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Recensione Remnant II

di: Donato Marchisiello

Vige una sordida quanto terribile “regola” nel mondo dell’arte, specialmente nella musica: la seconda “opera”, solitamente, è quella più difficile e definitiva. Nel senso, quest’ultimo, che punta a consacrare oppure meno, condurre ad una terribile debacle, l’artista protagonista. In questo senso, approcciare a Remnant II non è stato semplicissimo: ho scoperto il primo capitolo per puro caso ed ho finito per amarlo alla follia. Un capolavoro, con i suoi notevoli limiti, che ha in un sol colpo “archiviato” e modernizzato il concetto di RPG hardcore. Ma, come già detto in incipit, il secondo anello di una (speriamo lunga) catena, è quello che solitamente crea grattacapi: un po’ per la smania di migliorare senza strafare, un po’ per l’intellettuale necessità di rivoluzionare senza cambiare, poi, davvero nulla. Dunque, il nuovo prodotto sviluppato sempre da Gunfire Games e pubblicato da Gearbox Publishing, si è presentato sugli scaffali virtuali con una pesante eredità: riuscirà a tenere alto il nome della “casata”?

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Remnant II è un gioco d’azione in terza persona, con forti elementi shooting, ruolistici ed hardcore. Ed è bene specificarlo sin dai primi istanti, per quelle sparute anime che non dovessero conoscere il titolo: il gioco di Gunfire Games è un titolo piuttosto difficile e che metterà alla prova riflessi e strategia anche dei più navigati appassionati delle sfide. L’universo post-apocalittico che strizzava, meccanicamente, l’occhio alle peripezie di Doctor Who, qui ritorna con piena potenza: gli eventi narrati in Remnant II hanno inizio poco tempo dopo quelli del primo capitolo. Anche in questo frangente, impersoneremo un viandante dal nome sconosciuto alla ricercare del fantomatico Ward 13, ultima roccaforte dell’umanità ormai ridotta in ginocchio dai Root, essere pseudo-demoniaci dediti al totale annichilimento d’ogni cosa. Di lì a poco, verremo investiti di un compito non facile, ovvero fermare l’inesorabile avanzata della piaga Root. Una missione ardua e che ci vedrà affrontare nemici d’ogni sorta, oltre che esplorare (come già accadeva nel primo capitolo) mondi differenti e con una storia originale, legati a doppio filo tra di loro in una sorta di enorme e sfaccettato multi-universo. Nonostante, nel complesso, il comparto narrativo non sia chissà quanto elaborato (e anche qui, vista la splendida base del primo capitolo, si sarebbe potuto osare di più), sarà comunque piacevole scoprire pian pianino i nuovi mondi, anch’essi segnati profondamente dall’enorme sciagura Root, con i loro specifici drammi.

Se già il primo capitolo, nella sua “semplicità concettuale”, offriva una buona pletora di possibilità, Gunfire Games ha pensato bene di espandere in modo esponenziale le opzioni di caratterizzazione ruolistica del proprio personaggio in Remnant II. Il titolo, infatti, offrirà diverse classi, piuttosto variegate, ognuna con specifiche peculiarità, utili sia se si sceglie di affrontare la campagna in solitaria sia se si vuole condividere il viaggio con amici (il gioco, infatti, offrirà un ottimo comparto cooperativo online a tre persone, peccato l’assenza del crossplay). Rispetto al primo episodio, dove il fulcro del gameplay era ovviamente concentrato esclusivamente sulla meccanica shooting, nel secondo capitolo vi sarà spazio anche per classi orientate al combattimento in mischia puro, rendendo più vario, sostanzialmente ed esteticamente, il gameplay. Ogni classe avrà equipaggiamento unico, un’arma principale, un’arma secondaria e una da mischia oltre che una statistica esclusiva dell’archetipo che crescerà con il livello della classe, molteplici abilità passive e 3 abilità attive uniche. Ma non è solo una questione di quantità: nel gioco, infatti, sarà addirittura possibile fondere due diverse classi, in modo da definire degli archetipi ibridi con davvero tante possibilità a disposizione. Possibilità che, coerentemente, fluiscono anche nel complessivo gameplay, sicuramente più fluido e meccanicamente “maturo” rispetto al primo Remnant. In generale, la sensazione di “upgrade” rispetto al primo capitolo è sin troppo evidente: dalla mira

