Recensione Quantum Break
di: Santi "Sp4Zio" GiuffridaEra il 21 maggio 2013 quando Quantum Break venne mostrato al pubblico per la prima volta, proprio durante l’evento di presentazione dell’allora sconosciuta Xbox One. Da quel giorno ne è passata di acqua sotto i ponti, siamo passati dall’imbarazzante reveal ad opera di Don Mattrick alla discesa in campo di Phil Spencer. Di strada da fare ce n’è ancora tanta, certo, ma non è più così ripida come lo fu subito dopo quel battesimo disastroso.
Quantum Break, quindi, non è solo una delle esclusive (almeno in ambito console) più chiacchierate degli ultimi tempi ma è soprattutto un “tripla A” che si prefigge di “stuzzicare” i possessori della console rivale e gli indecisi.
Quanti di voi lo hanno atteso con impazienza? Io ho preferito non rendermi preda di un hype che, sempre più spesso e a spese dei giocatori, manda in tilt la capacità di giudizio di molti giornalisti del settore, soprattutto quelli di primo pelo. Perché, si sa, maggiore è l’hype, più è facile rimanere delusi. Ma bando alle ciance, tribers, vediamo insieme com’è andata.
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La fine del tempo
Diciamolo subito, l’incipit narrativo orchestrato dagli sviluppatori finlandesi è potente, persino memorabile. Dopo aver lasciato la cittadina di Riverport, Jack Joyce, il nostro protagonista, vi fa ritorno dopo uno scambio di mail col suo vecchio amico Paul Serene, adesso alla guida dell’oscura Monarch Solutions. Qui Jack viene coinvolto in un’esperimento senza precedenti sui viaggi nel tempo ma qualcosa va storto. La messa in funzione della macchina del tempo originariamente creata da William, fratello di Jack, provoca uno squarcio apparentemente irreversibile al tessuto spazio-temporale, nel gioco noto come campo di Meyer-Joyce. L’incidente non solo espone Jack e Paul alle particelle di chronon, dotandoli pertanto di poteri legati alla manipolazione del tempo, ma getta nel caos il destino della Terra e dell’intero universo. Lo scorrere del tempo si altera, sobbalza velocemente avanti e indietro ed alterna fasi di stasi in cui tutto all’improvviso si ferma. Tali anomalie temporali, ovviamente, creano grande scompiglio e la fine del tempo è dietro l’angolo. Da una parte abbiamo quindi Jack Joyce che tenta di scongiurare un disastro temporale di proporzioni bibliche e dall’altra Paul Serene, ormai diventato la sua nemesi, intenzionato a portare a compimento un misterioso piano. Per non rovinarvi l’esperienza non possiamo dirvi altro ma ci sarebbe tanto ancora da raccontare, dovrete tenere a bada la vostra curiosità. Tuttavia vi basti sapere che la storia che fa da cornice e da colonna portante è scritta divinamente, intricata e complessa al punto giusto, non faticherete a restarne coinvolti fino ai titoli di coda, anche grazie ai numerosi collezionabili (documenti, e-mail, registrazioni audio/video e appunti) che permettono di approfondire meglio l’intera vicenda. I Remedy si riconfermano degli abilissimi storyteller: la penna di Sam Lake non ha ancora esaurito il suo proverbiale inchiostro.
