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Recensione Ghost Recon: Breakpoint

di: Donato Marchisiello

Nella lunghissima serie targata Ghost Recon, iniziata nel 2001, Wildlands è stato un “tentato colpo di stato” iniziato in modo embrionale già dal capitolo Future Soldier: meno questioni tattico-strategiche (seppur il titolo ha conservato l’impostazione “ragionata” della serie), più azione ed esplorazione. Una svolta più open world che, per certi versi almeno concettualmente, sembrava impossibile da far collimare con le ragioni tattiche della saga. Breakpoint, da questo punto di vista, sembra premere sull’acceleratore per rendere “completa” quella formula, seppur introduca al contempo novità di rilievo in una serie che, a ragion veduta, è in continua evoluzione.

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Ghost Recon: Breakpoint è uno sparatutto open world in prima e terza persona, che comprende al suo interno elementi tattici, stealth e ruolistici. Gli eventi narrati nel gioco accadono a 4 anni di distanza, nella finzione narrativa, da ciò che è successo in Wildlands: l’intreccio narrativo si svolgerà infatti su Auroa, un arcipelago fittizio situato nel pacifico. Dopo un breve filmato d’introduzione, ci introdurrà nella difficile vita di questo (solo esteticamente) paradiso: nell’area si è insediata infatti una cattivissima corporazione chiamata Skell Tech che fa capo al genio della tecnologia Jace Skell. L’intero arcipelago è infatti invaso dalle milizie di questa corporazione che, com’è lecito attendersi, fanno largo uso di strumenti hi-tech per controllare il territorio. E, in maniera altrettanto prevedibile, ben presto il nostro cammino e quello della corporazione verranno subito a scontrarsi, andando quindi a muovere quelle che sono le fila della narrazione del gioco. È bene evidenziare, sin da subito, la prima novità del gioco: se il titolo offre un cooperativo online piuttosto ben realizzato e divertente, ma che ha qualche limite strutturale soprattutto per quanto concerne il matchmaking, offline saremo praticamente soli e senza l’ausilio di compagni controllati dall’Intelligenza Artificiale. Una scelta narrativa per certi versi azzeccata, ma che acuirà sensibilmente il livello di sfida nel passaggio dall’una all’altra modalità, avvicinandosi concettualmente a una sorta di The Division offline.

Nel gioco, incontreremo anche Cole Walker (interpretato dall’attore Jon Bernthal), ex ghost passato al “lato oscuro”. In linea di massima, la narrazione sarà piuttosto ben sviluppata e si articolerà attraverso svariate cutscene, ben recitate e doppiate  in modo egregio: una premura nella strutturazione della trama che non sarà particolarmente scontata, seppur Ghost Recon: Breakpoint resti sempre un gioco action, quindi lontano dai canoni narrativi di produzioni più mirate. Ma il maggior lavoro profuso nella narrazione degli eventi, non è l’unica novità: Breakpoint preme molto di più sul lato prettamente ruolistico del gameplay, sconfinando nel territorio dominato da titoli come Borderlands e il già citato The Division. In generale, abbattere i nemici ci consentirà di ottenere armi, munizioni ed altro equipaggiamento necessario per continuare la nostra missione. Ogni oggetto avrà una indicazione numerica che ne stabilirà il potere: in linea con i canoni ruolistici scolpiti nella pietra da generazioni, più il nemico sarà “tosto”, più il bottino eventuale sarà di caratura maggiore. L’intero equipaggiamento produrrà un valore complessivo medio del nostro personaggio, che ci consentirà di valutare e, conseguentemente, di affrontare sfide di difficoltà più alta. Le armi “vetuste” potranno essere distrutte in modo da recuperare materiale di scarto per poter creare o potenziare le nostre armi preferite. Unico neo di una struttura valida, ma figlio più di problematiche relative al bilanciamento generale del “fuoco”, è il “feeling” della progressione: spesso, equipaggiamento dai numeri vistosamente differenti, produrrà limitate differenze concrete durante il gioco.

