Diablo IV: considerazioni, dubbi e speranze di un “vetusto” fan
di: Donato MarchisielloUn grande nome porta con sé indubbi vantaggi: non hai bisogno di pubblicità o quasi, non hai grandi grattacapi nello scegliere la finestra di lancio più conveniente, non hai necessità di spremerti le meningi per dire “Hey, i’m here!”. “Io sono io e voi non siete un cazzo”, diceva l’eterno marchese Del Grillo ed è, in vernacolare, sostanzialmente il senso di quanto esplicitato. Naturalmente, “da grandi poteri derivano grandi responsabilità” (con questo, concludo le citazioni filmesche) e, nel caso di un grande nome, l’unica reale responsabilità è quella che lo stesso ha nei confronti dei suoi fan. Specialmente, dello zoccolo duro che, sia per questioni d’amore che anagrafici, è lì presente, “in prima linea”, da anni (se non decadi). E non è solo una questione di soldi (che sono l’anima grigia di qualsiasi cosa faccia “sporcare” le mani all’uomo), ma anche e soprattutto di tempo: i giocatori casuali investono soldi (spesso spropositatamente, ma è l’effetto collaterale del loro esser “parvenu” del settore), i giocatori hardcore investono tempo e vita, valute per le quali non ci sono uffici reclami o rimborsi. Ecco perché, quando ho approcciato la beta di Diablo IV, sono stato colpito da una sorta di “estasi caleidoscopica”: eccitazione smodata, degna di una 15enne in preda a crisi mistiche perché a pochi metri dalla sua rockstar preferita, posata su di un letto di amaro disincanto perché, senza mezzi termini, di fregature in decenni di gaming ludico “matto e disperatissimo” ne ho cumulate un bel po’ (e il “cuore infranto” derivante da Immortal è ancora lì in terra, ridotto in pezzi).
Ecco perché, in modo specifico, questa non sarà una vera e propria anteprima, ne’ una disamina chirurgica di quanto visto nella beta. Innanzitutto, perché sono mesi e mesi che l’utenza viene letteralmente sommersa da informazioni su struttura, classi, abilità ecc. Riassumendo: sappiamo, sulla carta, tutte le cose più importanti. Ma, paradossalmente, anche perché vecchio giocatore di Diablo, mi sentirei di sbilanciarmi proprio su questo tema: ogni anteprima, ogni preview, ogni analisi in deep della beta del titolone Blizzard è, a conti fatti, preventivamente inutile e totalmente insensata. Perché, 25 livelli e una regione soltanto, in un Diablo, non sono nulla. Sono paragonabili, ludicamente parlando, all’avvio dell’installazione o poco più. Si, emergono alcune linee di routine ludica, ma anch’esse, come ogni Diablo che si rispetti, sono a pochi passi dall’essere completamente sconvolte dall’endgame (che è poi il sale di ogni capitolo della saga Blizzard). Dicevo, questa non sarà una anteprima (o la sarà in misura molto relativa): piuttosto, sarà uno “stream of consciousness” di un vecchio fan alle prese con l’atteso nuovo capitolo della saga. Le mie impressioni, le mie speranze, i miei dubbi che mi “tormenteranno” per i prossimi due (lunghissimissimi) mesi prima dell’uscita “finale” del gioco.
