Recensione Recensione di Stoked: Big Air Edition
Recensione di Stoked: Big Air Edition di Console Tribe
di: Federico LelliNell’ampio panorama videoludico succede spesso che ci siano generi che vengono dimenticati per un certo periodo: i giochi di snowboard, fortissimi nella scorsa generazione, hanno ricevuto un trattamento decisamente inadeguato negli ultimi anni. La saga di Stoked, nata grazie alla collaborazione tra Bongfish e Destineer, è stata forse l’unica e la più rilevante sul mercato in grado di tenere viva la passione dei rider da salotto. Stoked: Big Air Edition è infatti una versione riveduta e corretta del primo episodio, uscita nel mercato europeo con colpevole ritardo.
Dai la cera, togli la cera
Successore spirituale di Amped, Stoked vuole essere una risposta più simulativa e realistica – anche se con qualche licenza – rispetto a quello che abbiamo visto negli anni con SSX. Dimentichiamoci quindi le evoluzioni surreali, i parchi a tema, i fuochi d’artificio e le montagne piene di elementi fuori contesto; in questo caso ci troveremo a sfidare la gravità, la natura spartana e le poche strutture sparse qui e là.
La carriera inizia con la creazione del nostro rider: grazie ad una modalità specifica, che a dire la verità non ci offre molte scelte, possiamo selezionare aspetto fisico, vestiario e accessori del nostro avatar. Da qui la struttura essenziale dei menù e la montagna nello sfondo ci indirizzano subito verso l’azione, proponendoci un semplice e veloce tutorial.
Il modello di gioco, molto simile a quello già visto in Skate, si concentra sull’utilizzo delle due levette e dei dorsali, lasciando ai bottoni frontali il solo compito di navigare tra i menù: lo stick sinistro è infatti utilizzato per spostare il baricentro del corpo e per gli spin in aria; i grilletti sono associati alle due mani per i grab e alla possibilità di caricare la rotazione prima del salto; lo stick destro è usato per gli ollie, con il solito movimento su-giù, e per modificare le prese in aria.
Veniamo introdotti anche alla differenza tra Hucker e Styler, i due modi opposti di surfare sulla neve: nel primo caso si premia la quantità di trick e le molteplici rotazioni del corpo, nel secondo caso è la qualità a farla da padrone con prese prolungate e mezze rotazioni lente.
Chiude il quadro la fisica puntuale e curata che ci obbliga a calcolare con precisione le rotazioni del corpo e l’inclinazione della tavola sul terreno prima di azzardare un atterraggio sfortunato.
Scopriamo subito che Stoked è un gioco che va approcciato nel modo giusto e che non offre nessuna curva di apprendimento: sin dall’inizio i mezzi messi a disposizione del giocatore sono completi (fatta eccezione per qualche grab particolare da sbloccare) ed è potenzialmente possibile fare qualunque cosa in ogni momento del gioco; per i neofiti, che si avvicinano al genere per la prima volta, la pratica diventa quindi fondamentale per andare avanti ma per chi conosce il modello di gioco, dai precedenti capitoli o dal similare Skate, offre una sfida decisamente interessante sin da subito.
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Se il gameplay è ben calibrato e ragionato, sul versante narrativo vediamo subito i limiti del titolo: ad essere precisi non c’è neanche una storia a fare da collante, saremo semplicemente chiamati ad affrontare tutte le sfide presenti in ogni montagna cercando di guadagnare punti esperienza e l’attenzione degli sponsor.
Scelta la montagna e il versante dove lanciarci, è il pilota dell’elicottero che con un curioso accento locale ci fa da cicerone, spiegandoci le caratteristiche principali della montagna e commentando il tempo meteorologico. Ci lanciamo dal mezzo senza uno scopo particolare: tutte le sfide sono infatti visibili dalla distanza e possiamo raggiungerle in pieno stile free-roaming per attivarle. Il gioco divide tutto nelle tre macro-sezioni Freeride, Competition e Media and Sponsorship. La prima comprende le Session, discese libere con punteggio fisso da battere; i Trick or Die, dove dobbiamo superare un punteggio particolare con specifici generi di trick e gli Stick a Trick dove eseguire una serie di evoluzioni predefinite in sequenza. Nella seconda sezione sono incluse le competizioni di velocità con checkpoint dette Race e le Battle of the Brands, uguali ai Trick or Die ma sponsorizzate dalle varie ditte di abbigliamento e tavole. Nella terza selezione troviamo invece sfide fotografiche, anche queste non molto dissimili alle sfide viste in Freeride e una serie di eventi dove superare il punteggio degli avversari. Completando gli obbiettivi specifici di ogni montagna riusciremo infine a fare una discesa con il rider associato alla zona: la prova in questo caso è tra le più difficili richieste visto che ci obbliga a conseguire un determinato punteggio usando solo una serie predefinita di trick.
