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Recensione Un’ombra nella notte con Ninja Gaiden 3

Nell’oramai lontano 1988, Hideo Yoshizawa diede vita alla serie Ninja Gaiden, uno dei titoli più difficili e significativi della storia del videogame. Dopo una trilogia di successo su NES è Tomonobu Itagaki che nel 2004 presenta in esclusiva Xbox Ninja Gaiden, una sorta di rebuild della vecchia serie con alcune novità, legate soprattutto ad un rinnovato gameplay. Nel 2006 Itagaki lascia Team Ninja e il progetto del terzo capitolo finisce nelle mani di Yosuke Hayashi, che ci consegna questo Ninja Gaiden 3.

di: Pasquale "corax" Sada

Nell’oramai lontano 1988, Hideo Yoshizawa diede vita alla serie Ninja Gaiden, uno dei titoli più difficili e significativi della storia del videogame. Il gioco vedeva come protagonista un ninja, Ryu Hayabusa, in viaggio verso l’America per vendicare la morte del padre. Lungo un epico cammino fatto di circa 20 livelli, il nostro eroe si scopre invischiato in una serie di vicende che per poco non mettono in pericolo il mondo stesso. Una storia ben raccontata, affascinante, forse la prima a godere di cutscene con un embrionale gusto cinematografico. Da qui in poi il cammino verso la trilogia è stato breve, concludendosi con l’ultimo controversissimo The Ancient Ship Doom per NES. La saga del Ninja mascherato sembrava doversi concludere, se non fosse stato per l’intervento di Tomonobu Itagaki che nel 2004 presenta in esclusiva Xbox Ninja Gaiden, una sorta di rebuild della vecchia serie con alcune novità, legate soprattutto ad un rinnovato gameplay. La creatura di Itagaki si è imposta come uno dei migliori action di sempre, grazie sopratutto ad un combat system ben bilanciato e votato alla reattività. Un lignaggio che Ninja Gaiden II eredita tutto, rispolverando i fasti della serie e ricreando il lustro del brand. Nel 2006 Itagaki lascia Team Ninja e il progetto del terzo capitolo precipita nelle mani di Yosuke Hayashi. E da allora che le cose si mettono male, davvero male…

Be My Daddy

Se la prima trilogia come vi abbiamo raccontato, faceva della narrazione una componente fondamentale e a ragione, visto che ogni cutscene era sudata col sangue, l’altra versione, quella di Itagaki, bene o male se ne infischiava della parte narrativa per concentrasi sul gameplay. Non che non ci fosse una storia di base: tutto aveva un suo perché, ma era molto flebile e davvero striminzito. Era lecito desiderare qualcosina di più, quel tanto che bastava da poter raccontare agli amici nel bar, tra una birra e l’altra. Come ci hanno insegnato le migliori commedie dello scorso millennio, è meglio fare attenzione a ciò che si desidera. Si, perché poi si avvera in modo deformato e particolare, facendoci rimpiangere come stavamo prima. Team Ninja in preda a una mania melanconica e ad un gusto discutibile, è riuscita a trasformare la storia di Ryu Hayabusa in un misto tra un film di Frank Capra e una versione patetica di Rambo. Il primo campanello d’allarme è il braccio maciullato del Ninja. La spada del drago entra nel braccio del guerriero e lo infetta col risultato che di tanto in tanto il gioco si bloccherà per consegnarci un Ryu in difficoltà, zoppicante, sofferente ma invincibile. Il paradosso di quest’affermazione è abbastanza evidente. L’apice si tocca quando una bambina sordomuta, figlia di un’affascinante e giovane agente della CIA, scrive sul suo bel cellulare rosa “Be My Daddy” e lo mostra teneramente al nostro eroe ormai senza maschera. Jerry Meguire si sarebbe commosso a cotanta melensa dolcezza. E’ un impeto di disgusto che ci muove a spoilerare una parte così importante della trama e non proviene semplicemente da quel gusto al trolling proprio dei fan accaniti che vedono il proprio amato eroe leggermente cambiato dal titolo su cui hanno passato diverse ore. Si tratta semplicemente di sottolineare come Team Ninja sia bloccata su cliché ampiamente superati. Hollywood ha reso grande queste operazioni che al cinema permettevano a coppie di fidanzatini di guardare lo stesso film, un po’ action un po’ rosa. Un gusto che ha funzionato per anni, ma che ora è semplicemente stucchevole. Un vero colpo al cuore vederlo in una produzione di questa importanza, soprattutto perché denota una mancanza di idee strutturale. Potremmo concludere il paragrafo qui, ma alla fine non c’è mai peggio. Lasciateci qualche altra riga per il colpo di grazia, inferto ad alta quota. A quasi tre quarti dell’avventura il nostro eroe si lancia da un aereo in corsa per entrare nella cabina di un altro aero velivolo. Il pilota si toglie il casco ed inforca un paio di Rayban Aviator, lasciando la chioma brillare al sole e spronando il bolide verso l’ultrasuono. Spettacolare, ma è lecito chiedersi perché Hayashi si sia fermato qui. Non era meglio a questo punto introdurre un pikachu volante, coperto di fluidi fulmini fluorescenti che volando alla velocità della luce facesse da cavalcatura alata al nostro Ninja scuro? Non disperate, ci sono buone probabilità che la scena venga introdotta con un DLC.