Naturalmente, la componente ruolistica non si limita solo alle possibilità offerteci con le armi o ad un mero “drop & equip”: Ghost Recon: Breakpoint avrà un sistema di gestione degli strumenti di offesa non troppo dissimile da quanto visto nella serie di The Division, con una struttura evolutiva che ci consentirà di potenziare la tipologia d’arma prescelta in base ai nostri gusti. Senza considerare tutta una serie di componenti extra con cui potremo modificare a piacimento le nostre bocche da fuoco, in un sistema piuttosto libero e profondo. Ancora una volta, come nel precedente capitolo, potremo scegliere la classe ruolistica di riferimento, tra Medic, Assault, Panther e Sharpshooter. Ognuno dei ruoli predefiniti offrirà un apporto strategico differente, fondamentale nell’ottica della modalità cooperativa online che il gioco ci offre, in grado di rendere fluido e razionalmente condiviso il gameplay. In aggiunta, c’è da considerare la componente “survival” del gioco: il nostro alter ego potrà esser ferito ed ogni danno potrebbe innescare una reazione a catena in grado di indebolirci notevolmente, senza contare la presenza di una barra di energia che, una volta consumata, ci vedrà arrancare e muoverci con difficoltà. In aggiunta, il nostro alter ego dovrà bere e mangiare per sopravvivere. Insomma, nella nostra difficile missione dietro le linee nemiche, dovremo fare i conti anche con le normali difficoltà che ogni uomo sulla Terra deve gestire quotidianamente.

Gameplay che, complessivamente, sarà incorniciato da un mondo aperto davvero enorme, ricolmo di missioni secondarie, che passeranno dall’abbattere obiettivi singoli alla ricerca di item specifici o particolari documenti, oltre che le canoniche missioni principali. Nel gioco ci sarà una sorta di città-hub principale, da cui si potrà accedere a tutta una serie di possibilità, dai vendor all’ottenimento di compagni di squadra o all’accesso a nuove missioni, ma anche una serie di “falò”, chiamati “bivouacs“, sparsi per la vasta mappa di gioco che fungeranno sostanzialmente da nodi per il viaggio veloce, oltre che offrirci la possibilità di far comparire veicoli, visitare i negozi ecc. Nonostante come detto una grande presenza di missioni e attività, Breakpoint soffre di una certa ripetitività ciclica delle “situazioni” da intraprendere nel gioco: in sostanza, la stra-grande maggioranza delle attività possono essere accumulate in pochissimi macro-gruppi (uccidi l’obiettivo, cerca l’oggetto ecc). Una maggior diversificazione avrebbe sicuramente giovato e spinto maggiormente all’esplorazione complessiva di una mappa gigantesca e che, almeno teoricamente, avrebbe offerto discrete possibilità sia narrative che più prettamente ludiche.

Da un punto di vista tecnico, Breakpoint è un continuum di alti e bassi: complessivamente, l’estetica del titolo è sicuramente di altissimo livello qualitativo, seppur un po’ anonimo generalmente a livello di design. Auroa, infatti, non sarà particolarmente ispirata e attingerà da un generico “immaginario pseudo tropicale”: un lavoro di progettazione migliore sarebbe stato possibile e avrebbe reso più caratterizzante il titolo (un po’ com’è successo con Far Cry 3 o Dead Island, titoli che hanno offerto una propria “visione” della cosa). Come ogni buon open world che si rispetti, il nuovo chapter di Ghost Recon è disseminato di glitch e bug tendenzialmente di lieve entità, ma pur presenti: da compenetrazioni poligonali varie, a pop up di texture e mezzi che s’incastrano con i fondali. Niente di particolarmente fastidioso, ma che comunque incideranno sulla cornice ludica complessiva. La versione di prova del gioco, quella Playstation 4 (testata con una Ps4 Pro) ha offerto tutto sommato un’esperienza a livello di mera fluidità piuttosto solida. Sulla versione “hardcore” dell’ammiraglia Sony, è possibile optare per una modalità “Graphic Fidelity” ed una “Risoluzione”: in entrambi i casi, con le differenze unicamente percettibili a livello di mera estetica, Breakpoint si è dimostrato sostanzialmente un’esperienza di buon livello ma in divenire per quanto concerne la pulizia complessiva. Si sente però la mancanza di una modalità “Performance”, in grado quindi di offrire una fluidità maggiore sacrificando il dettaglio grafico. Una menzione va fatta al sistema di guida, ancora tendente come in Wildlands ad una sensazione di “scivolamento” e di poco controllo, ma tutto sommato accettabile.

Breakpoint è un passaggio di transizione della serie, verso lidi probabilmente più vicini a The Division che al passato recente. Il titolo offre tanti contenuti, una buona estetica e un’accessibilità ludica di tutto rispetto, pur non essendo né originale né particolarmente brillante. È molto probabile che, nel tempo e con il giusto supporto, le problematiche indicate nella recensione vengano effettivamente meno: al momento, è un buon gioco ben lungi dall’essere perfetto.