Recensione Recensione di Transformers: Dark of the Moon
Recensione di Transformers: Dark of the Moon di Console Tribe
di: Simone CantiniTre, un numero che sin dalla notte dei tempi è sempre stato identificato come il perfetto tra gli infiniti a disposizione. Sarà per questo che, ultimamente, ogni produzione che si rispetti, appartenga essa al mondo del cinema, del fumetto o dei videogames, non può prescindere dal dipanarsi lungo quelle che vengono più tecnicamente chiamate trilogie. È il caso dei celeberrimi e tanto amati Transformers, i giganteschi robot provenienti dal cuore dei gloriosi anni ’80, che a partire dal 2007 (in concomitanza con l’omonimo blockbuster hollywoodiano) hanno goduto di una nuova e scintillante giovinezza. E dato che, per l’appunto, abbiamo inaugurato queste righe parlando di trilogie, ecco giungere nei cinema del globo la terza pellicola destinata ad ospitare le eroiche gesta degli abitanti del pianeta Cybertron. Ovviamente accompagnata dall’immancabile e scontato adattamento videludico.
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3 è davvero il numero perfetto?
Autobot contro Decepticon. Un’eterna lotta che da tempi immemori va combattendosi tra le due genie robotiche, una guerra che abbandonate le natie terre è finita con il raggiungere il suo apice proprio sul nostro verde pianeta. Una guerra, dicevamo, alla cui battaglia finale è possibile già assistere sul grande schermo, grazie a Transformers 3: Dark of the Moon, il nuovo e rutilante film diretto dal solito Michael Bay. Ma se acquistando il biglietto del cinema è possibile godersi soltanto le ultime, scoppiettanti battute di questo secolare scontro, per sapere come si sia arrivati al culmine di tutto quanto è necessario procurarsi una copia dell’omonimo videogame, sviluppato da High Moon Studios e distribuito, come sempre, da Activision.
Nel tie-in dedicato ai robot mutaforme, difatti, non ripercorreremo le vicende narrate su pellicola, ma saremo catapultati in quello che possiamo a tutti gli effetti definire come un prequel. Purtroppo, complice una sceneggiatura decisamente sottotono e scarsamente curata, i ragazzi di High Moon Studios non sono riusciti ad imbastire una trama particolarmente avvincente, la quale non farà altro che presentare, nel corso di sette capitoli scarsamente longevi, una sequenza di missioni in cui l’unico scopo sarà quello di arrivare al termine del livello. Ovviamente dopo essersi lasciati alle spalle un consistente mucchio di fumanti rottami metallici.
Una volta caricato questo terzo episodio dedicato ai Transformers, ci ritroveremo dinanzi all’ennesima variante del più classico dei TPS, la cui unica differenza rispetto all’abbondante schiera di avversari videoludici, sarà costituita dalla particolare capacità di mutare forma che da sempre caratterizza i robot made in Hasbro.
Difatti, sin dal primo istante, tutto andrà ad assumere rapidamente i contorni del già visto, a partire dai controlli di base che, ne siamo sicuri, non richiederanno che pochissimi minuti di rodaggio prima di essere agevolmente assimilati. Con i grilletti dorsali, sarà possibile gestire le varie armi da fuoco (due tipi, intercambiabili in ogni momento tramite la pressione di uno dei tasti frontali), unitamente alle due abilità secondarie di cui dispone ogni Autobot o Decepticon che andremo a controllare. Queste due feature aggiuntive, e peculiari di ciascun automa, ci consentiranno di accedere ad armi supplementari decisamente più devastanti, oppure ci permetteranno di mappare l’area davanti a noi, di modo da avere su schermo la posizione di tutte le truppe nemiche o, inoltre, di divenire per alcuni istanti completamente invisibili, capacità che si rivelerà determinante in uno dei livelli di gioco.
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Ma un gioco dedicato ai Transformers che si rispetti non sarebbe tale se i robotici eroi non potessero, per l’appunto, trasformarsi. Bene, High Moon Studios sembra essersi ricordata di questa semplicissima regola di base ed ha previsto due ulteriori configurazioni, in aggiunta alla classica bipede. Oltre alla canonica forma veicolare (sia essa di automobile, aereo, o tank), il team ha previsto una modalità intermedia denominata Furtiva che, a dispetto del nome, non consentirà al nostro avatar di muoversi nell’ombra, simile ad un cibernetico Snake, ma andrà semplicemente ad aumentare la nostra mobilità e la nostra potenza di fuoco, convertendoci in una sorta di veicolo corazzato. Purtroppo l’utilità di queste due trasformazioni risulta essere pesantemente castrata dal design dei livelli, i quali si presenteranno quasi esclusivamente come dei lunghi corridoi, privi di spazi particolarmente ampi entro i quali far scorrazzare liberamente le declinazioni motorizzate dei robot, le quali tra l’altro risultano già essere decisamente poco user friendly a causa di una non troppo felice mappatura dei controlli, impossibile da customizzare a seconda delle proprie preferenze.
Ma trattandosi di un TPS a farla da padrone saranno le numerose sparatorie in cui ci troveremo coinvolti, sparatorie in cui saremo chiamati a fronteggiare un discreto numero di avversari, i quali saranno coadiuvati da delle routine comportamentali efficaci, capaci di garantire un tasso di sfida sufficientemente elevato anche ai livelli di difficoltà meno impegnativi.
