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Recensione Recensione di X-Men: Destiny

Recensione di X-Men: Destiny di Console Tribe

di: Nicola "Wanicola" Caso

Silicon Knights non è certamente annoverata tra le software house più influenti e quotate di questa generazione videoludica. Eppure, per chi, come il sottoscritto, ha vissuto gli anni d’oro della cubica console Nintendo, è impossibile non associare tale nome agli splendidi Eternal Darkness e Metal Gear Solid: The Twin Snakes.
Purtroppo bisogna constatare che non tutte le ciambelle riescono col proverbiale buco. Dopo aver deluso critica e pubblico con il controverso Too Human, lo storico team canadese è pronto a calcare nuovamente i nostri schermi, questa volta con una nuova avventura su licenza dedicata all’universo degli X-Men. Peccato solo che i fasti delle avventure “Lovecraftiane” e Kojimiane” siano ormai soltanto dei pallidi ricordi.

Insuperabili, superabili X-Men

Non per partire prevenuti, ma sin dalle prime battute di gioco X-Men: Destiny si presenta come un titolo poco convincente.
Tanto per cominciare la storia si configura come un’avventura non canonica ambientata in una delle svariate realtà alternative che spesso hanno fatto capolino nei fumetti di Stan Lee e Jack Kirby. In questo mondo la lotta tra umani e mutanti sembra aver trovato una tregua con la morte dello storico professor Xavier, immolatosi per poter salvaguardare l’esistenza e il futuro di tutti i discriminati.

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Se sulla carta tali premesse narrative possono anche risultare interessanti e originali, lo svolgimento e lo sviluppo delle vicende è destinato ad arenarsi in più di un’occasione.
In seguito a un attacco terroristico portato da una misteriosa cellula anti-mutanti durante una cerimonia per celebrare la ritrovata integrazione tra le due razze, il giocatore è chiamato a prendere il controllo di uno tra i tre anonimi personaggi messi a disposizione dal gioco: Grant Alexander, il classico manzo tutto football e niente cervello, Aimi Yoshida, l’esile immigrata nipponica e Adrian Luca, il tipico eroe senza macchia e senza paura dal passato misterioso.
A prescindere dalla vostra scelta, se si esclude qualche piccolo retroscena, le differenze tra i vari protagonisti sono puramente estetiche e non andranno ad influire in nessun modo sullo svolgimento della trama.
Al di là di questa svista non da poco, bisogna comunque sottolineare come il comparto narrativo si presenti come l’aspetto meglio riuscito dell’intera produzione, merito sopratutto della sceneggiatura di Mike Carey, che più volte in passato ha prestato la propria penna agli X-Men. Non di rado infatti capiterà di imbattersi nei vari personaggi che hanno reso celebre il fumetto (Wolverine, Cyclops, IceMan, Magneto, Juggernaut etc.), anche se la loro presenza sarà relegata a semplici comprimari.

Scegliere o non scegliere? Questo è il problema

Partendo da quel “Destiny” che capeggia in copertina a fianco del classico logo, “scegliere” è la filosofia alla base del nuovo action-RPG di Silicon Knights. Appurata però l’infelicità di tale scelta a partire dalle prime battute, la situazione non migliorerà certo proseguendo. Giusto per fare un esempio, la tanto decantata possibilità di poter supportare le azioni eroiche degli X-Men piuttosto che le deplorevoli malefatte della Confraternita di Magneto si risolverà in più di un’occasione in un rapido scambio di battute leggermente diverso a seconda della fazione d’appartenenza.
Salvo il clamoroso bivio finale, che durante tutta l’avventura abbiate agito supportando l’uno o l’altro gruppo, sarete dunque in grado di intrattenere normali rapporti e accettare missioni da ambo le parti, indifferentemente dal vostro allineamento. Più scelta di così…
Perfino la tanto sbandierata componente ruolistica si rivelerà più un elemento di contorno che non una reale utilità.

