Recensione Ride to Hell: Retribution
Quando entri in un club per motociclisti inizi a far parte di qualcosa di più che un’associazione, di un ritrovo tra amici, di un semplice momento di aggregazione. Entri a far parte di gruppo in cui i compagni diventano fratelli, lo stile di vita cambia, i valori che contano sono diversi. Rispetto, onore e orgoglio sono le parole chiave. Ma non per tutti.
Perché poi il passo da club a gang è brevissimo, e chi conosce il significato dell’acronimo SAMCRO sa perfettamente di cosa si stia parlando. “Il club prima di tutto”: pure della legge, della famiglia, della vita stessa. Nell’America violenta e senza regole degli anni 60-70 fuori dalle grandi città queste bande dominavano le strade a piacimento, comandando e tiranneggiando su tutto e su tutti. Ed è proprio qui che ci porta Ride to Hell: Retribution, pronti a seguire Console-Tribe con la vostra Harley nella recensione dell’ultima fatica dei ragazzi di Eutechnyx?
di: Marco "RizzK8" Rizzini
Quando entri in un club per motociclisti inizi a far parte di qualcosa di più che un’associazione, di un ritrovo tra amici, di un semplice momento di aggregazione. Entri a far parte di gruppo in cui i compagni diventano fratelli, lo stile di vita cambia, i valori che contano sono diversi. Rispetto, onore e orgoglio sono le parole chiave. Ma non per tutti.
Perché poi il passo da club a gang è brevissimo, e chi conosce il significato dell’acronimo SAMCRO sa perfettamente di cosa si stia parlando. “Il club prima di tutto”: pure della legge, della famiglia, della vita stessa. Nell’America violenta e senza regole degli anni 60-70 fuori dalle grandi città queste bande dominavano le strade a piacimento, comandando e tiranneggiando su tutto e su tutti. Ed è proprio qui che ci porta Ride to Hell: Retribution, pronti a seguire Console-Tribe con la vostra Harley nella recensione dell’ultima fatica dei ragazzi di Eutechnyx?
Non sei un vero biker se non hai mai baciato l’asfalto
Il protagonista del gioco è Jake Conway, reduce dalla guerra del Vietnam, che torna a casa dove lo aspettano il fratellino Mickey e il vecchio ma ancora tosto zio Mack. Nemmeno quotato dagli scommettitori un bel disordine da stress post-traumatico, con colpi di mortaio, urla disperate e arti mozzati che restano ben impressi e ricorrenti nella mente dell’ex militare, che vuole tornare alla sua bella vita precedente tra bolidi a due ruote, birra ghiacciata sempre a portata di mano e delle pupe ogni volta diverse a riscaldare il letto. Ma le cose sono cambiate rispetto alla sua partenza per servire la patria: i Retribution – banda di bikers che faceva capo a suo padre – sono stati spazzati via dai rivali Devil’s Hand che ora controllano e comandano a piacimento le strade di un’America anni 70 – 1969 per la precisione – piegata dallo spaccio di droga e dalla criminalità. Aggiungiamo il fatto che alla fine di un prologo intriso di obsoleti QTE ed inseguimenti tra moto di bande rivali, riconosciuto il giubbetto dei Retributionche Mickey portava in omaggio a suo padre, non trovino di meglio che sgozzare barbaramente il fratellino di Jake. Mentre lo stesso Jake, logicamente, in quel momento riesce a scampare alla morte e decide di sterminare da solo tutti quanti, e sono tanti, i Devil’s Hand per il più originale – sarcasm detected – dei plot. E l’escalation di violenza è servita.
Purtroppo questa è pure la parte migliore di Ride to Hell: Retribution. Perché ora andremo a parlare di gameplay, grafica e sonoro: senza esagerare siamo probabilmente nella top10 in tutte e tre le categorie dei peggiori giochi all-time, quantomeno parametrati alla generazione in cui i publisher li producono e li pubblicano.
Un sistema a capitoli prova a dare l’illusione di un open world, quando invece lo schema di base è sempre il medesimo: città con possibilità di potenziare il personaggio acquistando armi e potenziamenti – ottenibili recuperando e rivendendo la droga dei Devil’s Hand e raccogliendo le carte da gioco sparse per i livelli-, strada guidando il chopper, destinazione con missione da completare.
