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Recensione The Bridge Curse 2: The Extrication

di: Simone Cantini

L’asia ha una tradizione horror fortissima, figlia di un folklore assolutamente affascinante che è stato capace di scardinare con successo i propri confini, finendo con il contaminare con successo anche gli incubi occidentali. Un plauso dimostrato anche dalle numerose pellicole, originali e remake, che nel tempo hanno finito per invadere le nostre sale: penso subito a produzioni come The Grudge, Ju-on e The Ring, oramai cristallizzate nella memoria collettiva. Ci sono, però, anche lavori meno popolari, nascosti nell’underground e che, come nel caso di The Bridge Curse 2: The Extrication, hanno dimostrato che il passaggio da cellulosa a codice può sempre avere i suoi bei perché.

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Quattro, il numero della morte

C’è una scuola che si dice sia maledetta al centro delle vicende di The Bridge Curse 2: The Extrication, un luogo in cui non è mai saggio aggirarsi dopo la mezzanotte, per non corre il rischio di imbattersi in qualche sinistra e letale presenza. Eppure, proprio per questo motivo, è davvero difficile resistere al suo suadente fascino, che ha portato la reporter Sue Lian ad intrufolarsi nell’edificio, in cerca dello scoop perfetto. Scoop che, naturalmente, finirà per trasformarsi in un letale gioco in cui in palio ci sarà la sua sopravvivenza. E poi abbiamo tre studenti alle prese con la realizzazione di un film horror basato su di un duplice omicidio avvenuto anni prima, nel periodo immediatamente successivo alla fondazione dell’istituto. Ed anche in questo caso è superfluo indicare come le cose non andranno per il verso giusto, con il trio che si ritroverà ad essere lo sventurato protagonista della storia.

Quattro personaggi per altrettanti racconti che finiranno per intrecciarsi tra di loro, fino a giungere all’epilogo definitivo (il solo disponibile?), di questo intrigante gioco horror che, per quanto non certo originale nelle sue premesse e meccaniche, riesce a colpire nel segno. Ad una storia interessante tutto sommato ben orchestrata, capace di mettere in scena un cast ben strutturato, si accompagna un gameplay solido e divertente che, al netto di qualche piccolo scivolone, riesce ad intrattenere a dovere durante le circa 5 ore necessarie a giungere ai titoli di coda.

Tra corse ed indovinelli

A livello ludico, The Bridge Curse 2: The Extrication non si discosta molto dagli horror in chiave Outlast, con i nostri protagonisti che saranno inermi nei confronti delle minacce che attenteranno alla loro incolumità, dalle quali potranno soltanto fuggire o nascondersi. La componente puramente hide and seek, però, non sarà predominate durante i 5 capitoli in cui è suddivisa l’avventura, ma si andrà ad affiancare ad un set di enigmi sempre interessanti, a cui si accompagnano piccole variazioni sul tema. L’esplorazione, per quanto circoscritta a causa di ambienti di gioco non certo giganteschi, servirà a rinvenire preziosi documenti e collezionabili, in grado di approfondire la lore che impregna il gioco, molto più interessante e complessa di quello che si potrebbe pensare.

Ciascuna delle porzioni in cui il gioco è diviso, inoltre, ci metterà dinanzi a dinamiche uniche, legate alla storia del personaggio che andremo ad interpretare, così da rendere sempre vario e meno scontato il flow dell’avventura. Potrà capitare di avere a nostra disposizione una lanterna in grado di rilevare le presenze ultraterrene, oltre che di immobilizzare per un piccolo lasso di tempo i nostri inseguitori, ma non mancheranno momenti in cui saranno le nostre meningi a prendersi la scena, o momenti in cui saremo chiamati a giocare ad una letale versione di 1-2-3 Stella (o Stai Là che dir si voglia). L’amalgama generale è risulta alquanto soddisfacente e stimolante, in grado di andare oltre un canovaccio che, se affrontato in modo pedissequo, avrebbe finito per risultare tutt’altro che soddisfacente e degno di essere giocato.

Al di là della pura ispirazione creativa che si respira in The Bridge Curse 2: The Extrication, c’è da applaudire anche il comparto puramente tecnico del lavoro firmato SOFTSTAR che, pur senza strabiliare a 360°, si presenta in azione in modo alquanto brillante. Il colpo d’occhio generale è decisamente buono, con ambienti che, per quanto non certo eccessivamente complessi, riescono a creare la giusta ed ansiogena atmosfera. Gli stessi modelli dei personaggi e delle varie creature dai cui dovremo difenderci, godono di una cura realizzativa ben superiore alle aspettative, soprattutto considerando budget e portata del progetto. Animate in modo davvero convincente (che belle le ballerine) peccano soltanto lato espressività, ancora un po’ troppo caricaturale. Molto in tal senso, è dovuto anche al voice over in inglese non proprio eccezionale, che paga anche lo scotto di una non perfetta sincronizzazione labiale, tarata sul doppiaggio in lingua cinese. Per il resto non c’è molto da dire, visto che il frame rate è risultato sempre solido e che il gioco è localizzato a livello testuale anche in italiano.

Pur non presentando chissà quale variazione sul tema, The Bridge Curse 2: The Extrication si è rivelato un horror onesto e divertente. Forte di un gameplay ben diversificato, che accompagna momenti di fuga ad enigmi sempre stimolanti, la produzione SOFTSTAR non ha messo in luce evidenti punti deboli, potendo contare anche su di un comparto tecnico convincente e decisamente sopra la media (in relazione agli sforzi produttivi). Ci troviamo, pertanto, al cospetto di un titolo sicuramente da provare se si è affascinati dal modo di intendere l’orrore proprio delle culture asiatiche.