Recensione Sifu
di: Donato MarchisielloChi vi parla, in un certo qual modo, ha sempre trovato i picchiaduro (tranne sporadici casi) divertenti ma senza “orizzonte”, senza uno scopo. Un macigno piuttosto pesante che, spesso, non mi ha consentito di apprezzare sino in fondo alcuni gioielli del settore. Tutto ciò, finché non mi sono imbattuto per caso in Absolver: un gioco che, come capita in quasi ogni settore della cultura umana, già da anni è costretto a vestire gli scomodissimi panni di “capolavoro maledetto”. Ovvero, un indubbio gioiello del settore, per certi versi addirittura rivoluzionario, destinato però non al trono che meriterebbe, non all’attenzione generale che dovrebbe, di base, catalizzare. Un gioco ambizioso e avveniristico, per il settore dei picchiaduro, e che a distanza di anni gode ancora di una community piccola ma resiliente. Per tutte queste ragioni, ho approcciato alla review di Sifu, nuovo “esponente” della scuola di pensiero proprio dello sviluppatore di Absolver, Sloclap, con sommo rispetto. Sifu, per chi non lo sapesse, è stato rilasciato già da un anno ma è approdato su Xbox solo negli ultimi giorni, in occasione del lancio del suo “Arena Update”, di cui discuteremo nella recensione. Sifu è il giusto prosecutore delle “mazzate evanescenti” di Absolver? Bando alle ciance, facciamo schioccar le nocche: ecco a voi la review della versione Series X di Sifu!
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Sifu è un gioco d’azione in terza persona, completamente incentrato su di un rifinito e “chirurgico” sistema di combattimento a mani nude. Ma il gioco di Sloclap non è solo questo: oltre a dover “menar le mani”, il titolo offre una semplice ma evocativa storia di vendetta (e non solo quella), contornata da una originalissima meccanica legata all’avanzamento dell’età del protagonista che fa assumere al gioco i margini da roguelike. Ma andiamo con ordine: la storia ci vede nei panni di un giovane combattente intenzionato a vendicare la morte del padre, avvenuta per mano di un suo ex allievo (che, tra le altre cose, impersoneremo nell’iniziale tutorial) alla ricerca di un non meglio specificato “artefatto”. L’incipit narrativo, così come l’evocatività generale che trasuda dagli ambienti, i personaggi ed i dialoghi (un marchio di fabbrica di Sloclap), ci porterà a conoscere diversi aspetti della storia, così come la caratterizzazione dei vari antagonisti che il nostro coraggioso eroe dovrà affrontare per compiere la sua vendetta. Una volta approntato il tutorial, potremo calpestare più o meno liberamente il pavimento del nostro dojo, dal quale avremo facoltà di selezionare una missione specifica (solitamente, legata all’abbattimento di un membro della squadra che ha “assaltato” il nostro padre/maestro) oltre che affrontare un “programma” di addestramento, suddiviso in missioni e che approfondirà nello specifico le complessive meccaniche di combattimento.
E saranno proprio queste il vero “cuore” dell’esperienza ludica ordita da Sloclap. Così come funzionava per Absolver, combattere in Sifu è materia complicata: oltre ad una ottima coordinazione occhio/mano, dovremo usare il cervello e non abbandonarci ad un facile button mashing scriteriato e dissennato. Il nostro protagonista potrà, di base, contare su attacchi leggeri e pesanti, coadiuvati da una parata ed una schivata. Potremo, con diverse soluzioni, mescolare le nostre movenze base, per creare pattern d’attacco di vario tipo. Naturalmente, gli scontri saranno ragionati (e da “ragionare”): schivare e parare saranno fondamentali per poter sopravvivere agli scontri, anche se applicarli in combattimento sarà arduo. Non potremo semplicemente parare tutto il tempo, pena la “rottura” di una “barretta” che comporterà uno status di simil-confusione del nostro alter ego, non in grado durante esso di “proferir pugno”. Anche la schivata generica, in realtà, sarà non particolarmente efficace: dovremo, infatti, apprendere la severa arte delle “schivate precise”, ovvero prevedere la direzione del colpo e schivare di conseguenza premendo una giusta combinazione di tasti. Per tutte queste ragioni, unite anche al buon lavoro profuso nello sviluppare una intelligenza artificiale bellicosa ma non avventata, il livello di difficoltà sarà piuttosto alto. Una asperità che si acuirà notevolmente durante le boss fight, ben rifinite e che metteranno a dura prova ogni strategia “base” applicabile.
