Recensioni

Recensione The Last Worker

di: Simone Cantini

Dal vocabolario della lingua italiana, apprendiamo come il termine routine si riferisca ad una abitudine acquisita lentamente per mezzo della monotona ripetizione di alcuni determinati comportamenti. Una sorta di trance operativa, capace di regolare gesti e movenze, che finiscono per trasformarsi poco alla volta in consolidati punti fermi dell’esistenza quotidiana. Un velo capace di renderci, a volte, in parte ciechi al cospetto di quanto si agiti attorno a noi, una spessa coltre di apatia che può essere squarciata soltanto da eventi in grado di farci deviare, con improvvisa veemenza, dai binari in cui ci siamo, consapevolmente o meno, incanalati. Che poi è quello che accade al protagonista di The Last Worker, uno degli ultimi titoli approdati su PSVR2.

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Salutate la Jüngle!

Resistere pare essere il mantra che regola l’esistenza di Kurt, il personaggio al centro delle vicende di The Last Worker e che, come recita il titolo stesso della produzione firmata Oiffy e Wolf & Wood Interactive, si ritrova ad essere l’ultimo lavoratore umano al soldo della Jüngle, colosso delle spedizioni globali che sembra avere ormai preso il controllo dell’economia mondiale. Un ruolo, quello del nostro infaticabile spedizioniere, ritagliato e conservato nel corso degli anni non senza sacrifici, visto il salato prezzo che è stato necessario pagare per poter conservare il proprio posto in questa meccanica società: affetti, amici e cura personale sono stati gettati letteralmente al vento, come ci illustra l’affascinante filmato iniziale, nel tentativo di competere senza riserve contro le infaticabili macchine che, poco alla volta, hanno visto scomparire gli esseri umani dal gigantesco complesso della Jüngle. E così, dopo un quarto di secolo al soldo della compagnia, per un Kurt oramai ridotto ad un rottame (sia fisico che emotivo) l’unica presenza in grado di lenire la solitudine è rappresentata da Skew, un servobot volante dalla parlantina serrata. Un’esistenza che scorre identica a sé stessa, nella sua rassicurante monotonia, inanellando giorno dopo giorno turni di spedizione nel magazzino della Jüngle, con il pericolo del licenziamento perennemente in agguato, qualora non venissero soddisfatti i requisiti di efficienza richiesti dalla compagnia. Almeno fin quando lo spirito della rivoluzione che alberga al di fuori di queste asettiche pareti metalliche non giunge a risvegliare Kurt dal suo apatico torpore, per mezzo di un piccolo drone volante, che lo porterà ad abbracciare una causa più grande di quanto potesse mai pensare, e che potrebbe cambiare per sempre le sorti di questa futuristica società. Ricca di spunti sicuramente intriganti, che spaziano dalla critica feroce al capitalismo a quella al consumismo sfrenato in odor di Amazon, così dannatamente reale e quotidiana, la sceneggiatura di The Last Worker parte da spunti assai affascinanti, complice anche il mondo in cui è ambientata, ma che finisce per perdersi un po’ troppo facilmente nel vortice delle proprie ambizioni. Le circa 5 ore necessarie a giungere ad uno dei 3 epiloghi presenti, difatti, non riescono a completare a dovere questo mosaico narrativo, lasciando forse un po’ troppo in disparte la stessa costruzione di questo peculiare universo, che rimane sin troppo sottintesa. A spiccare, pertanto, sarà la figura di Kurt, capace di mutare radicalmente nel corso del gioco, al punto da giungere a metter in discussione la propria esistenza, e di cui saremo comunque noi a decidere la destinazione finale. Al tutto avrebbe forse giovato una maggiore estensione generale, dato che la bontà di alcuni scambi è sicuramente palpabile, ma data la struttura del gameplay, una simile evenienza avrebbe dovuto, giocoforza, comportare una revisione sostanziosa delle meccaniche ludiche.

