Recensione Spyro: Dawn of the Dragon
di: RedazioneSpyro è uno dei tanti personaggi che, nell’ultimo decennio, certamente ha contribuito a quel “nuovo battesimo” che ha profondamente modificato la concezione di videogame, e certamente non è stato dimenticato dai videogiocatori di tutto il mondo. Le sue innumerevoli avventure, iniziate su Playstation, poi proseguite su Game Boy Advance, Playstation 2 e Nintendo DS, approdano finalmente anche su quest’ultima generazione di console, ma con un paio di novità che sono state accolte in maniera differente da parte del pubblico: se, infatti, in molti hanno gradito la maturazione della vecchia serie, altri hanno finito con lo storcere il naso, provocando l’allontanamento di alcuni dei fan più “affezionati” al vecchio draghetto saltellante ed esploratore di ambienti stravaganti.
A long Journey
Spyro nasce nel 1998, con la pubblicazione di un di un classico platform, come innumerevoli erano ai tempi, caratterizzato da una trama lineare, una struttura e una realizzazione tecnica tanto semplice quanto geniale. L’enorme successo che ne seguì costrinse letteralmente alla produzione di un sequel, pubblicato l’anno successivo: grafica, audio e gameplay avevano subito delle grosse revisioni o aggiunte, che resero il gioco un vero e proprio capolavoro dei tempi. Seguì un terzo e poi un quarto capitolo, quest’ultimo rivelatosi un semi-fallimento a causa di problemi di varia natura, tra i quali si fa notare la pessima realizzazione tecnica.
Vennero poi fatte alcune pubblicazioni su console handheld, fino ad arrivare a “Spyro: A Hero’s Tail”. Quest’ultimo presentava una struttura vagamente simile ai primi capitoli, ma ormai diventata ripetitiva e piuttosto inadeguata: fatti i primi passi verso un periodo caratterizzato dall’affermazione di famosi franchise quali Halo o Metal Gear Solid, molte erano le serie che necessitavano di un profondo rinnovamento nel loro concept, o, per meglio dire, di una vera e propria rivoluzione in grado di modificarne l’idea originaria: buchi nelle trame, incongruenze di varia natura, situazioni irreali e al limite dell’assurdo, tutti elementi inaccettabili, ora che il videogame è più di un semplice strumento ludico e deve racchiudere una certa componente artistica di rilevanza non trascurabile. Del resto, chi avrebbe continuato ad accettare quel connubio costituito da un draghetto, nota creatura mitologica, che lottava contro nemici armati di pistola laser, o sputava fuoco contro treni o dischi volanti? Per questo fu deciso di recuperare solo quei pochi elementi veramente degni di nota, procedendo poi alla creazione di un nuovo Spyro, il quale avrebbe potuto godere di storia e avventure profondamente diverse, ambientate in un mondo dove avrebbero dominato il mistero e la magia. Un nuovo inizio, insomma, che segna il passaggio dal genere platform al più classico azione/avventura, comportando massiccie modifiche nelle meccaniche del gameplay. E non è un caso che proprio “A New Beginning” sia il nome attribuito al primo capitolo di questa trilogia, piena di segreti e interrogativi che si perpetuano lungo una trama volutamente fiabesca ed ispirata al fantastico. L’esperimento si rivelò, tutto sommato, un discreto successo: buona la grafica, le ambientazioni e, in parte, anche il gameplay, ora basato su uno schema che nulla ha a che vedere con quello dei primi titoli pubblicati su PlayStation, tutto a scapito di una longevità anch’essa adeguatasi agli standard odierni…
Nuovo inizio, antiche rivalità
Sebbene in generale tutti i titoli dedicati a Spyro non si siano mai contraddistinti per la trama, bisogna riconoscere agli sviluppatori di Etranges Libellule la volontà di portare le avventure del draghetto viola ad un nuovo livello. Come già precisato, ciò si rende necessario al fine di un adeguamento agli standard videoludici dei nostri giorni, non più basati sulla sola componente divertimento. Ecco, quindi, lo sviluppo di un intreccio narrativo che si prefigge l’obiettivo di richiamare vecchi fan e soprattutto attirare nuove utenze, per lo più di giovanissimi: Spyro non è decisamente un titolo dedicato agli hardcore gamer, sebbene alcuni elementi sembrino trarre in inganno.
