Recensione Recensione di Prison Break: The Conspiracy
Recensione di Prison Break: The Conspiracy di Console Tribe
di: Mariano "TylerDurden" AdamoUna serie televisiva amata in tutto il mondo. Una trama studiata nei minimi particolari, colpi scena del tutto inaspettati sono gli elementi che contraddistinguono questo telefilm.
Ogni qualvolta ci si trova di fronte ad un tie-in si ha la paura, soprattutto se si segue la versione originale, che il prodotto videoludico che ne scaturisce non sia altro che una scialba rivisitazione dell’opera. A tal proposito si aggiunge all’ormai lunga schiera di trasposizioni videoludiche Prison Break: The Conspiracy; riuscirà il titolo a teletrasportare il giocatore nelle intricate trame del penitenziario di Fox River? Scopriamolo insieme.
Prison Break: behind the scenes
Michael Scofield è appena stato accolto tra le braccia di Fox River. Il suo piano per l’evasione di Lincoln Burrows è appena iniziato. A Scofield bastano pochi istanti per rendersi conto del postaccio in cui si trova, Scofield sa troppo bene quali siano i rischi e le difficoltà che il suo piano prevede. Quello che non sa è che l’agente Tom Paxton è pronto a mettergli i bastoni tra le ruote. La Compagnia ha deciso di inviare un uomo sotto copertura per seguire i movimenti di Scofieldd ed al tempo stesso evitare la fuga di Burrows, in modo che quest’ultimo finisca sulla sedia elettrica come previsto. Il canovaccio messo a punto dagli sviluppatori è piuttosto semplice: ripercorrere i primi momenti della serie televisiva ma con gli occhi di un altro protagonista. Questa scelta oltre che offrire un altro punto di vista sugli avvenimenti ci mette nella condizione di poter ammirare da lontano le gesta che i nostri beniamini televisivi hanno compiuto. In quest’ottica il lavoro per ricreare le ambientazioni, il pathos ed il clima che da sempre contraddistingue Prison Break è sicuramente riuscito. Le ambientazioni, i personaggi, riescono ad regalare il giusto grado di immedesimazione, restando vicine e fedeli all’opera originale. Fatta eccezione per pochi personaggi ogni oattore videoludico ha le fattezze di quelli in carne ed ossa, aumentando ancora di più la sensazione di avere tra le mani un telefilm interattivo.
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Nonostante questa cura nel ricreare le atmosfere la narrazione non offre comunque gli adeguati stimoli. I retroscena presenti non sono mai avvincenti, i colpi di scena tipici della produzione televisiva sono pressoché inesistenti, per tutto l’incedere dell’avventura saremo colpiti da un pattume narrativo che non fa altro che annoiare. Le ragioni dietro questo insuccesso possono essere imputabili nella scelta di far raccontare la storia attraverso un flashback, di conseguenza il giocatore sa già cosa aspettarsi dai titoli di coda, oppure semplicemente ad una mancanza di una sceneggiatura all’altezza del nome che porta.
L’altra faccia della prigione
Giunti comodamente nella nostra cella ci chiediamo: ma in un gioco ambientato in una prigione quante cose potremo fare?
Proseguendo con l’avventura ci siamo resi conto che effettivamente i momenti di “svago” non mancano, il guaio è che non sempre sono così divertenti come li avevamo immaginati. Se state pensando al classico cliché del tizio che raccoglie le saponette siete fuori strada, ma andiamo con ordine. Lo scopo di Tom è quello di ottenere informazioni su Scofield, per raggiungere il suo obiettivo deve necessariamente relazionarsi con i loschi individui che popolano il penitenziario.
Comunicare non è sempre facile e quando si ha a che fare con gli individui peggiori della società il malinteso è sempre dietro l’angolo, morale della favola: parte la scazzottata. Sia che la trama lo preveda sia che vogliate intrattenervi pestando qualche manigoldo, il gioco si compone di scena di lotta semplici ma efficaci. Attraverso il classico sistema: colpo debole, colpo forte, parata, scansata e contrattacco il nostro protagonista è in grado di mettere giù ogni detenuto presente nell’ambientazione. Il sistema di lotta di per se non è mal strutturato, nelle prime battute di gioco risulta anche piuttosto piacevole, tuttavia col proseguendo questo inizia a diventare noioso e ripetitivo andando a cancellare la buona impressione iniziale. Annessa a questa parte del gameplay ci sono delle sfide clandestine all’interno della prigione, il premio in denaro può essere speso unicamente per dei tatuaggi, belli da vedere ma del tutto inutili in termini di gameplay.
Buona l’idea invece di poter allenare il nostro personaggio in vista di scontri più difficili, attraverso dei pesi ed un sacco da box avremo accesso a semplici mini-giochi che una volta completati, di tanto in tanto, miglioreranno le caratteristiche fisiche di Tom.
