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Recensione Fatica e dolore con Le Tour de France 2012

Negli ultimi anni uno degli sport simbolo della fatica e dei gesti eroici dei sui protagonisti, il ciclismo, è stato sconvolto da eventi e notizie nefaste, ultima delle quali la radiazione di un uomo ormai diventato leggenda: Lance Armstrong. Come dice un vecchio adagio, non c’è mai limite al peggio: se pensavamo di aver assistito a qualsiasi tipo di schifezza nel bene o nel male legata ai pedali, eccoci smentiti con la nuova “opera” di Cyanide StudioLe Tour de France 2012.

di: Giovanni Manca

Negli ultimi anni uno degli sport simbolo della fatica e dei gesti eroici dei sui protagonisti, il ciclismo, è stato sconvolto da eventi e notizie nefaste, ultima delle quali la radiazione di un uomo ormai diventato leggenda: Lance Armstrong. Come dice un vecchio adagio, non c’è mai limite al peggio: se pensavamo di aver assistito a qualsiasi tipo di schifezza nel bene o nel male legata ai pedali, eccoci smentiti con la nuova “opera” di Cyanide StudioLe Tour de France 2012.

Un temuto arrivo

Quando arrivò la busta in redazione, squali bramosi allungavano le loro pinne sull’involucro giallo mostarda sicuri si trattasse di qualche perla videoludica agostana; vane speranze, alla rottura del sigillo e alla fugace visione di un ciclista canarino pedalante in copertina, come spaventati dal più terribile cacciatore dei mari, gli squali lasciavano il disco alla mercè di un vecchio ittiosauro troppo lento per salvarsi: Le Tour de France 2012 era stato assegnato al sottoscritto per abbandono e punizione divina.
Brivido lungo la schiena e disperazione pensando agli incubi notturni causati dalla breve esposizione all’edizione 2011, ma la mia punzonatura era ormai stata fatta: con lo spirito di un vecchio ciclista calvo, sulla salita del Mont Ventoux, senza acqua e con le ruote sgonfie, tremolante inserisco il disco nella console. Durante il caricamento la speranza è che la console si trasformi inOddjob, il cattivone di Missione Goldfinger, e mi sputi il disco addosso tagliandomi in due e sgravandomi dalla missione.
L’illusione è interrotta da un adrenalinico filmato, apparentemente identico a quello visto lo scorso anno, in cui vengono illustrate tutte le mappe della Grand Boucle, con tanto di Obelisco di Luxor e arco di trionfo Parigino. Scelta la lingua, un menù discretamente intuitivo ci accompagna nelle varie opzioni di gioco, di cui segnaliamo i “Riconoscimenti” con l’elenco delle persone da licenziare e l’editor grazie al quale è possibile creare o modificare le squadre e il nome dei loro componenti ma non le caratteristiche. E’ inutile girarci intorno, un minacciosissimo “Gioca” ci ricorda il sacrificio in atto: non c’è molta scelta, gara completa o livello singolo; non tergiversiamo e cerchiamo una morte veloce, tappone di montagna e i basettoni di Bradley Wiggins. Schermate veloci ci informano sulla mappatura del controller e sui rifornimenti specifici da scegliere per ogni tipo di sforzo e decido subito di conservare la banana per il dopo gara.
Una volta in sella, è facile accorgersi come poco sia cambiato in dodici mesi e a nulla siano servite le critiche feroci della stampa specializzata e degli appassionati. Apparentemente tutto sembrerebbe pensato con criterio, dalla gestione dei rapporti e delle energie, a cui poi sono strettamente legati il consumo dei rifornimenti e lo sforzo sui pedali. Purtroppo le buone intenzioni sono vanificate da un sistema di guida osceno in cui il giocatore ha poco spazio per influire con efficacia: lo stick per i movimenti del ciclista è assolutamente inutile, visto che non è possibile uscire di strada e fracassarsi su qualche elemento del paesaggio ne con altri corridori; con il massimo entusiasmo, siamo riusciti a terminare delle tappe intere senza mai sfiorare lo stick. Ilgameplay si riduce essenzialmente alla pressione ritmata del pulsante adibito alla pedalata tenendo d’occhio gli indicatori relativi alla fatica, senza mai e poi mai avere la senzazione di avere tutto sotto controllo. Davvero molto poco gratificante. L’intelligenza artificiale è a dir poco ridicola, sia per quanto riguarda la corsa in gruppo sia per le iniziative individuali che hanno poco a che vedere con le strategie a cui sono abituati tutti gli appassionati; ne consegue, tra le altre cose, una perfetta inutilità delle direttive che è possibile dare ai propri compagni di squadra. Ciliegina sulla torta, come lo scorso anno, è impossibile terminare la tappa in modalità “arcade”, dal momento che si può pedalare solo in alcune tratti della tappa stessa e non su tutto il percorso; ogni fase è intervallata da un’altra, diciamo così, “manageriale”, che vanta la stessa qualità e flessibilità della componente giocata. E’ facile capire come questo renda del tutto inutile quanto fatto nella fase “arcade”. Pensate un po’, chiudete gli occhi davanti a le tutte le nefandezze del gameplay e resistete ai vari conati, andate avanti, vi illudete di costruire una fuga, ad esempio, ed ecco che irrompe come un fulmine a ciel sereno la schermata di gestione manageriale!
Cyanide Studio ha pensato bene di introdurre una modalità competitiva online che purtroppo non abbiamo avuto la possibilità di provare dal momento che eravamo gli unici giocatori al mondo connessi. Fortunatamente ci sono ancora giocatori che riconoscono l’inutilità di una produzione.
Come, ho utilizzato troppe volte la parola inutile? Beh, un motivo c’è!

Un ritorno al passato

Sarà orribile da giocare ma almeno sarà bello da vedere, penseranno gli ottimisti per natura e le mamme dei grafici: no, proprio per nulla, la realizzazione tecnica è alla bassezza di tutto il resto. Un termine di paragone potrebbe essere il vetusto Road Rash in versione Playstation (1998), con l’aggiunta di tearing, cali di frame rate, bad clipping e pop-up spaventosi; elementi dei fondali che appaiono e scompaiono, due o tre sagome di cartone stile “Fantozzi subisce ancora” in vece del pubblico, palette grafica scialba. Fino a che stanno fermi, si salva la realizzazione grafica dei ciclisti ma le animazioni ci riportano alla tragica realtà di questa produzione considerato che sono tra le peggiori viste in un videogioco sportivo. Stendiamo un velo pietoso per gli effetti sonori, praticamente inesistenti. E’ incomprensibile come nel 2012 qualcuno abbia il coraggio di proporre al pubblico un prodotto realizzato così male.

Radiazione a vita

Nato da una costola dell’osannato Pro Cycling ManagerLe Tour de France 2012 si candida a mani basse a fare incetta dei Console Tribe Award 2012 più ambiti, tra i quali non possiamo non citare “Soldi buttati”, “Tanto rumore per nulla” (il crepitio della fiamma dopo aver incendiato il gioco), “Macelleria sotto casa” (dopo un incontro a tu per tu con gli sviluppatori). Pessimo e ingiocabile, sotto tutti i punti di vista. Non solo non merita di essere acquistato, ma neppure lo spreco di energia cinetica necessaria per aprire la confezione.