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Recensione Recensione di Rise of Nightmares

Recensione di Rise of Nightmares di Console Tribe

di: Federico Lelli

Dopo aver ballato sulle note dei più grandi successi pop, dopo aver coccolato dei paffuti cucciolotti, dopo esserci agitati per competere in diversi sport, pensavamo di averne viste di tutti i tipi per il Kinect. Questo fino all’arrivo di Rise of Nightmares, sviluppato e distribuito da SEGA in esclusiva per la periferica di motion control Microsoft, il primo gioco dell’intero parco titoli ad avere una classificazione PEGI 18.

L’incubo inizia

Siamo in Romania, nello scompartimento di un treno vecchio stile siedono Josh, il nostro alter-ego, e Kate, sua moglie. Il momento sembra solenne: Kate sta per comunicarci una notizia importante ma si interrompe subito quando vede la bottiglia che il nostro “eroe” nasconde nella giacca; la meritata ramanzina è solo il primo degli eventi spiacevoli che il povero Josh dovrà affrontare di lì a poco. Il treno è infatti preso d’assalto da uno strano mostro meccanico che rapisce nostra moglie e subito dopo causa il deragliamento del mezzo, lasciandoci nei lugubri boschi rumeni insieme agli altri sopravvissuti.
Esplorando la zona scopriremo un cimitero abbandonato dove altri superstiti si sono rifugiati e nello stesso posto faremo la conoscenza di terrificanti presenze maligne: zombie con protesi meccaniche affamati della nostra carne. La ricerca della nostra amata ci condurrà ben presto nella villa del dottor Viktor, mandante del rapimento e principale responsabile del ritorno dei non-morti sulla Terra; decisamente un bel posto dove andare in vacanza!

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L’antefatto è in realtà preceduto da un breve flash-forward dove vediamo due dei turisti sopravvissuti all’incidente del treno che si svegliano nelle segrete della magione e si trovano catapultati direttamente nell’orrore; la loro breve avventura è usata come tutorial per gli stravaganti controlli adottati da Rise of the Nightmares.
Questo insolito survival horror usa infatti i sensori di movimento come nessun gioco aveva fatto finora e richiede una certa pratica iniziale. Invece di scegliere la più comoda soluzione del percorso a binari, già vista più volte nella serie House of the Dead, i ragazzi di SEGA hanno deciso di gestire il movimento del nostro personaggio interamente con il corpo: spostare una gamba avanti o indietro è quindi l’input per camminare mentre ruotare le spalle verso destra e sinistra ci consente di guardarci attorno. L’imposizione della mano destra ci serve invece per interagire con gli elementi sullo schermo e per raccogliere nuove armi.
A questo possiamo aggiungere gli scontri con gli zombie, dove ci basta mettere le mani in posizione da boxer per passare in modalità concentrazione e puntare così in automatico un nemico; senza dimenticare i numerosi movimenti contestuali all’esplorazione che ci chiederanno, tra le altre cose, di aprire porte, abbassarci per scendere le scale e girare le valvole.
Gli attacchi sono quindi collegati al tipo di arma che abbiamo al momento: un dritto se si tratta dei nostri pugni, un fendente nel caso di un’arma da taglio, un movimento in avanti per le armi da lancio e così via; non manca inoltre la possibilità di usare i piedi per sferrare calci, che possiamo usare per prendere un po’ di tempo tra un attacco e l’altro.
Le armi, diverse per varietà e tipologia d’uso, offrono una lunga serie di alternative: dai tradizionali tirapugni, passando per gli affilati coltelli e le provette esplosive da lanciare, si arriva alla letale motosega; l’utilizzo è purtroppo limitato dall’usura quindi conviene essere versatili e non affezionarsi troppo agli utensili dispensatori di morte che troviamo numerosi nel nostro tragitto.

