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Recensione Tales of Arise

di: Simone Cantini

A dispetto delle nuove IP che Bandai Namco riesce a tirare fuori dal cilindro con regolare continuità (basta pensare a Scarlet Nexus o a Code Vein), la casa nipponica può vantare, all’interno del suo sconfinato portfolio, una delle saghe JRPG più amate ed apprezzate di sempre. Inutile dire come il riferimento sia relativo a Tales of, che sin dal suo debutto datato 1995 è riuscita a ritagliarsi la sua brava fetta di affezionati, andando ad aumentare, uscita dopo uscita, il proprio successo. Non è raro, però, soprattutto quando parliamo di brand così longevi, assistere ad un periodo di stanca, con la conseguente volontà di rinverdire i fasti del passato, e provare a svecchiare consuetudini e meccaniche orami sin troppo rodate. Ed è proprio su questi lodevoli principi che si basa l’esperienza che risponde al nome di Tales of Arise, primo capitolo della serie ad approdare anche su console current gen, e che promette di rappresentare una sorta di reboot della storia del franchise.

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Ribellione!

Altro giro altra corsa, e di conseguenza personaggi ed ambientazioni nuove di zecca. Stavolta il gioco si apre 300 anni prima dell’incipit ludico della produzione, nel giorno in cui le forze del popolo renano invadono il regno di Dahna. Dotati di una avanzatissima tecnologia, oltre a poter contare sull’aiuto dei letali Zeugle (feroci e spietate bestie), gli abitanti di questo ostile pianeta finiscono ben presto per soggiogare la popolazione invasa, che si ritrova costretta a servire, sino alla morte, i nuovi padroni del loro territorio natio. Tre secoli sono trascorsi, durante i quali nulla è cambiato, con i dahnani forzati a lavorare senza sosta per soddisfare il bisogno di energia astrale degli invasori. Ed è proprio nel mezzo di uno di questi campi di prigionia che facciamo la conoscenza del misterioso Maschera di Ferro, un giovane desideroso di spezzare le catene dell’oppressione. Ignaro su quali siano la sua origine ed il suo passato, il ragazzo farà presto la conoscenza di Shionne, una sovversiva renana mossa dal desiderio di uccidere i 5 Lord che governano sui regni di Dahna. Sarà l’inizio di una strana alleanza, che tra poteri mistici, cospirazioni, tradimenti ed un ricco cast di personaggi ottimamente caratterizzati, saprà intrattenerci per un corposo numero di ore, come è tradizione per il genere. Sebbene priva di quella cupezza che aveva caratterizzato le ultime iterazioni del brand (leggi Berseria), la narrazione che fa da cornice a Tales of Arise non risparmia riflessioni importanti, legate al concetto stesso di libertà, ma anche alla schiavitù ed al razzismo. Per quanto infarcita di momenti e tematiche più affini agli shonen, anche in virtù della volontà di attirare una platea più eterogenea possibile, la sceneggiatura riesce ugualmente ad intrattenere, grazie alla scorrevolezza delle vicende ed al modo in cui il team ha deciso di introdurre i dialoghi accessori, utili prevalentemente a tratteggiare le personalità dei vari elementi giocabili. In tal senso sarà possibile gestire in completa autonomia la frequenza di questi momenti narrativi (presentati in modo analogo alle cut scene di Scarlet Nexus), che starà a noi decidere se approfondire alla comparsa dell’alert corrispondente, oppure demandare ad un secondo momento, durante la sosta nei vari accampamenti. Nulla, comunque, ci vieterà di andare oltre, limitandosi ad assistere ai dialoghi principali.

Botte da orbi

Cuore pulsante dell’esperienza di Tales of Arise è sicuramente il rinnovato sistema di combattimento, che non rinnegando l’eredità dello storico Linear Motion Battle System, presente sin dagli albori del brand, è riuscito a declinare in salsa più action gli scontri. Pur non sacrificando sull’altare della spettacolarità gli aspetti più strategici del comparto bellico. Ciascuno dei 4 personaggi in forza al nostro party potrà utilizzare, in primis, un attacco base, legato alla pressione del dorsale sinistro. Quest’ultimo sarà accompagnato dalle così dette Arti, peculiari abilità che saranno legate a 3 dei pulsanti dorsali del pad. Combinare tra loro questi due aspetti darà vita a spettacolari combo, che varieranno anche in base alla nostra posizione sul terreno di gioco (potremo anche saltare, così da scatenare attacchi aerei). Le Arti, comunque, non potranno essere spammate senza sosta, dato che avremo a nostra disposizione un determinato numero di cariche, che rimpolperemo schivando i fendenti nemici, oppure effettuando schivate con il giusto tempismo. A completare il quadro troviamo i Punti Cura (PC), che saranno condivisi dalla squadra e serviranno per utilizzare le abilità di supporto, siano esse cure o buff. Non mancheranno, ovviamente, letali attacchi speciali, sia singoli che combinati, che potremo utilizzare al raggiungimento di determinate condizioni. Oltre ai 4 personaggi attivi, tra switchabili a piacimento, ne avremo (una volta reclutati tutti i personaggi) anche due di supporto, che faremo entrare in gioco al bisogno. Interessante la possibilità di gestire tutto manualmente, ma anche di demandare le azioni ad un sistema di skill che ricorda i gambit di Final Fantasy 12. Quello che emerge, già dopo pochi scontri, è un sistema estremamente dinamico e reattivo, molto divertente da giocare, ma anche spettacolare da vedere in azione. Come detto poco sopra, comunque, non mancherà una spruzzata di tattica, che si tradurrà nel dover di volta in volta selezionare le arti più adatte al tipo di scontro che stiamo combattendo. Ed è proprio in questo frangente che si ritrovano i piccoli scricchiolii di questo sistema: per fare ciò, oltre che per utilizzare gli oggetti, sarà necessario mettere in pausa il tutto, per aprire il menu dedicato, da cui poi scegliere ed abilitare le Arti prescelte. Si tratta di uno scivolone davvero marchiano, davvero inaspettato per una casa esperta come Bandai Namco. Certo, non parliamo di un neo in grado di rompere la magia, ma è comunque una scelta alquanto fastidiosa.

