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Recensione ECHO

di: Ulell

In molti film c’è una frase fatta che ogni tanto torna: “Il tuo peggior nemico sei tu!”. Una frase perfetta per ECHO, opera prima di Ultra Ultra, team composto da ex sviluppatori di IO Interactive.

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Luuuungo Inizio              

Tutto comincia con il risveglio di En, la protagonista di ECHO che ha vissuto gli ultimi cento anni in un lungo sonno. In questo lungo, lunghissimo inizio scopriremo che un amico di En, Foster, è stato richiuso in un cubo ed il luogo per liberarlo si trova nel Palazzo, un posto da dove la protagonista è fuggita ma dove tutti in realtà volevano recarsi. Una unità senziente, London, cercherà in ogni modo di dissuaderci da fare una cosa simile, in quanto il nostro corpo si è appena risvegliato dalla stasi e non è pronto a sopportare un compito simile, ma in nostro aiuto verrà la suite che indosseremo, che ci permetterà di sopravvivere in un posto ostile come il palazzo.

Faticoso

Il primo termine che mi viene in mente pensando ad Echo dopo averlo provato è solo uno: faticoso. Si fa fatica a portare a termine il lungo tutorial introduttivo, composto da una sezione nell’astronave del risveglio, una nella parte esterna del pianeta dove si trova il palazzo, ed una all’interno del palazzo stesso che durerà fin quando inseriremo il cubo in un alloggio specifico nel tentativo di risvegliare Foster, che causa la riaccensione del palazzo e tutti i suoi meccanismi di difesa. Questo luogo, come ogni sistema operativo che si aggiorna, si riavvierà in automatico (in momenti alternati di blackout totale e luce piena) e ad ogni riavvio subirà un update. In principio gli aggiornamenti saranno innocui, ma più avanti le cose cominceranno a complicarsi. Il vero “core” del gioco lo scopriremo solo quando, dopo qualche riavvio, compariranno quelli che sono veri e propri cloni di En, che per di più cominceranno ad imparare ogni nostra mossa. Cosa significa? Che l’IA di gioco non ha un vero metodo standard di approccio nei nostri confronti, ma se noi ad esempio al riavvio precedente avremo scavalcato un muro per raggiungere un determinato posto ed evitare i cloni, al riavvio successivo i cloni sapranno anche loro scavalcare il muro e raggiungerci lo stesso. Tutto ciò si rivela molto pericoloso perché avremo solo un paio di colpi alla volta da sparare dalla nostra pistola (con il rischio che al riavvio successivo i cloni imparino a spararci) ed inoltre potremo resistere solo ad un attacco fisico (tramite un QTE), e al secondo moriremo dolorosamente. Allora perché faticoso? Perché dopo qualche ora di gioco i livelli saranno molto simili, e avremo solo due missioni da svolgere, a ripetizione: “sblocca tutte le sfere sopravvivendo per andare avanti” e “prendi la chiave X e portala in Y”. Ovviamente, il fatto che nella sessione della chiave il nostro nemico imparerà al riavvio successivo a prenderla renderà il tutto più interessante. La nostra tuta inoltre ci permetterà un approccio più stealth al gioco in quanto grazie ad una specie di sonar ci mostrerà la posizione dei nostri avversari anche dietro i muri. Potremo inoltre decidere di attirarli tutti in una posizione urlando per poi spostarci velocemente in un’altra.

Mi vedi?

Dal punto di vista visivo Echo non ha punti deboli. L’interno dell’astronave e il palazzo sono davvero belli e ben fatti. Alla lunga però, la location di gioco mostra il fianco ad alcuni problemi. Ad esempio, in alcune zone ci sono dei lucernari che si vedono riflessi nel pavimento. Solitamente quando abbassiamo lo sguardo nella vita reale il riflesso continua a vedersi tranquillamente, mentre in Echo sparisce come se il motore grafico escludesse dalla scena tutto quello che in quel momento non è inquadrato. Tutti sappiamo inoltre che un gioco non è altro che un personaggio fermo che finge di camminare mentre il livello scorre. Nel caso di Echo però, l’effetto “Tapis roulant” è molto evidente, in quanto avremo dei cali di framerate che teletrasporteranno il nostro personaggio in avanti nello spazio ed addirittura quando ci saranno molti nemici da affrontare il gioco si bloccherà, letteralmente, per qualche secondo per caricare, evidentemente, il motore dell’IA. Il sonoro non si mostra all’altezza, la doppiatrice inglese sembra affitta da una strana forma d’asma ed alcune parole sono praticamente impossibili da capire senza sottotitoli. Minus in più all’assenza della localizzazione (scritta e parlata) in italiano.

Un echo

Ma alla fine della fiera questo Echo è un bel gioco si o no? La mia risposta è…ni. Mi spiego: Il gioco ha una bella storia, anche se lenta, e l’IA che impara e si adatta alle nostre mosse è un’idea bella e innovativa che raramente si vede in un gioco. Visivamente inoltre, a parte i difetti succitati, il gioco merita di esser visto perché il palazzo offre un senso di spazio e nello stesso di soffocamento e tensione che raramente si riscontra nei giochi di questo genere. Purtroppo alcuni difetti e la ripetitività ne abbassano notevolmente il voto, ma non per questo si può dire che sia un gioco da evitare come la peste manzoniana. Insomma, così come la storia di Echo è un enorme scoperta fatta lentamente, resta a voi capire se questo gioco possa piacervi o meno.