Recensioni

The Bard’s Tale IV: Director’s Cut

di: Simone Cantini

Nonostante sia un amante dei dungeon crawler classici, devo confessare che quando penso al genere in questione la mente non può fare altro che vagare fino all’immortale Dungeon Master, oppure alle produzioni della gloriosa e, ahinoi, defunta SSI. Proprio per questo motivo non mi vergogno di confessare come non abbia mai incrociato joystick e tastiera con una delle saghe più famose e longeve del settore che, dopo il debutto su home computer nei primi anni ’80, è ritornata a nuova vita grazie a ragazzi di InXile. Ma in fondo c’è sempre una prima volta, pertanto mi sono infine avvicinato, seppur con oltre 30 anni di ritardo, a The Bard’s Tale IV: Director’s Cut, finendo con il ritrovarmi a provare emozioni che credevo di aver smarrito con il passare degli anni.

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Rinnovare un classico

Nel mondo dei giochi di ruolo c’è sempre una città a fungere da incipit alle varie avventure, e The Bard’s Tale IV: Director’s Cut non vuole certo abbandonare una tale consuetudine, scaraventandoci subito all’interno delle viuzze di Skara Brae, l’iconica città che sin dal 1985 ha sempre ricoperto un ruolo di spicco nell’economia della saga. Non tutto, però, è di certo idilliaco in questo universo, quindi ecco che ritroviamo l’agglomerato urbano in preda al caos e all’omicidio indiscriminato di tutti coloro che sono diversi, siano essi Elfi o Trow, oppure semplicemente invisi all’ordine dei templari. Passano solo pochi istanti e noi ed il nostro alter ego bardo ci ritroviamo braccati, e costretti a rifugiarci nel sottosuolo, nel tentativo di raggiungere la sede più nascosta della celebre Gilda degli Avventurieri. Sarà solo il primo tassello della consueta lotta tra bene e male, che ci porterà ad assemblare un gruppo di combattenti e ad attraversare una serie di livelli, ovviamente non senza risparmiarci di menare le mani. La trama di The Bard’s Tale IV: Director’s Cut non stupisce certo grazie ad un intreccio cervellotico, ma riesce comunque ad intrattenere con gusto in virtù di una scrittura sempre irriverente e non certo priva di ironia, fedele espressione della originale volontà della serie di rappresentare una declinazione meno seriosa del mondo dei giochi di ruolo. In questo, però, c’è solo un piccolissimo problema: il tutto è rigorosamente disponibile unicamente in lingua inglese, il che può essere a tratti fastidioso visto che i dialoghi ed i documenti da leggere si sprecano, come tradizione ruolistica insegna. Superate le perplessità linguistiche, The Bard’s Tale IV: Director’s Cut si riscatta subito in modo forte sul fronte del gameplay che, pur eliminando la classica gestione a caselle e optando per una libertà di movimento a 360°, ci riporta felicemente alle origini del genere non appena ci ritroviamo a dover combattere, optando per una (da me) mai troppo benvenuta gestione a turni.

Fronte del palco

Il nostro party sarà inizialmente assai risicato, ma in grado ben presto di ospitare fino a 6 combattenti, suddivisi in 4 distinte classi, che sarà possibile ibridare tramite lo sfruttamento di 7 razze, ognuna dotata delle proprie peculiari sfumature, in grado di garantire un sistema di personalizzazione estremamente ramificato. Le specializzazioni dei personaggi annovereranno, oltre ai classici guerrieri, magi e ladri, anche il peculiare bardo, invero la star del gioco (come vuole il nome), che sarà in grado di ubriacarsi per poter lanciare buff e debuff per mezzo di particolari canzoni. Queste ultime skill, al pari degli incantesimi degli stregoni, non andranno ad impattare sul numero di azioni che avremo a disposizione in ciascun turno di lotta, ma si appoggeranno ad un altro indicatore, situazione che di fatto va ad ampliare la gestione strategica delle varie mosse che di volta in volta saremo chiamati a pianificare in ogni round. Ed è proprio sul fattore strategico che The Bard’s Tale IV: Director’s Cut riesce a dare il meglio, grazie a scontri sempre tattici e divertenti che, a differenza dei classici combattimenti fuffa che riempiono gli esponenti del genere, sapranno sempre dare del piacevole filo da torcere al giocatore. Ovviamente non si vive di soli pugni, canzoni ed incantesimi, quindi ecco giungere in soccorso del giocatore anche il consueto skill tree, ampliabile ad ogni passaggio di livello dei vari personaggi, ed in grado di potenziare le statistiche dei combattenti, oltre che di sbloccare abilità aggiuntive e permettere di indossare equipaggiamenti sempre più potenti. A spezzare questo ritmo ludico alquanto tradizionale, per quanto ben bilanciato, ci pensano anche i numerosi enigmi ambientali in cui ci imbatteremo durante le circa 30-40 ore necessarie a sviscerare ogni anfratto di gioco (campagna e contenuti addizionali della Director’s Cut), anche se confesso come in alcuni casi il ripetersi ossessivo di alcuni schemi, anche per interi minuti di gioco, mi abbia un poco stufato, ma siamo sempre nell’ambito del puramente soggettivo. Ciò che è invece palese, purtroppo, è la non certo perfetta ottimizzazione del codice, nonostante allo stato attuale The Bard’s Tale IV: Director’s Cut abbia già ricevuto qualche update: il frame rate non è sempre ottimale, e non mancano i bug responsabili di improvvise chiusure dell’applicazione, oltre che di un paio di corruzioni dei salvataggi (meno male che non mancano gli slot). Frequenti anche alcuni temporanei blocchi dell’IA nemica, risolti semplicemente mettendo per un attimo il gioco in pausa: niente di eccessivamente fastidioso, ma è ovvio come ci sia ancora un po’ da lavorare in questo senso. Gradevole il comparto grafico, con le animazioni che caratterizzano gli scontri a rappresentare il punto più felice del pacchetto, mentre di ottima fattura è invece il fronte audio, con un doppiaggio certosino ed una colonna sonora originale dai toni più che calzanti.

The Bard’s Tale IV: Director’s Cut giunge su console riportando in auge una delle saghe storiche del mondo dei giochi di ruolo digitali, grazie ad un titolo concettualmente solido e ben costruito, capace di poggiare su saldi presupposti. Il sistema di gioco, per quanto non certo rivoluzionario ed epocale, funziona alla grande nei suoi fondamenti, ma finisce per scontrarsi con una realizzazione tecnica non proprio indimenticabile, anche se non certo in grado di rendere il tutto ingiocabile. Consigliato soprattutto ai fan più incalliti del genere, complici le aggiunte al gioco originale, oltre che a coloro che non si fanno spaventare da una produzione che non si cura di avvicinarsi al proprio pubblico unicamente in lingua inglese.