità

CONTRO

  • Telecamera talvolta fastidiosa
  • Jingle metal ripetitivo
  • 5 giga di spazio e 22 minuti d’attesa per l’installazione