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Recensione Recensione di Vanquish

Recensione di Vanquish di Console Tribe

di: Mariano "TylerDurden" Adamo

Mi accendo una sigaretta. Due respiri di nicotina dopo, guardo la Terra così lontana, così grande e luccicante. Per quello che ne sapete voi, nulla di tutto questo è accaduto. Il mondo non è in pericolo e io nemmeno esisto. Eppure, quasi al centro del mio petto, sotterrato da una lega di metallo misto non-so-cosa, c’è il mio cuore. Lo stesso cuore che mi dice di alzarmi e continuare a combattere. Per quello che ne sapete voi, sono solo un tizio con una super-armatura che, tranquillamente appeso ad una struttura pronta a sprofondare nel bel mezzo del nulla e della notte, si fa un altro tiro di sigaretta.

Fantapolitica, guerra e nicotina

Il sipario si apre con una città piena di vita: persone che vanno a lavoro, bambini che giocano felicemente con i propri genitori. Questa era San Francisco. Questa era una scena qualsiasi di un giorno qualsiasi della metropoli americana. Scena che, grazie a un potente raggio a microonde, sparisce in pochi secondi lasciandosi alle spalle un paesaggio di morte e desolazione. L’eco della tragedia riecheggia in tutta la nazione e ben presto dei terroristi russi reclamano la paternità di questo folle gesto chiedendo, come è lecito aspettarsi, la completa resa degli Stati Uniti con la minaccia di radere al suolo anche New York. Una nuova guerra si prospetta all’orizzonte. Il leader americano decide di non piegarsi alla volontà dei terroristi e invia l’esercito sulla colonia spaziale dalla quale è partito l’attacco terroristico. Insieme ai soldati americani figura anche un certo Sam Gideon, un membro facente parte di un’organizzazione para-militare chiamata DARPA.

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La missione di Sam non è semplicemente quella di porre fine alla resistenza russa ma anche quella di recuperare un rinomato scienziato che, oltre ad aver dato vita al cannone utilizzato dai sovietici, ha dotato Sam di un’armatura iper-tecnologica che lo rende quasi invincibile. L’intreccio narrativo diventa via via più complesso lasciando spazio a domande e misteri che verranno svelati solo al culmine dell’avventura. Il giocatore viene catturato dal ritmo forsennato degli eventi restando estasiato non solo per i personaggi carismatici ma anche per le varie scene d’intermezzo che accompagnano le missioni. Purtroppo, nonostante il carisma generale, si ha comunque la sensazione di trovarsi davanti a personaggi leggermente stereotipati che, seppur catturino la fantasia del giocatore, non aggiungono nulla di nuovo al panorama videoludico e non solo.
In Vanquish è tutto estremizzato e caotico. Velocità, pallottole ed esplosioni non ci distolgono comunque dalla narrazione che risulta appagante e che, durante i titoli di coda, ci permette di riprendere finalmente fiato, visto il ritmo e le emozioni provate.

Action TPS

Descrivervi a parole il gameplay di Vanquish non è affatto semplice. Il nuovo lavoro di Shinji Mikami non è veloce, non è frenetico né tantomeno dinamico… ma di più. La sensazione che si prova è quella di giocare ad un qualunque Third Person Shooter, solo tremendamente più veloce e più divertente. Il tutto senza mai confondere il giocatore e senza mai farlo innervosire per comandi scomodi ed imprecisi. Vanquish mette a nudo la sua anima ludica nei primi istanti di gioco e rimane fedele a sé stesso per tutta la durata dell’avventura. Vi ho già detto che, nonostante il ritmo serrato di gioco, Vanquish è comunque un TPS a tutti gli effetti, e quindi mi sembra quantomeno ridondante descrivervi, ancora una volta, il solito sistema di copertura e il solito sistema di comandi presente praticamente in ogni titolo del genere. Accanto a queste caratteristiche standard troviamo una serie di idee e scelte stilistiche davvero innovative ed interessanti. Non posso quindi fare a meno di citare l’armatura in dotazione di Sam che si prende il merito di essere quasi l’unica responsabile delle innovazioni presentate dal gioco. Il nostro esoscheletro ci permette di destreggiarci ad un velocità senza pari e di muoverci sul campo di battaglia come mai fatto in nessun altro titolo. Grazie al tasto dorsale Sam si lancerà in una scivolata a terra spinto dai motori posteriori dell’armatura. Questa possibilità di movimento, oltre che bella a vedersi, ci dà l’opportunità di restare sempre mobili sul campo di battaglia e, di conseguenza, eliminare ogni qualsivoglia punto di riferimento agli avversari. Se l’ambiente circostante lo permette, è anche possibile cogliere alle spalle i nostri nemici, quindi la scivolata si traduce anche in un ottimo espediente tattico. Vista la mole di piombo e raggi laser presente in ogni schermata, è obbligatorio riuscire sempre a trovare un punto sicuro e, il più delle volte, semplicemente spostarsi da un’esplosione imminente; inutile dirlo, la scivolata entra in gioco anche in questo caso.
La nostra fidata armatura non sarebbe uno strumento di guerra definitivo se non offrisse anche un ottimo modo di attaccare: decisamente meno innovativa ma altrettanto utile è una funzione in stile bullet time che, rallentando il tempo, ci permette di portare a segno colpi più precisi e letali. Da attivare nei momenti più confusionali, quest’asso nella manica si rivela particolarmente utile contro nemici veloci e in tutte quelle situazioni in cui bisogna fronteggiare nemici più grossi e, perché no, più incazzati del buon vecchio Sam. Ci regala anche attimi di pura soddisfazione quando saltando una copertura attiviamo lo slow motion e, trovandoci in una posizione sopraelevata, possiamo inanellare una serie di monumentali headshot: spettacolo!