La sua soddisfazione è il nostro miglior premio

La struttura di The Last Worker è quella di un’avventura di stampo narrativo, il cui gameplay è suddiviso in due distinti tronconi, con il primo che ci presenta il turno giornaliero di lavoro di Kurt, mentre il secondo va ad abbracciare le azioni clandestine del nostro improbabile eroe. Le giornate alla Jüngle ci richiederanno di smaltire gli ordini di spedizione che ci verranno assegnati, e per farlo non dovremo fare altro che recuperare (per mezzo di una pistola antigravitazionale) i pacchi corrispondenti, che qualora dovessero soddisfare i criteri di peso e dimensione indicati, dovranno essere consegnati allo smistatore. In caso di anomalie, sarà nostra premura evidenziare il difetto riscontrato per mezzo dell’apposita etichetta, per poi inviare il collo al riciclatore. Chiamati all’efficienza a tutti i costi, per poter competere con gli infaticabili automi di cui sopra, velocità e precisione saranno le nostre armi per poter arrivare a fine giornata con la migliore valutazione possibile, così da confermare il nostro status di The Last Worker effettivo. Volutamente monotone nella loro costruzione, le giornate lavorative godono comunque di un subdolo fascino, complici anche le bizzarrie che ci troveremo a consegnare durante il turno, che tra lampade a forma di Coronavirus, preservativi integrali, droni passeggia cani e molto altro, riescono a fornire una bizzarra panoramica di quelli che sono i desideri ed i bisogni di questa spietata società. La situazione si farà più dinamica in occasione delle missioni assegnateci dalla SPEAR, il gruppo rivoluzionario che mira a distruggere la Jüngle. In questi frangenti saremo chiamati a svolgere incarichi di infiltrazione, sfruttando dei peculiari add-on per la nostra pistola di servizio in grado di violare pannelli, sparare raggi energetici ed altro. Generalmente, a metterci i bastoni tra le ruote, ci penseranno le guardie robotiche che pattugliano i corridoi dello stabilimento, utili a mettere in campo basilari meccaniche stealth comunque efficaci nella loro costruzione. A complicare le cose, pertanto, non sarà la struttura ludica di tali missioni, bensì il sistema di controllo, che non è risultato sempre reattivo al punto giusto, soprattutto per quanto riguarda la gestione della nostra unica arma (odierete un particolare momento in cui saremo chiamati a difenderci dal fuoco nemico). Il che è un vero peccato, dato che nella sua essenzialità, l’esperienza proposta da The Last Worker è in grado di mettere sul piatto una discreta varietà di situazioni, ma che purtroppo finiscono per essere ridimensionate da queste incertezze offerte della possibilità di interazione.

Estetica decadente

Sul fronte puramente tecnico, sono davvero pochi gli appunti che si possono muovere a The Last Worker, visto che già a partire dall’estetica generale ci troviamo al cospetto di un lavoro indubbiamente ispirato, oltre che dotato di una sua invidiabile personalità. Il cel-shading, che strizza più di un occhio a Borderlands, utilizzato per dare vita ad ambienti e personaggi, è un ottimo biglietto da visita per la produzione, che pur non presentando una mole impressionante di dettagli, riesce ad offrire un colpo d’occhio di tutto rispetto. Ottimo anche il voice over in lingua inglese, sottotitolato in italiano, forte di una prova attoriale dell’intero cast davvero convincente (tra cui spicca Jason Isaacs), così come colpiscono nel segno la colonna sonora e l’effettistica generale.

The Last Worker è un titolo che convince a metà e che, per una bizzarra ironia della sorte, riesce a dare il meglio di sé proprio attraverso quegli aspetti che mira a criticare senza riserve. L’avventura di Kurt, difatti, riserva le soddisfazioni più convincenti proprio durante la rappresentazione della monotona oppressione lavorativa, esaltata forse dal nostro innato spirito competitivo che ci spinge ad essere sempre i migliori. La produzione, in modo assai bizzarro, perde invece qualche colpo in occasione delle digressioni rivoluzionarie, che sono risultate un po’ troppo sfilacciate a causa dell’anarchico sistema di controllo adottato. Nel complesso, comunque, quello che emerge è un titolo gradevole, che avrebbe meritato qualche approfondimento narrativo ulteriore, oltre agli smussamenti appena citati. Beh, che cosa state facendo ancora qua a leggere? È ora di lavorare, che i nostri clienti non possono certo aspettare.