Per fortuna non tutti i nostri colleghi carcerati saranno ostili con noi, alcuni di loro ci chiederanno aiuto e ci affideranno dei compiti, il più delle volte è proprio così che la storia procede, passando semplicemente da un obiettivo ad un altro, ovviamente a far da collante c’è lo scopo principale di Tom, ovvero evitare l’evasione di Burrows.
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Muoversi in una prigione non è cosa facile, per questo negli ambienti in cui i detenuti non hanno accesso bisogna spostarsi furtivamente. La meccanica stealth non prevede l’eliminazione delle guardie, per cui gli scenari di gioco non saranno altro che delle sessioni da superare restando inosservati. Tramite un sistema di copertura potremo passare da un riparo all’altro, aspettando ogni volta che il poliziotto di turno volga lo sguardo altrove. Se la situazione lo richiede potremo anche nasconderci in piccoli armadietti. Anche in questo caso la ripetitività regna sovrana, salvo qualche piccola variante del caso, ogni sessione è del tutto identica alla precedente. Tutto avviene in maniera precalcolata, le guardie compiranno sempre gli stessi movimenti, sempre le stesse reazioni, ed è qui che la noia fa capolino. Per spezzare la monotonia ci sono delle fasi in cui per accedere in un ambientazione dovrete scassinare la porta o svitare le viti del condotto di aerazione, questi mini-giochi risultano divertenti ma da soli non bastano a risollevare le sorti dell’intera produzione. Per tutta la durata del gioco sarete invasi dalla noia, la monotonia inizia a farsi strada praticamente già dal secondo capitolo, ora dopo ora vi sentirete intrappolati, costretti a seguire uno schema di gioco davvero noioso senza possibilità di fare altro. Altro aspetto negativo, infatti, è rappresentato dalla sensazione perenne di trovarsi di fronte ad un prodotto che scorre su binari troppo rigidi, quasi un continuo muoversi da un punto all’altro. Niente svaghi, niente divertimenti, vi sembrerà di essere voi il vero detenuto.
Sotto processo tecnico
Come già anticipato nei paragrafi precedenti il merito di questo Prison Break è quello di sapere trasportare, videoludicamente parlando, il giocatore all’interno delle location cinematografiche. L’ambientazione è quindi piuttosto simile a quanto già visto in tivù per cui i fan potranno riconoscere facilmente i vari scenari. Stesso discorso va fatto per i protagonisti. Per quanto concerne gli aspetti puramente tecnici ci troviamo davanti ad un prodotto ben realizzato ma incapace di distinguersi per pregi particolari. Gli scenari sono ben curati ma appaiono privi di dettagli, gli ambienti, oltre che ripetitivi, appaiono sterili e poco accattivanti. La stessa penuria di dettagli è riscontrabile sui personaggi secondari, ad una buona realizzazione tecnica, infatti, si accompagnano difetti grafici sui particolari più piccoli. In parole semplici buono l’aspetto generale ma appena si guarda più approfonditamente si notano le prime magagne grafiche come superfici pixellose e texture in bassa risoluzione. Manco a farlo apposta il protagonista spicca in mezzo all’ambientazione, risultando essere la componente grafica meglio riuscita.
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Il motore grafico non soffre particolari patemi, anche per via dei pochi oggetti in movimento da caricare su schermo. Buono quindi la gestione del frame rate, non accompagnata tuttavia da un adeguata fluidità, inficiata soprattutto dalle penose animazioni. Praticamente assente la consequenzialità dei movimenti che rendono il personaggio legnoso e poco realistico. Stesso discorso per le animazioni facciali mal calcolate e spesso inesistenti.
L’audio per quanto concerne musiche ed effetti sonori non regala particolari soddisfazioni: musiche piatte, campionamenti poco memorabili sono i punti principali di questo comparto auditivo. Ottimo invece il doppiaggio in lingua originale, i fan che hanno seguito la serie senza attendere la trasposizione italiana riconosceranno le voci degli attori statunitensi.
Dichiariamo l’imputato colpevole…
Colpevole di essere un prodotto mediocre e mal riuscito. Il gameplay non regala nessuna soddisfazione, dopo poche ore, forse anche minuti, di gioco capirete subito che si tratta di un titolo che fa della sua licenza l’unico aspetto da tenere in considerazione. Combattimenti, sequenze stealth, ogni componente, oltre che sicuramente già vista, finisce per annoiare costringendo il giocatore ad abbandonare la malsana idea di arrivare ai titoli di coda. L’aspetto tecnico di per se non è così scandaloso, buono soprattutto per i ricordi che evoca a tutti i fan della serie.
Prison Break meritava sicuramente una sorte migliore, a conti fatti gli unici da incarcerare sono gli sviluppatori.