Recensione Rogue Trooper Redux
di: donFotterIn questa generazione di console si assiste sempre più spesso ad operazioni nostalgia che riportano in auge vecchie glorie del passato videoludico, in grado di spingere migliaia, se non milioni, di fan ad acquistarle nuovamente sulle loro nuove fiammanti console. Un esempio lampante di queste resurrezioni che fanno gridare al miracolo è Crash N. Sane Trilogy, che ha avuto un successo clamoroso su PS4, cosa che spingerà probabilmente i produttori a somministrarci altri (graditissimi) revival. Ma quando dalla soffitta viene rispolverato un gioco come Rogue Trooper, sorge spontanea la domanda: perché? Parliamo di un gioco uscito undici anni fa, di cui evidentemente non molti sentivano la mancanza. Eppure eccoci qua a recensire Rogue Trooper Redux: siamo di fronte ad un altro eccezionale ritorno oppure no?
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Soldati da laboratorio
La storia di cui veniamo proiettati si ambienta in un futuro più o meno prossimo, dove l’ormai devastato pianeta Nu Earth è ancora attraversato da una durissima guerra: da una parte i Norts e dall’altra i Southers, si contendono il dominio del corpo celeste senza esclusione colpi. Tutto questo ha reso il pianeta una sorta di incubo tossico, dove la vita sembra impossibile. Mentre i Norts sono corsi ai ripari dotando i propri soldati di bombole d’ossigeno e maschere anti gas, i Southers hanno creato un nuovo esercito di cloni da guerra, immune a qualsiasi tossina ed estremamente forti fisicamente. Rogue, il protagonista della nostra e nostro alterego, è uno dei GI (i soldati creati in laboratorio) e insieme alla sua squadra viene lanciato sul Nu Earth per tentare di penetrare le linee nemiche. Durante lo sbarco sul pianeta, diversi soldati dei Southers vengono uccisi appena atterrati o abbattuti mentre precipitano sulla superficie del pianeta: i GI che superano lo sbarco si ritrovano alle prese con linee nemiche estremamente ostili, piene di mitragliatrici pesanti e bunker. Diciamo che il richiamo allo sbarco in Normandia degli alleati sulle coste francesi è piuttosto netto, e questo approccio rende quanto più credibile l’incipit dell’avventura. Superando le primissime fasi di gioco, Gunnar (uno dei nostri compagni di squadra) viene ucciso e a questo punto scopriamo che i GI in realtà non muoiono, dato che la loro unità cognitiva è contenuta in un chip. Rogue decide di inserire il chip di Gunnar nel proprio fucile, in questo modo le nostre capacità di fuoco vengono notevolmente aumentate. Nel corso della storia, Rogue assimilerà altri due compagni in maniera simile, sbloccando tutto il proprio arsenale e diventando quello che viene definito un one man army, ovvero un soldato che costituisce da solo un esercito. Aldilà dell’ambientazione fantascientifica e degli innegabili richiami a fatti storici realmente avvenuti, Rogue Trooper Redux non riesce purtroppo mai a decollare, un po’ per un level design davvero piatto con struttura dei livelli a corridoio (vai sempre dritto e arriverai alla fine) un po’ per un universo che ha indubbiamente potenzialità, ma che non viene minimamente approfondito, se non per i pochissimi dettagli che riceviamo dalle cut scene di gioco, che in alcuni livelli risultano decisamente invadenti. C’è poi da considerare l’ambientazione: il pianeta Nu Earth a primo impatto riesce sicuramente a colpire, soprattutto per via dell’affascinante cielo, ma si trasforma rapidamente in un insieme di rocce attraverso le quali camminare e nulla più. Decisamente troppo poco per fare da scenario ad una grande storia. Una nota positiva invece è il doppiaggio in italiano, anche se va detto che non è un aggiunta della versione Redux.