Due possibili futuri
Un’interessante trovata è quella dei cosiddetti “punti di svolta”, collocati al termine di ogni atto. In queste brevi sezioni di gioco vestiamo i panni di Paul Serene e siamo chiamati a prendere una decisione importante che di fatto inciderà sugli eventi successivi, pur senza stravolgerne eccessivamente l’intelaiatura narrativa. Una sorta di bivio in cui, sfruttando le abilità dell’antagonista, possiamo dare un’occhiata ad entrambe le linee temporali proposteci e scegliere di conseguenza, anteponendo ad esempio i piani di Paul agli sforzi di Jack, o viceversa. Ogni scelta può alterare il destino di alcuni personaggi, che potrebbero diventare influenti o non figurare affatto. Tali decisioni avranno ripercussioni anche sulla serie TV i cui episodi, della durata di 20 minuti circa, vengono riprodotti via streaming immediatamente dopo ogni punto di svolta. In questi “live action show” viene approfondita parte della storia non strettamente legata a Jack Joyce, in buona sostanza ci viene raccontato tutto ciò che succede mentre siamo intenti a riempire di piombo i nemici. Impariamo quindi a conoscere tutti gli altri personaggi, compreso alcuni aspetti della loro vita privata. In un primo momento ho pensato che un’idea simile, per quanto coraggiosa ed affascinante, potesse rivelarsi solo un’inutile fonte di distrazione, poi mi è bastato guardare il primo episodio per ricredermi. La serie TV, strano a dirsi, funziona a dovere, supportata da una regia, fotografia e doppiaggio degni di nota. Certo, alcune scene fanno tornare alla mente qualche produzione low-budget ma nel complesso è da lodare. Inutile dire che gli interpreti sono gli stessi che nel gioco prestano le loro fattezze. Insomma, ci troviamo davanti ad un esperimento cross-mediale ben riuscito in cui i due “mondi narrativi” sono perfettamente connessi, e non era mica facile. Se preferite, comunque, potrete skippare ogni episodio.
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Il tempo è potere
Se Gears of War è riuscito a guadagnarsi la simpatia dei giocatori, riuscendo pure ad influenzare gran parte degli sparatutto in terza persona degli ultimi anni, lo si deve indubbiamente alla sua formula vincente, che tutti conosciamo. Quantum Break, per certi versi, segna un punto di rottura, il sistema di coperture concepito dai Remedy è infatti ad “aggancio automatico” (non dovrete premere alcun tasto) e non è possibile passare velocemente e in modo dinamico da un riparo all’altro. Nei panni di Jack Joyce l’azione scorre veloce e le coperture hanno vita breve: la distruttibilità degli scenari e la stessa intelligenza artificiale dei nemici vi obbligano a muovervi di continuo. I soldati della Monarch Solutions faranno di tutto per stanarvi, lanciando granate e organizzando manovre di accerchiamento o di aggiramento. I poteri temporali di Jack aggiungono massicce dosi di pepe agli scontri a fuoco ma, per quanto sbalorditivi siano, non vi renderanno immortali, tanto più che ogni potere è soggetto ad un tempo di ricarica prestabilito. A tal proposito è importante tenere d’occhio i rispettivi indicatori posti nella parte destra dello schermo. Inoltre, atterrare i nemici più coriacei può non essere un’impresa semplice: alcuni di questi indossano delle tute antistasi e possono privarvi dei vostri poteri attraverso un particolare dispositivo realizzato nei laboratori della Monarch Solutions.
Potreste sentirvi dei supereroi, salvo lasciarci le penne un attimo dopo.
A questo punto mi sembra doveroso descrivervi a grandi linee i vari poteri legati alla manipolazione del tempo. Con la schivata temporale, ad esempio, non solo possiamo spostarci all’interno dello scenario a grande velocità ma viene anche generata un’onda d’urto che stordisce i nemici nelle immediate vicinanze e attiva una sorta di bullet time che ci permette di mirare con maggiore precisione, riprendendo fiato. Il blocco temporale ci consente di imprigionare i nemici in una bolla dentro la quale il tempo si congela. Questa si rivela utile sia in fase difensiva, per mitigare la superiorità numerica del nemico, sia in fase offensiva, per accumulare proiettili sulla sua superficie ed infliggere così maggiori danni al malcapitato di turno. Lo scudo temporale altro non è che una bolla protettiva che rende Jack invulnerabile per una manciata di secondi, e sbilancia gli avversari nei dintorni. Lo scatto temporale, come facilmente intuibile, ci permette invece di coprire grandi distanze rallentando il tempo. Utile ad esempio per sorprendere alle spalle i soldati più duri a morire caratterizzati da specifici punti deboli, oppure ancora per innescare dei corpo a corpo coreografici dall’esito fatale, ma anche per superare indenni alcune sezioni di gioco. L’esplosione temporale, una volta scagliata contro il povero destinatario, è una bolla esplosiva dagli effetti devastanti. Usatela con parsimonia. Per finire, abbiamo la visione temporale, che ci consente di evidenziare su schermo la posizione dei nemici, che si illumineranno di rosso, e gli eventuali oggetti che richiedono la nostra attenzione, come ad esempio le fonti di chronon, indispensabili per accumulare punti spendibili nell’apposito menu di potenziamento dei diversi poteri.
