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Recensione Recensione di Saw II: Flesh & Blood

Recensione di Saw II: Flesh & Blood di Console Tribe

di: REdeiDESIDERI

Il fascino del macabro riscuote sempre un discreto successo sia in opere videoludiche che cinematografiche. In questi ultimi anni a dominare la scena c’è stata la serie di film The Saw. Nata come un progetto a basso costo, è diventata, grazie all’enorme successo, una saga cult con milioni di appassionati in tutto il mondo. Quella che ci racconta Leigh Whannel, regista del film, è una società bieca e amorale, fatta di individui che sprecano la loro vita tra alcol, droga e crimine e, più in generale, in ogni atto moralmente inaccettabile. The Saw scava nel profondo delle persone, di quelle che definiresti brava gente e ne porta a galla i peccati. Arrampicatori sociali, pedofili, ladri, approfittatori, nessuno è risparmiato dal vigile e tiranno occhio dell’Enigmista. Protagonista del film e del videogame è proprio questo serial killer che, nella sua personale visione del mondo, offre una seconda possibilità alle sue vittime. Tutti siamo chiamati a fare una scelta, spesso in contrapposizione con il nostro stile di vita, che ci porterà ad un bivio in cui redenzione e morte sono separati da una linea sottilissima, valicabile solo attraverso il pentimento che, il più delle volte, avviene attraverso un vero sacrificio. Per queste ragioni L’Enigmista è un personaggio che, nonostante i suoi i metodi, è amato dal pubblico. Konami l’anno scorso ha deciso di portare su console questa sanguinolenta esperienza visiva ma il risultato non è stato poi così sorprendente. A distanza di un anno ci ritenta portandoci un titolo che porta con sé il frutto degli errori del passato. Anche Saw II: Flesh & Blood fa il suo personalissimo viaggio di redenzione attraverso quest’articolo. Il countdown è partito. “Vivere o morire, fai la tua scelta

Ti ho offerto l’onore di continuare l’opera della mia vita, ma non ce l’hai fatta (Jigsaw – SAW III)

Il primo capitolo della saga ci aveva messo nei panni del detective David Tapp, già visto nella prima indimenticabile pellicola cinematografica; in questo nuovo capitolo, invece, impersoneremo il figlio Michael Tapp. Lo scorso episodio aveva il pregio di allacciarsi in maniera quasi perfetta agli eventi narrati nel film fornendoci al tempo stesso nuovi retroscena e sviluppi. Chiunque abbia seguito la saga, infatti, avrà sicuramente apprezzato la sceneggiatura e, allo stesso modo, è stato in grado di avere una visione più chiara degli eventi che caratterizzano l’opera. Sotto quest’aspetto Flesh & Blood è piuttosto deludente o quantomeno non è come ce l’aspettavamo. Il canovaccio narrativo messo a punto dai ragazzi di Zombie Studios sicuramente si collega alla pellicola cinematografica ma non riesce a fornire i giusti punti di legame al giocatore che, seguendo lo sviluppo del titolo, rimarrà più di una volta disorientato. La sensazione che si ha seguendo gli eventi è quello di trovarsi di fronte ad un capitolo quasi completamente slegato dall’opera originale con solo personaggi, audiocassette e dossier sul caso dell’Enigmista a far da collegamento al film. Non fraintendeteci, non stiamo di certo dicendo che in Flesh & Blood non rivivremo le cupe atmosfere del film ma solamente che, per quanto riguarda la narrazione, questa si discosta parecchio dal plot narrativo della pellicola cinematografica.

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Dimenticandoci per un attimo che stiamo parlando di uno spin-off; la sceneggiatura, senza considerazioni esterne, risulta comunque gradevole grazie a quel sapiente mix di orrore, dialoghi accattivanti e personaggi ambigui. Il giovane Michael dovrà vedersela con alcuni personaggi che in qualche modo hanno a che fare con lui o con il padre. Inutile dirlo che ognuno di loro è un semplice elemento dell’intricato mosaico messo a punto dall’Enigmista. A dirla tutta Michael non è il solo protagonista, infatti sia nella sequenza iniziale che in quella finale impersoneremo un altro personaggio. Le azioni che compiremo avranno un notevole impatto sulla storia. Per non rovinarvi la sorpresa non possiamo descrivervi nel dettaglio di cosa si tratta ma vi basterà sapere che ad un certo punto sarete chiamati a fare una scelta e questa cambierà il corso degli avvenimenti. Nel complesso Saw II ci racconta una storia ricca di colpi di scena e di introspezione sugli aspetti più scuri e profondi della personalità umana.

