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Recensione Recensione di Microbot

Recensione di Microbot di Console Tribe

di: Federico Lelli

Diario di bordo: giorno 3.
L’infezione robotica continua inarrestabile ma abbiamo fatto notevoli passi avanti: grazie all’ultimo upgrade siamo riusciti a farci strada verso il cervello, è qui che si combatterà la battaglia finale. Non ci siamo mai sentiti così insignificanti ma importanti allo stesso tempo.

Lo spazio sconfinato è stato percorso in lungo e in largo nel mondo videoludico e sembra essere la scelta scontata quando si parla di uno shoot ‘em up. Gli sviluppatori di Naked Sky Entertainment probabilmente non sono della stessa opinione e invertono il concetto portandolo nell’infinitamente piccolo: con la nostra astronave, delle dimensioni di una cellula, affronteremo l’infezione robotica per salvare il corpo umano dall’interno. Questo è Microbot.

Siamo proprio fatti così

L’idea di affrontare un viaggio all’interno del corpo umano, per quanto sia relativamente nuova nel genere videoludico, è stata già trattata un paio di volte nel cinema – Viaggio allucinante (1966), Salto nel Buio (1987) – ma in entrambi i casi ci si concentra più sui pericoli dell’avventura che sugli effettivi problemi del corpo ospitante. Microbot offre delle premesse simili ma evolve in maniera differente: nella prima scena ci troviamo infatti iniettati tramite siringa in uno strato sottocutaneo del corpo dell’anonimo paziente con l’unico obiettivo di combattere l’infezione causata non da agenti virali o patologici ma da terribili nanomacchine.
I semplici comandi rendono il titolo decisamente intuitivo: gli spostamenti sono situati sulla levetta sinistra mentre la direzione e l’esecuzione dello sparo sono impostati sulla levetta destra, in maniera simile a Geometry Wars; chiudono il quadro le armi bonus sui due grilletti e la mappa sui dorsali.

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Non è dato sapere se il nostro mezzo sia anch’esso un microscopico robot comandato dall’esterno o una navicella che trasporta passeggeri ma quello che possiamo fare sin dall’inizio è configurarlo per la battaglia: la navetta ospita infatti alle sue estremità degli alloggiamenti, che cresceranno di numero andando avanti col gioco e che ci permettono di sistemare a nostro piacimento le varie armi di attacco, difesa e movimento oltre ai poteri speciali. Trovare il giusto equilibrio tra le varie abilità e creare un mezzo che reagisca ottimamente ai nostri comandi, non è facile ma può essere molto gratificante soprattutto quando sbloccheremo nuove abilità o avremo i punti necessari per aumentare la portata di quelle già presenti. I power-up presenti non sono troppo diversi da quelli che possiamo trovare in ogni shmup: mitra, laser, cannoni, bombe e missili a ricerca automatica per attaccare; vite, scudi e navi aggiuntive per difendere.
Per modificare l’assetto delle nostre armi e comprare i diversi upgrade, ci sono speciali aree dedicate dove poter spendere gli atomi lasciati dai nemici sconfitti o raccolti in giro, fondamentali anche perché ci permettono di ricaricare le vite perse.
La struttura dei venti livelli, divisi in cinque diverse zone, offre sezioni strette e labirintiche dedicate all’esplorazione e altre aperte disegnate per lo scontro diretto: queste aree sono collegate tra loro attraverso corridoi e in definitiva, a parte qualche deviazione bonus e qualche switch da attivare, si tratta di percorrere indenni la mappa dall’inizio alla fine. Il controllo della navetta, anche con i power-up di movimento migliori, è volutamente impedito dall’ambiente circostante: sia nelle recondite fessure delle pareti ossee che nelle pieghe intricate della materia cerebrale il nostro mezzo si muove attraverso una massa liquida e plasmatica che rende la guida fluttuante e imprecisa soprattutto in presenza di correnti: muoversi tra i nemici ed evitare i loro proiettili richiede continuamente un discreto sforzo e aumenta la sfida del titolo.
Purtroppo spostarci con la nostra navicella sarà proprio la cosa più difficile visto che la struttura del gioco ripetitiva e prevedibile, i continui checkpoint, gli assalti controllati dei nemici e soprattutto la grande presenza di atomi per recuperare l’energia, ci renderanno la vita complicata come una passeggiata di salute. Aggiungiamo infine che i 4 boss di ogni livello (visto che uno è ripetuto due volte) non offrono pattern particolarmente intriganti e si limitano semplicemente a vomitare un gran numero di nemici da schivare e distruggere.
La possibilità di giocare con un compagno è limitata al solo multiplayer locale e, oltre alle classifiche, non ci sono altre feature che sfruttano la nostra connessione.

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Attraverso il corpo umano

Microbot offre un’esperienza visiva più che soddisfacente: ognuna delle 5 aree è caratterizzata da un preciso ambiente corporeo con fondali e palette di colori differenti. Gli interessanti effetti fluidi del liquido plasmatico che ci circonda creano dei vortici colorati e ci aiutano a capire con estrema chiarezza le direzioni della corrente. Il numero di elementi sullo schermo, ai quali vanno aggiunti gli organismi e le cellule tipiche di ogni zona del corpo, è notevole e non causa rallentamenti di sorta.
La colonna sonora propone brani strumentali su base elettronica che pongono gli accenti giusti ai ritmi del gioco; gli effetti audio coerenti e in sintonia con le musiche aiutano ad immergersi meglio nelle pieghe sonore del titolo.

I ragazzi di Naked Sky Entertainment hanno creato un prodotto dall’estetica raffinata e coinvolgente che però non è esente da difetti: la totale assenza di una trama, l’eccessiva semplicità e la noiosa ripetitività inficiano la corretta assimilazione del titolo. A chi invece si volesse cimentare, consigliamo di assumere lontano dai pasti e di leggere bene le avvertenze.