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Recensione The Elder Scrolls IV: Oblivion Remastered

di: Luca Saati

Era ormai il segreto di Pulcinella, ma alla fine Bethesda ha tolto il velo su The Elder Scrolls IV: Oblivion Remastered e, come se non bastasse, lo ha reso immediatamente disponibile con il più classico degli shadow drop a cui Microsoft ci ha abituato da qualche anno a questa parte. Giudicare un prodotto di questo tipo a ben vent’anni di distanza dal lancio dell’originale non è semplice, perché non vanno considerate soltanto le ovvie migliorie tecniche, ma anche com’è giocarlo oggi e quale feeling restituisce pad alla mano.

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I cancelli dell’Unreal Engine 5

The Elder Scrolls IV: Oblivion Remastered è il frutto della collaborazione tra Bethesda Game Studios e Virtuos. Un nome, quello di Virtuos, forse sconosciuto a molti, ma sicuramente avrete giocato a diversi titoli su cui lo studio ha messo mano, avendo contribuito a oltre 1.500 videogiochi tra supporto allo sviluppo, riedizioni e altri progetti.

Nonostante la scritta “Remastered” campeggi chiaramente nel titolo, questa nuova versione si colloca in una terra di mezzo tra remastered e remake. Bethesda e Virtuos hanno infatti preso il gioco originale, che girava sul vecchio motore Gamebryo 2.6, e lo hanno trasportato all’interno dell’Unreal Engine 5.

Ogni singolo asset è stato praticamente ricreato in 4K: dai modelli dei personaggi, passando per armi e armature, fino ad arrivare alle architetture, alla vegetazione e alle superfici. A questo si aggiunge un sistema di illuminazione avanzato, capace di simulare in tempo reale il modo in cui la luce interagisce con l’ambiente, con ombre più dettagliate e un ciclo giorno-notte molto più credibile. Anche i corsi d’acqua sono stati rivisti, con una fisica dell’acqua realistica che simula correnti e onde.

I miglioramenti vanno oltre gli ambienti e gli asset ricreati: gli sviluppatori hanno infatti ritoccato sensibilmente anche le animazioni, introducendo una nuova tecnologia di sincronismo labiale che dona maggiore espressività ai dialoghi, persino a razze prive di connotati umani, come gli Argoniani.

Una volta avviato il gioco, basta davvero poco per accorgersi di come tutte queste migliorie grafiche si amalgamino armoniosamente, restituendo un comparto visivo di grande impatto. Il momento in cui si mette piede fuori dalle segrete di Cyrodiil mi ha lasciato con un certo senso di sorpresa: ammirare il lago Rumare che abbraccia la Città Imperiale, osservare la brezza che muove le foglie sugli alberi e la luce che filtra attraverso i rami riflettendosi sull’acqua è stato emozionante. Il fascino e la maestosità delle ambientazioni di Oblivion restano immutati, ora valorizzati dal nuovo colpo d’occhio offerto dal Remastered.

L’audio è stato completamente rimasterizzato con l’aggiunta di effetti sonori ambientali e qualche linea di dialogo nuova per correggere alcuni errori dell’originale.

Oblivion Remastered può anche contare su piccoli accorgimenti resi possibili dalla tecnologia delle console moderne, come i caricamenti veloci, sempre piuttosto frequenti come da tradizione per un titolo Bethesda. Tuttavia, quanto descritto finora ha un prezzo da pagare, almeno nella versione Xbox Series X da me provata.

Che l’Unreal Engine 5 sia un motore esigente non lo scopriamo oggi, ma non mi aspettavo che potesse mettere così in difficoltà anche un gioco nato vent’anni fa. Esplorando il mondo di Oblivion, il frame rate è una continua altalena, incapace di mantenere i 60 fotogrammi al secondo, con cali vistosi a occhio nudo anche fino ai 40 fps, oltre a episodi di crash. Inoltre, non mancano bug sparsi qua e là.

Oblivion, 20 anni dopo

Bethesda e Virtuos non si sono limitati al comparto audiovisivo, ma sono intervenuti anche sull’esperienza di gioco. Sia chiaro: la base di The Elder Scrolls IV: Oblivion resta intatta, ma è indubbio che, vent’anni dopo, quell’esperienza di gioco 1:1 non sarebbe stata più proponibile. Per questo motivo è stata rinnovata con una serie di ritocchi pensati per soddisfare anche coloro che sono più affini agli RPG moderni.

Innanzitutto, i movimenti e le animazioni del proprio personaggio sono stati resi più fluidi e naturali. Ad averne giovato in particolar modo è la visuale in terza persona, ma più in generale è proprio il feeling pad alla mano che risulta sensibilmente migliorato.
Il combattimento è rimasto sostanzialmente lo stesso del passato, con tutti i suoi limiti, ma può ora contare sull’aggiunta dello scatto. Anche il mirino è stato perfezionato, migliorando in particolare l’esperienza per chi adotta la classe arciere, ora molto più precisa e appagante.

