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Recensione Recensione di Dead Space

Recensione di Dead Space di Console Tribe

di: B1GASS
Sarà il destino o la nostra malsana attitudine alla pazzia, ma non potevamo aspettare un momento migliore per condividere con voi questa diretta esperienza nei meandri dell’oscurità. Quasi fosse un film dell’orrore, la nostra vita da semplici redattori ha percorso quelle strade perdute e dissanguate che invadono oramai da tempo gli studi della Electronic Arts, e ne è rimasta sconvolta, esterrefatta, sotto shock.
Questo 24 Ottobre si è tramutato in una sorta di punto di non ritorno, un giorno in cui gente come noi (e come voi) ha deciso di compiere il piccolo passo che separa la luce dall’oscurità o restarne ignari, voltare le spalle e far finta che non fosse mai successo nulla all’interno di “quella” stazione spaziale abbandonata.
Se vi sentite coraggiosi e avventurosi, ma soprattutto folli, forse non aspettavate altro che un’esperienza del genere, un grido lancinante che invocasse il vostro aiuto pur di tuffarvi nelle vuoto e negli orrori dello spazio, uno spazio morto.
Noi ci siamo tuffati, consapevoli dell’oblio che ci avrebbe avvolto, e questo grido di aiuto che state ascoltando è il nostro.

Dead Space è un’opera monumentale, non solo come investimenti ma anche come progetto. Si tratta di un’opera mastodontica non limitata solo al mondo dei videogames ma pubblicata sfruttando diversi canali ludico/multimediali, una simbiosi che porta con se un nuovo livello di comunicazione e rappresentazione di una vicenda profonda e attuale.
I mezzi usati sono stati, sono e saranno, in rigoroso ordine temporale, un fumetto in 6 capitoli (in Italia allegato ad una nota rivista di Videogames), un DVD/BluRay che ospita un film di animazione (in Italia in uscita il 3 Dicembre con il titolo Dead Space: La Forza Oscura, in USA il 28 Ottobre) e un videogioco, attraverso un numero non ben precisato di capitoli (la trilogia ormai è di moda). Si parlava anche di un film riassuntivo, pronto per essere sceneggiato.
Naturalmente tutto questo non avrebbe senso se non ci fosse una grande storia alla base. In un prossimo futuro, il genere umano è costretto a colonizzare lo spazio per far fronte all’esaurimento delle risorse terrestri, il Planet Cracking è un processo lungo e costoso che porta all’estrazione di risorse da pianeti morti e come prima fase ha la colonizzazione del pianeta stesso, al fine di studiarlo e valutarne il potenziale.
E’ proprio grazie a questo che in Aegis VII viene scoperto un artefatto, un Marchio, che secondo un culto religioso, Unitology, porterebbe con sé la verità assoluta.
Una volta che questo Marchio viene portato all’interno della colonia, l’equipaggio inizia a manifestare strani sintomi, all’apparenza tutti collegati all’artefatto: allucinazioni, suicidi, uccisioni e sopratutto insonnia.
Fa quindi la sua comparsa la nave Ishimura, comandata da Benjamin Mathias, che ordina che il Marchio venga trasportato a bordo. Pessima idea! Molti membri dell’equipaggio sono praticanti di Unitology e dopo un primo momento in cui tutto sembra andare bene, si perde ogni contatto con la nave la quale si perde nel vuoto dello spazio. Viene allora inviata a indagare una squadra di tecnici dell’USG Kellion, esperti nel riparare impianti, ma certamente non dei soldati addestrati, sottovalutando così i reali problemi a bordo della Ishimura.
Uno di questi tecnici è l’ingegnere Isaac Clarke (chiamato così in onore di due padri della science-fiction), fortemente motivato a scoprire cosa è successo in seguito ad un enigmatico messaggio speditogli dalla Ishimura dalla sua ex ragazza Nicole.
Dopo aver constatato che neppure il sistema di atterraggio assistito funziona, il gruppo riesce ad atterrare, o meglio schiantarsi, all’interno della nave, dove pian piano entra a stretto contatto con sangue e morte.
Benvenuti nell’orrore, benvenuti a bordo dell’Ishimura.