Nei primi due capitoli della trilogia abbiamo avuto modo di conoscere il nuovo Spyro, comprendere le sue origini e dare uno sguardo ad alcuni personaggi principali: Ignitus, Volteer, Terrador, l’Aedo, nonchè varie creature che si sono schierate dalla parte dei draghi o hanno deciso di sottomettersi alla legge del più forte, servendo il Maestro delle Ombre nell’illusione di ottenere il potere. Spyro ha avuto occasione di esplorare castelli, vagare per immense foreste, fuggire da putridi paludi, lottare all’interno di navi pirata, tutto per liberare Cinerea dall’influsso maligno e conoscere il mistero che si cela dietro l’identità del Maestro Oscuro: abbiamo compreso che il signore del male è un drago viola, per la precisione il primo drago viola di cui si abbia notizia, esiliato dal consiglio dei dragoni per i suoi pericolosi poteri. Infine, abbiamo visto fino a che punto si possano spingere le abilità di Spyro, il quale, in un’occasione, ha involontariamente dato libero sfogo ai propri impulsi oscuri. Ma adesso sono passati tre lunghi anni da quando lui e Cinerea sono rimasti intrappolati nel cristallo, nelle profondità di una montagna. E’ tempo che si risveglino.
Si gira!
Avviato il videogame, ci ritroveremo immediatamente nel pieno dell’azione. I comandi principali, fortunatamente, si rivelano intuitivi e facili da memorizzare. Fin dai primi attimi di gioco avremo occasione di prendere dimestichezza con essi, a causa di un agguato che ci verrà sferrato d’improvviso da alcuni nemici: scopriremo ben presto che Spyro e Cinerea (la giovane dragonessa che lo accompagnerà durante le sue avventure) sono legati da un dispositivo che impedirà loro di allontanarsi reciprocamente. Questo non è, effettivamente, un dettaglio da escludere, dal momento che verrà richiesto, a tratti, l’utilizzo di entrambi i personaggi per svolgere determinate operazioni, quali l’apertura di alcune porte o lo spostamento di grossi oggetti o piattaforme. Saremo, quindi, sempre accompagnati da una spalla, pronta ad offrire il proprio aiuto, soprattutto nei frequenti (e spesso lunghi) scontri, che si stagliano in ambientazioni suggestive, vaste e vivacemente colorate. L’introduzione del secondo personaggio può sembrare superflua e teoricamente potrebbe rappresentare un ostacolo alla libertà di movimento in certi ambienti. Ciò, tuttavia, non è assolutamente vero, dal momento che vi sono zone accessibili a solamente uno dei due protagonisti (per esempio perchè è richiesto l’uso di una determinata abilità). Senza spiegarvi come, è utile far notare che è possibile anche sfruttare la catena magica legante i due draghi per raggiungere zone elevate, cosa che implica una maggiore libertà di esplorazione senza dover permettere ad un singolo di spiccare salti innaturali. Come se ciò non bastasse, ci viene offerta la possibilità di controllare entrambi i personaggi a nostra piena discrezione, mediante pressione dell’apposito pulsante sul pad, e, volendo, è possibile invitare a casa un nostro amico e farlo partecipare alla sessione di gioco collegando un secondo joypad alla console.
Azione e Puzzle: erano necessari entrambi?
Sebbene gli elementi Platform tipici dei primi capitoli siano ormai stati abbandonati quasi del tutto, il gameplay offre ancora delle quest che si ricollegano allo stile dei puzzle-game. Generalmente si tratta di dover svolgere semplici compiti quali trovare una chiave o spostare degli oggetti per accedere alla schermata successiva, niente di nuovo rispetto a titoli già circolanti sul mercato da tempo, con ben poche innovazioni se si esclude la possibilità di utilizzare i due protagonisti a tale scopo. Quello che invece risolleva lo stile del gioco è la componente action: portata ad un livello simile a quello di un hack’n’slash (ma sensa esagerazioni), farà si che, in determinati punti, saremo assaliti da ondate di avversari pronti a farci la pelle ed impedirci a tutti i costi di proseguire verso l’obiettivo finale. Bisogna riconoscere un certo squilibrio per quanto riguarda l’IA degli avversari: da un lato, infatti, incontreremo nemici che, seppur in grande quantità, non si rivelano particolarmente pericolosi, ma dall’altro può capitare di scontrarsi contro i cosiddetti “Elite”, invulnerabili contro la maggior parte degli attacchi ed in grado di stenderci con una facilità disarmante. Il segreto sta essenzialmente nello scoprire i punti deboli di ogni tipo di nemico, ma, specialmente contro questi ultimi, l’impresa si può rivelare difficile.