Combattere ci consentirà di cumulare esperienza che potremo investire nello sblocco di svariate abilità, passive e attive, che renderanno il nostro combattente più incisivo e più “portato” alla sopravvivenza. Ma la morte in Sifu, data l’alta difficoltà generale del gioco, sarà una costante ed una meccanica “vincolante” del gameplay. Il nostro alter ego, all’incipt del suo vendicativo agire, avrà vent’anni: morire nel gioco di Slocap, significherà avanzare con l’età grazie al potere di un magico talismano. Più volte morire di seguito, maggiore sarà l’aumento: all’inizio, si avanzerà di un anno ma il “defungere” di seguito moltiplicherà esplosivamente gli anni “perduti”. Invecchiare significherà poter contare su attacchi più potenti ma anche su di una minore salute a disposizione: un gioco di equilibrio su di un sottile filo che, in linea di massima, dà adito anche a diverse, possibili strategie. Arrivati alla soglia di settant’anni, morire significherà farlo sul serio e il gioco ricomincerà dall’inizio, seppur potremo conservare quelle abilità che avremo sbloccato completamente. Avremo facoltà di riottenere qualche anno di vita grazie ad alcuni potenziamenti sbloccabili. Una meccanica interessante e che aumenta di molto la longevità base del titolo (che, tecnicamente, potrebbe esser finito in meno di una decina d’ore).
Oltre ai combattimenti, l’intricato level design dei vari stage ci indurrà ad un minimo di esplorazione, utile innanzitutto per trovare strade alternative e “schivare” alcuni combattimenti non strettamente necessari. Esplorare ci consentirà anche di accedere ad una serie di oggetti collezionabili, utili per ampliare il background delle vicende che muovono il gioco. Ad ingrandire ancor di più la rigiocabilità di Sifu, troviamo il recente “Arena Update” che ha introdotto, appunto, una modalità arena che ci consentirà di affrontare sfide di diversa difficoltà e composizione. Avremo ad esempio a disposizione una sorta di modalità orda, oppure una modalità dove dovremo eliminare uno specifico obiettivo, conquistare un’area specifica ecc. In generale, Sifu è un ottimo gioco ed è, probabilmente, il miglior picchiaduro rilasciato negli ultimi anni, per profondità, rifinitura meccanica ed immersività. Nonostante ciò, vi sono dei limiti intrinseci (eredità del suo “maestro”, Absolver), che indurranno i giocatori a prediligere strategie che, di base, risultano quasi sempre più incisive delle altre. Un “male” tutto sommato trascurabile, perché una strategia migliore non si tradurrà automaticamente in vittoria (e questo, probabilmente, rende Sifu ancor più indigesto per neofiti o amanti del settore “arrugginiti”). Probabilmente, la maggior pecca di Sifu è proprio la sua “essenza” in relazione al passato: Absolver era più libero, più vasto e con elementi ludici, come armi, armature e la composizione personale di un “parco mosse”, che aggiungevano una grande rigiocabilità e longevità, oltre che una maggiore dose di “ragionevolezza” nella personalizzazione del personaggio. Cose che, in Sifu, vi sono presentate ma in misura ridotta e meno preponderante, segno di una volontà degli sviluppatori di alleggerire il “carico” sul giocatore e concentrarsi principalmente sul combattimento. Un punto di svolta, probabilmente, per i nuovi giocatori, ma che potrebbe non esser ciò che i fan di Absolver cercavano.
Subject twist: 4k e 60 frame solidi come l’Everest. Una frase che, in sostanza, ben rappresenta lo status tecnico complessivo del lavoro svolto da Slocap su Series X. Prestazioni da urlo e cruciali in un titolo dove coordinazione e riflessi sono tutto, che ben si amalgamano alla firma “artistica” dello studio di sviluppo, che da Absolver ci ha abituato ad una delicata e rarefatta estetica “low polygon”, caratterizzata da volti spigolosi ma “realistici”, modelli dei corpi con texture “a tinta unita” ma eleganti, ambientazioni suburbane varie e articolate, animazioni fluidissime e naturali. Una piccola perla tecnico-artistica, in proporzione al prezzo e alla grandezza del team che l’ha curata. Unica nota stonata, qualche bug (in verità, piuttosto raro) legato spesso all’interazione tra modelli poligonali dei personaggi e ambienti di gioco, tra compenetrazioni o animazioni “smorzate” da elementi scenici. Una menzione all’audio, piuttosto elaborato e “reattivo” in base a ciò che occorre a schermo, grazie ad una vasta e curata selezione di effetti sonori legati al combattimento.
Sifu è duro e brutale, ma anche poetico ed evocativo così come il suo “maestro” Absolver. Al momento, è uno dei migliori picchiaduro disponibili, non solo per l’intriseco valore delle (ardue) meccaniche di gioco, ma anche per l’originalità del complessivo gameplay attorniato da una estetica di qualità ed evocativa. Un gioco a tutto tondo e che, grazie all’Arena Update, ora è di molto più longevo e godibile. Probabilmente, a livello generale, Sifu è un’opera di “concentrazione” di temi e meccaniche di quanto visto nel ben più ambizioso Absolver, ma ciò non significa che esso sia peggiore del suo predecessore. Il titolo di Sloclap è a tutti gli effetti un punto di riferimento per chi ama “menar le mani”, ma in modo intelligente.