Recensione Rainbow Moon
Stravolto, rinnovato, modificato e talvolta stuprato. Il genere dei jrpg è forse quello che, nella generazione che ci stiamo apprestando a sostituire, ha subito i maggiori tentativi di svecchiamento. Di sicuro i propositi che hanno contraddistinto questa volontà sono stati, almeno in gran parte dei casi, unicamente animati dalla buona fede. C’è da dire, però, che non sempre i risultati sono riusciti a soddisfare i fan di questa tipologia di games: chi andava lamentandosi di un eccessivo snaturamento, chi sosteneva la persistenza di meccaniche comunque troppo vetuste o chi, semplicemente, recitava la parte del solito bastian contrario. C’è da dire, però, che la nostalgia dei mai troppo lodati (chissà poi se a torto) bei vecchi tempi non è riuscita a dissolversi con il susseguirsi dei tioli. Mossa con tutta probabilità dall’amore per dei clichè duri a mollare il cuore dei fan, ci ha pensato la casa indipendente SideQuest Studios a riproporre un’esperienza ludica fortemente ancorata ai tempi che furono. Ma l’effetto nostalgia sarà sufficiente a garantire un’esperienza all’altezza dei ricordi passati?
di: Simone CantiniStravolto, rinnovato, modificato e talvolta stuprato. Il genere dei jrpg è forse quello che, nella generazione che ci stiamo apprestando a sostituire, ha subito i maggiori tentativi di svecchiamento. Di sicuro i propositi che hanno contraddistinto questa volontà sono stati, almeno in gran parte dei casi, unicamente animati dalla buona fede. C’è da dire, però, che non sempre i risultati sono riusciti a soddisfare i fan di questa tipologia di games: chi andava lamentandosi di un eccessivo snaturamento, chi sosteneva la persistenza di meccaniche comunque troppo vetuste o chi, semplicemente, recitava la parte del solito bastian contrario. C’è da dire, però, che la nostalgia dei mai troppo lodati (chissà poi se a torto) bei vecchi tempi non è riuscita a dissolversi con il susseguirsi dei tioli. Mossa con tutta probabilità dall’amore per dei clichè duri a mollare il cuore dei fan, ci ha pensato la casa indipendente SideQuest Studios a riproporre un’esperienza ludica fortemente ancorata ai tempi che furono. Ma l’effetto nostalgia sarà sufficiente a garantire un’esperienza all’altezza dei ricordi passati?
In fuga dalla luna
Baldren è un valoroso guerriero che, in seguito all’attraversamento di un portale magico, si ritrova catapultato sulla luna di Rainbow Moon, un mondo pacifico a lui alieno. Purtroppo, come ogni storia che si rispetti, il passaggio non si è certo rivelato indolore, dato che oltre al prode Baldren, il cancello ha traghettato una serie cospicua di creature mostruose, intenzionate a mettere a ferro e fuoco la loro nuova casa. Toccherà al nostro eroe rimettere tutto a posto e, contemporaneamente, ritrovare la strada di casa. Sì, l’originalità e la complessità narrativa non abitano certo qua. Quindi dite addio alle cospirazioni che tanta gloria hanno portato al celeberrimo Final Fantasy Tactics(tanto per citare una delle massime espressioni del genere), ma siate pronti comunque ad imbarcarvi in un’avventura che farà della giocabilità e dei contenuti ludici il suo punto di forza. Anche se, al pari degli aspetti appena citati, l’effetto novità non sarà comunque il punto forte di Rainbow Moon.