Quello che conta è giocarsi bene le carte che abbiamo… (Jigsaw – SAW IV)

Il primo capitolo non aveva convinto a causa di un gameplay troppo stantio e ripetitivo. Il compito del detective era quello di giungere, in ogni capitolo, in una stanza per salvare da una terribile morte uno dei personaggi a cui il detective aveva, in un modo o nell’altro, rovinato la vita. Per riuscire in quest’impresa bisognava attraversare lunghi corridoi e risolvere sempre gli stessi indovinelli. L’Enigmista nel film è apprezzato perché riesce sempre a creare strumenti di morte sempre diversi; nel gioco, invece, è un amante della routine. Giunge spontaneo chiedersi se questo secondo capitolo riesca a offrire di meglio dove il primo ha fallito. La risposta a questo interrogativo non è univoca: prendendo in esame l’intera struttura del gameplay, è innegabile che alcuni cambiamenti abbiano giovato all’esperienza giocata ma altrettanto innegabile è che il nostro percorso fino ai titoli di coda è costellato da elementi simili che si ripropongono di volta in volta.
Per chi non avesse mai sentito parlare del gioco, ci troviamo di fronte ad un surival horror in terza persona in cui, accompagnati da un pessimo sistema di controllo, dovremo superare una serie di sfide e trappole messe a punto dall’Enigmista. Le insidie che troveremo sul nostro cammino sono molteplici, dal semplice crollo di una parte del pavimento a porte che, appena aperte, innescheranno devastanti trappole mortali. Se ciò non bastasse, sparse per le ambientazioni, ci sono altri partecipanti “al gioco” che hanno come unico scopo quello di ucciderci. Tutti questi eventi vengono gestiti interamente da alcuni Quick Time Event. Di per sé questi eventi scriptati non sono poi così male ma, purtroppo, non sono gestiti al meglio. Il feedback dei comandi non sempre risponde in maniera adeguata e, vista la quantità di volte in cui si ripetono, col tempo finiscono per annoiare.

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La prima differenza con il primo capitolo riguarda i personaggi che tenteranno di mettere fine alla nostra vita. Se in passato era stato realizzato un sistema dinamico con la possibilità di evitare gli attacchi e relativi contrattacchi, in questo nuovo capitolo l’intera gestione dei combattimenti è a completo appannaggio dei Quick Time Event. Non avremo molta possibilità di scelta se non quella di aspettare che il nemico si avvicini e faccia partire la sequenza di tasti da premere col giusto tempismo. Di certo il vecchio stile di combattimento non era perfetto ma, almeno, riusciva a spezzare un po’ il ritmo di gioco. Questa scelta invece si è rivelata tutt’altro che vincente: i vari nemici che vi sbarrerrano la strada, vista anche la facilità dei QTE, risulteranno essere più una seccatura che una sfida. L’idea degli sviluppatori forse era quella di dare più spazio alle sequenze ragionate ma, a conti fatti, questa via di mezzo non regala nessuno stimolo aggiuntivo e finisce per contribuire a creare di nuovo quel clima di noia e monotonia che accompagnava la prima produzione.
Il punto forte del gioco – e dei survival horror in generale – è sicuramente l’esplorazione. Durante queste fasi è possibile immergersi maggiormente nell’atmosfera di gioco, rivivendo quella sensazione di claustrofobia che accompagna il film. Sotto quest’aspetto Flesh & Blood è sicuramente riuscito ma, come il suo predecessore, finisce ben presto per diventar ripetitivo. Gli indovinelli sono rimasti quasi immutati, salvo qualche piccola miglioria. Ritroveremo il solito pannello di fili elettrici, le solite combinazioni di numeri da scovare nelle stanze e i soliti ingranaggi. Ogni minigioco è stato riproposto con qualche simpatica variante ma che comunque non ne cambia la sostanza. Novità per la serie è la presenza di corridoi fatti di televisori con diverse immagini proiettate su schermo: se non calpestiamo gli schermi giusti riceveremo una scarica elettrica non troppo apprezzata dal protagonista. Altra novità è un minigioco in cui dovremo spegnere dei bottoni su una griglia di varie dimensioni: pigiando un tasto se ne accende un altro e starà a noi trovare la giusta combinazione. Inutile dire che anche quest’ultimi due verranno riproposti molte volte prima di terminare il gioco.
Da segnalare in positivo alcune sequenze in cui, minacciati da dei colpi di pistola, ci ritroviamo a dover ripararci per poi uscire e cambiare riparo quando il nostro attentatore è impegnato a ricaricare la propria arma. Un passaggio giocato sicuramente divertente e che aumenta il ritmo di gioco ma, come ogni altro aspetto del gioco, anche questo si ripete più di una volta nel corso dell’avventura.
In definitiva il gameplay di Flesh & Blood soffre degli stessi problemi del predecessore; le migliorie apportate riescono sì a far sembrare l’incedere meno monotono e ripetitivo ma il succo non cambia.

