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Recensione Lost Judgment

di: Simone Cantini

Non credo sia un mistero che non abbia apprezzato a dovere l’ultimo capitolo ufficiale di Yakuza, che sebbene sia riuscito a soddisfarmi in alcuni aspetti, ha finito per lasciarmi interdetto per quanto concerne altri elementi. Ed è proprio per questi motivi che, a dispetto dei proclami di SEGA, faccio fatica a vedere in Ichiban il nuovo portabandiera ufficiale di una delle mie saghe videoludiche preferite. Fortunatamente, però, giusto un paio di anni fa, la casa nipponica era riuscita a sorprendermi felicemente grazie a quello spin-off dedicato al bizzarro avvocato Takayuki Yagami, che torna oggi in forma più smagliante che mai in un sequel davvero riuscito, ovvero quel Lost Judgment che, mi auguro, non segni davvero la fine prematura di questa nuova deviazione narrativa.

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Tra bulli ed assassini

Alla fine il buon Tak ha finito per riprendere il controllo della propria vita, una volta sceso a patti con il suo controverso passato, ed essere riuscito a fare pace con se stesso. Fiero responsabile, assieme a Kaito, dell’agenzia investigativa Yagami, il protagonista di Lost Judgment non rinuncia a gironzolare per le strade di Kamurocho, nel tentativo di difendere i più deboli (ovviamente dietro un compenso), oltre a collaborare con lo studio legale di Genda-san e soci. Insomma, una quotidianità fatta di semplici emozioni, che però finirà per essere ben presto sconvolta da un incarico in apparenza assai banale, che lo vedrà recarsi a Ijincho, nella città di Yokohama, in seguito ad una richiesta pervenutagli dall’ex ladro acrobata Sugiura e dal genio informatico Tsukumo. I due, adesso titolari anche essi di una agenzia investigativa, chiedono l’aiuto di Tak e Kaito per venire a capo di alcuni presunti episodi di bullismo denunciati all’interno dell’istituti privato Seiryo. Un compito in verità alquanto semplice, ma che non potrà fare a meno di intrecciarsi, dopo pochissimo tempo, con un misterioso caso di omicidio avvenuto proprio ad Ijincho, profetizzato da un palpeggiatore colto in fragrante alla stazione di Shinjuku. Cosa lega i due eventi al liceo di Yokohama, e come è possibile che Ehara (il molestatore di cui sopra), sapesse con precisione i dettagli dell’uccisione? Inutile dire come Tak finirà per ritrovarsi coinvolto in un caso ben più intricato e pericoloso di quanto le apparenze avrebbe potuto far credere, e che lo porteranno a ritrovarsi più volte in bilico tra la vita e la morte. Sorretta dalla solita, eccellente, sceneggiatura, la vicenda messa in piedi in Lost Judgment tratteggia una vicenda intrigante e ben diretta, in cui come sempre non mancheranno i colpi di scena e le situazioni al cardiopalma, attorno alle quali si muoverà un cast di personaggi, vecchi e nuovi, come sempre magistralmente caratterizzati. E su tutti non potrà che spiccare proprio il nostro detective, adesso ancora più maturo e sfaccettato, capace di bucare letteralmente lo schermo grazie al suo essere umanamente sprezzante, senza però scadere mai nella macchietta. Un character intrigante, oltre che ben messo sulla scena dall’eccellente prova di Takuya Kimura, che è riuscito a renderlo ancora più vivo ed umano di come lo ricordassimo. Ed anche per questo ci auguriamo che i contrasti tra SEGA e l’agenzia che gestisce la sua immagine possano sanarsi, per non dover così dire prematuramente addio a questo franchise così interessante. Comunque vada a finire, quella respirata in Lost Judgment è una storia matura e complessa, capace di intrattenere per un numero corposo di ore, ed al cui interno confluiscono in maniera omogenea e coerente le numerosissime missioni secondarie, mai come adesso perfettamente integrate nell’ecosistema generale, e non solo semplici divertissement accessori: ciascuna delle deviazioni narrative che sceglieremo di intraprendere, difatti, troverà la sua giustificazione all’interno dell’economia generale del racconto e, seppur variandone talvolta il tono, non apparirà mai fuori fuoco. Un pregio davvero da non sottovalutare, vista anche la complessità che accompagna gran parte di quelle che, superficialmente, potremmo definire come mere side quest.

