Recensione NBA 2K26
di: Donato MarchisielloIl franchise di NBA 2K, ormai da decadi, regna incontrastato non solo nel relativo segmento della pallacanestro americana, ma in generale del basket tutto essendo l’unico titolo sportivo dedicato al settore di alto livello e in grado di gareggiare con altri mastodonti sportivi ultra-blasonati. Regolare come il sorgere del sole, anche quest’anno un nuovo capitolo della saga ha fatto capolino nelle nostre librerie digitali, portando con un sé una serie di novità e un’offerta ludica di ampio raggio e dalle tante possibilità. Varrà la pena confermare l’annuale acquisto? Scopriamolo assieme nella recensione di Nba 2k26, nella sua versione Series X.
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NBA 2k26 è il novello capitolo dell’arci nota saga dedicata alla pallacanestro nord-americana. Come ogni anno, 2k e Visual Concept ci riportano con una certa grazia e corposità sui parquet americani, alla conquista del titolo più ambito della pallacanestro globale. In linea di massima, NBA 2K26 conferma, forse con maggior convinzione rispetto al passato, il trend della saga, ovvero un lento ma costante miglioramento che (quasi) ogni anno, avvicina il gioco alla realtà. L’offerta ludica si conferma sempre vastissima e adatta a tutti i palati: ma andiamo con ordine.
Partiamo dal gameplay: se NBA 2K25, pur portando con sé alcune novità, aveva sostanzialmente rifinito ciò che già esisteva, senza rischiare di apportare cambiamenti radicali, con NBA 2K26, la proposta appare diversa sin dai primi palleggi: non una rivoluzione, sia chiaro, ma un passo avanti più deciso del solito nel perfezionamento dell’esperienza. Il punto forte è il ProPLAY Motion Engine, che non modifica drasticamente le meccaniche, ma aumenta il livello di realismo. Dribbling e tiri sono più naturali e fluidi, e le transizioni tra le animazioni sono diventate più scorrevoli. Il controllo di palla trasmette maggiore organicità e la risposta ai comandi è quasi immediata, soprattutto nelle azioni rapide o nei duelli uno contro uno, eliminando il ritardo che si notava nelle versioni precedenti, come NBA 2K25.
Visual Concepts ha assicurato che questo è il più grande cambiamento nella fisica e nel gameplay dall’edizione 2021. La prima cosa che si nota quando si prende il controllo è il cambiamento e il miglioramento nei movimenti dei giocatori: peso, velocità, posizione, slancio, tutto diviene fattore cruciale per il successo o il fallimento di una giocata. Provare un taglio improvviso con un play o una guardia agili e veloci sarà più semplice, ma già all’aumentare di peso ed altezza la situazione cambierà vertiginosamente. Non si tratta di una rivoluzione (visto che la saga è ormai a pochi passi dall’esser indistinguibile dalla realtà), ma di una evoluzione comunque significativa. In generale, la sensazione è di un ampliamento numerico sensibile rispetto ai passati capitoli, che rendono 2k26 già dai primi istanti il migliore in termini di mero realismo.
Anche lo shot meter appare rinnovato rispetto a quello un po’ “incasinato” della passata edizione: più immediato, pulito e “morbido” nella rappresentazione del tiro, dinamicamente condizionato dalla posizione dei difensori. La meccanica “green or miss” è tornata e sono spariti i (confusionari) profili di tiro, che permettevano ai giocatori di combinare diverse meccaniche di tiro in una singola partita a seconda delle preferenze di ogni giocatore. Ora, le probabilità di successo dipendono dal livello di difficoltà a cui si gioca e da quanto bene si riesce ad adattarsi a ciascuna impostazione, oltre che alla posizione effettiva dei difensori ed al tipo di azione in corso.
Qualche modifica è notabile, per chi è un immancabile acquirente della saga, anche a livello di mera intelligenza artificiale: in attacco, i compagni di squadra si muovono in modo un po’ più sensato sul campo nella maggior parte delle azioni, con quei “guizzi robotici” tipici della saga che sono praticamente scomparsi. Dall’altra parte, la difesa non è così facile da eludere o fingere come prima, quindi creare spazio per tirare o penetrare verso il canestro costerà un impegno superiore al semplice ripetere un classico pick and roll. Da qui l’importanza di imparare ogni movimento e di entrare pienamente nella curva di apprendimento delle tattiche.
Parliamo delle modalità di gioco. Come ogni anno, il fiore all’occhiello della produzione è la modalità carriera, la quale ci consentirà di vivere le avventure cestistiche di un singolo giocatore creato ex novo. In NBA 2K25, la modalità Città era stata tradotta in un vasto mondo aperto dalla navigazione però complessa e dal gran numero opzioni, le quali hanno finito per distogliere il giocatore dall’obiettivo principale: la partita stessa.