Dove gli sviluppatori sono intervenuti maggiormente è nel sistema di progressione, completamente riprogettato e ispirato sia a Oblivion che a Skyrim. Ora si guadagna esperienza in modo più flessibile, salendo di livello anche migliorando abilità minori, a differenza dell’originale, dove si avanzava solo potenziando le sette abilità principali della propria classe. Gli attributi principali sono stati semplificati o automatizzati, con un focus maggiore sull’uso continuo delle abilità piuttosto che sulla pianificazione estrema.

Anche il level scaling è stato reso più organico e armonioso: se nel gioco di vent’anni fa i nemici si adattavano al livello del personaggio, spesso rendendo frustrante l’esperienza con uno scaling mal calibrato, nel Remastered esistono aree con nemici dal livello fisso e altre dove lo scaling è più flessibile, riducendo così l’effetto frustrazione.
Ora, a ogni level up, si ricevono 12 punti Virtù da distribuire tra tre attributi alla volta, assegnando un massimo di cinque punti a un singolo attributo per livello.
Qualche spigolo rimane, ad esempio il fatto che gli equipaggiamenti unici continuano a essere legati al livello al momento dell’ottenimento.

L’interfaccia di gioco è stata ricreata da zero, risultando più pulita e moderna, adattandosi meglio anche a chi gioca su console. La mappa è più facile da consultare, mostrando il terreno in rilievo, offrendo informazioni più dettagliate sui luoghi ed eventualmente permettendo di settare waypoint multipli.
Crafting e alchimia sono stati migliorati, permettendo di vedere in anteprima gli effetti delle proprie creazioni.
Infine, anche il sistema di auto-save è stato rivisto, introducendo checkpoint automatici dopo eventi chiave.

I Cancelli dell’Oblivion

Per il resto, The Elder Scrolls IV: Oblivion Remastered è, nel bene e nel male, quel videogioco che conquistò tanti nuovi fan — magari quelli che iniziarono ad appassionarsi agli RPG proprio con questo capitolo della saga — così come lasciò dubbiosi i veterani di Daggerfall e Morrowind.

Per chi non conoscesse minimamente il gioco, la storia ha inizio nella prigione di Cyrodiil, dove l’imperatore Uriel Septim VII cerca di fuggire da coloro che vogliono assassinarlo. La fuga fallisce, e la morte dell’imperatore causa l’apertura dei cancelli dell’Oblivion in tutto il regno di Tamriel, provocando l’invasione dei Daedra, le creature che vivono all’interno di questa dimensione infernale.
La missione del protagonista, apparso prima in sogno all’imperatore, è quella di trovare l’erede al trono e chiudere i cancelli dell’Oblivion per salvare Tamriel dalla distruzione.

Un racconto, quello di Oblivion, capace di intrattenere per decine, se non centinaia di ore, grazie alle numerose quest secondarie che all’epoca settarono nuovi standard nella costruzione del mondo e nella totale immersione in esso.
Dalla scoperta delle quattro gilde ai combattimenti gladiatori, c’è così tanto da scoprire che si finisce per venire completamente rapiti da questo mondo.

Da sottolineare, inoltre, che in questo pacchetto sono incluse anche le due espansioni principali: Knights of the Nine e Shivering Isles, quest’ultima considerata ancora oggi una delle migliori espansioni di tutti i tempi.

L’eredità di Oblivion

Non si può negare che oggi i videogiochi con così tanti anni sulle spalle rischino di finire nel dimenticatoio, risultando difficili da fruire in quest’epoca moderna, specie per i più giovani che, per ovvi motivi anagrafici, non hanno potuto vivere certi capolavori all’epoca.
Proprio per questo motivo, remake e remastered — se fatti con testa e cuore — sono sempre ben accolti: per farsi scoprire innanzitutto da quel pubblico più giovane e, perché no, colpire dritti al cuore quei nostalgici pronti a rituffarsi nuovamente in quelle atmosfere.

The Elder Scrolls IV: Oblivion Remastered rientra sicuramente tra quei rifacimenti realizzati con intelligenza e sentimento.
Il lavoro svolto da Virtuos e Bethesda è qualcosa di più di un semplice remastered, grazie alle numerose migliorie audiovisive, al gameplay e alla quality of life, ma è anche qualcosa in meno di un vero remake, poiché non si sforza di rinnovare al 100% una formula di gioco che, dopo quasi vent’anni, trascina ancora con sé numerosi limiti.