Bigger and better

Se Like a Dragon aveva scelto di spostare il focus dell’azione all’interno del mondo dei JRPG, Lost Judgment prosegue imperterrito il cammino intrapreso da Kazuma Kiryu, presentandoci la consueta dose di frenetici combattimenti a mani nude. Da questo punto di vista, almeno formalmente, nulla è cambiato rispetto al passato, ma i tre stili (più uno disponibile, ahinoi, tramite DLC) tra i quali potremo destreggiarci in tempo reale, garantiscono una buonissima complessità agli scontri: Tigre, Gru e Serpente, ognuno con i suoi moveset ed abilità peculiari, riescono nell’intento di rendere sempre stratificati e stimolanti anche gli scontri più banali, in virtù di una fluidità eccellente e di un’ottima risposta dei comandi. Naturalmente il sistema di crescita degli stessi, oltre che delle caratteristiche e delle altre skill di Tak, sarà sempre legato ai punti ottenuti superando gli scontri, oltre che a tutte le attività collaterali e a gli snodi di trama. Yagami, però, oltre che un rissoso, è anche un ottimo detective, e pertanto potrà contare sull’ausilio di completo set di gadget, che tra fotocamera, rilevatore di apparecchi elettronici, drone, microfono ambientale, oltre ad un cane dall’olfatto finissimo, gli permetteranno di venire a capo dei vari misteri che, di tanto in tanto, costelleranno la progressione. Anche sotto questo aspetto, poco è cambiato rispetto al primo episodio, con le fasi di analisi ed indagine che non rappresenteranno mai un ostacolo bloccante, ma che come ci insegna Phoenix Wright, ci richiederanno semplicemente di passare in rassegna i vari indizi, fino al reperimento di quelli esatti. In definitiva parliamo di un semplice espediente narrativo, ma che come nel caso del resto, ha il pregio di essere ben calato all’interno del contesto ludico della produzione. Inutile, inoltre, lanciarsi ad elencare tutte le possibilità di svago che il team ha preparato per noi, che tra cabinati arcade, corse di droni, sala giochi virtuale e molto altro ancora, sarà in grado di farci perdere tempo in abbondanza. In tal senso un ruolo importante lo gioca una delle location inedite del titolo, ovvero l’istituto Seiryo, che oltre ad ospitare al suo interno numerose missioni secondarie, garantirà l’accesso a nuovi minigiochi. E non dimentichiamo il Master System presente nell’ufficio di Yagami a Kamurocho, che ci permetterà di mettere le mani su di una dozzina di titoli giocabili nella loro interezza. Tornano anche le missioni di pedinamento, rette su elementari meccaniche stealth, a cui si accompagnano delle inedite sezioni di arrampicata, che trasformeranno il nostro Tak in una sorta di novello Ezio Auditore. Peccato che continui a latitare il karaoke, che nonostante sia stato rimpiazzato da un minigioco di danza, rimane ancora una mancanza per me imperdonabile.

Vivere il Giappone

Come dicevo nel forum qualche giorno fa, in merito ai progressi tecnici compiuti dalle saghe nipponiche, ritengo le creature del Ryu Ga Gotoku Studio, quelle che sono riuscite a coniugare meglio in assoluto evoluzione e tradizione. E Lost Judgment non fa che confermare con forza questa mia convinzione, visto il modo in cui riesce a presentare sullo schermo una perizia realizzativa senza dubbio encomiabile, che ha accompagnato sia la resa puramente visiva che gli elementi di gameplay, con questi ultimi che ne escono rafforzati invece che snaturati. Visivamente parlando ci troviamo al cospetto di un titolo accattivante e ben realizzato, e che ha nella realizzazione delle ambientazioni (soprattutto serali) e dei personaggi principali le sue vette più elevate: girovagare per Kamurocho ed Ijincho mentre siamo circondati di luci al neon, all’interno di ambientazioni vive e ricche come non mai, difatti, ha mantenuto inalterato tutto il suo fascino. Così come non si può rimanere indifferenti al cospetto dell’ottima recitazione digitale, che esce corroborata da una cura realizzativa non certo indifferente, e che ha soltanto in alcuni personaggi secondari gli elementi più stonati. Ottima, nella prova effettuata su Series X, la fluidità generale, che potrà essere influenzata dalle oramai classiche impostazioni grafiche relative a frame rate e risoluzione. Come sempre impeccabile il comparto sonoro, forte del consueto doppiaggio in giapponese fuori scala (è presente anche l’inglese, ma non mi azzardo mai a testarlo), a cui si accompagna una sontuosa e oramai consueta localizzazione in italiano.

Per me non c’è storia, il vero erede di Kiryu (con buona pace di Ichiban), non può che essere Takayuki Yagami, che ribadisce con veemenza il suo ruolo di leader del brand grazie all’eccellente Lost Judgment. Ottimo per narrazione e gameplay, il nuovo capitolo delle avventure del peculiare investigatore privato rappresentano, allo stato attuale, la summa dell’esperienza maturata dal Ryu Ga Gotoku Studio, grazie ad un titolo che amplia e supera per molti aspetti il suo predecessore. Ad una narrazione avvincente e ben scritta, difatti, si accompagna un lato ludico cesellato alla perfezione, in cui tutte le sfaccettature, sia giocose che di sceneggiatura, si fondono alla perfezione per dare vita ad un affresco credibile e coerente. Certo, forse non tutte le meccaniche risultano essere lo stato dell’arte, ma il modo in cui l’insieme finisce per amalgamarsi riesce a far superare anche questi piccoli limiti strutturali. Quello che più conta, alla fine dei giochi, è che la nuova avventura di Yagami colpisce ancora una volta nel segno, e mette sul piatto con efficacia tutti gli elementi che hanno contribuito a rendere così popolare (seppur con colpevole ritardo) la visione ludica del team capitanato (si spera ancora a lungo) da Nagoshi-san.