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Il futuro che studia, con attenzione, il passato
Sin dai primi istanti, è evidente che Diablo IV voglia far “dimenticare” il terzo capitolo e soprattutto il vituperato Immortal, al centro di notevoli polemiche per le sue modalità di monetizzazione e la sua intrinseca natura mobile. Una volontà che, innanzitutto, si evince da due fattori cruciali: il primo è sicuramente l’atmosfera. Da questo punto di vista, Diablo IV appare, per quel che si è visto, come un prodotto di prim’ordine, frutta di una “pesca ragionata” da parte dei designer (ovvero, ricordarsi di quel capolavoro chiamato Diablo 2). L’orrore, la disperazione e il costante senso da “denti digrignanti”, emergono da ogni minimo particolare. La cura estetica nella realizzazione di ambienti, nemici e personaggi è davvero sorprendente: personalmente, non mi capitava da un po’ di “obbedire” ad una istintiva e naturale necessità di fermarmi a guardare il dettaglio ambientale in modo chirurgico. Ma, al contempo, anche il concettuale design dark fantasy, memore come già detto della brutalità del primo e del secondo episodio, ritorna qui preponderante e quasi elimina la “parentesi” cartoon costituita da Diablo 3 e Immortal (che, a tutti gli effetti, potrebbe esser definito artisticamente un “Diablo 3.1”). Il secondo fattore determinante, è l’aria di “pesantezza” che si respira, nel complesso: Diablo IV è lento, più ragionato. A pelle, è fortissima la sensazione che posizionamento e build versatili possano essere più importanti rispetto alla classica formula “trova il leggendario giusto e costruiscici sopra una build”. Seppur, come ogni fan di Diablo sa, la citata “legge non scritta” è concettualmente impossibile da eliminare o stravolgere in modo rivoluzionario. Dunque, a prima vista, Diablo IV sembra voglia orientare l’utenza al “vivere” il combattimento, piuttosto che semplicemente limitarsi a cercare il metodo più veloce di farlo finire. Naturalmente, la beta ha mostrato diversi limiti, tra classi sbilanciate, meccaniche cruciali non perfettamente funzionanti (come l’aggro, ad esempio) e qualche grattacapo tecnico (in verità, minimo): ma è impossibile non notare, sullo sfondo, il “grande piano”.
Ciò che un fan della prima ora della saga respira, è che Blizzard abbia ascoltato la voce degli appassionati più anziani, ricamando però qualcosa che possa anche esser gradevole per chi ignori completamente chi o cosa sia “Diablo”. Ho già specificato quanto, artisticamente e non solo, Diablo IV sia in “debito” col secondo capitolo. La domanda, marzullianamente parlando, sorge spontanea: Diablo 3 e Immortal sono stati completamente “ripudiati”? Non del tutto: Diablo IV ha ereditato da loro diversi aspetti e, non me ne vogliano i fan più accaniti dei primi capitoli, la mia speranza è che erediti da essi anche altre caratteristiche cruciali, a mio avviso. Dal terzo e dal “terzo più uno”, Diablo IV ha ereditato sicuramente l’ammontare di bottino recuperabile: anche qui, vi saranno cascate (seppur più contenute) di oggetti, tali da riempire un inventario anche con un solo dungeon particolarmente fortunato. Oggetti che andranno ovviamente “bruciati” per accumulare materiali (alcuni dei quali, con un inatteso pizzico da classico “survival”, saranno ottenibili anche tramite l’esplorazione degli ambienti) utili per potenziare gli equipaggiamenti attraverso un (forse troppo?) sistema semplificato di crafting. L’altro aspetto, preponderante, è quello più squisitamente “social”: Diablo IV è sicuramente più aperto del secondo capitolo e più vicino ad Immortal, in questo senso, che al resto della saga. A conti fatti, il nuovo capitolo del brand è un mmorpg: saremo effettivamente “all alone” solo nel momento in cui varcheremo le soglie “instanced” di un qualsivoglia dungeon. Per il resto del tempo, vedremo altri player scorrazzare per le lande desolate del gioco, tra eventi casuali sulla mappa, anfratti con forzieri, mostri elite ecc. Un aspetto importante e cruciale per la stessa sopravvivenza del brand che, comunque vada, non può non ignorare l’esigenza di costante condivisione dell’esperienza che domina (ormai, già da un paio di lustri) il settore videoludico. Ciò che è apparso, durante la beta, è di un buon lavoro di fino per tendere una mano anche ai giocatori della prima ora, abituati ad ammirare Diablo come una brutale esperienza in solitaria, senza esagerare con prompt di inviti, eventi che costringono per forza di cose al cooperativo ecc. (quello che, per certi versi, accade nell’ultra-social Immortal). Dunque, Diablo IV è apparso ai miei occhi come una delicata esperienza che corre leggiadra su di un sottilissimo filo di seta, tra un classico gameplay in singolo ed un più canonico mmorpg votato alla socialità: un aspetto cruciale che pare di già ben avviato.
