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Recensione Stranger Things 3: The Game

di: Simone Cantini

Tra i fenomeni televisivi degli ultimi anni, complice un felice mix tra mistero, sovrannaturale e i gloriosi e sempre più rimpianti (almeno dai miei coetanei) ruggenti anni ’80, Straner Things è stato in grado di ritagliarsi uno spazio decisamente importante, dando vita ad una saga che, tra alti ed inevitabili bassi, sembra destinata ad accompagnarci ancora per un po’. Per questo non stupisce l’attesa che si era creata attorno alla terza stagione, sbarcata ad inizio mese su Netflix, a cui si è accompagnato uno dei prodotti più temuti dell’età videoludica dei tempi che furono: il tie-in che risponde al nome di Stranger Things 3: The Game.

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Ritorno al Sottosopra

Visto che sono passate più di due settimane dal debutto della serie, quasi quasi mi potrei sbilanciare un pochino in merito alla trama attorno alla quale ruota Stranger Things 3: The Game, dato che oramai tutti i fan che si possano ritenere tali avranno già ampiamente spolpato le 8 puntate di questo ritorno ad Hawkins. Sì, perché la produzione BonusXP non fa altro che ripercorrere in toto quanto visto su Netflix, concedendosi solo qualche digressione inedita per ovvi fini ludici, pur non snaturando troppo la proposta streaming. Però, non posso certo escludere che ci sia alla lettura qualcuno ancora disposto a centellinare l’esperienza e che, di conseguenza, anche solo un minimo accenno alla narrativa possa essere visto come un abominevole e sgradevole spoiler. Pertanto mi limiterò a dire che in Stranger Things 3: The Game non faremo altro che ripercorrere quasi fedelmente le nuove avventure di Mike, Undici e compagnia, nel tentativo di debellare la nuova minaccia che viene dal Sottosopra. Lo stile ludico utilizzato, per quanto la serie sia palesemente figlia degli anni ’80, è però più vicino alle esperienze viste su console e PC nel decennio successivo, sia per quanto concerne lo stile grafico utilizzato, sia per ciò che riguarda il gameplay vero e proprio. Quest’ultimo ci vedrà vagare per i luoghi cardine della vicenda originale, in una sorta di action/adventure isometrico in cui prenderemo pian piano il controllo dell’intero cast televisivo. L’azione è di per sé molto semplice e schematica, ed avrà come nucleo portante il recupero di determinati oggetti utili a risolvere basilari enigmi, semplicemente esplorando in lungo ed in largo le location, ovviamente non rinunciando ad una dose marcata di backtracking che, devo confessarlo, in alcune particolari situazioni è risultato sin troppo ridondante. Così come un po’ troppo abusati e stiracchiati sono i puzzle basati su interruttori e piastre a pressione, figli di un tempo che fu che, almeno a livello puramente personale, non ho mai rimpianto troppo. Ovviamente, avendo spesso a che fare con una doppia serie di cattivi (ho la bocca ancora cucita!), non potremo fare a meno di menare le mani, ma anche in questo caso l’esilissimo combat system della produzione non va oltre la semplice pressione di un tasto, a cui si aggiungono le abilità peculiari dei due personaggi che andremo di volta in volta a controllare. Tutta l’avventura, difatti, ci vedrà gestire fino a due membri del cast, che potremo comunque switchare in qualsiasi momento tramite la pressione dei dorsali. Questa possibilità è resa necessaria dalle abilità che ciascuno di loro avrà, e che serviranno per superare alcuni punti chiavi del gioco: ad esempio Dustin sarà abilissimo nell’hackerare serrature, Joyce potrà sfruttare le tenaglie per forzare catene, mentre Lucas sarà in grado di far saltare i massi che bloccheranno alcuni percorsi, e così via tutti gli altri. L’idea è semplice e senza dubbio già vista, ma è sicuramente uno dei punti di forza di Stranger Things 3: The Game, così come interessanti sono risultate le varie boss fight che caratterizzano gli 8 capitoli del gioco. A completare il quadro ci pensa il consueto set di missioni secondarie, utili per allungare l’esperienza, oltre che per recuperare oggetti indispensabili per potenziare il nostro party. Sì, perché i ragazzi di BonusXP hanno visto bene di consentirci di equipaggiare alcuni item particolari, recuperabili tramite le side quest oppure craftabili dopo aver scovato i materiali necessari, che andranno ad aumentare le possibilità di offesa e difesa dei ragazzi. Niente di epocale, ma funziona.

 

Figlio del passato

La nostalgia che è alla base dell’intera operazione dei fratelli Duffer è riscontrabile anche nel comparto tecnico di Stranger Things 3: The Game che, come prevedibile, sceglie di rifugiarsi tra le pareti della tanto amata/odiata pixel art. La decisione, visti gli anni in cui tutto è ambientato, appare quanto mai logica e coerente, anche se la resa complessiva è fortunatamente più vicina all’era dei 16 che non a quella degli 8 bit. Pur al netto di ciò, nonostante una complessità ed uno stile generale non certo originalissimo, l’insieme funziona alla perfezione, e finisce con lo sposarsi molto bene con il gameplay fortemente old school del titolo. Ottimo l’accompagnamento sonoro, forte di una soundtrack che richiama in tutto e per tutto le sonorità della serie televisiva, il che non può che essere un bene. Laddove ho qualche riserva, almeno per quanto concerne la versione Switch da me testata, è nei confronti delle mere performance che, tra caricamenti un po’ troppo lunghi ed una fluidità non sempre ottimale, soprattutto se paragonata alla semplicità di ciò che si muove su schermo, mi hanno lasciato un po’ interdetto. Niente in grado di rendere il tutto ingiocabile, ma visto lo stile minimalista adottato la situazione è abbastanza incomprensibile. Pollice in su, invece, per quanto riguarda la possibilità di giocare l’intera avventura in cooperativa, anche se questo è possibile unicamente in locale.

Stranger Things 3: The Game riporta il giocatore alla non sempre felice era dei tie-in anni ’90, pur basandosi su atmosfere del decennio precedente, un’epoca oscura in cui bastava leggere il nome del blockbuster del momento di fianco alla scritta Ocean per far scorrere un brivido di terrore lungo la schiena dei gamer. Fortunatamente, almeno nel caso della produzione BonusXP, il risultato finale è andato oltre queste tristi aspettative, pur non riuscendo a convincere senza riserve. Se è vero che le vicende giocate aderiscono in tutto e per tutto a quanto visto in TV, pur con le loro brave concessioni ludiche, è proprio il gameplay alquanto old school e minimale che sorregge il tutto a non colpire più di tanto, a causa di una struttura non troppo profonda e minata da una certa ripetitività di fondo. L’esperienza, soprattutto se si è fan della serie, è comunque piacevole e permette di vivere in modo differente la nuova stagione dell’opera dei fratelli Duffer. Vero è che fosse però lecito aspettarsi un guizzo in più, invece di questo compitino facile facile.