Dragon Sword! No grazie…

Una sola spada, un solo nimpo e quattro nemici in croce. Ninja Gaiden 3 si presenta come un action adventure abbastanza banale e confusionario, lontanissimo dalla filosofia dei suoi predecessori. Quando Hayashi aveva affermato che la serie sarebbe cambiata diventando più accessibile, un moto di preoccupazione si è palesato nei meandri della rete. Oggi abbiamo imparato, che preoccuparsi è cosa buona e giusta. Ryu Hayabusa ha perso gran parte del suo fascino nel combattimento, nonostante le stilossissime finishing move che costituiscono l’unica vera introduzione interessante e pregevole dell’intera produzione. Il resto è poca roba. Si tratta di far precipitare una gragnuola di mazzate su gruppetti di nemici, senza una particolare arte né precisione. Proprio la precisione e la mancanza di reattività dei controlli, distruggono tutto quello che Team Ninja aveva faticosamente costruito. La necessità di schivare è totalmente svanita e dobbiamo solo rallegrarcene visto che la scarsa reattività e l’eliminazione del combo break per questa feature c’avrebbero fatto prendere un sacco di botte.
La tecnica suprema è stata rimpiazzata dalla “morsa della morte” proveniente dal braccio maledetto. Ogni tot avversari uccisi le cicatrici brilleranno permettendoci di liberare tutto il potenziale del male. Peccato che il colpo caricato durante il combattimento è svanito (più precisamente diventa meno efficace), togliendo profondità e varietà alla natura 
Hack & Slash del titolo. Anche le combo con la katana non se la passano benissimo. Senza un decente sistema di upgrade, diventano, infatti, ripetitive e poco gratificanti sopratutto quando servono ad uccidere sempre gli stessi nemici. Nell’ultimo stage ci ritroveremo di fronte agli stessi soldatini presenti nel primissimo livello, senza nessun upgrade nel set delle loro mosse. Una bella delusione, colmabile solo da una fermata dal negozio cinese dietro l’angolo. Con un euro è possibile acquistare una bustina di soldatini in plastica. Almeno quel gruppetto, oltre al tizio col bazooka e al soldato semplice, è fornito di un sergente dispotico e di un bel ragazzotto che striscia sulle ginocchia. Ninja Gaiden 3 fallisce su tutta la linea, risollevandosi giusto nelle boss battle che costituiscono l’unica sezione veramente combattuta di tutta l’avventura. Nonostante l’eccessiva presenza di QTE, gli scontri sono sempre giocati a fil di spada, con pattern d’attacco abbastanza vari e dinamici, in grado di cambiare repentinamente costringendoci ad un retargeting delle nostre tattiche offensive. Un piacevole intermezzo che rende ancor più triste il veloce ritorno ai soldatini.

No Alpitour!

Team Ninja ci porta in giro per il mondo. Non chiedetevi perché, visto che potreste cercare la risposta per sempre. 
L’impatto con Ninja Gaiden 3 è un salto indietro di molti anni che ci porta a domandarci che fine abbia fatto l’ottimizzazione vista con la versione Sigma del secondo capitolo. Scenari slavati, texture pessime e un art direction sottotono che ci presenta nemici e sopratutto boss alquanto anonimi (artisticamente parlando). Manca totalmente quel gusto affascinante per il lato mezzo demoniaco e mezzo sci-fi che aveva reso interessante i due precedenti lavori. E’ forse proprio il colpo d’occhio a rendere paradigmatica l’intera operazione, lasciandoci con un palmo di naso mentre ci lambicchiamo il cervello sulle motivazioni di un simile disastro.
 

Fail

Si racconta che nella Spada del Drago fosse nascosto il cuore dei Ninja. Nei primissimi istanti di gioco la spada viene sottratta a Ryu per essere sostituita con un’altra legendary sword. E’ una sparizione che non rimane impunita. Del cuore che abbiamo imparato a conoscere ed amare attraverso innumerevoli litri di sangue e sudore non è rimasto più nulla. Può sembrare eccessivamente punitivo un giudizio siffatto, ma Ninja Gaiden 3 va contestualizzato all’interno della serie e del panorama action adventure. Team Ninja ci ha sottratto un titolo unico nel suo genere, che si differenziava dagli altri, aprendo una vera e propria linea di pensiero ricca di proseliti. Ad oggi siamo un po’ più poveri.