Ride to Hell: Retribution è – o meglio vorrebbe essere – un action in terza persona con ad alternarsi fasi shooter e di guida, con di tanto in tanto qualche scazzottata giusto per non risultare monotoni. Peccato che le fasi di guida siano implementate peggio che in un gioco arcade degli anni 2000… Non c’è nessuna possibilità di deviare dal percorso e durante gli spostamenti ci troveremo sempre alle prese con gli stessi due ostacoli e coi biker rivali che ci portano ad un QTE di infima difficoltà per evitare di morire. E in tutto questo il videogiocatore è pure privato della guida della moto, che passa automaticamente all’IA finchè non abbiamo portato a termine il QTE stesso. Come ciliegina sulla torta non resta che parlare – a meno di inseguimenti in cui perdiamo il fuggitivo – dell’impossibilità di morire, con guard rail, auto e camion che anziché farci schiantare e ripartire dal checkpoint ci ributtano verso la strada come se nulla fosse.
Se Atene piange, Sparta non ride: le fasi action/tps non sono certo migliori di quelle di guida. Un’IA nemica totalmente inesistente non ci mette mai in difficoltà e sia le sparatorie che i combattimenti soffrono di gravi problemi sia di ideazione che di realizzazione. La sensibilità del mirino è rivedibile a dir poco – più che una pistola sembra di spostare un autobus – e se non si mira alla testa del nemico possiamo stare a sparare un quarto d’ora prima di buttare giù qualcuno… Questo favorirebbe il fatto di poter passare al combattimento a mani nude più volentieri, e l’idea di base non sarebbe nemmeno malvagia. Parata, attacco leggero e attacco pesante vorrebbero dare varietà nel corpo a corpo, ma ogni avversario può essere sconfitto usando la medesima combinazione, senza considerare la fasi in cui attiviamo la Furia di Jake diventando più potenti di un collerico dio greco e potendo sconfiggere tutti gli avversari con un solo colpo.
Are you kiddin’ me???
Graficamente siamo indietro di una generazione piena, con un Unreal Engine più bistrattato che sfruttato. Ambientazioni spoglie e comunque ripetute usando gli stessi fondali all’infinito, texture che tardano a comparire sullo schermo – specialmente durante le innumerevoli sezioni di guida – e che si presentano povere e di scarsissimo livello, modelli poligonali datati, cali di framerate – udite, udite – persino durante le scene d’intermezzo! Le animazioni si adeguano sulla stessa lunghezza d’onda: datate, povere e scarse sono aggettivi che possiamo facilmente riciclare anche qui, aggiungendo un’incredibile – nell’anno domini 2013 – legnosità e una costante presenza diglitch più o meno gravi. E forse potremmo anche omettere i ricorrenti muri invisibili e le compenetrazioni d’ogni tipo… Oh, wait!
Ma l’apice grafico lo si raggiunge dopo i salvataggi di “fanciulle” in pericolo che troveremo di tanto in tanto nel gioco: dopo una breve quanto inutile scazzottata con l’aggressore la ragazza ci premierà con una decina di secondi di amplesso… Con entrambi ancora vestiti!!! Non è bello continuare a pensare a questo gioco, per nulla, ma mi resta l’interrogativo su come sia possibile “consumare” con una donna con la tuta da meccanico chiusa fino in cima…
Il sonoro probabilmente è la parte meno pessima del gioco, ma siamo comunque ben lontani dalla sufficienza: il rock e il metal ci accompagnano decentemente durante l’avventura – sciagura? – del gioco, ma soffrono come il comparto grafico di fastidiosi bug troncando alcuni dialoghi a metà che dovremo leggere nei sottotitoli, o lasciandoci senza musica per minuti e minuti di gioco. Il doppiaggio inglese è di buon livello, pur andando difficilmente a passo con l’animazione perfino nelle cutscene.
No way out
Ride to Hell: Retribution è un gioco che aveva un grossissimo potenziale. Già solo a livello di ambientazione e protagonisti: bande di biker rivali e America anni 60-70 sono di certo meno inflazionati nel mondo videoludico rispetto a guerre mondiali o umani trasformati in zombie. Tanto più in un periodo in cui spopola una delle migliori serie tv mai prodotte come Sons of Anarchy, che guarda caso vede protagonisti dei biker trafficanti in armi e talvolta droga, in conflitto con bande ancora più cattive di loro. Peccato che il risultato sia in assoluto il peggiore possibile ed immaginabile, un gioco che avrebbe avuto gravi difetti tecnici e grafici pure 10 anni fa, pensando a certi capolavori sfornati dai programmatori agli albori della PS2. La cosa più sorprendente è rendersi conto che c’è qualcuno che ha davvero autorizzato l’entrata di questo gioco prima in fase gold e poi nei negozi.
Ci sono sicuramente modi migliori per spendere il proprio denaro piuttosto che acquistare Ride to Hell: Retribution… Tipo con le macchinette del videopoker o i concerti di Justin Bieber.