Nel momento in cui abbiamo inserito il disco di Dead Space nella console, le nostre mani sono andate a stringere saldamente i braccioli delle sedie. Sarà per la paura o per l’adrenalina, ma eravamo coscienti che ci aspettava un’avventura al cardiopalma, pregna di visioni orrorifiche eppur così sublimi. E così è stato.
Da subito veniamo scombussolati dalla pulizia di un motore grafico da urlo, uno di quegli urli che possono avere legittimazione solo in un genere come questo. Già dalle prime scene cinematografiche ci si rende conto di quanto lavoro sia stato fatto per restituire luci, tenebre, colori e design tipicamente sci-fi, ma con l’aggiunta di quel pizzico di gotico, sporco e malato che trasforma la più luccicante atmosfera di fantascienza in un mattatoio lugubre e nauseante.

L’atmosfera cupa di Dead Space è persistente per tutta la durata del gioco, proprio come vuole la tradizione del genere survival-horror: ci siamo accorti che non esiste (fisicamente e psicologicamente) un posto di riparo, un luogo sicuro in cui rifugiarsi e stare tranquilli. La tensione è la sensazione predominante dell’avventura, tanto che esperienze similari come Resident Evil, Silent Hill e Alone in the Dark sembrano addirittura essere passate in secondo piano, diremmo quasi dimenticati.
I titoli citati hanno plasmato e modificato di molto il loro gameplay al punto da allontanarsi dal concetto iniziale di paura, suspense e adrenalina, per dedicarsi piuttosto alla narrazione di una storia, o più semplicemente all’azione immediata. Dead Space ha delle ottime carte vincenti per spodestare senza problemi chi del survival horror ne ha fatto un culto, proprio perché in modo estremamente consapevole mischia i punti di forza di tutti i titoli appartenenti a questa categoria, aggiungendoci persino un pizzico di novità preso in prestito da generi completamente differenti.

Sarà immancabile, per esempio, il paragone con la visuale che segue Isaac, il nostro sfortunato alter-ego virtuale, e quella già adottata in Resident Evil 4. Un’inquadratura leggermente spostata a destra, che posiziona il protagonista al lato sinistro con le spalle quasi incollate alla telecamera, invadendo quindi gran parte dello schermo: una ripresa ottimale per generare terrore, che forse all’inizio appare scomoda, ma dopo un po’ di minuti si riesce a coglierne il potenziale, proprio grazie ad una voluta medio-visibilità che lascia il giocatore in uno stato di ansia perenne.
Anche il paragone con Silent Hill ci sta tutto: Dead Space prende il meglio dalla serie Konami e lo riplasma a proprio piacimento, alternando il terrore amplificato per merito di suoni metallici e musiche assordanti e aritmiche a fasi di silenzio tombale, angosciante e fastidioso, eppur così riuscito.
A differenza di questi titoli il gioco EA riesce persino ad osare, a rincarare la dose di sangue e terrore quasi a voler disturbare letteralmente il giocatore. I nemici, infatti, sbucheranno all’improvviso e si lanceranno in picchiata verso di noi, e per fermarli non sarà sufficiente un colpo alla testa o tre al petto, ma dovremo mirare in punti diversi fino a smembrare completamente gli arti delle creature. Non neghiamo il nostro stupore nell’osservare un mostro che continua ad arrancare con un solo braccio bramando la nostra morte. I nemici bisognerà “finirli”, nel vero senso della parola.
Il più delle volte capiterà di avere a che fare con pochi mostri, ma quasi sempre posizionati in cerchio rispetto a noi e quindi limitandoci tutte le possibili vie di fuga. Le creature si faranno “sentire”, vi chiuderanno in un raggio limitato d’azione e soprattutto sapranno sfruttare l’ambiente pur di divorarvi alle spalle quando meno ve l’aspettate. Voi non temete, abbiate coraggio perchè il viaggio è iniziato e non ci sarebbe peggiore idea del battere in ritirata, pena la morte.

