Recensione Murdered: Soul Suspect
I morti sono tra noi. Ma non li vediamo, né sentiamo. Eppure Ronan, un detective ucciso dal misterioso killer delle campane, deve trovare un modo per smascherare il colpevole e trovare la propria pace interiore. In quello che è un gioco che fa della trama e del protagonista i propri punti forti.
Se siete curiosi, leggete la recensione di Murdered: Soul Suspect di Console-Tribe, a cura di Giorgio "Nadim" Catania!
di: Giorgio "Nadim" Catania
Tutti hanno paura di morire. Perché nessuno sa con certezza cosa c’è dopo questa vita. Il paradiso? Oppure l’inferno? Magari un purgatorio dantesco, fatto di sofferenza e allo stesso tempo speranza? Forse ci attende invece un agnostico nulla, una sconfinata assenza di materia e spiritualità. In cui il nostro essere si trasforma in nient’altro che un ricordo incorporeo di quanto è stato, il cui scopo è soltanto quello di infestare le memorie altrui…
Dare risposta al quesito su cosa ci sia oltre la vita, quindi, è impossibile. Tanto per chi scrive questo articolo, quanto per chi lo legge. Eppure i ragazzi Airtight Games hanno provato a trovare la soluzione a questo dilemma con Murdered: Soul Suspect. Soluzione che potrebbe essere sbagliata, o che potrebbe essere giusta. Chi lo sa?
Per loro dopo la morte compare una luce. Una luce verso cui si incamminano tutti gli spiriti di coloro che hanno vissuto una vita piena, senza alcun rimpianto. Ma da cui si allontanano quelli che, invece, hanno ancora degli affari in sospeso. C’è chi vuole scoprire il perché della propria fine, il come, il quando o, peggio ancora, il chi. Ronan O’Connor era un detective dal passato burrascoso. Adesso però è uno spirito morto. Pieno di tante domande a cui vuole dare una risposta.
Lo aiuterete a trovare ciò che cerca?
Caccia alle streghe
Il killer delle campane. Così è chiamato l’assassino che ha gettato la città di Salem nel terrore, dopo una serie di brutali uccisioni. Un omicida che lascia sulla scena di ogni delitto un simbolo preciso. Un segno che nasconde qualcosa, e su cui Ronan vuole fare luce.
Ma è questa curiosità che porta il nostro detective ad imbattersi nel ricercato prima del tempo. E che, dopo una breve colluttazione, lo conduce verso un’inaspettata dipartita. La morte però sembra non poter fermare il nostro eroe. Che, seppur in forma eterea, resta ancorato al mondo terreno con lo scopo di portare avanti le proprie indagini. Perché Ronan non può né vuole lasciare a piede libero il terribile killer.
Questo, in poche parole, è l’incipit di Murdered: Soul Suspect, un videogioco dalle tinte gialle piuttosto originali. Che pone il giocatore nei panni del trapassato Ronan, all’interno della città di Salem (Massachusetts). Una città dal passato burrascoso, funestato dalla caccia alle streghe e da altri eventi oscuri, mistici, sovrannaturali. L’obiettivo ultimo? Scoprire chi sia questo killer delle campane. Tuttavia per farlo il giocatore deve risolvere un mistero dietro l’altro. Esplorare scene del crimine. Fare luce su alcuni fatti piuttosto strani. Venire a contatto con persone e spiriti di ogni tipo. E, nemmeno a dirlo, deve imparare ad usare i poteri che Ronan ha acquisito con la sua morte. Possessione dei corpi, telepatia, teletrasporto… non poco per un neo-fantasma, vero?
Il sesto senso dei gatti
Di solito i film o i videogiochi con protagonisti i detective si risolvono in un misto di indagini e sparatorie. In Murdered: Soul Suspect le cose su cui indagare non sono certo poche, ma l’azione tende a latitare. Il che non deve essere visto necessariamente come un male, anche se le sequenze di combattimento (se così lo si può chiamare) non mancano. Ma procediamo con ordine.