I ferri del mestiere
Le armi da fuoco, pad alla mano, restituiscono un buon feedback e basta davvero poco per coglierne le rispettive peculiarità, come gittata e precisione. Possiamo contare su diversi tipi di pistole, fucili d’assalto, mitra e fucili a pompa. Il nostro protagonista può portare con sé solo tre armi alla volta e la selezione è affidata alla croce direzionale. Il sistema di puntamento è efficiente e preciso ed è quello classico degli sparatutto in terza persona, con tanto di mira manuale, semi-assistita o assistita (personalizzabile dal menu delle impostazioni) mentre la salute è a rigenerazione automatica. Nel complesso i ferri del mestiere disponibili nel gioco non sono pochi ma a mio avviso qualche arma in più non avrebbe guastato. Tra l’altro gli sviluppatori hanno pensato bene di non farci usare le granate dei nemici, ma d’altra parte lo strapotere del protagonista andava in qualche modo bilanciato. Spingere il giocatore a valutare costantemente le proprie risorse non può in alcun modo essere oggetto di spietate critiche.
Quando si ha a che fare con uno sparatutto in terza persona è facile precipitare in quel “loop” che ci vede fare le stesse cose senza soluzione di continuità. In Quantum Break la ripetitività del gameplay è in buona parte scongiurata dalla progressiva evoluzione del protagonista e dall’uso combinato delle armi da fuoco e dei poteri temporali, che riescono a diversificare sufficientemente ogni scontro, favorendo quasi sempre un approccio frenetico che trova riposo solo quando possiamo smettere di sparare. Le “tempeste di piombo” vanno placate con strategia, studiando il diverso potenziale offensivo dei nemici e lo scenario di gioco. Per capire se intrappolare Tizio nella bolla temporale, prendere a mazzate Caio e bucherellare Sempronio è la scelta migliore, dovrete ragionarvela un po’.
Le immancabili fasi esplorative, poi, che fanno capolino tra una sparatoria e l’altra, sfruttano parecchio la verticalità del level design e ci propongono dei puzzle ambientali da risolvere attraverso l’uso differenziato dei poteri temporali. Nulla di particolarmente cervellotico, sia chiaro, ma comunque utile per riprendere fiato e godersi lo scenario.
Stunning!
Graficamente parlando, Quantum Break non si presenta bene. Si presenta benissimo. La gestione delle sorgenti luminose e l’effettistica particellare bucano letteralmente lo schermo. Durante gli scontri a fuoco gli scenari si trasformano in un inferno di frammenti, polvere e scintille e le alterazioni temporali sono rese alla perfezione: quando il tempo si ferma i proiettili sparati dai nemici restano sospesi a mezz’aria, insieme a schegge e quant’altro; quando il tempo “singhiozza”, l’anomalia si ripercuote su tutti gli oggetti e persone in movimento, alterando pure gran parte della percezione visiva degli ambienti.