Tradizione ed innovazione

Alla luce di ciò, appare evidente come il maggiore punto di rottura con il passato della saga sia proprio da rinvenire nel rinnovato sistema di combattimento, mentre tutto il resto dell’ossatura di Tales of Arise, a dispetto delle premesse, rimane saldamente ancorata alla tradizione più radicata dei JRPG. L’esplorazione basata su piccole mappe interconnesse tra di loro, difatti, non può che essere vista come una vera e propria costante, nonostante le lievi variazioni di percorso che ciascuno stage presenta. Spiace, però, constatare come questa funzionalità rimanga ancora un po’ troppo ingessata per essere vista come un vero punto di svolta. Fortunatamente a movimentare il tutto ci pensa tutta una serie di elementi interattivi, che tra simpatici gufi da scovare, oggetti da raccogliere ed altre piccole chicche, riesce a rendere più vivi e dinamici i vari scenari. Niente di entusiasmante anche sul fronte delle missioni secondarie, davvero avide di emozioni e quasi tutte circoscritte all’interno del calderone delle fetch quest. Ben più interessante, invece, è il sistema di crescita dei personaggi, che si baserà su di un emblema, contornato da 5 skill, che una volta sbloccate tutte andranno a garantire un ulteriore effetto bonus. Si tratta di una scelta sicuramente intrigante e che, pur con la canonica distinzione (per quanto sottintesa) in classi dei vari personaggi, ci permetterà di decidere in relativa autonomia quali aspetti privilegiare. Presente, ovviamente, anche un sistema di attività collaterali, che tra cucina, pesca ed anche una piccola fattoria da gestire, garantiranno un po’ di varietà in più al consueto iter di gioco.

A cavallo di due generazioni

La volontà di andare oltre la storia della serie, come già detto, è sempre stata prerogativa di Tales of Arise, e per certi aspetti anche il comparto tecnico della produzione è un chiaro segnale di questo desiderio di svecchiamento. Un processo, però, riuscito a metà, data la natura crossgenerazionale della produzione. Per quanto riguarda il mio test, effettuato su Xbox Series X, è innegabile come l’impatto estetico generale sia decisamente migliorato rispetto al passato, grazie ad una quantità di dettagli ed una cura per i particolari che ha caratterizzato sia i personaggi principali che le varie mappe di gioco. Il muovere il tutto all’interno di ambienti circoscritti, difatti, ha permesso di spingere ulteriormente sul pedale dell’abbondanza grafica, così da regalare scorci in certi casi davvero mozzafiato, oltre ad inondare lo schermo di particellari ed effetti sempre spettacolari. Il tutto senza che venga minimamente intaccato il frame rate, che in modalità prestazioni è fisso a 60 fotogrammi al secondo. Lo scotto dell’essere stato progettato a cavallo di due generazioni hardware, però, è evidente non appena ci accingiamo a compiere una disamina più approfondita della tecnica, ed iniziano ad emergere le prime storture. Al netto di quanto appena scritto, difatti, non mancano elementi meno rifiniti, evidenziati da alcune texture decisamente più grossolane, in aggiunta ad alcune geometrie non proprio all’ultimo grido. Presente anche un po’ di pop up, mai troppo invasivo, ma comunque tangibile. Da rivedere anche la cura riposta nei vari NPC che popolano la scena, ancora una volta ridotti al rango di meri pupazzi per lo più immobili, e che stonano smaccatamente se confrontati con i personaggi principali. A risollevare le sorti di un tutto che, comunque, non è certo disastroso, ci pensa un comparto audio sorprendente, che oltre al consueto dualismo vocale giapponese/inglese, gode della superba prestazione del veterano Motoi Sakuraba in quanto a colonna sonora: un lavoro semplicemente epico ed impeccabile. Per non parlare delle splendide scene di intermezzo animate realizzate da Ufotable. Buonissima, al netto di qualche libertà, anche la localizzazione in italiano, oramai una piacevole costante per i titoli nipponici firmati Bandai Namco.

Cambiare ma senza esagerare troppo, così può essere sommariamente definito il nuovo corso inaugurato da Tales of Arise. Il titolo Bandai Namco, difatti, rappresenta di sicuro un netto passo avanti per quanto riguarda lo svecchiamento del brand nipponico, che pur presentando alcune interessanti evoluzioni, ha finito però per pagare lo scotto di essere una produzione cross-gen. Ad un combat system rivisto ed estremamente dinamico, difatti, si accompagna una struttura ruolistica ancora troppo legata al passato, ma che anche al netto di roboanti novità è riuscita a proporre un’esperienza solida e divertente. In chiaroscuro, per i motivi appena citati, anche il comparto tecnico, colpevole ìdi non compiere il definitivo salto di qualità, seppur in presenza di un marcato e quanto mai benvenuto balzo in avanti rispetto alla consuetudine della serie. In definitiva, Tales of Arise si colloca a metà strada tra tradizione ed innovazione, rappresentando un gioco non certo rivoluzionario in ogni suo aspetto, ma sicuramente un validissimo esponente del genere.