Recensione Song of Horror
di: Simone CantiniBrivido, terrore, raccapriccio. Un trittico di parole che è impossibile non associare immediatamente a Cattivik, il simpaticissimo ladro in calzamaglia creato dal geniale Bonvi alla metà degli anni ’60. Un claim, questo, che è però parimenti semplice affiancare anche all’opera di un altro autore, sicuramente antecedente al fumettista nostrano, che grazie al ciclo Chtulhu può agilmente incarnare quanto appena scritto. Un lavoro, quello di H.P. Lovecraft, che è stato in grado di avere una forte influenza sul medium videoludico, come dimostrano le numerose trasposizioni digitali ispirare agli scritti dello scrittore statunitense. E tra queste figura anche il recente Song of Horror, peculiare avventura survival, che non mancherà di stupire piacevolmente tanto i vecchi quanto i nuovi videogiocatori.
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Le sfumature della follia
Protagonista iniziale del racconto collettivo di Song of Horror è Daniel Noyer, un uomo dal passato travagliato in cui la fanno da padroni gli spettri dell’alcolismo e di un matrimonio fallito miseramente. Tutto ha inizio una sera, quando il nostro sfortunato eroe riceve la chiamata del proprio capo, il responsabile di una casa editrice, che gli chiede di recarsi a casa dello scrittore Sebastian Husher, per scoprire perché l’uomo risulta irrintracciabile. Giunto nella magione, completamente disabitata e animata da sinistre presenze, Daniel si ritroverà coinvolto in un incubo allucinatorio, prima di finire intrappolato in una misteriosa stanza celata all’interno dell’abitazione. Un incipit che pesca a piene mani dal passato e dal presente delle avventure horror, grazie ad elementi che non possono far tornare alla mente il leggendario Alone in the Dark della Infogrames, ma che non mancano di rievocare anche il prologo che ha accompagnato il lancio di Resident Evil 7. A differire da simili produzioni, pertanto, è il modo in cui gli iberici ragazzi di Protocol Games hanno scelto di sviluppare questa avventura, che risulterà suddivisa in 5 distinti episodi, ognuno caratterizzato da una manciata di personaggi giocabili, e che serviranno per tratteggiare nella sua interezza il plot generale. Una narrazione che, come detto in apertura, si basa su creature e mitologie sviluppate da Lovecraft, e che si giocherà tutta sul filo della sanità mentale e della pura e semplice sopravvivenza, all’interno di una cornice ludica sicuramente peculiare, anche se a tratti un po’ troppo punitiva (a meno che non scelga di giocare ai livelli di difficoltà più bassi).
Destino ineluttabile
Per spiegare brevemente il gameplay di Song of Horror, è possibile riferirsi ad esso come ad un mix tra Until Dawn ed i classici survival citati nel paragrafo precedente. Ciascun capitolo, di natura autoconclusiva, ci vedrà intenti a scegliere uno dei vari personaggi giocabili, ognuno caratterizzato da statistiche uniche, nel tentativo di sopravvivere agli orrori che si celano nelle varie location. La struttura ludica si basa sulle classiche inquadrature cinematografiche a camera fissa, con il gameplay che ci richiederà di risolvere enigmi, aprire porte e, ovviamente, cercare di sfuggire alle minacce che si nascondono tanto nell’ombra quanto nella nostra psiche. Quest’ultimo binomio, però, non potrà mai essere affrontato in modo diretto, ma come vuole la recente deriva degli horror, saremo chiamati a cercare di fuggire, sia nascondendoci, che per mezzo di particolari minigiochi in odor di QTE. CI potrà capitare di dover sbarrare una porta per impedire al nemico di catturarci, oppure di mantenere un ritmo respiratorio calmo, premendo a tempo dei pulsanti, per sfuggire all’udito finissimo di una creatura cieca, e molto altro ancora. Si tratta di espedienti sicuramente interessanti, se calati nell’economia del gioco, ma che dato il modo in cui sono implementati conferiscono al tutto un elevato senso di aleatorietà, che può portare a morti improvvise, talvolta senza che il player ne abbia alcuna colpa. Questo è dovuto alla maniera randomico in cui le minacce reagiscono alle nostre azioni, elemento che rende impossibile prevedere o anticipare le mosse dell’IA nemica, e che se da un lato aumenta notevolmente il senso di tensione, dall’altro può portare a dover salutare anzitempo uno dei vari comprimari. Una situazione, questa, da non prendere alla leggera, dato che come accade nel titolo Supermassive, la morte di un personaggio (almeno a livello standard) è permanente, ed esaurire i character giocabili porta inevitabilmente a dover ripetere dal principio il capitolo in questione. Fortuna e prontezza di riflessi, uniti ad un po’ di cautela, sono elementi necessari per portare a temine l’avventura senza dover essere costretti ad imprecare troppo. Il consiglio che mi sento di darvi, pertanto, è quello di sfruttare la possibilità di origliare ogni qual volta ce ne viene fornita la possibilità, così da minimizzare il rischio dipartita. Al netto di ciò, comunque, Song of Horror è sicuramente un titolo piacevole e dotato di una discreta dose di personalità, che riesce a trasmettere (dopo tanti esperimenti pretestuosi) un sano senso di inquietudine e pericolo nel giocatore.
Il rumore della pazzia
I valori produttivi del titolo, visto che parliamo di una produzione indipendente, non sono certo in grado di rivaleggiare con gli esponenti del genere con ben altro budget a disposizione, ma ciò nonostante il team di sviluppo è riuscito a creare un quadro visivo di tutto rispetto. La scena è interamente rubata dalla cura realizzativa dei vari ambienti, letteralmente ricolmi di dettagli e particolari capaci di dare vita a location vivide ed azzeccate. Purtroppo non si può dire lo stesso della gestione dei vari personaggi, dotati di una modellazione non sempre eccellente (soprattutto per quanto concerne i volti) e di un parco animazioni sin troppo legnose e datate. A risollevare il tutto, però, ci pensa un comparto audio davvero sorprendente, dotato di una cura per il particolare degna di nota, senza che vi sia mai il bisogno di dover scadere nel dozzinale: sussurri, crepitii ed altri rumori ambientali non fanno altro che acuire il senso di oppressione garantito dalla regia generale della produzione.
Sorprendente e spietato, Song of Horror è un survival dalla forte componente esplorativa, capace di declinare efficacemente in salsa ludica le atmosfere tratteggiate da H.P. Lovecraft. Un gioco sicuramente coraggioso, e gestito in maniera interessante dal team, che paga soltanto per un pizzico di intransigenza di troppo. L’aleatorietà che, talvolta, regola la morte dei vari personaggi, unita alla necessità di dover ripercorrere dal principio lunghissime porzioni dell’avventura, potrebbe sfiancare rapidamente i giocatori meno pazienti, costringendoli ad optare per uno dei livelli di difficoltà più permissivi rispetto allo standard previsto dagli sviluppatori. Al netto di ciò, e di qualche stortura tecnica minore, la produzione Protocol Games saprà terrorizzare e stupire in più di un’occasione, pertanto non posso fare altro che consigliarlo caldamente a tutti i fan del genere.