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Recensione di Risen

Recensione di Risen di Console Tribe

di: Redazione

Anni fa, durante un tipico pomeriggio estivo, durante una discussione
tra amici, emerse il seguente quesito: “Se un giorno inventassero
finalmente la macchina del tempo, in quale epoca storica vorresti
essere portato?”

La mia personale risposta, condivisa anche dalla maggior parte degli
altri, fu chiara e netta: il medioevo. Il periodo dei re, dei
cavalieri, dei castelli e delle lotte per l’onore, ha sempre su di me
esercitato un immenso fascino, immaginato come un’epoca in cui le fate,
gli gnomi, i folletti da una parte, gli orchi, i diavoletti, le streghe
dall’altra potevano ancora davvero esistere. Un’epoca, almeno nei nostri sogni, davvero ricca di magia e di mistero. I videogiochi hanno da sempre tratto a piene mani dall’immaginario
collegato a questo periodo storico. In particolare sicuramente i GDR (o
RPG che dir si voglia) hanno permesso a tutti noi videogiocatori di
vivere la propria incredibile avventura di cappe e spade, di
incantesimi e fanciulle. E in questo filone si inserisce la famosa e
tanto amata (dai puristi del genere) serie di Gothic, della software house tedesca Pirahna Bytes.

Nel 2006 uscì l’ultimo (almeno per il momento) capitolo della saga, ovvero il controverso Gothic 3, che lasciò non poco amaro in bocca ai fan di tutto il mondo.

Così, 3 anni dopo, lasciato il brand nelle mani della Spellbound
Entertainment, tentano la “risurrezione” con un gioco nuovo
di zecca, Risen.



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Il mio nome è nessuno



La storia ci vede impersonare un uomo senza nome, come nella tradizione
della casa teutonica, sopravvissuto ad un naufragio e giunto
così sull’isola vulcanica di Faranga. La terra, in seguito a dei
spaventosi terremoti, ha visto l’emergere dalle profondità di
misteriosi templi, ricchi ad un tempo di oro e ricolmi anche di
creature spaventose. Così l’avidità umana ha fatto il
resto, provocando una spaccatura in due fazioni all’interno della
popolazione: gli Inquisitori (guidati dall’enigmatico Mendoza) e i Ribelli (capeggiati dal carismatico Don Esteban).

Starà al nostro eroe (e quindi a noi) decidere da che parte stare, ricordando che in Risen
non esiste il Bene ed il Male ma, al contrario, come nella
realtà di tutti i giorni, le scelte variano su una scala di
grigi ampissima.




Una gradita sorpresa



La parte più corposa della recensione non può che essere
dedicata al suo aspetto più in evidenza: il gameplay. I Piranha
Bytes, dopo l’esperienza maturata in sei anni con Gothic,
prendono saggiamente i pregi di questa serie e tentano di correggerne i
difetti. La prima cosa che salta all’occhio, e che ne diventa il tratto
caratteristico, è la grandissima libertà di scelta
presente nel gioco. Avendo perso qualsiasi velleità moralistica,
la software house tedesca pone nelle mani del giocatore un mondo da
esplorare e in cui agire come meglio si crede in qualsiasi momento. E
questo si riflette nel fatto che potremo far parte dell’Ordine degli
Inquisitori oppure stare dalla parte dei Banditi, oppure ancora fare il
doppio gioco.

Non vi sono, come in tanti altri RPG, classi predeterminate tra cui
scegliere, ma starà a noi modellare il nostro personaggio sulle
esigenze del momento, decidendo di approfondire una particolare
abilità dietro lauti compensi a maestri ansiosi desiderosi di
insegnarci quanto sanno.

In Risen
poi potremo svolgere una vasta gamma di mestieri: il fabbro, il ladro,
l’alchimista, il mago, il cuoco e altro ancora. Sicuramente ce
n’è abbastanza per tutti.


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A tanta varietà poi si aggiunga una generale semplificazione, ma
non banalizzazione, degli archetipi del gameplay “rpgistico”, che ha
comportato come conseguenza diretta la limitazione circa il numero
delle caratteristiche migliorabili del personaggio, ovvero forza,
destrezza e saggezza, ed un’interfaccia di gioco spartana, quasi dal
sapore retrò, priva della mole impressionante di dati e
statistiche di tante produzioni moderne, ma per fortuna assolutamente
funzionale.