Com’è andata la beta?
Se dovessi dare un giudizio, la beta di Diablo IV è stata una delle migliori a cui io abbia partecipato. Qualche problema di code il primo giorno, qualche crash sporadico (più sulla sempre complicata versione Pc che su console), classi e difficoltà ancora da bilanciare completamente (specialmente, la differenza di “durezza” dei nemici tra l’esperienza in singolo e quella in gruppo). Ma poi, specialmente nella più difficile beta aperta, tutto è scorso liscio come un tranquillo ruscello nel bel mezzo di un prato immacolato. Il gioco, sicuramente, ha diversi angoli da smussare anche di carattere tecnico, tra qualche muro invisibile di troppo (piazzato nel bel mezzo di corridoi), crash improvvisi e qualche capriccio del netcode quando si tentava d’uscire dall’hub principale. E persino esteticamente, nonostante un generale senso di stupore e meraviglia “dark”, il titolo Blizzard ha un po’ di labor limae da metter in atto, specialmente per quanto concerne la conformazione e i dettagli dei volti (in modo particolare, capelli e barba che sembravano fossero “corpi estranei” attaccati alla faccia del nostro alter ego). Detto ciò tutto ha funzionato più che degnamente: persino il cross play e il cross saving non hanno creato grossi grattacapi, consentendo a tutti di giocare con tutti. Al di là del mero aspetto tecnico, v’è un aspetto più squisitamente concettuale da considerare: l’accesso “gratuito” ad una versione di prova. Oggi giorno, quasi nessuno dà più la possibilità di provare in modo così semplice e aperto, un gioco senza vincolare ad acquisti perentori e con un ampio margine di tempo. Come accade sempre, vi sono state diverse critiche concettuali piovute sull’operato svolto da Blizzard. In modo specifico, due sono state i “j’accuse” mossi al gioco: il primo, riguarda la “semplicità topografica” dei dungeon, mentre il secondo guardava con occhio critico all’albero delle abilità, giudicato da taluni un po’ troppo semplicistico se paragonato ad altri titoli del settore (in primis, Path of Exile). Due critiche, a mio avviso, parziali e che mancano di prospettiva/esperienza.
Per quanto concerne la prima critica, da ciò che si è potuto apprendere durante la beta, la conformazione dei dungeon muta in base al loro “ruolo”: l’impressione è che i dungeon principali della storia siano stati volutamente semplificati, probabilmente per far emergere più facilmente l’intreccio narrativo (che, tra l’altro, dalle premesse sembra molto ben curato e con qualche guizzo di inattesa originalità). Dungeon più schematici, sicuramente, ma non siamo a linee rette con un paio di biforcazioni. Ciò detto, la “musica” cambia notevolmente nel momento in cui opteremo per l’esplorazione di un dungeon secondario e non legato direttamente alla linea di missioni principali: lì, la conformazione diviene un po’ più complicata e articolata, richiedendo una maggior dose di esplorazione al giocatore per arrivare al boss finale (solitamente, sarà necessario risolvere semplici enigmi come ritrovare pezzi o uccidere un particolare tipo di nemico). Oltre ad una conformazione sicuramente non labirintica ma sufficientemente elaborata, v’è da considerare anche il fattore tempo: esplorare totalmente un dungeon di Diablo IV ha richiesto, orientativamente, almeno una ventina di minuti. Non una enormità, ma nemmeno il “bicchiere d’acqua” che in molti hanno lamentato su internet. C’è sempre margine per migliorare (perché, forse, si sono visti pochi archetipi dei dungeon stessi), ma le critiche giunte hanno a mio avviso relativo fondamento.
