Recensioni

Recensione Recensione di Final Fight: Double Impact

Recensione di Final Fight: Double Impact di Console Tribe

di: REdeiDESIDERI

Se c’è una moda che sta imperversando negli ultimi tempi, questa è certamente quella dei remake HD, ossia quelle ri-edizioni di giochi vecchi almeno una decade (anche due il più delle volte), il cui comparto grafico viene tirato a lucido in occasione di un’uscita in digitale. A ben vedere molte sono le compagnie interessate a questa pratica, ma tra queste ce n’è una che, certamente, si è già guadagnata la corona di “regina dell’upscaling”. Parliamo ovviamente di Capcom e della sua recente passione per le conversioni in alta definizione. Si annoverano già piccole perle come Bionic Commando Rearmed, Super Street Fighter II Turbo e Marvel Vs Capcom 2. Detentrice di una buona fetta di vetusti titoli da sala giochi, non stupisce che la casa di Megaman stia facendo il possibile per portare, sugli store digitali di PS3 e 360, il maggior numero di vecchi giochi da sala, con buona pace delle finanze dei poveri utenti home console. Ecco quindi che tra braccia bioniche, hadoken e supereroi mutanti, Capcom riporta in auge due autentici pezzi di storia del videogame anni 90: Final Fight e Magic Sword, due prodottini che, quando ruggivano gli anni dei cabinati (che nostalgia! Ndr), si erano ritagliati la loro cospicua fetta di fan. Raccolti entrambi per le gioie dell’HD in Final Fight Double Impact, i due titoli sono presenti sui nostri negozi digitali per la modica cifra di € 9,99.
La domanda come al solito è: ne varrà la pena?

[IMG]12044[/IMG]

Il Sindaco, le Mazzate & la Sfera del Potere

Prima di andare avanti, giusto un aggiornamento per i più sprovveduti:
Sviluppato alla fine degli anni ’80, Final Fight è stato il primo vero beat ‘em up a scorrimento bidimensionale grazie al quale Capcom ha poi sviluppato tantissimi titoli simili ed altrettanto celebri, come Caddillacs and Dinosaurs e Captain Commando.
Originariamente ipotizzato come possibile sequel di Street Fighter, il gioco fu poi giudicato troppo distante dalla celebre saga di picchiaduro, e fu quindi proposto come nuovo IP (basti pensare che il nome originale del gioco doveva essere Street Fighter ’89).
Scopo del gioco è salvare la bella Jessica, figlia di Haggar, sindaco di Metro City, nonché uno dei tre personaggi selezionabili. Divertente ed estremamente immediato (ma non per questo sempliciotto come ci si potrebbe immaginare), il titolo Capcom si ricorda soprattutto per aver dato i natali a due celebri “ragazzotti” del roster di Street Fighter (recentemente aggiornati anche in alta definizione con SSF4): il biondo Cody, ed il Ninjitsu master, Guy.
Magic Sword, invece, si presenta come un titolo apparentemente più complesso, sebbene sostanzialmente si tratti comunque di un picchiaduro a scorrimento dove, al posto dei pugni e dei calci, ci si ritroverà ad usare spade scudi e magie. Assumendo il controllo di un personaggio totalmente anonimo (tanto che non ha nemmeno un nome!) il giocatore dovrà scalare una torre irta di pericoli e composta da ben 51 livelli, alla fine dei quali conquisterà la misteriosa Sfera del Potere. Attraverso i vari piani si fronteggerà ogni sorta di nemico, dagli animali alle mummie, sino ad immensi dragoni volanti. Dall’approccio decisamente più spiazzante e caciarone, Magic Sword permette al giocatore non solo una progressione quasi randomica (molti piani hanno ben più di un’uscita, che non necessariamente conduce al piano immediatamente superiore), ma mette anche al servizio del giocatore alcuni particolari alleati, la cui liberazione dà apposite celle (previo uso delle chiavi preventivamente raccolte) rende l’esplorazione ed il mostricidio decisamente più abbordabili, vista l’incredibile mole di nemici che ci si pareranno contro.