Un aspetto che ci ha stupito notevolmente è l’impossibilità di mettere pausa per decidere il cambio dell’arma piuttosto che l’utilizzo di un medikit, come invece vuole la tradizione di questo genere videoludico. Esiste lo “stop”, ma solo nelle veci di “spezza-tensione”, per il resto si dovrà decidere tutto in tempo reale e quindi preventivare l’arma da utilizzare piuttosto che provvedere alle proprie cure prima di lanciarsi in un nuovo combattimento.

Se il paragone con i titoli prima citati non bastava ecco che ne arriva un altro: Half-Life 2.
Ebbene sì, Dead Space “copia” di sana pianta il concept originale della Gravity Gun per implementarlo ad una delle proprie armi. Grazie ad essa, come ovvio, è possibile interagire e spostare oggetti di grandi dimensioni, cadaveri pesanti e persino risolvere alcuni puzzle ambientali. Lo strumento che invece ci accompagnerà sin dagli inizi è una semplice, ma tutto sommato efficace, pistola ad impulsi energetici. Una volta sovraccaricata permette di sferrare onde tali da mutilare istantaneamente corpi organici o sbloccare porte in corto circuito.
Anche la tuta del personaggio dispone di una sorta di arma non convenzionale, che rallenta il tempo dei movimenti circostanti (tra cui nemici, porte scorrevoli, ecc…), senza alterare però la nostra velocità. Una modalità simile allo strausato “bullet time”, ma che si avvicina perlopiù a un “freeze”, un congelamento vero e proprio dei nemici e dell’ambiente in cui noi abbiamo la possibilità di spostarci senza rallentamenti.

E proprio parlando di tuta non possiamo che condividere con voi il nostro entusiasmo a riguardo. Isaac è un personaggio ben studiato, ottimo connubio tra character-design e personalità: parla poco, non si esprime molto, ma soprattutto nasconde le proprie emozioni all’interno di una corazza rivestita in metallo e fibre resistenti. Ci è piaciuta non poco questa presa di posizione, in quanto ci ha lasciato liberi di trascorrere il corso delle vicende da un punto di vista personale, nostro, e non da una voce che le racconta (vi dice niente Gordon Freeman?). Ma soprattutto siamo rimasti esterrefatti dall’interfaccia che la tuta dispone: ogni singolo menu, opzione, filmato o file audio selezionato dal nostro visore sarà visualizzabile direttamente nel gioco attraverso una sorta di proiezione olografica, e non in una schermata a parte. Pensate per un attimo di trovare una registrazione video su un tavolo insanguinato, per visualizzarla non dovrete percorrere strani sottomenù interni al gioco, ma vi si aprirà automaticamente uno schermo che proietterà letteralmente al lato del personaggio ciò che state guardando, e nel frattempo potrete dedicarvi ad altro. Non è sicuramente un aspetto che stravolge la storia del videogioco, ma senza dubbio contribuisce a dargli quel tocco di classe e di stile che molti titoli tentano invano di raggiungere.