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Vedo che non hai imparato niente. Con la rabbia otterrai solo la distruzione delle persone che ami. (Jigsaw – SAW III)

Per far rivivere le tinte cupe e sanguinolente del film sulle nostre console, gli sviluppatori si sono affidati di nuovo all’Unreal Engine 3. Il risultato è tutto sommato buono, soprattutto per quanto riguardo l’aspetto generale e il design artistico. Considerando che molti dei titoli di questa generazione usano lo stesso motore grafico, è facile intuire che ci troviamo davanti ad un prodotto quantomeno all’altezza di molte altre produzioni. Quest’affermazione, seppur positiva, ha comunque un rovescio della medaglia: a fronte di una realizzazione tecnica nella media non troviamo nessun tratto distintivo per far emergere il titolo. Ci ritroveremo quindi a vagare in ambientazioni discretamente realizzate con texture di buona fattura. I personaggi inoltre sono dotati di una buona modellazione poligonale ma, purtroppo, appaiono evidenti numerosi dettagli in bassa risoluzione, soprattutto quando la telecamera stringe sui primi piani. Alcune migliorie sono state apportate per rendere l’impatto visivo più pulito grazie a effetti luce ben studiati e una palette di colori ottima.
Lo stile si rifà totalmente a quello del film regalandoci ambienti bui e ricchi di particolari tipici della serie ma anche in questo caso la monotonia è di casa: dopo qualche ora di gioco vi ritroverete a vagare praticamente per gli stessi scenari. Questa scelta contribuisce negativamente anche sul gameplay, spesso vi chiederete “ma di qua non ci ero già passato?”, e ovviamente non ci troviamo davanti a ambientazioni labirintiche appositamente progettate.
L’audio regala qualche soddisfazione grazie a campionature e musiche adatte alla produzione. Il sottofondo musicale ci accompagna per quasi la totalità dell’avventura contribuendo a creare un mix di sensazioni come ansia, paura e claustrofobia. Il tutto è accompagnato da un ottimo doppiaggio in lingua inglese che rende più credibile e avvincente la parte recitata.

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Molta gente è poco riconoscente nei confronti della vita. Ma tu no. Non più ora. GAME OVER! (Jigsaw – SAW IV)

Ancora una volta l’Enigmista ci ha costretti a partecipare ad un macabro gioco in cui la morte non è una delle alternative peggiori in cui possiamo imbatterci. Il geniale serial killer, per la seconda volta, non è stato degnamente ricompensato dalla sua controparte videoludica. Troppi elementi sembrano essere stati realizzati non tenendo conto di come il giocatore li avrebbe considerati pad alla mano; emblema di questa scelta sono i pessimi QTE che accompagnano i combattimenti. Lo stile dell’opera è rimasto invariato, così come la monotonia che regna da una schermata all’altra.
Saw II: Flesh & Blood è composto da alcuni elementi ludici davvero interessanti ma che – ahinoi – si ripetono all’inverosimile per tutta la durata dell’avventura. Quasi come il protagonista del film, gli sviluppatori ci hanno regalato una lenta agonia per redimerci dai nostri peccati. Alla fine del viaggio l’Enigmista ha vinto: abbiamo capito i nostri errori e siamo pronti a cambiare vita. Ora siamo in grado di cogliere il vero messaggio del titolo: non giocarci.

“Vivere o morire, fai la tua scelta”.