È possibile inoltre scegliere le sfide direttamente dal menù introduttivo, evitando così di vagare a vuoto nelle vaste mappe della montagna.
Il colore della neve all’alba
Il level design delle sette montagne, tutte raffiguranti vette reali o famose come l’Almirante Nieto o il K2, è coerente e preciso e ci lascia la possibilità di scegliere la strada che preferiamo in ogni momento: possiamo decidere infatti di sfrecciare a fondovalle o di carvare sui lati della montagna sfruttando al massimo gli anfratti e le sporgenze naturali per i nostri salti. Come già specificato, si predilige di gran lunga lo scenario naturale ma non mancano ostacoli artificiali sistemati per slide e grind e rampe apposite da usare per i nostri lanci spericolati.
Il livello grafico è tutto sommato buono con momenti di eccellenza nella profondità dell’orizzonte e nei giochi di luce che offre il meteo dinamico; un ottimo risultato se consideriamo che si tratta essenzialmente di un free-roaming dai tempi di caricamento decisamente brevi e che è uscito negli USA nel 2009. Nella media le animazioni e i modelli poligonali del nostro avatar, come anche gli effetti particellari e le scie sulla neve, che rimangono impresse anche dopo diverse sessioni. Vista la mole di lavoro richiesta per la costruzione di questi giganteschi fondali è normale che sfugga qualche dettaglio: qualche bug visivo come le scie che a volte scompaiono e gli alberi fluttuanti, il respawn troppo vicino agli oggetti che non ci offre spazio di manovra e freeze momentanei quando sblocchiamo gli obbiettivi. Nessuno di questi problemi però inficia l’esperienza di gioco che risulta solida e ben costruita.
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Il solito telefonino usato per navigare i menù e per visualizzare gli obbiettivi funge anche da pratico lettore musicale in-game: grazie ad una pressione del d-pad possiamo infatti cambiare in ogni momento la traccia selezionata e il pratico sistema di playlist ci offre la possibilità di escludere uno o più generi musicali in modo da creare una lista più affine ai nostri gusti.
L’estensiva tracklist spazia dal reggae al dub passando per punk/hardcore e metal ma non disdegna incursioni nel pop e nella musica elettronica.
Ottimi anche i suoni ambientali: il suono sordo della neve, gli sfregamenti della tavola sulle rocce, l’aria sulla faccia, tutto è reso alla perfezione e in maniera molto suggestiva.
L’esperienza multiplayer è simile a quella già vista nella modalità singola con la possibilità di affrontare 7 avversari umani contemporaneamente. Purtroppo l’uscita ritardata del gioco ci pone in netto svantaggio di fronte ai possessori americani del gioco (o almeno quelli che hanno ancora voglia di giocarci) e al momento non sembra essere molto popolato neanche dai giocatori europei.
Se non sei caduto è perché non hai osato abbastanza
Stoked: Big Air Edition è il gioco ideale da raccomandare agli amanti dello snowboard ma non è sicuramente la prima scelta per tutti quelli che vogliono avvicinarsi al genere: una carriera impegnativa e a tratti frustrante, soprattutto quando si tratta di collegare due o più slide specifici, potrebbe scoraggiare i più inesperti; non mancano inoltre problemi di fondo che vanno a colpire anche i giocatori più ferrati come la totale mancanza di una storia o, alla lunga, la ripetitività delle sfide e il minimo senso di appagamento che ne accompagna il superamento. La mancanza di un replay o di una modalità per registrare video rende infatti le nostre acrobazie fini a se stesse e anche la possibilità di usare la macchina fotografica è impiegata in maniera basilare, dandoci la possibilità di scattare solo da una visuale rialzata.
Nonostante questo Stoked rimane una delle poche scelte disponibili per cimentarsi in questo sport estremo e riesce ad offrire comunque un’esperienza di gioco più che sufficiente grazie al solido gameplay e alle ispirate location.