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Recensione Samba de Amigo: Virtual Party

di: Marco Licandro

Samba de Amigo: Virtual Party è l’avanzamento naturale della saga che finalmente giunge nella sua versione VR. Afferrando delle maracas virtuali, potremo finalmente suonare come se fossimo al centro di uno stage, circondati da ballerini, colori vivaci, e molta musica. Come si comporterà quindi SEGA nell’ambito del VR? Vediamolo insieme.

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Per la prima volta in VR, giunge quindi Samba de Amigo, in esclusiva per il Meta Quest. 40 Tracce a tema dance / latino, più varie modalità tra cui una ispirata al mondo dei socials come Tik Tok, nonché una esclusiva modalità in realtà aumentata apposita per il Meta Quest 3. Che dire, la voglia di provarlo era tanta, e finalmente abbiamo una idea ben chiara del funzionamento.

Giochi musicali su Quest ce ne sono, ed è impossibile non citare il must-have Beat Saber, ma anche altri estremamente divertenti come il mio secondo favorito: Synth Riders. Ognuno offre il suo stile nel ricevere dei blocchi o sfere musicali, chi con light sabers, chi con dei pugni, altri con altrettante sfere. Samba de Amigo ovviamente sceglierà le maracas, che dovremo agitare a tempo davanti 6 cerchi che avremo di fronte, in corrispondenza con le sfere che arriveranno dal fondo, così da completare l’intera canzone tentando di non sbagliare.

La difficoltà è inizialmente tarata verso il basso, ottenendo grado S nelle prime canzoni sia a normale che a difficile, cosa che mi ha subito spinto a giocare a livelli più avanzati e che hanno effettivamente messo alla prova la mia concentrazione ed i miei riflessi, facendo diventare il gioco una sorta di allenamento cardio, così come vuole la tradizione.

Non solo agitare

Le varie canzoni non richiederanno solo di agitare le maracas nella posizione richiesta, ma a volte appariranno alcune frecce ripetute che creeranno un percorso, tra un sequenza ed un’altra, e ci verrà chiesto di copiarlo con le maracas, così da ottenere punti aggiuntivi. Il discorso del copiare è abbastanza ripetuto in tutte le canzoni, visto che avremo anche l’occasione di ripetere una posa effettuata da un omino stick di fronte a noi, oppure picchiare le nostre mani con quelle di svariati personaggi che arriveranno da ogni dove, assicurandoci che le mani siano allineate. Avremo quindi 3 cerchi per la maracas sinistra e 3 per la destra, così come nelle versioni originali, e tutto ciò che dovremo fare durante la canzone sarà agitarle all’altezza corrispondente, combaciando con l’arrivo della sfera, e avremo fatto.

Questo svolgimento sarà invariato per tutte le canzoni, ma le modalità a disposizione saranno diverse, aggiungendo varietà al pacchetto. In alcune modalità vedremo i nostri punti vita, rappresentati da alcuni cuori, diminuire ad ogni errore fino al game over. In altre, dovremo convertirci in influencers dei social networks e ottenere followers grazie alle nostre prestazioni musicali. Altre convertiranno la nostra stanza in livelli fuori di testa, dove il tetto o i muri si distruggeranno, o il pavimento si trasformerà in lava, il tutto agitando le maracas a suon di musica. E infine, non poteva mancare il multiplayer, dove vari giocatori si sfideranno per aggiudicarsi la vittoria.

Dal lato tecnico, beh.

Quanto detto finora rende sicuramente giustizia all’anima del gioco. Belle canzoni, colori sgargianti, personaggi carinissimi. È tutto molto puccioso e divertente, pieno di ballerini e movimenti in ogni dove, ma ora passiamo al lato tecnico e giudicheremo la capacità di SEGA di entrare nel mondo VR, e vi diciamo subito che le cose non vanno poi così bene.

L’impegno da parte di SEGA nel convertire una serie dallo schermo al VR lascia a desiderare. Piccole ambientazioni in 3D, riempite più che altro da NPC dall’animazione fissa in loop, senza possibilità di muoverci o interagire né con l’ambiente né con i personaggi, rendono il tutto abbastanza statico. Uno schermo in due dimensioni davanti a noi sarà l’interfaccia principale per scegliere le modalità e le canzoni da giocare, e non potrò mai definirmi abbastanza deluso da uno sviluppatore che rende semplicemente uno schermo ed una interfaccia pensati in due dimensioni allo stesso modo dentro il VR. Meta Quest ha a disposizione la tecnologia per utilizzare le mani, non utilizzata in questo caso ma che in parte concordo, in quanto avere i controllers in mano simula il tenere in mano le maracas. Allo stesso tempo, si poteva fare molto di più anziché avere un semplice schermo fisso davanti agli occhi, come avere uno spazio tridimensionale dove poter girovagare, parlare con i personaggi, entrare in aree dedicate, ma no. Nulla di ciò è presente nel gioco.