[IMG]12051[/IMG]

Chiarito di cosa stiamo parlando, è doveroso segnalare una cosa. Sebbene Final Fight, per la sua primigenia semplicità, sia rimasto tuttora estremamente godibile, stessa cosa non può dirsi per il suo “compagno”, il cui caotico gameplay potrebbe lasciare un po’ spiazzati. In effetti non parliamo di un gioco in cui vi è un dichiarato e ben definito parametro di difficoltà, quanto piuttosto un semplice accumularsi di nemici, salti sproporzionati e proiettili che volano per tutto lo schermo. Un marasma cui si può facilmente far fronte, ma che forse non sarà in grado di affascinare i più. Insomma, dei due, Magic Sword è probabilmente quello che è invecchiato peggio, sebbene i gusti personalissimi di ogni utente potrebbero dire il contrario. Fate vobis.

Un cabinato per due

Prima novità per entrambi i titoli è il comparto online, che permette anche ad un utente senza compagnia di poter contare su un alleato in carne ed ossa. Se la cosa è palesemente positiva, c’è da dire che talvolta si incorre in qualche fastidio. Il perché è presto detto. Chiunque può improvvisamente entrare nella vostra partita, interrompendo magari il vostro divertimento “privato”. Ovviamente è presente in entrambi i giochi un’opzione che permette una sessione privata di gioco, ma poiché il titolo dà come prima preferenza il gioco online, se non ci si ricorda di attivare l’opzione dal menu all’inizio di ogni partita, si avrà sempre qualcuno pronto a guastarci le feste. La cosa non è necessariamente un male, ma certo non brilla per praticità, se aggiungiamo al tutto il fatto che, in partita online (anche da soli), il gioco non può essere messo in pausa…!
Per il resto, entrambi i giochi si lasciano giocare in rete che è un piacere, senza mai disturbare la mattanza con lag, rallentamenti o disconnessioni (a meno che non siano legate alla qualità della vostra connessione, ma questo è ovvio). Dulcis in fundo, il gioco è ovviamente fruibile anche per due giocatori locali, con la differenza che qui la partita può essere messa in pausa. Insomma, Capcom ci ha dato tutti gli strumenti per divertirci in compagnia, peccato che, per la versione PS3, sia necessario rimanere connessi al PSN, altrimenti nessuno dei due titoli può essere avviato! La società nipponica ha infatti provvisto la versione Playstation di un sistema di sicurezza basato sui famigerati DRM (Digital Rights Management), baluardo fondamentale della campagna antipirateria della grande C. La cosa è ben specificata al momento dell’acquisto su PS Store, ed a conti fatti potrebbe anche non causarvi alcun problema, tuttavia meglio tenere la cosa a mente o rischierete di comprare un gioco inutilizzabile!

!==PB==!
Il fascino arcade

Se la possibilità che un giocatore metta piede nella vostra partita è, già di per sé, un qualcosa dallo stile assolutamente arcade, a rafforzare questo feeling così dannatamente retrò ci pensa lo schermo di gioco, per l’occasione appositamente contornato da un bel cabinato virtuale, stile sala giochi. Avviato il gioco (quale dei due è indifferente), la prima cosa che si può ammirare è una perfetta riproduzione del cabinato del titolo, così come si presentava nelle sale giochi nipponiche ed americane ai tempi del rilascio. Scegliendo poi di giocare, la visuale si avvicina allo schermo del cabinato, così che il giocatore abbia l’impressione di essere proprio in una sala giochi, con tanto di “istruzioni” stampate ai due bordi della cabina di gioco. Se la cosa vi sembra sostanzialmente inutile (e forse per qualcuno sarà addirittura fastidiosa), vi assicuriamo un feeling assolutamente affascinante capace di trasportare indietro nel tempo, anche solo per una manciata di secondi. Aggiungiamo al tutto una buona dose di impostazioni con le quali è possibile modificare i parametri grafici, ed avrete due titoli che, presi per il verso giusto, potranno risultare decisamente appaganti. È infatti possibile non solo fruire della funzione “cabinata” appena descritta, ma anche di tutta una serie di filtri grafici con i quali si potrà impostare il gioco secondo i propri gusti: grafica originale, effetto anti-aliasing, modifiche di luminosità e saturazione, ecc. Infine, è stata ri-arrangiata la colonna sonora originale, senza però snaturare la natura 8 bit dei pezzi dell’epoca. Anche qui il risultato è assolutamente al passo con i tempi (andati), grazie soprattutto al lavoro del talentuoso Simon Viklund, compositore di cui Capcom si è già avvalsa per il suo apprezzatissimo Bionic Commando Rearmed. Unica nota di demerito in questo “inno all’arcade” è il livello di difficoltà, decisamente tarato verso il basso. Intendiamoci: entrambi i titoli sono proposti così come erano alle origini per ciò che concerne difficoltà e numero di nemici, quello che invece è decisamente controcorrente (la corrente anni novanta) è la scelta di Capcom di permettere al giocatore di usare un infinito numero di “continua”, senza che il gioco ci rimandi alla schermata iniziale! Una scelta che farà certamente felici i più (soprattutto sul versante Magic Sword), tuttavia da amanti quali siamo dei vecchi cabinati a gettoni, la scelta ci ha lasciati decisamente spiazzati! Aggiungete al tutto che è possibile interrompere e salvare il gioco quando vi piace, e capirete definitivamente che nell’operato di Capcom c’è qualcosa che non va. Certo, è una condizione al passo con i tempi, ma l’effetto di “snaturamento”, a fronte del lavoro svolto, sa quasi di controsenso!

