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Recensione Tomb Raider IV-VI Remastered
di: Donato MarchisielloNon c’è dubbio che Tomb Raider sia stato un fenomeno ai suoi esordi, e l’enorme successo dei primi episodi ha spinto Core Design a produrre una nuova avventura di Lara Croft ogni anno. Ma, come talvolta accade, i grandi successi non durano per sempre, soprattutto se reiterati con regolarità e senza grandi “rivoluzioni”. Questo è forse il modo più accurato per descrivere, concettualmente, il prodotto che stiamo recensendo, Tomb Raider IV-VI Remastered, una compilation realizzata da Aspyr Media e Crystal Dynamics che ripropone tre episodi chiave nella storia del franchise. Una raccolta che fa rivivere storicamente una fase della saga che ha segnato sia il suo splendore che l’inevitabile decadenza della sua vecchia formula. Riuscirà quest’opera di riesumazione tecnologica a ridare giustizia alla trilogia di titoli proposti? Ecco a voi la review di Tomb Raider IV-VI Remastered, testata nella sua versione Xbox Series X.
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Tomb Raider è un gioco d’azione in terza persona, incentrato pienamente non solo sul combattimento, ma anche su intense sessioni platform e sulla risoluzione di enigmi per lo più di carattere fisico. Come anticipato nell’introduzione, Tomb Raider IV-VI Remastered è innanzitutto un’opera di riesumazione tecnico-archeologica di Tomb Raider: The Last Revelation, Tomb Raider Chronicles e Tomb Raider: The Angel of Darkness. E l’aspetto più squisitamente “matematico” è, com’è lecito attendersi, la parte più importante ed il selling point del prodotto. Come la precedente raccolta (Tomb Raider I-III Remastered), questa nuova compilation introduce tutta una serie di miglioramenti visivi, controlli modernizzati e la possibilità di passare al volo dalla grafica classica a quella rimasterizzata. Tuttavia, alcuni di questi miglioramenti non sono esattamente perfetti.
Partiamo dall’estetica: l’opera, per quanto in linea di massima più che sufficiente per rendere appetibile il prodotto ai moderni palati, si attesta in realtà come una moneta a due facce. In generale, l’opera di rifacimento estetico è evidente e, sicuramente, un netto passo in avanti rispetto ai prodotti originali, seppur sia un po’ altalenante. Mentre i modelli dei personaggi principali sono stati rinnovati e presentano una cura e dettagli migliori, gli ambienti e i nemici non hanno ricevuto lo stesso trattamento qualitativo e, seppur di buona fattura, mostrano una qualità leggermente inferiore.
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Detto ciò, il rifacimento estetico coinvolge unicamente i giochi in sé: le scene d’intermezzo, invece, sono rimaste fissate all’epoca di rilascio del gioco, creando un “back and forth” tecnologico un po’ incoerente. Inoltre, capita di tanto in tanto che il sistema modernizzato di luci, tenda ad oscurare elementi importanti dello scenario, ad esempio rendendo difficile l’identificazione di piattaforme chiave o aree di interazione. A livello di performance, in generale, il lavoro profuso da Aspyr è comunque di buon livello e va, in alcuni frangenti, a migliorare anche in modo netto l’esperienza di gioco.
Per quanto concerne i controlli, essi sono stati modernizzati ed accostati ad un tradizionale action/shooter in terza persona. Una mossa più che conveniente per facilitare la vita all’audience attuale, seppur l’accostamento al level design originale non è sempre agevolissimo. Ad esempio, il quarto capitolo della saga era stato progettato per controlli rigidi in stile “carro armato”, tipici dei giochi dell’epoca, e i nuovi controlli risultano non propriamente comodi.
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A livello più strettamente ludico, l’offerta della remastered principia con Tomb Raider: The Last Revelation, il quarto gioco della saga, che si distinse per la sua struttura meno lineare e per gli ambienti più complessi rispetto ai precedenti e storici tre capitoli dedicati a Lara Croft. Sebbene non introduca troppe novità nel gameplay, il suo level design più aperto e impegnativo lo rende uno dei capitoli più amati dai fan. La situazione, invece, si fa un po’ più complessa per gli altri due capitoli, non esattamente i più apprezzati dagli irriducibili della bella archeologa.
Tomb Raider Chronicles, ad esempio, segna il ritorno a una struttura di livelli tradizionale e ad una quasi totale assenza di innovazioni meccanico-ludiche degne di nota, facendo apparire il gioco come un riciclo di idee precedenti e, di già al tempo, sulla via del tramonto. La narrazione, invece, propone invece qualcosa di diverso raccontando le avventure passate di Lara attraverso i ricordi dei suoi amici. Infine, abbiamo Tomb Raider: The Angel of Darkness, il tentativo di Core Design di reinventare la serie su PlayStation 2. Questo gioco prometteva una Lara Croft più matura e una narrazione più profonda, ma si è rivelato un disastro tecnico tra bug, controlli macchinosi e design dei livelli “problematici”. Tutto ciò ha segnato profondamente l’esistenza della saga, che passò poi il testimone a Crystal Dynamics.
In generale, non essendo questa un’opera di rifacimento totale, le problematiche e i limiti delle produzioni, sommate alla “spirituaale” vetustà meccanica che irradia i giochi, emerge in modo sostanziale, rendendo probabilmente il prodotto apprezzabile pienamente unicamente da fan e nostalgici. A livello di puro gameplay, v’è qualche aggiunta di rilievo: oltre ad un sorprendentemente profondo photo mode, un livello bonus in The Last Revelation e la reintroduzione di alcune caratteristiche, come la doppia pistola o un basico stealth system. Piccole e limitate chicche che, comunque, tentano di far divincolare il prodotto dalla mera rivisitazione tecnica seppur non vi riescano totalmente.
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Tomb Raider IV-VI Remastered è una compilation dal costo ridotto che i fan di Lara Croft apprezzeranno sicuramente, in grado di rendere moderni ed accessibili titoli, ormai, vetusti. Seppur il rinnovamento estetico-tecnico abbia reso i tre giochi più godibili alla moderna audience, l’opera mostra i limiti concettuali di una rimasterizzazione “sindacale”: i prodotti sono sì godibili, ma probabilmente in modo pieno solo dai nostalgici. I problemi, i limiti e le vetustà “spirituali”, naturalmente, restano tutti lì, rendendo ancor più difficile ad una audience più giovane godere appieno di opere videoludiche che, in un modo o nell’altro, hanno segnato la storia dell’industria.