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Il bullet time, inoltre, entra automaticamente in campo quando la nostra salute è messa in pericolo dai troppi colpi nemici: questa scelta, seppur diminuisca di gran lunga il livello di difficoltà, si sposa bene con lo stile generale del titolo. Vi direte, ma siamo praticamente invincibili? Ovviamente no. Per quanto le capacità della nostra armatura siano indiscusse, a tutto c’è un limite: utilizzando sia la scivolata che il bullet time possiamo surriscaldarla e, di conseguenza, dovremo aspettare un po’ prima che sia di nuovo pronta all’uso. Inutile dirvi che nelle situazioni più difficili da gestire avere l’armatura surriscaldata si traduce il più delle volte in un ineluttabile Game Over.
Per fronteggiare i robotici nemici presenti nel gioco, oltre la citata armatura, sono a disposizione di Sam tutta una serie di armi piuttosto classiche: mitragliatrici, fucili, lanciarazzi, bombe a mano, fucili di precisione e così via. La particolarità di Vanquish sta nella possibilità di potenziarli semplicemente raccogliendo proiettili quando l’arma è già al massimo della capienza; inoltre sono anche presenti dei potenziamenti indipendenti dalle munizioni in possesso sparsi qua e là per le ambientazioni. Tutto questo per far fronte ad un gran numero di avversari che, nonostante una I.A. nella media, si riveleranno piuttosto coriacei, soprattutto quando inizieranno ad attaccare in massa. Spettacolari invece i boss: enormi, cattivi e spesso in numero elevato ci regaleranno delle intense sessioni di gioco, costringendoci a cercare di volta in volta la tattica più efficace per eliminarli.
Nel complesso, Vanquish, ci regala delle emozioni ludiche senza precedenti ma, purtroppo, anch’esso non è esente da difetti. Più che parlare di vere mancanze preferisco usare l’espressione “Potenziale Inespresso”. Partendo dalla tuta che mostra tutte le sue capacità immediatamente, infatti, sarebbe stato decisamente più interessante fornirla di vari potenziamenti sia funzionali che estetici da sbloccare nel corso dell’avventura. Stesso discorso si ha per le armi, quasi tutte già reperibili nel primo atto. Questa sensazione che si poteva fare di più predomina per tutto il corso della storia che, pur soddisfacendo il giocatore, lo invita comunque a chiedersi quante altre meraviglie il gameplay avrebbe potuto regalare.

!==PB==!
Guerra lampo

Lo so, lo so, circa 1400 parole e ancora non ci sono accenni all’elemento che più ha fatto discutere del gioco: la longevità. Può un gioco essere considerato interessante anche se dura veramente poco? Oppure grazie ad un gameplay stratosferico farci dimenticare le lancette dell’orologio? Nonostante abbia una chiara e forte opinione personale, non sono qui per dibattere su tali argomenti ma semplicemente fornirvi dati obiettivi su quest’ulteriore parametro di valutazione. Vanquish, statistiche alla mano, dura circa cinque ore, stop.
Quindi l’isteria e il caos generale a riguardo hanno ulteriore conferma?
Sì, ma peccherei di professionalità se non dessi a quest’affermazione il giusto significato. Le statistiche di fine gioco ci riportano la durata complessiva delle nostre azioni sommandole di missione in missione, questo non significa che necessariamente abbiamo impiegato cinque ore delle nostre vite per portare a termine il gioco, anzi, considerando tutti i filmati e i tempi morti, posso affermare con certezza che il tempo effettivo può arrivare anche a sette ore. Le statistiche offrono quindi una panoramica riassuntiva del tempo impiegato per portare a termine l’avventura ma si riferiscono unicamente alla componente giocata, senza tener conto appunto delle cutscene, dei tempi di caricamento o più in generale di tutti i momenti in cui non si partecipa direttamente all’azione. Questo non giustifica comunque l’esigua durata della campagna principale, a cui va sommata la possibilità di affrontare il titolo in più livelli di difficoltà e delle sfide extra che vi ruberanno altre ore di gioco. Salvo queste sfide, gli extra finiscono qui, fatta eccezione per alcune statuette da colpire nascoste qua e là tra le ambientazioni. Se paragonato a Bayonetta e alla sua quantità di oggetti segreti, missioni e accessori da sbloccare, Vanquish è un prodotto “brevissimo” anche da questo punto di vista.
A questo punto sorge spontaneo chiedersi: e l’online?
Nonostante sia presente in quasi tutti i giochi, Vanquish non dispone di una modalità multigiocatore, sia essa competitiva o cooperativa. Più che per limiti tecnici questa scelta è da imputarsi essenzialmente alla volontà degli sviluppatori di non stravolgere troppo la natura del gioco. Il ritmo del titolo, unitamente alla possibilità di spostamento rapido, avrebbero costretto i ragazzi di Platinum Games a limitare in maniera eccessiva quelle che sono le componenti essenziali del gameplay e, a conti fatti, ci saremmo trovati con un online che ha davvero poco a che fare con Vanquish. Scelta sicuramente difficile, ma che apprezzo.

