Recensione Shin chan: Shiro and the Coal Town
di: Simone CantiniCon Shinnosuke Nohara ci conosciamo oramai da una ventina abbondante di anni, da quando ancora ero convinto di poter imparare il giapponese ed il mio vecchio insegnate (pace all’anima sua) usava i suoi manga per insegnarci a leggere l’hiragana. Un rapporto odio/amore, più per motivi di pura frustrazione linguistica che di incompatibilità tra noi due, che è proseguito con l’arrivo sulle reti nostrane del buffissimo anime e che si è poi ulteriormente cementato grazie all’exploit videoludico di Me and the Professor On Summer Vaction del 2021. Un piccolo tassello di una liaison a distanza che si è ulteriormente cementata con Shin chan: Shiro and the Coal Town.
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Tra sogno e realtà
Ai Nohara deve proprio piacere la campagna, come dimostra il setting di Shin chan: Shiro and the Coal Town che, per l’appunto, si svolge nella rurale cittadina di Akita, dove papà Hiroshi ha spostato la famiglia per l’estate in seguito ad viaggio di lavoro. Ed è qua che, in compagnia dei nonni e dei ragazzini che vivono sul luogo, Shinnosuke inizierà a prendere confidenza con questo ameno luogo, dando la caccia agli insetti, oppure a pescando nelle acque del fiume che attraversa i campi: una classica estate all’insegna della spensieratezza, come solo i 5 anni di età sono in grado di garantire. Una routine semplice e giocosa, che si interrompe quando Shiro, il cucciolo della famiglia, torna a casa completamente sporco di fuliggine. Inutile dire che Shin chan non potrà resistere alla curiosità di scoprire cosa sia accaduto, finendo così per salire su di un misterioso treno che lo condurrà nella crepuscolare Coal Town del titolo.
E così, a cavallo tra La Città Incantata e Totoro, avrà inizio una nuova avventura in bilico tra sogno e realtà, in cui il carattere irriverente e senza peli sulla lingua del ragazzino finirà per emergere con forza, non per questo lasciando in disparte il suo animo generoso, sempre pronto ad aiutare tutti, magari in cambio di una mancetta a base di Yen. Rilassato e dilatato, lontano dalla frenesia della vita adulta, il gameplay di Shin chan: Shiro and the Coal Town ci accompagnerà con una piacevole lentezza lungo i confini di un racconto semplice ma ben orchestrato, che pur senza apicali picchi narrativi si lascerà vivere come una felice vacanza estiva dei tempi che furono.
Pigrizia estiva
Non ci sono veri e propri nemici da sconfiggere, ostacoli da superare e millemila oggetti tra cui destreggiarsi in Shin chan: Shiro and the Coal Town, che sceglie saggiamente di ripercorrere il sentiero tracciato da Me and the Professor On Summer Vacation. Il risultato è un adventure narrativo impreziosito da un pizzico di esplorazione, qualche piccolo elemento gestionale ed una serie di missioni (principali e secondarie) da portare a termine, il tutto mentre magari cercheremo anche di completare il nostro dossier di ricerche. Si legge molto nel titolo sviluppato da Neos Corporation, ma senza raggiungere le snervanti vette delle visual novel o di certi jrpg, ma si gioca altrettanto, sebbene con meccaniche molto semplici, proprio come erano i giochi che facevamo da bambini.
Il loop di gioco sarà diviso in giornate, scandite dalla luce solare: durante il giorno sarà possibile girellare liberamente per Akita e dintorni, oppure lungo le strade di Coal Town, all’interno di una mappa non certo esagerata, ma che saprà aprirsi poco alla volta. Qua, oltre ad interagire con i vari personaggi, magari per soddisfare qualche loro richiesta, potremo catturare insetti con il nostro retino, pescare pesce e crostacei ed anche coltivare verdure nel nostro orto di casa, per recuperare gli ingredienti necessari ad aiutare la cucina della locanda di Coal Town. Al calare della sera, prima di arrivare stremati al futon, potremo continuare l’esplorazione, limitandoci alle zone più vicine, così da mettere le mani su animali non presenti durante il giorno, ma anche solo per goderci i gradevolissimi ambienti realizzati dal team.
Da un certo punto, a movimentare un pizzico le cose, ci penseranno delle corse a bordo di carrelli da miniera, vero e proprio gioco nel gioco che, tra power up acquistabili, varie tipologie di mezzo ed una spruzzata di circuiti ed avversari, finirà per ricoprire un ruolo di spicco nell’economia generale, non solo per meri motivi di sceneggiatura. C’è davvero poco altro da dire in merito a Shin chan: Shiro and the Coal Town, che mai come in questo caso rappresenta il classico titolo davvero più divertente da giocare che da raccontare: nella sua essenzialità, difatti, si nasconde tutto il fascino immortale della nostra infanzia che, per quanto filtrata dallo schermo di Switch, riesce a fare capolino con veemenza in più di un’occasione.
Paesaggi nipponici
Ed il merito è da ritrovare anche nell’azzeccatissimo comparto tecnico della produzione, che è risultato essere davvero strepitoso ed accattivante. Pur non mettendo in mostra i muscoli della macchina Nintendo, è lo stile generale a bucare letteralmente lo schermo, così da farci davvero percepire tutta la bucolica bellezza della ruralità giapponese che, come può certificare chi ha avuto il piacere di gustarsela in prima persona, risulta essere riprodotta alla perfezione. E poi c’è il cast che anima il tutto, con Shinnosuke e Shiro su tutti a reggere le fila di un set di animazioni perfette nella loro semplicità fanciullesca tipica dello stile dell’opera originale, a cui si accompagna un doppiaggio in lingua giapponese semplicemente stratosferico (niente lingua italiana). Tra cel shading e fondali realizzai manualmente, c’è davvero di che lustrarsi gli occhi.
Se avete amato la presente incursione di Shinnosuke Nohara nel mondo dei videogiochi, non ci sono davvero motivi in grado di tenervi lontani da Shin chan: Shiro and the Coal Town. Questa nuova avventura, difatti, ripropone con efficacia il mix di elementi rilassati ma non banali che avevano caratterizzato il precedente lavoro di Neos, che torna oggi alla ribalta grazie ad un’avventura spensierata e deliziosa come una calda giornata estiva di quando eravamo bambini. Con tutte le avventure che solo la fantasia di un ragazzino è in grado di rendere tali.