In NBA 2K26, questo problema è stato in gran parte risolto con una significativa rielaborazione. La Città ora è più compatta, con le attività principali e i punti di interesse posizionati più vicini, in una sorta di grande piazza circolare. Questo rende la navigazione molto più agile ed efficiente, riducendo la frustrazione e i tempi “morti”. La Città è ovviamente legata alla modalità storia, quest’anno particolarmente ispirata e ben realizzata. Negli ultimi anni Visual Concepts ha proposto storie spesso accennate e basta o addirittura assenti. Ma quest’anno abbiamo una narrazione più complessa e avvincente, diretta da Spike Lee. Inizieremo da una “anonima” scuola superiore per vivere una difficile ascesa alla Nba, passato per tornei on the street professionali e trasferimenti improvvisi in Europa.
Tra gioie, dolori, errori e grandiosità, il nostro alter ego, creato con il solito (e solido) editor che ci consentirà di scegliere la build definitiva tra giocatori reali e scelte effettuate dai pro player, arriverà all’Nba ed alla competizione online che, come ogni anno, si snoda attraverso diverse modalità, dal tre contro tre dei classici campetti, passando per un campionato alternativo 5 vs 5. L’esperienza al solito è divertente, in questa edizione curata al meglio grazie ad un sistema di progressione più naturale e un editor del giocatore al solito profondissimo e cinque specializzazioni con diverse missioni che garantiscono ricompense diverse. Unica nota realmente negativa, il mare di schermate, pop-up e menù da cui saremo invasi, spesso confusionari e che, d’impatto, non renderanno particolarmente chiara l’esperienza.
La modalità MyPlayer è possibile esperirla anche impersonando una giocatrice professionista della WNBA, anche se in questo caso l’esperienza sarà sicuramente ridimensionata rispetto alla controparte maschile. Rispetto agli anni passati, vi sarà un focus sulle conferenze stampa tra una partita e l’altra, oltre che su tutta una serie di sfide che ci vedranno ottenere ricompense di varia natura. Anche la modalità MyTeam ha subito delle variazioni, seppur sostanzialmente minori. La principale è sicuramente la possibilità di avere giocatori NBA e giocatrici WNBA insieme nello stesso team, sulla falsariga di FC. In generale, per coloro che non amano la modalità Carriera in singolo, NBA 2K26 offrirà migliorie e ampliamenti generalmente secondari, pur confermando la “solita” mole mostruosa di contenuti.
Anche la “Mode of the Ages” è tornata. Introdotta in NBA 2K23, in questa edizione la modalità che ci consente di rivivere i fasti del passato ha compiuto un significativo passo avanti, introducendo nuove squadre storiche e migliorando ulteriormente quelle esistenti. In NBA 2K23, la citata modalità includeva di già già squadre iconiche come i Chicago Bulls degli anni ’90, i Los Angeles Lakers dell’era Magic Johnson e i Boston Celtics degli anni ’80. In NBA 2K26, questa proposta è stata ulteriormente ampliata. Le squadre non sono solo mere raccolte di atleti del passato: sono state ricreate con attenzione alle tattiche, agli stili di gioco e alle caratteristiche individuali di ciascun giocatore.
Affrontiamo ora il solito, dolente argomento: le micro-transazioni. Come in ogni NBA 2K che si rispetti, anche in questa edizione avremo la possibilità di investire moneta sonante per smussare diversi angoli in tutte le modalità competitive online. La cosa, ovviamente, falcidia prepotentemente la godibilità della competizione visto che, già dal day one, è possibile trovare in giro per la città giocatori già al livello massimo o team già con giocatori stellari. Si può, ovviamente, fare tutto senza acquistare nulla se non il gioco stesso, ma attraverso un sistema di ottenimento dei crediti piuttosto lento e “grindoso”.
Come al solito, anche NBA 2K26 offre un comparto tecnico di alto livello. Le prestazioni grafiche sono state ottimizzate: il gioco gira stabilmente nelle versioni di nuova generazione, mantenendo 60 FPS costanti nelle interazioni e nelle partite. Anche la qualità visiva è stata migliorata, con campi, giocatori e persino il pubblico riprodotti con maggiore dettaglio, il che rafforza l’immersione. Le animazioni dei giocatori, al di là di ciò che riguarda il gameplay nudo e crudo, sono più realistiche, sebbene siano ancora presenti alcune pose “contorte” e bug che si verificano in caso di scontri nell’area sotto il canestro.
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NBA 2K26 offre interessanti aggiunte in termini di gameplay e tutta una serie di piccoli tocchi di classe che puntano a migliorare ulteriormente la sezione audiovisiva. Per quanto concerne i contenuti, sono state apportate delle modifiche apprezzabili (come la modalità storia della Carriera in singolo), seppur in altri campi le modifiche sostanziali siano tendenzialmente secondarie. Resta, irrisolto, il problema delle micro-transazioni oltre che una certa difficoltà nel navigare nel mare di menù e opzioni che il gioco ci offre. Nonostante ciò, resta uno dei migliori sportivi in circolazione.