La tuta, inoltre, farà da monitor al vostro stato fisico ed energetico: in Dead Space non esistono interfacce di alcun tipo e la salute e l’energia a disposizione vengono segnalate da tubi a led luminosi posti sulla schiena del personaggio, quindi sempre a vista d’occhio. Come se non bastassero gli spunti e le citazioni ad altri giochi, il titolo EA dispone anche di una specie di componente GDR, proprio riguardo il potenziamento del nostro equipaggiamento. Una struttura ad albero permette al giocatore di scegliere come proseguire nella distribuzione dei “nodi” (gli upgrade che Isaac troverà durante il suo cammino) e quindi seguire un percorso evolutivo del personaggio impostato sulla difesa, piuttosto che sull’attacco, sulla salute e via dicendo.
Nella stazione spaziale Ishimura capiterà di incontrare persino qualche punto vendita automatico in puro stile Bioshock (per chiudere in bellezza il cerchio dei riferimenti ad altri titoli) che non solo darà l’opportunità di acquistare oggetti standard come medikit o munizioni, ma provvederà ad un nuovo aggiornamento della tuta in nostro possesso. Questo upgrade comporterà una revisione totale sia per quanto riguarda i parametri del nostro Isaac, che per quanto concerne l’aspetto fisico: una tuta più potente apparirà alla vista più massiccia, paragonabile a una vera e propria armatura.
Gli upgrade riguarderanno anche le armi, a loro volta migliorabili nei parametri tramite una sorta di “ragnatela” con nodi pronti per essere occupati da moduli acquistabili nei negozi o recuperabili uccidendo mostri o dentro alcuni box sparsi nella mappa.
Data la rarità con cui questi moduli si trovano, ma sopratutto dato l’alto prezzo da pagare per acquistarli, sarà fondamentale impiegarli al meglio, visto che non tutti i nodi del circuito di upgrade offrono potenziamenti ma alcuni sono solo di passaggio e quindi inerti.
Tornando all’armatura, bisogna ammettere che è davvero ben disegnata: si amalgama alla perfezione con l’atmosfera del titolo e il silenzio quasi inumano del personaggio, spezzato a tratti da qualche breve respiro affannoso ovattato da un suono metallico realizzato superbamente.
È a dir poco sublime camminare su una passerella in metallo con una luna che riempie lo schermo da un lato, mentre dall’altro si apre lo spazio sconfinato, una massa nera e infinita che si perde a vista d’occhio. Il tutto mentre la nostra riserva di ossigeno va ad esaurirsi e i nostri passi vanno a rimarcare una cadenza pesante fatta di suoni ferrosi e lenti.

Non ci sono altre parole: le impressioni su Dead Space mirano tutte al positivo. È un gioco completo, ben fatto e che di certo spaventerà parecchi giocatori, anche quelli che si credono più impavidi e temerari. I piccoli difetti non mancano, come l’inspiegabile scarsa qualità di alcune ombre, un problema tutto sommato marginale ma che in realtà tende ad infastidire perché “sporca” la purezza estetica del titolo. Il doppiaggio, eccellente e veramente ispirato, viene purtroppo rovinato dalla presenza di Dario Argento, sbandierato ai quattro venti per attirare l’attenzione dei mass-media sul titolo, che doppia il Dottor Kyne: Dario sarà forse un genio dell’horror, ma come doppiatore fa veramente schifo. E’ corpo estraneo, in virtù (chiamiamola virtù) della sua cadenza romana e di difetti fonetici, in un cast di doppiatori professionisti. La domanda è: era proprio necessaria la sua presenza?
Un ultimo leggero, ma inevitabile, dubbio l’abbiamo avuto riguardo la ripetitività del titolo, e questo continuo “muoversi a rilento” che potrebbe scoraggiare chi invece cercava nell’avventura molta più azione. Ma a noi sta bene così, anzi, non potevamo davvero chiedere di più. Siamo tanto entusiasti che ci sentiamo di affermare a testa alta che Dead Space è senza ombra di dubbio il survival horror più riuscito degli ultimi anni, oltre che un must have a prescindere dal genere.

Questo è il momento in cui dovete decidere o no se fare il passo decisivo: entrerete nell’Ishimura? Affronterete l’orrore? Ma soprattutto, andrete incontro ad un’annunciata sfortuna?
Noi l’abbiamo fatto e credeteci, per un’esperienza unica come quella offerta da Dead Space si parla tutt’altro che di “sfortuna”. Parola di console-tribe.

PRO

  • Una nuova pietra miliare del genere “survival-horror”;
  • ottima realizzazione tecnica audiovisiva;
  • atmosfere, personaggio e ambientazioni superlative.

CONTRO

  • Alcune ombre molto approssimative;
  • Dario Argento fa paura solo a guardarlo ma non ad ascoltarlo.