TPS bella scuola
Le meccaniche di gioco di Rogue Trooper Redux sono le classiche di un qualsiasi TPS: combattimenti a distanza ravvicinata dove è spesso necessario cercare un riparo, spostamenti veloci mentre si superano ostacoli o si è circondati da nemici, fare fuoco dal proprio riparo per eliminare chi utilizza un arma pesante e così via. Grazie ai chip che raccogliamo lungo il percorso, siamo in grado di ampliare il nostro arsenale non solo dal punto di vista numerico delle armi, ma soprattutto da quello delle capacità: come detto in precedenza, il chip di Gunnar migliora il nostro sistema di puntamento, fornendoci delle indicazioni importanti su come e quando colpire un nemico. Raccogliendo il chip di Bagman, un altro dei nostri comagni, possiamo sbloccare l’abilità di raccogliere i resti dei nemici dai campi di battaglia e di forgiare nuovi equipaggiamenti o potenziare le nostre abilità (come ad esempio la mira assistita di Gunnar). Per quanto riguarda la salute, il nostro zaino super tecnologico ci mette a disposizione infiniti kit medici da poter utilizzare e anche se ciò rende più facile il livello di sfida, è una scelta funzionale dato l’elevato numero di scontri ravvicinati. Curiosa invece la scelta di non dedicare un tasto del pad alla ricarica che avviene in maniera automatica, quando si finiscono le munizioni o dopo poco che non si preme il grilletto (inutile dire quante volte abbiamo premuto a vuoto il tasto X del pad Xbox). L’insieme dei chip e delle scelte fatte nel complesso funziona e offre una discreta diversificazione, anche grazie ad una discreta presenza di armi, ma non riesce a compensare le lacune dal punto di vista dell’ambientazione e soprattutto dei nemici. Passi l’aspetto estetico dei soldati nemici, veramente monotono, il livello dell’IA è purtroppo rimasto tale e quale alla versione di 11 anni fa, e questo significa avere davanti dei nemici davvero semplici da sconfiggere, e tutto ciò rende il livello di sfida decisamente scadente, con l’aggravante di fasi davvero troppo semplici: ad esempio, abbiamo completato alcuni livelli utilizzando solo il fucile da cecchino, poiché anche se in un’area popolata da nemici ne uccidiamo uno, gli altri si limitano ad ignorare l’evento, a meno che non ci pariamo di fronte a loro. Anche nelle fasi di scontri ravvicinati, è sufficiente scegliere un buon riparo per passare la situazione indenni, senza alcuna difficoltà. Non succede mai che qualche nemico prenda l’iniziativa e unendo questo aspetto al level design realizzato, la ripetitività sopraggiunge presto e gli undici anni delle meccaniche di gioco si sentono tutti, restituendo quella sensazione di retrò per nulla svecchiato.
Risoluzione genaticamente modificata
Come detto all’inizio, stiamo parlando di una conversione per le attuali console di un titolo uscito undici anni fa. Il sistema di illuminazione è stato completamente rivisto, restituendo una gestione della luce decisamente migliore e più moderna rispetto al titolo originale. Migliori anche i modelli poligonali dei personaggi e le texture utilizzate, che danno una svecchiata generale al titolo, ma non riescono a innalzare la sua qualità grafica agli standard attuali. La scure cala definitivamente con le animazioni e gli effetti particellari: non è stata apportata nessuna modifica a questi due aspetti, che risentono interamente degli undici anni che si portano dietro. I movimenti sono non solo legnosi, ma risultano a volte davvero ridicoli: personaggi che fanno qualche passo, si fermano, ruotano di 90 gradi e poi ripartono fanno decisamente storcere il naso. Va leggermente meglio per il comparto audio, che riesce a fare sempre la sua parte in maniera credibile e convincente.
Conclusioni
La domanda posta all’inizio di questa recensione non può che risolversi con un deciso no: non c’era necessità di produrre una versione Redux di Rogue Trooper, che seppur migliora d’altro canto non si avvicina agli standard dell’attuale generazione di console. La vera domanda, che resta irrisolta, è perché si è scelto di riportare sul mercato un titolo come questo? Dopotutto, con la massima sincerità, se dobbiamo scegliere un TPS di qualche anno fa, è difficile che questa scelta possa ricadere su Rogue Trooper Redux, quando con facilità si possono recuperare titoli del calibro di Gears of War, a prezzi anche più contenuti.