La modellazione poligonale dei personaggi è di altissima qualità ma sorprende di più l’eccezionale espressività dei volti, in special modo durante le cut-scene, dove la pulizia aumenta sensibilmente. Colgo l’occasione per ricordarvi che i professionisti che ci hanno messo letteralmente la faccia, sia nel gioco che nella serie TV, non sono attoruncoli alle prime armi ma attori piuttosto popolari: Shawn Ashmore nei panni di Jack Joyce, Dominic Monaghan nei panni del fratello William, Aiden Gillen nei panni di Paul Serene e Lance Reddick nei panni di Martin Hatch. Così, giusto per citarne alcuni. Il motion capture, per ovvie ragioni, dà il meglio di sé nelle scene di intermezzo, in-game infatti alcune animazioni risultano poco convincenti.
La copiosità dei dettagli veste di realismo gran parte degli ambienti, soprattutto quelli al chiuso, e la differenziazione dei materiali è garantita da texture di alta qualità, nonostante talvolta tardino a caricare, ma succede raramente. In ogni caso nulla che possa inficiare la magnificenza complessiva del comparto tecnico. E poco importa se stando alle analisi di Digital Foundry la risoluzione di base è 720p, agli sviluppatori va riconosciuto il merito di essere riusciti ad ottenere comunque un output a 1080p con effetto cinematografico attraverso la ricostruzione temporale di quattro frame precedenti a 720p con anti-aliasing e multi-sampling ad alta qualità (4xMSAA), una tecnica avanzata che di fatto incrementa in maniera considerevole il dettaglio, quindi a conti fatti parlare di risoluzione è del tutto superfluo. Lo splendido risultato finale vale più di mille polemiche.
Il doppiaggio non soltanto è riuscitissimo ma addirittura ci troviamo davanti ad uno dei migliori lip-synch di sempre, a patto però di impostarlo in lingua inglese. In italiano delude? No, affatto! Ma perde qualche punto.
Buone le musiche che scandiscono quanto accade su schermo, anche se non memorabili. Ottimi gli effetti sonori.
Tempo speso bene?
Quantum Break è un ottimo sparatutto in terza persona che non si preoccupa né di essere innovativo a tutti i costi né di rimanere saldamente ancorato alla tradizione rispetto al genere di appartenenza. Semplicemente esprime con orgoglio una propria individualità. Alcune dinamiche di gioco vanno necessariamente metabolizzate ma superato questo primo “scoglio” sarà facile lasciarsi rapire da un gameplay galvanizzante, una storia dal tessuto narrativo di pregevole fattura ed un comparto tecnico da applausi.
La “mano” dei Remedy si avverte sin dalle prime battute di gioco ma definirlo un “Max Payne con i poteri temporali” sarebbe un errore. La verità è che Quantum Break, esaminato nella sua totalità, somiglia solo a se stesso ma condivide per forza di cose la stessa ossatura, dopotutto stiamo parlando di uno shooter, non di un simulatore di volo.
In questi ultimi giorni si è fatto un gran parlare della presunta scarsa longevità del gioco. Quel che posso dirvi è che questa è perfettamente in linea con la media del genere: per arrivare ai titoli di coda ho impiegato approssimativamente 10 ore, un po’ meno la seconda volta. I “punti di svolta” offrono una discreta rigiocabilità ma riavvolgere l’esperienza è in questo caso un’esigenza intima e personale.
Quantum Break non è perfetto ma è comunque un gran bel gioco. Che va assaporato, non trangugiato. Uno di quei titoli che un vero appassionato di videogiochi dovrebbe aggiungere alla propria collezione. Se il portafogli vi sorride, compratelo subito, altrimenti aspettate qualche settimana e fatelo vostro di seconda mano.
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Visivamente è uno spettacolo
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Trama appassionante che semina per il futuro
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L’uso combinato di armi da fuoco e poteri temporali rende ogni scontro appagante
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La serie TV non delude
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Le animazioni in-game avrebbero potuto essere più convincenti
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Non ci sono modalità alternative alla campagna single player
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Qualche arma in più non avrebbe guastato
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La colonna sonora non vanta brani memorabili