Fortunatamente le situazioni ludiche imbastite dal team di sviluppo riusciranno a fornire una discreta varietà all’avventura, dato che ad intervallare la prevedibile abbondanza di scontri a fuoco giungeranno brevi fasi stealth, di volo, oppure di semplice guida. Peccato che invece di essere proposti in maniera costante nel corso di tutta la campagna, questi divertissement siano legati esclusivamente a momenti unici e interverranno in soccorso della noia a seconda del robot che le esigenze di trama ci consentiranno di comandare. Da questo punto di vista è opportuno sottolineare come sia andata perduta la possibilità di scegliere quale fazione impersonare nel corso del gioco, dato che sarà la storia stessa a proporci, di volta in volta, l’automa che andremo ad impersonare. Se questo, da un lato, aiuta a far scorrere parallelamente i duplici punti di vista della narrazione, dall’altro diminuisce notevolmente la possibilità di scelta lasciata al giocatore, a differenza di quanto era possibile a partire dal primo episodio rilasciato nel 2007.
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Precedenza a chi spara da destra
Una volta lasciatisi alle spalle i 7 capitoli della campagna (e non ci impiegherete più di 5, brevissime ore), un incentivo a far stazionare ancora un po’ nel tray della vostra console il disco di gioco è fornito dall’immancabile comparto multiplayer, il quale vi permetterà di imbarcarvi in delle frenetiche lotte capaci di veder impegnare sino ad un massimo di 10 giocatori. Poche le modalità di gioco offerte: Deatmatch (sia singolo che a squadre) e Conquista, nella quale sarete impegnati a difendere 3 diverse zone dagli attacchi degli avversari. Se sul fronte squisitamente ludico l’offerta risulta essere realmente ridotta ai minimi termini, una maggiore varietà è riscontrabile nella personalizzazione del nostro alter ego digitale. Difatti potremo scegliere tra 4 differenti tipologie di robot, ognuna delle quali dotata delle proprie peculiari caratteristiche e abilità specifiche, abilità a cui avremo accesso attraverso il consueto, ruolistico, meccanismo di avanzamento di livello.
Nonostante delle premesse tutto sommato positive, il comparto online deve prestare il fianco a delle problematiche tutt’altro che trascurabili, prima fra tutte l’instabilità del netcode, incapace di gestire fluidamente l’azione e lasciando così la strada spianata a frequenti e decisamente fastidiosi episodi di lag. Inoltre la progressione dei vari livelli di esperienza, fattore che avrebbe dovuto garantire un minimo di longevità al tutto, si è rivelata essere sin troppo veloce: se si considera che dopo poco più di tre partite eravamo già riusciti a sbloccare tutte le abilità di una delle 4 classi di veicoli, vi potete rendere facilmente conto di come non impiegherete molto a sviscerare tutte le caratteristiche del comparto competitivo. Un vero peccato, dato che nonostante il risicato ventaglio di modalità messe a disposizione dell’utenza e le problematiche appena descritte, i match si sono rivelati estremamente dinamici (complice anche la possibilità di godere della facoltà di trasformarsi) e tutto sommato veramente divertenti.
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Metti un micio nel motore
A rombare felice sotto il cofano di Autobot e Decepticon ritroviamo, ma oramai la notizia non fa certo più scalpore, il solito ed onnipresente Unreal Engine 3. Peccato, però, che High Moon Studios non sia riuscita a far esprimere al meglio il codice messo appunto da Epic. Fin dai primi istanti di gioco, infatti, saremo accolti tra le calde bracci di tearing e pop-in e, inoltre, non sarà di certo infrequente imbattersi in inspiegabili cali di frame rate, anche in occasione di momenti relativamente tranquilli. A peggiorare il tutto interviene anche una gestione della luce e delle ombre decisamente sottotono. Non brilla nemmeno la complessità strutturale e fisica, dato che gli ambienti, seppur dotati di un buon numero di dettagli, risulteranno essere tristemente simili a delle semplici fotografie, data la totale assenza di interazione ambientale (ad esclusione di marginali elementi dello scenario che sarà possibile distruggere nel corso degli scontri).
Le notizie migliorano, invece, sul fronte squisitamente poligonale, dato che i modelli principali, ma anche quelli degli avversari, risultano essere decisamente più performanti rispetto a quanto appena descritto, forti di una discreta cura delle animazioni e del dettaglio.
Poco incisivo anche il comparto musicale, il quale si limiterà esclusivamente a fornire un anonimo accompagnamento sonoro, solo in parte ispirato alla colonna sonora originale. Buono, invece, il doppiaggio interamente realizzato in italiano e forte di una recitazione sufficientemente ispirata.
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More than meets the eye?
Ancora una volta i poderosi guerrieri del pianeta Cybertron hanno dimostrato di non essersi ancora adattati alla vita sul pianeta Terra: Transformers 3, difatti, è un titolo incapace di raggiungere la piena sufficienza, a causa di una struttura di gioco che, nonostante sia illuminata da alcuni sprazzi di design veramente azzeccati, finisce unicamente con il proporre un’esperienza ludica troppo frammentata e sbrigativa. Se a ciò si va ad aggiungere un comparto tecnico decisamente poco esaltante ed un multiplayer incapace di catalizzare troppo a lungo l’attenzione dei player, appare sin troppo evidente che il titolo targato High Moon Studios possa essere seriamente preso in considerazione (e anche in questo caso con più di una riserva) soltanto dai fan più sfegatati dei robotici guerrieri.