Come di consueto, Spyro possiede abilità speciali che gli permettono di utilizzare i 4 elementi terrestri: fuoco, terra, aria e acqua. Queste possono essere potenziate accedendo al menu pausa ed utilizzando le gemme blu che troveremo nel corso della nostra avventura. Anche Cinerea possiede poteri simili (non uguali) a quelli di Spyro e anche qui sarà necessario dosare opportunamente i gli aumenti delle proprie statistiche di attacco, onde evitare di ritrovarsi con il dover utilizzare una abilità fino ad allora “superflua”, ma ora diventata improvvisamente essenziale. Altra introduzione è quella delle armature, che saremo in grado di indossare, modificare e personalizzare al fine di garantire una maggiore difesa dagli attacchi nemici o di promuovere al massimo le statistiche di attacco, in base al nostro stile di gioco, ma comunque è un elemento del quale si può fare a meno, se si vuole prendere parte a scontri più avvincenti e soprattutto se si vuole rimanere sufficientemente appagati dall’esperienza di gioco.
Due ali serviranno pure a qualcosa, no?
“Spyro: Dawn of the Dragon” offre scenari molto vasti e con ampia libertà di esplorazione. L’avanscoperta tradizionale, mediante visita minuziosa di ogni angolo e di ogni zona “sospetta” può risultare a tratti snervante, quindi perchè non spiccare il volo e avere una visuale molto più ampia? Ebbene, per la prima volta, Spyro è in grado di spiegare le proprie ali e di mantenersi in quota per un lasso di tempo pressocchè indefinito: tale elemento potrebbe inizialmente sembrare superfluo, ma sono sicuro che in molti cambieranno di opinione non appena giunti in luoghi come i fantastici territori di Avalar, che si prestano perfettamente a tale scopo. Fatta eccezione per quale raro caso, il volo permette una libertà di movimento molto maggiore di quanto si possa pensare, consentendo di fatto una esplorazione in tutte e tre le dimensioni. Ciò rende possibili epici scontri e lotte aeree, contro altri avversari in grado di volare o contro titani dalle dimensioni mastodontiche.
Conclusioni
In generale, non possiamo giudicare negativamente questo titolo, sebbene un confronto con i primi capitoli della serie di Spyro sarebbe quantomeno disastroso. La grafica degli ambienti e dei personaggi si avvale della potenza che le console quali Xbox360 e PS3 sono in grado di offrire. Ci viene sempre offerta una gamma molto vasta di colori: i manti erbosi sono di un vivacissimo verde, la gestione delle luci è più che accettabile, ma il tutto può venir rovinato dalla presenza di difetti di clipping, cosa che denota una realizzazione tecnica tanto accurata in certi aspetti, quanto sommaria in altri: spesso capiterà ai nostri protagonisti di scontrarsi contro muri invisibili o di compenetrare in maniera innaturale all’interno di alcuni elementi del paesaggio. L’audio è solitamente gradevole e ben si amalgama con l’atmosfera delle ambientazioni, tuttavia le melodie, come per gli altri capitoli di questa trilogia, possono talvolta risultare “anonime” e venire dimenticate in breve tempo. Insomma, certamente non vi capiterà di canticchiarle o fischiettarle inavvertitamente. Diverso il discorso se, invece, si considerano gli effetti sonori: questi ultimi sono semplicemente perfetti, azzeccati e adatti per qualsiasi occasione, sia che si stia esplorando l’interno di un vulcano, sia che ci si stia rilassando nei pressi di un tranquillo torrente.
La longevità si attesta su valori molto bassi. E’ possibile rigiocare singoli capitoli, quindi è presente una componente replay che certamente giova, tuttavia il gioco può essere completato nel giro di una decina di ore e in seguito molti, ritengo, opteranno per altri titoli, lasciando Spyro su un qualche scaffale a prendere polvere. In tal senso si fa particolarmente sentire l’assenza di un qualsiasi supporto per le modalità Online, a mio parere integrabile senza grosse difficoltà. E dire che, ormai, il multiplayer è presente anche in titoli che non possono di certo essere ritenuti di spessore…
Nel complesso, comunque, il gioco si dimostra mediamente divertente ed adatto a qualche ora di svago da passare in maniera più o meno spensierata. Sta alla vostre preferenze decidere se vale la pena spendere per l’acquisto di questo o di titoli dalla qualità nettamente superiore.