Recensione Recensione di LEGO Rock Band
Recensione di LEGO Rock Band di Console Tribe
di: Giovanni MancaNon ho aspettato altro tutta la vita. Fa un caldo da morire ma sono a due passi dal palco. Canto ormai da ore aspettando Joey quando, finalmente, lui arriva, preceduto da un caleidoscopio di scintille scoppiettanti e canta.
“We’re leaving together, But still it’s farewell And maybe we’ll come back, To earth, who can tell ?”
Nell’estasi di una diffusa magia rispondiamo gridando:
“I guess there is no one to blame We’re leaving ground Will things ever be the same again?”
“It’s the final countdown”
L’apoteosi che solo in un momento onirico può essere vissuta.
Sono molto vicino a Joey e vedo che sta sudando, tanto, troppo. Guardo meglio, faccio più attenzione e inorridisco: non sta sudando, si sta sciogliendo e, come lui, anche John Norum, John Levén, Mic Michaeli, e Ian Haugland. Come dentro ad una spirale d’orrore crescente il fenomeno colpisce tutti gli astanti: mi guardo le mani e non mi stupisco di vederle gocciolare in una pozzanghera di liquido giallastro. Tutto e di plastica, questo è Lego Rock Band.
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Why you?
In questi mesi sembra di aver assistito a un classico esempio di “Inesorabilità del mercato” che ha avuto, come frutto, Lego Rock Band. Mettete nel calderone delle caldarroste gli incassi spaventosi che attualmente le etichette discografiche ottengono dai vari giochi musicali, la necessità di non presentarsi sotto le feste natalizie senza un capitolo del pluripremiato Rock Band. Aggiungete la monografia dedicata ai Beatles, il credito di simpatia quasi illimitato di cui gode il leggendario mattoncino danese ed ecco: Lego Rock Band servito sugli scaffali.
La domanda a cui cercheremo di dare una risposta nel corso della recensione, oltre ad affrontare le consuete tematiche relative alla bontà generale dello stesso, è piuttosto chiara: ha senso utilizzare i Minifigs e, in generale, tutto il mondo di Christiansen in un titolo di questo tipo, soprattutto in una fase in cui si ormai raggiunta la saturazione?
The Show
Fin dalle prime schermate del gioco si avverte la sensazione che Harmonix abbia preso il suo grande cavallo di battaglia, Rock Band, e gli abbia applicato sopra il “filtro artistico” Lego, un po’ come farebbe un grafico con Photoshop. E questo a cominciare, inevitabilmente, dalla modalità Tournée che si svolge con puntualità secondo quanto già visto e giocato in tutti gli altri capitoli del popolare franchise. Il plot è sempre quello: costruire da zero una rock band e portarla al successo superando prove dalla difficoltà e della gratificazione sempre crescente, partendo dalle scene underground più squallide fino ad arrivare ai palcoscenici più importanti della scena internazionale. Il marchio Lego non poteva non incidere fortemente sulla personalizzazione della nostra band: le esibizioni sul palco porteranno ad ottenere soldi, molti soldi, con i quali acquistare e sbloccare centinaia e centinaia di pezzi che ci permetteranno, nei vari editor di personalizzazione, di raggiungere le fattezze delle nostre star preferite. Davvero rapido e indolore raggiungere il successo, un po’ come accade alle pop star di plastica spinte a due mani nell’Olimpo della musica dagli interessi delle case discografiche: Harmonix ha infatti deciso di rendere impossibile il fallimento dell’esecuzione del brano. Nell’eventualità che un pericoloso intrecciarsi di dita e occhi porti il giocatore a saltare diverse note dello spartito, questo non si interromperà bruscamente ma, semplicemente, perderemo dei soldi dal nostro conto generale e potremo continuare a suonare.
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Questa non è l’unica scorciatoia per chi è meno avvezzo a titoli di questo tipo, tutt’altro; sul gameplay generale incide fortemente l’autokick , l’opzione che permette al batterista del gruppo di demandare alla CPU l’incombenza di controllare il pedale della grancassa. Per finire, un livello di difficoltà “Super Facile”, in cui ci si può limitare a premere i pulsanti col timing giusto senza preoccuparsi del colore corrispondente. Se queste semplificazioni possono lasciare esterrefatti i grandi virtuosi dei rhythm games, non possiamo non sottolineare come queste siano in linea con la tendenza, più o meno dichiarata, di voler avvicinare chi non ha mai avuto l’intenzione di strimpellare con una chitarra o una batteria collegate ad una console: qualsiasi aspetto di Lego Rock Band enfatizza questa filosofia easy e, in questo contesto, il gameplay non poteva esserne coinvolto. Gli aspetti generali delle meccaniche di gioco sono rimaste sostanzialmente inalterate rispetto agli episodi più “adulti” il che permette di non scendere sotto gli standard qualitativi, almeno da questo punto di vista, da sempre eccellenti. A beneficiare di questo tipo di approccio non è tanto la modalità Tourneé ma la modalità libera. Se infatti la prima inevitabilmente porta, sia in single player che in modalità cooperativa, ad un apprendimento piuttosto rapido e, di conseguenza, al desiderio di una maggiore sfida, la seconda è la classica modalità da festa in cantina in cui spesso e volentieri gli astanti sono giocatori casuali. Grazie alle facilitazioni studiate da Harmonix in Lego Rock Band, sarà molto più facile e divertente organizzare sfide appassionanti evitando che qualcuno rimanga in disparte perché “troooooooppo scarso”. Questo non vuol dire che sia sempre facile in ogni frangente: i più temerari possono tenere il controllo manuale della grancassa, aumentare la velocità dello spartito o, addirittura, eliminare completamente il pentagramma dallo schermo per affidarsi esclusivamente alla conoscenza del pezzo: la sfida, a questo punto, è davvero molto dura.