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L’incubo continua

Se parliamo di resa visiva Rise of Nightmares è un gioco che sembra fermo alla generazione passata: i modelli poligonali privi di dettaglio, le texture di bassa qualità, le ambientazioni costruite su percorsi squadrati e le animazioni legnose di personaggi e nemici sono purtroppo una costante che siamo ormai abituati a vedere non solo in questo ma in molti dei giochi creati appositamente per il Kinect; tanto che a questo punto ci stiamo chiedendo quanto effettivamente sia dispendiosa in termini di calcolo la periferica di casa Microsoft per richiedere così tanti sacrifici agli sviluppatori. Il reparto audio invece prevede un doppiaggio in lingua originale, supportato dai sottotitoli in italiano, e una lunga serie di rumori, scricchiolii e lamenti che non vi faranno mai sentire veramente al sicuro.
Croce e delizia del titolo sono però i controlli: non vi nascondiamo che coordinare tutti quei movimenti può sembrare un po’ difficile all’inizio e, probabilmente, passerete la prima ora a girare in tondo o a guardare i muri da vicino come abbiamo fatto noi; per fortuna ci viene incontro un’opzione che permette di muovere in automatico il nostro avatar (saltando però tutti i collezionabili e le parti di esplorazione) semplicemente alzando la mano destra. Una volta presa confidenza con il sistema, però, abbiamo preferito usare i comandi manuali e l’esperienza si è rivelata ben presto molto più immersiva e completa.
Il Kinect in questo caso reagisce in maniera immediata e coerente: molto sensibile (a volte anche troppo) agli spostamenti di piedi, mani e spalle, ci permette di agire con una certa precisione sia nei movimenti che negli attacchi, dove molto spesso sarà necessario colpire in determinati punti deboli i nemici meccanicamente rinforzati. Si rivela essere inoltre un’ottima risorsa durante le esplorazioni, dove vediamo piccole trovate che denotano quanta cura c’è stata dietro a questo aspetto: se per aprire una porta basta infatti una mano, per aprire un portone a due ante avremo bisogno di entrambe le estremità e così via per tutte le sezioni interattive, frequenti e ben integrate.
Il ritmo, tranne in alcuni casi, non è mai frenetico e, sommato al livello di difficoltà abbastanza accessibile, ci lascia il tempo di ragionare con calma anche durante gli attacchi di più mostri contemporaneamente. A questo avviso notiamo però che in modalità concentrazione siamo limitati ad attaccare sempre lo stesso nemico (a meno che gli altri non siano a portata) fino a che non lo abbiamo eliminato, cosa che può risultare abbastanza scomoda quando siamo circondati da orde di zombie.
Il gameplay, dalla struttura abbastanza basilare, alterna le fasi esplorative che ricordano da vicino i vecchi punta e clicca in prima persona alle parti puramente action e, pur rimanendo nei limiti imposti dal genere, riesce a risultare anche abbastanza vario grazie agli eventi interattivi e al gran numero di armi. Purtroppo, non avendo modalità accessorie, l’unica opzione che ci rimane dopo aver finito la storia è quella di giocare nuovamente aumentando la difficoltà o ritornare nell’incubo per cercare tutti i collezionabili: i tarocchi di una cartomante e i nastri di un detective che ha visitato la magione prima di noi.

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Nonostante tutto, il gioco vive in un’atmosfera propria che è difficile da intaccare per gli appassionati proprio perché prende e fa suoi tutti gli archetipi classici dei film horror di serie B: a partire dall’ambientazione, la Romania di Dracula, passando per lo scienziato pazzo, novello dr. Frankenstein; arrivando infine ai richiami più attuali come gli zombie che infestano la villa.
Intendiamoci, si tratta pur sempre di una trama banale e piena di cliché, con personaggi caratterizzati al minimo e con uno sviluppo lineare e, molto spesso, prevedibile, ma lo stesso genere di riferimento non fa dell’originalità il suo cavallo di battaglia e l’impressione generale è che si tratti più di un tributo volontario ad un certo tipo di cinema.
Ovviamente il titolo si merita ampiamente il suo PEGI 18 con notevoli sequenze splatter, gore diffuso e sangue gettato a litri; non manca inoltre la possibilità di decapitare o amputare gli arti dei nostri nemici, il tutto immersi in un’atmosfera che fa di tutto per mantenere sempre alta la tensione.

La fine dell’incubo

Rise of Nightmares non è un capolavoro: la difficoltà iniziale nell’apprendimento dei controlli, il reparto grafico decisamente datato, la trama che potrebbe far storcere il naso a molti; ma dall’altra parte non possiamo non premiare gli sviluppatori SEGA per aver percorso una strada innovativa e originale che, a conti fatti, non si è rivelata fallimentare.
Sicuramente rivolto agli appassionati di un determinato genere, RoN richiede un po’ di pazienza in fase di approccio, una forma mentis molto aperta e una coordinazione notevole per essere apprezzato a fondo, ma rimane, al momento, una delle esperienze più estensive e, perché no, divertenti riservate alla periferica Microsoft.