Anche il secondo “j’accuse”, relativo all’albero delle abilità, è molto forzato: Diablo IV offre, sostanzialmente, ciò che ha sempre offerto ogni Diablo. Ovvero, una buona dose di scelta senza eccessive complicazioni o la richiesta di uno studio approfondito, così come accade in Path of Exile (che, poi, in realtà, non è messo in pratica nemmeno dalla stra-grande maggioranza degli utenti di PoE che, in linea di massima, si poggiano sulle “dritte” di un paio di siti noti). Concettualmente, se qualcosa è semplificato, la qual cosa non si traduce, sillogisticamente, in sterilità concettuale: anzi, anche in questo caso, a mio avviso, Blizzard ha compiuto un buon lavoro nel rendere lo “skilling” della classe intermedio a livello di difficoltà intrinseca. Quindi, non troppo difficile per un nuovo giocatore (o un giocatore casuale, che è poi probabilmente il pubblico a cui il gioco si rivolge, quanto meno al lancio) ma nemmeno troppo schematico o che non permetta uno studio minimo, adatto quindi ai “famelici” veterani. Anche perché, in generale, un albero della abilità enorme e complicatissimo come quello di PoE (che, personalmente, considero un’opera d’arte di ingegneria videoludica), non è solo una prova d’intelligenza e di visione, ma anche e soprattutto un enorme investimento di tempo. Tempo che, per “stanchezza” mentale o scarsità oggettiva, non tutti possono investire: per queste ragioni, ben venga una semplificazione di partenza ma che dia la possibilità, agli interessati, di poter esplorare, modificare e studiare build personali e più articolate. In entrambi i casi, dai due aspetti criticati proviene, a mio avviso, la volontà di rendere Diablo IV fruibile da tutti senza particolari premesse, proprio come ci si aspetta da un mmorpg (almeno, al lancio). Anche perché (e qui giace il “diavolo”, letteralmente) rendere le meccaniche di un gioco massivo online dispendiose a livello di tempo, può produrre l’unico effetto di allontanare i giocatori meno hardcore. E, contestualmente, l’unico modo per evitare l’emorragia sarebbe inserire oggetti a pagamento che taglino, appunto, le tempistiche necessarie (così come già accade in tantissimi mmorpg).
Una “brezza fresca” che, sostanzialmente, si è egualmente “abbattuta” anche sull’ultima fase di test, finita pochi giorni fa. Uno stress test ma con ben poco… stress. Infatti, da un punto di vista puramente tecnico, anche la seconda tornata di prova è scorsa in modo sostanzialmente limpido. Coda quasi azzerata, lag ridotto al minimo e uno stato di pulizia computazionale che è apparso in una forma migliore rispetto al precedente test, nonostante sia passato poco più di un mese. Un plauso senza se e senza ma a Blizzard, anche da un mero punto di vista dei bilanciamenti: infatti, dalla precedente fase di beta testing, emersero diverse criticità a livello di mera equilibratura delle classi. Criticità prontamente riportate (bisogna sottolinearlo, in modo tendenzialmente pacifico) dall’utenza e che, altrettanto tempestivamente, sono state tradotte da Blizzard in alcuni interventi mirati proprio ad intervenire per rendere la situazione più armoniosa. Ad esembio, il Barbaro è stato reso un po’ più resistente ed offensivamente capace, mentre il negromante e il rogue (autentici protagonisti del precedente test), sono stati parzialmente arginati. Il tutto, appunto, per non lasciare indietro nessuna classe e renderle tutte (come, in tutta onestà, di già appare) appetibili e sensate, in un mondo condiviso e che pare colmo di attività da portare a termine. Il fulcro di quest’ultimo test, in realtà, è stato quello di abbattere il potente Ashava, world boss che appare in una specifica area del mondo di gioco. Anche in questo frangente, abbattere il boss non è stato semplice, non solo perché non è stato possibile giungere, di base, al suo livello (il test si è fermato al livello 20, Ashava era 25). Ma anche perché il world boss propone una battaglia piuttosto impegnativa e che spinge l’acceleratore, moltissimo, sul lavoro di squadra. Riassumendo: un’altra vittoria per Blizzard, senza se e senza ma. Diablo 4 è difatti, di già ampiamente pronto per la pubblicazione e versa in uno stato piuttosto solido, tecnicamente e concettualmente.