Nonostante sia senza dubbio il gioco musicale dalla curva di apprendimento più rapida mai visto, non manca un’esaustiva modalità tutorial che ci accompagna, passo dopo passo, dai più elementari rudimenti fino ad arrivare agli accordi e riff più complessi. E’ possibile settare il livello di difficoltà, il brano o una parte di esso da provare e la velocità dello spartito.
Strano ma vero, manca completamente qualsiasi modalità online in cui si possibile lanciare il guanto di sfida a band rivali o coinvolgere una amico lontano nella modalità Tournée.
!==PB==!
Top Ten
La tracklist selezionata per l’evento è probabilmente l’aspetto del gioco dal quale più traspare il carattere easy di cui si parlava precedentemente: non si è certo andati a sviscerare le tracce più oscure della storia del rock ma si è opportunamente optato per brani che un pubblico più giovane conoscesse bene. Dei 45 pezzi totali la metà li potrebbe fischiettare anche chi non hai mai acceso una tv o uno stereo negli ultimi 20 anni: We Will Rock You, We Are the Champions, Summer of ’69, The Passenger, Free Fallin, Every Little Thing She Does Is Magic, Crocodile Rock, The Final Countdown chi non le conosce? Se dovessimo indicare un genere dominante diremmo pop rock ma è stato davvero cercato di accontentare gli appassionati di tutti i generi musicali, dall’ EMO (Boys Like Girls, We the Kings) al punk (The Hives, Sum 41, Blink-182), dal Glam (David Bowie, T. Rex) al metal (Korn, The Europe). Sembra effettivamente una playlist di brani preferiti da portare ad un festa in modo che per tutti gli invitati non sia difficile trovare una canzone in cui voler competere. Nonostante siano quasi tutte divertenti da suonare, 45 canzoni sono pochine, soprattutto quando si affronta la modalità Tournée in cui più di una volta ci si trova a suonare lo stesso brano. Harmonix ha però pensato di dare la possibilità di importare tutte le tracce musicali aggiuntive del franchise Rock Band, purché non destinate ad un pubblico adulto; per contro è possibile importare i 45 brani di RB in LRB, utilizzando un codice contenuto nel gioco e pagando la somma di 800 MP. L’ultima ci sembra una soluzione troppo forzata e antipatica nei confronti degli appassionati più fedeli al marchio: dopo aver acquistato Lego Rock Band, Rock Band e relativi strumenti, era proprio così necessario far pagare altri soldi per un semplice “migrazione” di contenuti?
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Una fabbrica di plastica
Capita di rado nell’attuale generazione videoludica che l’aspetto grafico abbia un ruolo decisamente secondario; i cacciatori di textures perfette, i matematici delle risoluzioni più esasperate, i maestri dei pallottolieri poligonali sono, nel caso di Lego Rock Band, demandati ad un compito più soft: capire quanto lo stile Lego pervada ogni schermata del gioco e quanto il lavoro fatto sia funzionale all’aspetto più importante del gameplay.
Facendo un parallelismo con gli ottimi platform adventure che si fregiano del logo Lego, nel titolo Harmonix lo stile Christiansen è sicuramente meno preponderante. E’ vero che la caratterizzazione di ogni Minifig è davvero straordinaria, che gli scenari sembrano arrivare direttamente dalla fantasia di un bambino sfogata nei mattoncini danesi ma è anche vero che sono tutti aspetti marginali, che sfuggono velocemente ad uno sguardo catturato dallo spartito su schermo. Potremo accorgerci, quasi, che si tratta di Lego solo navigando nei vari menu del gioco, in particolare quelli relativi alla personalizzazione della band.
Se in altri generi la brandizzazzione Lego ha inciso fortemente su tutti gli aspetti del gioco, in primis gameplay e grafica, in questo Rock Band l’atmosfera briosa e simpatica non può però non far sfuggire un sorriso a chi si dovesse trovare ad assistere, davanti allo schermo, ad una esibizione di una band. Per quanto concerne le fasi in game, Harmonix e Traveller’s Tale sono andati sul sicuro non cambiando nulla rispetto a quanto visto nei titoli precedenti, pressoché perfetti.
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The end
Probabilmente no. È la risposta alla domanda che ci ponevamo all’inizio della nostra analisi: ha senso un Lego Rock Band? Dal punto di vista di Warner e di Harmonix, è evidente che il marchio Lego sia indubbiamente un mezzo per differenziare la proposta rispetto agli altri capitoli del franchise: un titolo semplice e immediato, brani conosciuti da tutti, target più giovane e casual. Questo non toglie che se, al posto dei Lego, ci fossero stati dei personaggi completamente sconosciuti, poco sarebbe cambiato ai fine del gioco vero e proprio. Difficile non considerare Lego Rock Band più di un divertente spin off, un disco da portare in casa di amici neofiti del genere musicale con poco tempo da dedicare a sessioni di allenamento. Un gioco per tutti: il pregio e il grande difetto di Lego Rock Band.