Don’t look back in anger
Come detto in apertura, il lavoro dei SideQuest Studios vuole fondamentalmente presentarsi come un sentito omaggio ai titoli tattici/ruolistici del calibro di Tactics Ogre,Vandal Hearts e del già citato capitolo tattico legato al brand Final Fantasy. Nel nostro tentativo di fuggire da Rainbow Moon, guideremo il nostro manipolo di eroi all’interno di ambientazioni isometriche, risolvendo le immancabili quest, raccogliendo oggetti ed equipaggiamenti e affrontando i canonici combattimenti. A proposito degli scontri, farà piacere sapere che i tanto odiati combattimenti casuali potranno essere evitati in qualunque momento, dato che per poter essere attivati sarà necessaria la pressione del tasto X. Altri avversari potranno invece essere semplicemente ignorati, dato che alcuni di essi saranno sempre ben visibili a schermo. Ma le battaglie, non potranno essere rifuggite per sempre, altrimenti che gioco di ruolo sarebbe? Queste si svolgeranno in arene suddivise in caselle, all’interno delle quali potremo muoverci secondo la classica progressione a turni: in ognuno di essi sarà possibile eseguire una delle classiche azioni (attacco, difesa, movimento, ecc.) e lo stesso faranno i nostri avversari. Il numero di turni a nostra disposizione, decisamente risicato inizialmente, sarà incrementato mano mano che aumenteremo il nostro livello che, a differenza della classica progressione tramite punti esperienza, potrà essere incrementato tramite l’utilizzo di alcune sfere che verranno droppate dai nemici. Non mancheranno, ovviamente, le classiche abilità secondarie (magie e colpi speciali) oltre a tutta una serie di armi ed armature che sarà possibile potenziare tramite un semplice sistema di crafting. E poi si viaggerà in lungo e in largo per le terre ed i mari di Rainbow Moon, esploreremo gli immancabili dungeon e ci godremo l’immancabile backtracking. Ecco, ma allora come si spiega il voto che campeggia in fondo alla recensione, se tutto è permeato da questo senso di deja-vu? Beh, è innegabile che il gioco del team tedesco rifugga consapevolmente di spingere sul pedale dell’innovazione, riproponendoci una struttura che, seppur indubbiamente priva di spunti originali, finisce col risultare dannatamente divertente e piacevole, oggi come ieri. E questo suo essere modernamente old style rende Rainbow Moon anche un ottimo gioco di ruolo tattico.
Niente di nuovo sotto la luna
L’anno abbondante di distanza che separa la release portatile di Rainbow Moon dalla sua controparte casalinga, purtroppo, non è certo servito ad upgradare sensibilmente la creatura dei SideQuest Studios. Quindi, se avete già avuto modo di scorrazzare per la Luna Arcobaleno assieme a Baldren e compagni, difficilmente troverete gli stimoli necessari a rimettere mano al gioco. In caso contrario preparatevi ad imbarcarvi in un viaggio lungo ed impegnativo che, se avrete anche la pazienza di portare a termine le numerose subquest, vi terrà incollati allo schermo per una cinquantina abbondante di ore. Proprio l’OLED di PS Vita costituisce, indubbiamente, una delle feature che più hanno giovato a Rainbow Moon: la resa grafica, difatti, risulta nettamente più piacevole rispetto alla controparte casalinga. Gli elementi estetici, difatti, trattandosi di una piccola produzione, riescono a sposarsi in maniera ottimale con uno schermo dalla diagonale assai contenuta come quello dell’handheld Sony. Ben confezionato anche il sonoro che, forte della scuola teutonica capace di annoverare tra le sue fila talenti indiscussi del calibro di Chris Huelsbeck, propone una tracklist che pare presa di peso dall’era d’oro Amiga (ovviamente migliorata nella resa acustica e strumentale).
Inutile girarci troppo attorno, l’operazione nostalgia canaglia messa in atto dai SideQuest Studios riesce, ad oltre 12 mesi di distanza dalla release originale, a fare centro anche su portatile. Rainbow Moon, difatti, ha il pregio di riportare in auge un’infrastruttura ludica invidiabile che, seppur profondamente ancorata al passato, risulta piacevolissima da giocare anche in questi ultimi scampoli di 2013. Sarà che, a dispetto di tutto, l’amante dei jrpg è in fondo un inguaribile reazionario, refrattario a rivoluzioni epocali. Pertanto se siete alla ricerca di un ruolistico/tattico impegnativo e longevo, oltre che dannatamente (in senso positivo) old school, fareste bene a dare più di una possibilità a Rainbow Moon: non vi rivoluzionerà l’esistenza, ma vi divertirà sicuramente molto più di tanti odierni nuovi baluardi del genere.