Dubbi e speranze
Indubbiamente, 20/25 livelli non sono niente, come si è già sottolineato, nell’economia di un Diablo. Ma l’assaggino mi ha lasciato, senza se e senza ma, un dolce sapore in bocca (e, proprio per questo, i due mesi che mi separano dall’uscita saranno estremamente lunghi). Ciò non toglie che, comunque vada, sono molteplici i dubbi e altrettante le speranze che mi si sono affastellate in testa, velocemente, nel mentre mi addentravo per l’ennesimo dungeon alla ricerca dell’ennesimo leggendario. Il primo, sicuramente, è il fantasma che incombe su tutti i titoli che, prima o poi, rendono accessibile modalità PvP, ovvero competitive fra giocatori (e Diablo IV dovrebbe esser fra questi). Ancora meglio: lo spettro del “pay to win” è sempre dietro l’angolo. La “ferita” di Immortal è ancora freschissima e, nonostante negli ultimi mesi sia stata fatta qualcosa per tamponare l’emorragia, la differenza tra chi spende (tanto) e chi “campicchia aggratis” è mostruosa. Gli sviluppatori, sebbene abbiano annunciato un Battle Pass, hanno sin da subito anche chiarificato che non vi saranno elementi “iniqui” acquisibili attraverso esso. Dubbio archiviato? In larghissima misura si, ma c’è sempre quella vocina stridula, stile Grillo Parlante, che non riesce ad acquietarsi completamente, mai. PvP che, al contempo, potrebbe essere come “complemento” del PvE: dato il crossplay e la larghissima fetta d’utenza raggiungibile, è proprio un azzardo sperare in una modalità competitiva che abbia ragioni “di campagna” per esser affrontata e che abbia ripercussioni nel complessivo svolgimento del gioco “base”? Qualcosa che Immortal ha di già tentato, non riuscendo completamente per tante ragioni (in primis, la possibilità di poter “comprare il potere”).
Ma Immortal non è solo un “cattivo esempio”, anche e soprattutto per il gioco, di base, è Diablo 3. Una delle mie specifiche speranze è che proprio dal capitolo “ibrido” della saga, gli sviluppatori importino il modello della brigata. Per chi non avesse giocato al gioco, essa è sostanzialmente uno pseudo clan votato unicamente a contenuti PvE. Al momento, la brigata in Immortal consente di affrontare diverse modalità coi propri compagni, tra dungeon, boss ed una sorta di “horde mode” in stile Gears of War. Il tutto, all’interno di un castello “proprio”, con tanto di “servizi” e amenità all’interno, fra cui un simpatico falò accanto al quale è possibile scattare foto di gruppo. Purtroppo, al momento, la brigata non gode di pienissima salute su Immortal visto che, il gioco, mette a disposizione altre attività che richiedono meno fastidi “burocratici” (nella fattispecie, perché “sprecare” tempo nell’organizzare una micro-comunità di giocatori, quando puoi ottenere ricompense anche migliori giocando solo/entrando a far parte di party random del momento?). Per queste ragioni, vorrei che essa non fosse, come concept, completamente abbandonata soltanto perché non particolarmente “ben vista” da gran parte della “pragmatica” community di Immortal. Rendendo le ricompense speciali o, addirittura, creando modalità univocamente legate alla necessità di metter su un gruppo organizzato e con una specifica identità, Diablo IV potrebbe dare una ragione in più ai player dedicati di “sprofondare” nella sua oscura e meravigliosa natura.