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Una volta preso il controllo del nostro avatar, bisognerà infatti decidere che tipo di poteri associare ad esso, decisione che può ricadere sui pomposi “Density Control”, “Shadow Matter” o “Energy Projection”, che altro non sono che i classici colpi lenti ma devastanti, rapidi e poco incisivi, oppure a distanza.
Sebbene tale scelta non potrà più essere cambiata a partita avviata, le differenze tra queste tre “specializzazioni” sono veramente minime in termini ludici, trasformando la maggior parte degli scontri in un button mashing ripetitivo e privo di mordente. Il banale sistema di controllo studiato per l’occasione prevede semplicemente l’utilizzo di due tasti per gli attacchi base, uno per la schivata e uno per il salto. Ci sarebbe anche la parata, ma la propensione dei nemici per le cariche suicida a testa bassa renderà la difesa un’opzione contemplata in rarissime occasioni.
Assodato il grado di sfida praticamente nullo di ogni scontro, che si tratti dell’ennesima ondata di puristi o dell’eliminazione dei mastodontici boss di fine livello (anch’essi caratterizzati da una pessima I.A.), l’unico stimolo offerto dall’eliminazione delle legioni avversarie consiste nell’accumulo dell’esperienza necessaria per poter personalizzare il proprio beniamino.
Anche sotto questo punto di vista, però, il sistema di progressione sembra fatto più per dire di aver svolto il compito che non per stupire effettivamente il giocatore.
Senza molta fantasia sarà possibile scegliere fra un set di quattro slot da equipaggiare, suddivisi nell’immancabile costume, un potere offensivo, uno difensivo e uno di supporto, il tutto basato sui geni e l’aspetto dei mutanti incontrati nell’avventura. Una volta messo su il nostro personalissimo camaleonte o la replica perfetta di un personaggio già esistente, sarà possibile potenziare ulteriormente i propri poteri tramite la spesa degli appositi exp points attraverso l’apposito albero delle abilità. Peccato solo che tale sistema di crescita non venga mai sfruttato realmente sino in fondo: sarebbe bastato anche solo mettere in campo nemici affrontabili con determinati geni per rendere il piatto più variegato; o sezioni alternative in cui magari ricorrere all’agilità di QuickSilver o Nightcrawler per proseguire.
Invece niente di tutto questo. Solo tonnellate di nemici tutti uguali, livelli totalmente lineari, eventi scriptati e nessuna possibilità d poter cambiare il proprio cammino. Se questa si può definire scelta…

!==PB==!
Tutine e lucine

Inizialmente si è parlato di come il primo impatto con X-Men: Destiny non fosse esattamente dei più invitanti, ciò anche grazie al suo obsoleto comparto tecnico. Tutto, dal motore poligonale agli effetti speciali, pare anacronisticamente ripreso dai primissimi titoli per Xbox 360, texture a bassa risoluzione e frame rate ballerino compresi. Claustrofobico anche il level design, palesemente vittima di alcune scelte che forse avrebbero stupito negli anni ’90 ma che oggi non fanno altro che far sbadigliare il giocatore, grazie a un’interattività ambientale pari a zero e dei paesaggi poco ispirati che non rendono affatto giustizia al mondo del fumetto da cui sono tratti.
Nonostante ciò, la vera mazzata, in grado di far scattare sin da subito un campanello d’allarme, è la totale assenza di una localizzazione in lingua nostrana (con le opzioni standard prive di sottotitoli), indice di quanto Activision stessa abbia creduto nel progetto.
A poco serve citare il buon doppiaggio (molto curato e ben adattato ai vari comprimari), visto che anche il comparto sonoro deve scontrarsi con un accompagnamento generale anonimo e poco convincente.

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Se questo è il mio destino, no grazie

Un vero peccato che dei nomi così altisonanti (Silicon Knights, Mike Carey) e delle premesse che sulla carta erano più che buone (scelte di trama, componente ruolistica), si siano concretizzate in un progetto così mal riuscito.
Palesemente sviluppato controvoglia e senza attenzione, X-Men: Destiny è un titolo insufficiente sotto tutti i punti di vista, incapace persino di offrire una sfida duratura (una decina di ore saranno più che sufficienti a coprire ambedue le scelte di trama) o qualche sfida alternativa alla modalità principale. Totalmente inspiegabile, poi, l’assenza di una modalità co-op.
Noioso e privo di spunti realmente interessanti, X-Men: Destiny è un titolo in grado di settare nuovi standard, in negativo, per quanto riguarda i giochi su licenza. Sconsigliato persino ai fan più accaniti dell’universo delle Meraviglie; per tutti coloro che desiderassero vestire i panni di un vero supereroe forse è il caso di rivolgere lo sguardo verso le nuove avventure del Cavaliere Oscuro o dell’amichevole Spiderman di quartiere.