Vi saranno tanti contenuti affidati alla proceduralità, non solo nel “terraforming” degli stage con coerente posizionamento dei nemici, ma anche e soprattutto nella scelta dell’ordine dei pianeti da esplorare (con, davvero, pochissimi passaggi obbligati pre-stabiliti dagli sviluppatori). Una vasta varietà che “dirigerà” l’orchestra in ogni suo punto, dal quantitativo di nemici (tendenzialmente ben fatti, con alcuni rimandi al primo capitolo), passando a quello delle armi o al recupero dei materiali utili per il crafting. Vi sarà anche spazio per diversi enigmi ambientali non troppo impegnativi, oltre che per l’esplorazione, necessaria per la raccolta dei classici materiali utili per la creazione/il potenziamento dell’equipaggiamento (in questo capitolo, però, limitato alle singole armi). Meccanicamente, come parzialmente anticipato, Remnant II fa un notevole balzo in avanti rispetto al passato: i movimenti del nostro personaggio, ivi compresa la schivata, saranno più fluidi e meno visivamente legnosi, così come più scorrevole sarà, in definitiva, la sensazione di esplorazione “spaziale” degli stage. Uccidendo nemici, guadagneremo ovviamente esperienza che ci consentirà di sbloccare diverse caratteristiche specifiche e tratti distintivi della classe prescelta. Rispetto al passato, avremo molti meno punti da distribuire oltre che limiti più stringenti per quanto concerne l’evoluzione stessa del personaggio: una scelta che, in generale, rende l’esperienza di gioco un po’ più ardua rispetto al primo capitolo, rendendo potenzialmente Remnant II meno “digeribile” per i nuovi venuti. Detto ciò, la sfida offerta dal gioco sarà molto elevata ma anche, tendenzialmente, spettacolare: Gunfire ha profuso un profondo impegno nel caratterizzare nemici “ordinari” e boss. Ognuno d’essi avrà una distinta personalità e offriranno, coerentemente, una particolare sfida con l’ovvio climax delle boss fight, tendenzialmente tutte spettacolari quanto ardue.

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Remnant II soffre di alcune carenze, non particolarmente pesanti ma presente. A cominciare dalla netta sterzata “spirituale” rispetto al passato: il secondo capitolo, infatti, sembra spingere l’acceleratore nettamente sul gaming in multiplayer rispetto al gioco in solitaria. In questo senso, infatti, diversi segmenti ostici/boss fight risulteranno nettamente più difficoltose se affrontate da soli, imponendo in modo tacito lo scorrere tra le diverse sessioni multiplayer (accessibili sin dalle battute iniziali) alla ricerca di quella a noi necessaria. Un altro fattore da tenere in considerazione è che, al momento, il titolo non ha un vero e proprio endgame: a questo, si aggiunga che è abbastanza facile potenziare al massimo un personaggio, comprensivo di equipaggiamento e doppia classe. Ciò, significa che, dopo un po’ (decine e decine di ore, sia chiaro), arriveremo ad un punto in cui, sostanzialmente, uccidere nemici servià solo ottenere soldi, i quali anch’essi, dopo un po’, non avranno più granché senso. Il gioco, dunque, dovrà esser interpretato con l’occhio del “continuo cambiamento”, altrimenti potrebbe risultare alla lunga stantio e statico. Da giocare ci sarà parecchio, comunque sia: ad un prezzo inferiore rispetto allo standard, Remnant II offre contenuti davvero notevoli ed una rigiocabilità altissima.

Il leitmotiv, generale, della produzione è stato quello di migliorare ed espandere quanto già fatto in passato, ci sentiamo di affermare, con dovizia e precisione. Va comunque detto, per “onestà intellettuale”, che si poteva osare qualcosina in più a livello di puro gameplay ma, com’è accaduto in passato, anche Remnant II godrà di molteplici espansioni. Peccato che, così come accadeva in passato, neanche il secondo capitolo riesce a compiere un passo netto nel mondo dei tripla A, da un punto di vista squisitamente meccanico-estetico. Seppur, come già ripetuto, Remnant II sia migliore in tutto rispetto al primo capitolo ed offre un’esperienza piuttosto solida, anch’esso però soffrirà di qualche “caduta di stile”. Nulla di condizionante, ma dettagli di modelli e ambienti, spesso, saranno piuttosto basici e non particolarmente elaborati o differenziati. Oltre alla quaestio estetica (che, a conti, lascia il tempo che trova), su Series X v’è qualche problemuccio a livello di mera fluidità: i 60 fotogrammi al secondo non saranno esattamente solidi, lasciando qualche indugio di troppo anche in situazioni più affollate e complicate. Un plauso, senza “ma”, al comparto audio: ottima l’effettistica, ancora meglio il doppiaggio e il livello recitativo dei dialoghi (che, però, viene brutalmente “schiaffeggiato” dalla costante uscita fuori sincro con i movimenti labiali).

Remannt II è più vasto, più difficile e più libero: il secondo capitolo della saga, de facto, è un netto passo in avanti rispetto al passato. Nonostante non sia perfetto e soffra di alcuni limiti tecnici e “d’anima”, il prodotto confezionato da Gearbox e Gunfire è sicuramente un piccolo grande gioiello, probabilmente il miglior gioco di ruolo action rapporto qualità/prezzo. Il futuro è radioso e ci sentiamo di dire che, con un supporto di peso, Remnant II potrebbe ambire a divenire uno dei “cardini” delle esperienze ruolistico-d’azione hardcore.