Apprezziamo ancora di Risen
il fatto che metta sullo stesso piano dialoghi e scontri. Per i primi,
nonostante possano annoiare i gamer più frettolosi, è
necessario seguire ogni parola di quanto detto per riuscire poi a
completare le quest in corso; per i secondi, questi sono esaltati da un
sistema di combattimento di stampo action dove, oltre ad avere il loro
peso elementi quali il danno delle armi e i parametri dei contendenti,
rilevano prevalentemente i riflessi e l’abilità tecnica del
giocatore.



!==PB==!



In medio stat virtus



Vi dirò, mi sono innamorato di Risen come appassionato di RPG. Ma il tecnico che è in me reclama presto la sua parte, come è giusto che sia. Risen, in un contesto videoludico come questo, dove l’aspetto
visivo prevale quasi sempre sullo stesso gameplay, va decisamente
contro corrente. Per i ragazzi di Pirahna Bytes la grafica deve quindi
essere il giusto contorno di una solida giocabilità, una veste
sobria e semplice, mai sopra le righe.
Questo si traduce nella constatazione di un open-world di grandi
dimensioni (limitato però ai confini dell’isola, e più
piccolo nel confronto con Gothic 3),
frutto sempre di un attento lavoro di level design, ricco di
vegetazione e dotato di buoni effetti di luce ed atmosferici
(meraviglioso assistere all’alternarsi del sole), e di scorci
panoramici suggestivi, con un occhio sempre attento alla
fluidità del tutto. Dall’altra evidenti limiti dell’engine
proprietario sono evidenti: presenza di texture di qualità
discreta, ripetitività di alcuni modelli poligonali dei
personaggi e la legnosità di certe animazioni (per esempio il
salto del nostro alter ego è abbastanza imbarazzante).

In particolare poi si deve sottolineare che la versione Xbox 360
risente di un generale ridimensionamento grafico rispetto alla versione
PC, che tanto ha scontentato gli utenti della prima, per la qual cosa
si attende con ansia il rilascio di una promessa patch che dovrebbe
risolvere la questione. Sicuramente sulla console americana Risen
appare meno appariscente, però proprio per come è stato
pensato e realizzato tale prodotto, il gioco non ne risente più
di tanto.


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Con il medesimo piglio viene affrontato anche il discorso legato alla
realizzazione sonora. Un numero non impressionante di musiche di buona
qualità delizia i nostri timpani ed esalta le gesta del nostro
eroe senza nome, ed effetti sonori misurati danno il giusto risalto a
quanto accade su schermo. Un riuscito doppiaggio in inglese (con una
buona traduzione italiana nei sottotitoli) da il giusto spessore ai
personaggi non giocanti di Risen. Certo, bisogna anche notare dei difetti, non gravi per fortuna, quali:
l’impossibilità di uccidere alcuni personaggi dell’isola, i
quali dopo essere stati pestati a sangue, caduti a terra, e derubati di
tutto, si rialzano come se niente fosse. Ed un’intelligenza artificiale
non sempre all’altezza (apprezzabile l’aiuto dato dai compagni guidati
dal computer, in grado di autodeterminarsi), che in alcuni frangenti
appare discutibile: mi è capitato personalmente di attaccare un
gruppo di briganti e, dopo essere fuggito e rincontrati poco dopo, non
ho ricevuto alcun trattamento ostile.

Sicuramente Risen
non è adatto ai casual gamer. Il motivo, o meglio, i motivi sono
presto detti. Una difficoltà fuori dagli standard odierni sin
dalle prime battute ci obbligherà a ragionare con cura i nostri
attacchi. Inoltre la mancanza di una distinzione netta tra quest
principale e quest secondarie disorienterà il giocatore abituato
fin troppo ad essere guidato per filo e per segno dal gioco.

A questo poi si aggiunga la mappa, che mostrandosi poco per volta con
l’esplorazione del paesaggio circostante, ci metterà in
difficoltà quando non di rado ci sarà necessaria, specie
per il completamento della missione, ricordare autonomamente nomi di
personaggi o effettuare ricerche precise.



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Per molti, ma non per tutti



Risen è davvero un titolo godibile. Un titolo che, scevro da qualsiasi hype, sorprende e stupisce.

Non è un titolo per tutti, questo è chiaro. Però
chi ama i GDR farà bene ad accaparrarselo; tutti gli altri
dovrebbero farci lo stesso un pensierino.

Concludendo, senza farsi ingannare da un motore grafico che poco
concede, l’invito è quello di assaporare un prodotto di alta
qualità di “artigianato digitale”.