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Bello a vedersi

I videogame hanno il merito o la colpa, a seconda dei casi, di aver fornito al giocatore tutta una serie di situazioni, scenografie e storie varie in cui, pad alla mano, viviamo un’esperienza bellica futuristica e, il più delle volte, anche lontana anni luce dal nostro pianeta. Avendo un po’ tutti questo background, da Vanquish non potevamo non aspettarci esplosioni, raggi laser, confusione e ovviamente corpi di soldati morti ovunque. Vi direte, e allora? La particolarità del titolo targato Platinum Games sta nel restituire una sensazione di “asetticità” che fa molto arte moderna, anche quando, a pochi centimetri dalla nostra armatura, si scatena letteralmente l’inferno. Sensazione che deriva dalla palette di colori usata e dall’imperversare del bianco metallo che, oltre a vestire il nostro protagonista, predomina su gran parte dello scenario.
Sotto il profilo puramente artistico, Vanquish, è senza dubbio una piccola opera. Il design delle ambientazioni colpisce subito il giocatore per la sua cura e per il gran numero di particolari ma a stupire maggiormente sono i personaggi e nemici e quant’altro si muove su schermo. Non solo quindi Sam ma anche comprimari e robot concorrono a creare quell’atmosfera sci-fi che allo stesso tempo si avvicina agli anime giapponesi. Per quanto riguarda gli aspetti più tecnici, i ragazzi di Platinum Games, visti i buoni risultati raggiunti con Bayonetta, hanno deciso di fornirsi dello stesso motore grafico. Il risultato finale è decisamente apprezzabile: tanti oggetti in movimento su schermo e azioni frenetiche non minano la stabilità del motore che si destreggia bene anche nelle situazioni più complicate. Le ambientazioni soffrono invece di un livello di dettaglio un po’ basso con un leggero aliasing su molte superfici. Ottimi i personaggi sia per numero di poligoni che per texture; il punto migliore della produzione restano comunque le ottime animazioni: vedere Sam lanciarsi in funamboliche gesta è uno spettacolo per il giocatore.
Tra i rumori frastornanti di armi futuristiche spicca anche un buon doppiaggio in lingua italiana. L’intero comparto audio si attesta su ottimi livelli, assordandoci con esplosioni e colpi d’arma da fuoco e allo stesso tempo iniettandoci una scarica d’adrenalina direttamente nel timpano con ritmi incalzanti. Un’esperienza audiovisiva di tutto rispetto.

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Svanirà?

Difficile dire se Vanquish verrà ricordato per sempre o sarà solo l’ennesimo titolo di passaggio di questa generazione. Le qualità del titolo firmato Shinji Mikami sono indiscutibili e, se non durasse così poco, staremmo qui a parlare di una nuova pietra miliare dei videogame. Purtroppo non posso non tenere in considerazione la durata dell’avventura che, nonostante le attenuanti del caso, resta comunque troppo breve. La domanda è: Vanquish merita l’acquisto? La risposta può essere sì e no allo stesso tempo, in quanto è un prodotto che sicuramente lascerà l’amaro in bocca per la durata ma che comunque è uno di quei titoli che vanno provati perché riesce a rapirti come solo le grandi produzioni sanno fare. Se Sam è nicotina-dipendente, noi abbiamo lo stesso vizio con il titolo: ci piace. Anche se non è esente da gravi problemi come quello già citato della longevità.
Il gioco è bello quando dura poco? Sicuramente no, anche se Vanquish potrebbe veramente farci cambiare idea.