[IMG]12045[/IMG]

Risse in alta definizione

In chiusura, accontentiamo gli smaniosi che volevano un parere sull’aggiornamento grafico del titolo. Double Impact, come molti prima di lui, accontenta e delude allo stesso tempo. Il nocciolo della questione è quanto siate amanti dello stile anni ’90 che il gioco si porta sulle spalle poiché, seppur è vero che il tutto gira a 720p (con tanto di agognati 60 frame al secondo), è altrettanto vero che si tratta pur sempre di un gioco di due decadi fa, la cui pulizia grafica si sposa con il lavoro fatto alle origini da Capcom. Non vi è infatti stata alcuna rivisitazione o aggiunta ai modelli originali, quanto piuttosto un semplice (seppur curatissimo e pulito) upscaling. Niente di più, niente di meno. Dove c’è invece da segnalare una corposa e graditissima aggiunta è nei contenuti speciali, che fioccano per entrambi i titoli della raccolta. Double Impact, infatti, non solo si fregia di una manciata di Trofei/Achievements, equamente divisi tra entrambi i titoli, ma anche di tutta una serie di obiettivi in-game con i quali sbloccare alcune preziosissime chicche, come bozzetti, artwork e fumetti. La gioia del retrogamer!

[IMG]12054[/IMG]

So 90’s!!!

Prima che leggiate i commenti finali ricordate questo: parlando di due porting in alta definizione, è inutile attribuire il voto alla qualità dei giochi in sé, anche perché parliamo di due titoli veramente datati. Il modo migliore di intendere il nostro voto è quello di prenderlo come un semplice “indice di gradimento”, che comunque come potete vedere si attesta su ottimi livelli. Detto ciò non possiamo che constatare come, ancora una volta, Capcom si sia dimostrata all’altezza delle aspettative, tirando fuori dalla sua libreria due autentiche perle della generazione arcade. È difficile, data l’età dei giochi, consigliare l’acquisto a chicchesia, poiché i più potrebbero restare spiazzati già solo dalle meccaniche estremamente basilari con cui i titoli sono confezionati. Tuttavia è impossibile non trovare in almeno uno dei due videogame un pretesto per un po’ di sano e spensierato divertimento.
Gli obiettivi in-game, la grafica HD ed il prezzo competitivo potrebbero comunque convincere i più all’acquisto, ed in quel caso si rimarrà difficilmente delusi, perché nonostante gli anni i due storici brand Capcom (Final Fight in primis) sembrano ancora capaci di divertire le vecchie come le nuove generazioni. Certo, ci fosse stato qualcosa in più sarebbe stato ancora meglio, ma siamo certi troverete almeno un paio di ragioni per mettere su uno dei due giochi e passare qualche oretta di svago anni ’90. Magari in compagnia di un amico.