Essendo Ronan uno sbirro, il suo compito è quello di scoprire cosa è avvenuto in ogni scena del crimine. Per farlo deve quindi raggiungere l’area dove è accaduto il misfatto, esplorarla, controllare gli indizi sparsi per il luogo e dedurre l’ordine con cui si sono succeduti gli eventi. L’idea di base è semplice, ma viene complicata dall’incorporeità del protagonista. Ecco quindi che i poteri spettrali di Ronan tornano molto comodi. Per far compiere azioni ai personaggi vicini, per leggere le menti altrui, per indurre i poliziotti in zona a ragionare correttamente e, di conseguenza, ad agire nella maniera corretta. Il tutto avviene senza problemi, con l’utilizzo di pochi comandi. Certo è che, per ottenere le informazioni più utili, il giocatore deve spremersi le meningi e darsi da fare. Le indagini quindi risultano interessanti, però anche fin troppo facili. Perché, per quanto un giocatore possa sbagliare qualche passaggio o non trovare tutti gli indizi, è destinato ad arrivare sempre e comunque alla soluzione. Grazie anche ad un sistema che avvisa degli errori commessi e che, a furia di tentativi, obbliga a trovare la risposta corretta. Ciò potrebbe anche non essere visto come un difetto, ma allontana il titolo non di poco dalla qualità di altri giochi investigativi – primo tra tutti, in ambito console, L.A. Noire. E toglie del mordente alle fasi della produzione che, tra tutte, dovrebbero essere quelle più pregne di suspense.
Come già accennato, però, in Murdered: Soul Suspect non si deve soltanto indagare. Ecco quindi che la città viene proposta, tra un’indagine e un’altra, in una salsa free roaming non poi così gustosa. Si può infatti girare tra le sue strade alla ricerca di collezionabili e missioni secondarie di qualità piuttosto altalenante – e nessuna particolarmente interessante. Si può perfino prendere il controllo dei gatti per raggiungere zone altrimenti inaccessibili. Peccato che la possessione dei felini sia troppo guidata e poco intuitiva – gli animali si muovono con la stessa agilità dei tir con rimorchio.
Quando si raggiungono le vicinanze dei luoghi di interesse, ovvero quelli in cui bisogna indagare per proseguire nella storia, ci si può imbattere inoltre in pericolosi demoni. Che si possono aggirare con un briciolo di astuzia o avvicinare alle spalle per sconfiggerli. In quelli che potrebbero sembrare dei combattimenti, ma che in realtà sono quick time events piuttosto poveri e, alla lunga, ripetitivi. E se si viene scoperti da suddetti demoni prima di riuscire a prenderli di sorpresa? Niente paura: ci si può teletrasportare nei rimasugli ectoplasmatici degli spettri passati per nascondere la propria presenza, in una versione paranormale del gioco “guardia e ladri”. Sfuggire non risulta mai un’impresa improba.
La morte non è la fine
Il gameplay di Murdered: Soul Suspect risulta quindi un po’ annacquato. Diviso in sessioni investigative un po’ semplici, combattimenti che tali non possono essere definiti, e un’esplorazione minimalista. E nemmeno tecnicamente il gioco si difende troppo egregiamente. Perché, sebbene i modelli poligonali dei protagonisti risultino di buona fattura, quelli dei comprimari meno importanti e di tutti gli altri abitanti di Salem mostrano il fianco a numerose critiche. Animazioni legnose, livello di dettaglio basso, espressioni facciali nulle, effetto “pecora dolly” à gogo. Il motivo? La natura cross-gen del titolo. Che sulle nuove console non gode di texture così definite, di panorami che tolgono il fiato o di effetti speciali che lasciano a bocca aperta.
Ovviamente il colpo d’occhio generale non è per nulla cattivo, ma non è nemmeno lontanamente paragonabile a titoli come inFamous: Second Son, Ryse: Son of Rome oWatch_Dogs. Cosa che può non infastidire, ma che può anche non lasciare soddisfatti.
Il risultato finale, quindi? Un gioco con una storia intrigante e che si lascia giocare, ma il cui gameplay non incanta e la veste grafica non sbalordisce. Un prodotto non degno del paradiso a cui ambiscono i titoli AAA, ma che non può essere condannato al misero inferno in cui sono stati scagliati i titoli peggiori.
Murdered: Soul Suspect quindi si trova abbandonato nel limbo cross-gen in cui sono finiti già alcuni videogiochi. Perché è un titolo senza infamia e senza lode. Un’opportunità non del tutto sprecata. Ma nemmeno del tutto centrata, peccato.