La pigrizia nel proporre contenuto 2D si vede persino durante le fasi di presentazione delle varie modalità, dove un testo a schermo viene presentato, chiaramente sotto forma di un video bidimensionale a bassa risoluzione su fondale nero, cosa che non solamente rende scomoda la lettura, ma continua a sbagliare il tipo di contenuto visto l’ambiente virtuale nel quale ci troviamo.

Uno schermo dentro uno schermo

Tutto questo è abbastanza deludente, ma al contempo finora abbiamo solo analizzato una interfaccia per poter accedere al gioco vero e proprio, quello musicale con le maracas, su cui è incentrato l’intero gameplay. Ahimé, anche questo in realtà delude, proprio come realizzazione. La sensazione data scuotendo le maracas è quella di non avere nessuna precisione alcuna. Non arrivando le sfere a toccare effettivamente le maracas, non sentiremo un contatto, una collisione, un taglio, qualsiasi cosa che faccia pensare che saremo effettivamente andati a segno. Lo stesso identico suono verrà riprodotto scuotendo i controllers, con zero realismo. Tutti gli elementi di gioco, dal personaggio da copiare, alle frecce da seguire, saranno anch’esse in 2D, come traslate direttamente dagli assets già presenti negli arcade. Una sequenza rapida può benissimo avere 3 dimensioni, così da poterla seguire con precisione, ma la sensazione costante è quella di trovarci di fronte ad uno schermo, anche durante la modalità vera e propria. È come se l’idea dietro a SEGA fosse quella di rendere il titolo arcade in VR semplicemente rendendo 3D gli ambienti, senza effettivamente costruirlo per una piattaforma basata sulla realtà virtuale.

Il fatto che la modalità in realtà aumentata (ripetiamo, esclusiva per il Quest 3), così come i vari stage, abbiano un sacco di personaggi fissi eseguendo animazioni ripetute in ogni dove, mi fa pensare che il team di SEGA non abbia idea di come il VR funzioni. Essendo il gioco sviluppato in maniera tale che il giocatore sia concentrato sul tunnel di visione davanti a sé, così da prevedere e combaciare le sfere con le maracas, non vi è assolutamente modo di distogliere lo sguardo durante la partita, a meno che non volessimo perdere le nostre combo e punti accumulati per vedere cosa succede sotto di noi o sopra, o volessimo ammirare i cameo di personaggi SEGA famosi come Sonic entrando a sorpresa per poi rimanere fissi in qualche punto dello schema.

La realtà aumentata prende quindi le informazioni della nostra stanza, ma non riesce a farne buon uso, in particolare nelle parti dove svariati personaggi entreranno dai muri per battere le loro mani sulle nostre, e a seconda della forma della stanza, non avremo il tempo di vedere da dove entrano che subito ce li troveremo di fronte, perdendo quindi cuori o comunque punti. Da dire infine che, nel caso vogliate vedere altri personaggi SEGA, vi sono delle amabili microtransazioni che vi permettono di acquistare qualche altro personaggio e accessorio, come il pacchetto Joker e Morgana a 1.99 €, o nuove canzoni basate sui nostri giochi preferiti di SEGA a 4.99 €.

In conclusione

Samba de Amigo: Virtual Party non è malvagio, ma vi sono svariati difetti concettuali che non è facile soprassedere. Le limitazioni del titolo non sono dovute ad un problema hardware, quanto ad un basso budget e mancanza di idee, come se il titolo fosse uno dei primi esperimenti in VR che spesso uscivano sotto forma di demo nelle scorse generazioni. In definitiva, nonostante tutto, riesce comunque a divertire un pubblico di minori, chiaramente il target al quale il gioco punta. Se avete quindi almeno 14 anni (che ricordiamo essere l’età minima per poter utilizzare il visore senza riscontrare problemi alla vista), potrete probabilmente soprassedere dei limiti tecnici e godervi le varie canzoni e l’allegria contagiosa della serie senza grossi problemi. Ma se siete degli adulti, e speravate in un rhythm game musicale da alternare ai vostri preferiti, vi consiglierei di passare oltre.