Social, anti-social
L’altro “cruccio”, connesso alla questione affrontata poc’anzi, è il matchmaking: Diablo IV, durante la beta, ne era completamente sprovvisto. Farò storcere il naso a qualcheduno, ma sono ben contento della “mancanza” e spero che non sia solo un feature “tagliata” per alleggerire la fase di test. Il matchmaking è una soluzione rapida ma è anche una maledizione: non invita alla costruzione “extra-contenuto” ma punta semplicemente al raggiungimento dello scopo relativo («mi metto in coda per trovare gente e finire uno specifico dungeon»). Ciò probabilmente, cozzerebbe con ciò che io, intimamente, spero: ovvero che il titolo favorisca una socialità lenta ed organizzata, così come funzionava “ere” fa sugli mmorpg. Dove bisognava “perder tempo” a cercare persone, a creare una squadra “quadrata”, a formare legami “burocraticamente” più pesanti ma con un solco più profondo (e la dimostrazione è la mia personale community, formatasi quasi vent’anni fa attraverso un mmorpg e che ancora “resiste”). Dunque, una socialità vera e non “di servizio”, come largamente accade su Immortal (anche e soprattutto per la “imposizione” di una tabella di marcia da rispettare per non “perder terreno”, la qual cosa porta inevitabilmente a “smussare” gli angoli affidandosi alla casualità e a contatti “effimeri”). Ciò che però mi fa pensare che Diablo IV prediligerà un modello “lento” di socialità, è una specifica caratteristica tecnologicamente all’avanguardia: durante la beta, infatti, giocatori di alto livello e basso livello hanno potuto tranquillamente collaborare, senza innescare nessuno tipo di “farraginoso” incedere. Affrontando, ognuno, nemici del proprio livello ma producendo effetti generali “normali” nell’abbattimento di nemici: della serie, «sembriamo dello stesso livello».
Una feature non nuova ma sicuramente non così diffusa ma che è sostanzialmente centrale non solo per la caratteristica specificata poc’anzi, ovvero l’abbandono di una socialità di servizio, ma anche per evitare ciò che sta accadendo su Immortal, ovvero una “desertificazione“ dei contenuti di basso livello, contemporanea ad una “alienazione” dei player più “freschi” da alcuni contenuti (legati inestricabilmente alla propria “potenza”). Ora, per quanto mi sia impegnato, non sono riuscito a trovare conferme definitive che questa meccanica sia poi, effettivamente, “finale” e non uno “stratagemma” studiato per facilitare l’accesso alla beta. L’intima speranza è che, in realtà, sia a tutti gli effetti una feature centrale: la collaborazione tra vecchi e nuovi giocatori è l’elisir della lunga vita di ogni gioco massivo online. Così come, ancora una volta correlato proprio all’esperienza di Immortal (che è, a conti fatti, l’ultimo capitolo della saga), la speranza è che Diablo IV offra contenuti con ricompense giornaliere e settimanali, ma che non “cada” nel “lavorismo” che affligge, per certi versi, il capitolo mobile. Sommerso da una marea di missioni e missioncine giornaliere, a tempo o bloccate dietro alcuni pre-requisiti (come orari specifici, livelli particolari ecc.). Una checklist gravosa da terminare completamente e che, in larga misura, toglie il gusto del decidere, personalmente e senza vincoli, cosa fare, con chi farlo e quando farlo. Oltretutto, colorando il gioco delle classiche “ristrettezze” che derivano da un comune lavoro, quasi sempre “falcidiato” da scadenze irrevocabili.
Concludendo: giugno è fra due mesi, giugno è fra cent’anni. L’attesa spasmodica è già iniziata e la beta è stata un “sogno” ed un “incubo” allo stesso tempo. L’aver potuto provare, persino gratis, un titolo che si attende da una decade è, naturalmente, un “sogno”. L’aver assaporato il suo valore, per poi vederselo sparire dinanzi al naso poche ore dopo per poi tuffarsi in un’attesa non tanto breve, è l’incubo. Ciò che però, ai miei occhi, è evidente, è che Diablo IV ha tutte le carte in regola non solo per spodestare Diablo 2 dal trono, ma anche per divenire un longevo mmorpg in grado di catalizzare l’attenzione anche di coloro che, a primo impatto, non sono propriamente “voraci” di titoli del genere. Un mmorpg che, proprio grazie al suo esser cross play (ma senza “invitare alla festa” l’ambito mobile, sempre “pericoloso”) potrebbe esser fonte di “riunificazione” tra community separate da barriere infrastrutturali (com’è capitato nel mio specifico caso). Ancora una volta: giugno è fra due mesi, giugno è fra cent’anni.